giovedì 25 aprile 2024

Superior stabat Lupus

Il post di oggi è dedicato ad un argomento a cui sono particolarmente affezionato: ovvero la presenza nell'uomo di una spinta fortissima alla ricerca della superiorità, di orgine presumibilmente genetica.
Si tratta di una spinta incoscia, che finisce per condizionare, spesso in negativo, tutto il nostro comportamento individuale e sociale.
Il testo raccoglie alcune delle riflessioni che avevo già pubblicato in precedenza nei Pensierini (vedi numero in parentesi), ma riunite in un unico post, per comodità di lettura.
LUMEN


PRIMEGGIARE (XLIII)
Ma in fondo, che cosa vuole la gente ? Vuole primeggiare, sentirsi superiore.
Qualunque sia l'attività a cui si dedica, che sia importante o di puro divertimento, ciascuno cercherà sempre di essere il più bravo, il più bello, il più ammirato, il più seguito, eccetera eccetera.
Ma primeggiare, per ovvii motivi, è un premio riservato a pochi. Tutti gli altri sono costretti a rimanere indietro: ci provano, si impegnano, ma non ci riescono.
E da qui discendono quasi tutte le infelicità del mondo.
LUMEN


FELICITA' E DINTORNI (LV)
La domanda più importante di tutte, ovvero 'Qual è lo scopo della vita ?', ha una risposta, tutto sommato, abbastanza facile, cioè 'Essere felici'.
Ma questa risposta porta poi con sé un'altra domanda, che risulta invece molto più difficile da risovere: 'E come si fa ad essere felici ?'
Molte persone, diciamo pure quasi tutte, sono convinte che la felicità sia un fenomeno vago ed inpalpabile, che avviene per conto suo, casualmente, senza che noi possiamo fare qualcosa per raggiungerlo.
Io penso invece che sia possibile, in quanto – riflettendoci sopra - mi sono reso conto che siamo felici in due situazioni ben precise: quando abbiamo superato un problema o quando ci sentiamo superiori a qualcun altro.
La prima situazione, in genere, deriva da eventi esterni al nostro controllo, ma la seconda, essendo soggettiva, dipende solo da noi stessi.
Quindi alla domanda ' Come si fa per essere felici ?' si può rispodere semplicemente 'Facendo o pensando qualcosa che ci fa sentire superiori'.
Non dico che sia sempre facile riuscirci, ma non è nemmeno così difficile, se uno conosce bene se stesso.
E poi, si può sempre seguire questa semplice regola pratica: se una situazione ti fa senitre inferore, cerca di uscirne prima che puoi; se invece ti fa sentire superiore, cerca di dedicarle più tempo possibile.
LUMEN


TENORE DI VITA (LIX)
Molte persone, in perfetta buona fede, sono convinte che basterebbe assicurare a tutte le persone del mondo un tenore di vita decente per avere un mondo pacificato, senza le guerre e le violenze che affliggono l'umanità.
Purtroppo, il problema non è quello.
Assicurare un buon tenore di vita a tutte e persone al mondo è difficile (molto difficile se siamo 8 miliardi, più facile se siamo 1-2 miliardi), ma non è teoricamente impossibile.
Però la cosa non finisce lì. Certo, la gente, prima di tutto, vuole stare bene, ma questo non gli basta, vuole anche sentirsi superiore.
E una situazione in cui TUTTI possono sentirsi superiori a qualcun altro è, ovviamente, impossibile.
LUMEN


CONSUMISMO (LXIII)
Le persone più sagge diffidano del consumismo, che considerano, con ragione, una limitazione della libertà personale (non solo economica), ed invitano quindi a respingerlo, limitando i propri acquisti alle sole cose necessarie.
Il consiglio è ottimo, ma... facile a dirsi, difficile a farsi.
Perchè l'uomo non ha bisogno solo del necessario materiale, ma anche di un'altra 'soddisfazione' specifica che potremmo definire psicologica, ovvero la sensazione di superiorità. Una sensazione che, se non è soddisfatta, ci fa sentire infelici: ed allora il desiderio di possedere non ha più limiti.
Certamente ognuno di noi reagisce a questa spinta genetica in modo diverso e personale. Chi ha la fortuna di esserne consapevole, può limitare la sua sensazione al livello interiore, mantenendo un comportamento corretto e rispettoso nei confronti degi altri.
Ma se – come nella maggior parte dei casi – la spinta non viene percepita a livello cosciente, si determinano poi quei tipici tentativi di sopraffazione (fisica o psicologica) che tanto avvelenano i rapporti umani. Perchè per ogni persona che manifesta una superiorità, ce ne vuole almeno un'altra che la subisca.
Temo quindi che il consumismo – tanto amato dai produttori e dai commercianti – possa dormire sonni tranquilli.
LUMEN


LA NOIA (LXIV)
Una delle categorie di persone più patetiche in assoluto (da intendersi in senso ironico) è rappresentata da coloro che dicono di 'annoiarsi'.
Non solo perchè per annoiarsi è necessario non avere nessuna altra preoccupazione, cosa che dovrebbe già da sola renderci contenti, ma anche perchè, al giorno d'oggi, annoiarsi è praticamente impossibile, visto che con pochi soldi è possibile leggere libri e giornali, guardare film e spettacoli, sentire musica, e molte altre cose.
Ma chi si lamenta per la noia non si riferisce a queste cose, che potrebbe fare facilmente. Si riferisce, ovviamene senza saperlo, alla mancanza di attività sociali che lo facciano sentire superiore.
Ed allora diventano pericolosi, non solo per sé stessi, tanto da dedicarsi a sport estremi od altre attività border-line, ma anche per gli altri, in quanto diventano capaci, pur di ottenere il loro scopo, di offendere, deridere o addirittura maltrattare le persone più deboli.
E questo è davvero molto triste.
LUMEN

giovedì 18 aprile 2024

Appunti di Geo-Politica - (3)

Nuove considerazioni, tratte dal web, sulla situazione politica internazionale, che appare sempre più complicata e conflittuale.
LUMEN



UN PAESE FINITO
L’Ucraina è un Paese finito, spacciato, senza più futuro. Il futuro dell’Ucraina sarà deciso da Putin. Sarà Putin a decidere quanto territorio rimarrà all’Ucraina, quale sarà il suo apparato bellico e quali saranno le sue alleanze militari future.
L’Ucraina ha perso la guerra. È senza soldati, senza soldi, senza munizioni, senza una difesa antiaerea degna di questo nome, senza aerei da guerra. L’Ucraina sta sempre peggio ogni nuovo giorno che Dio manda sulla Terra.
La sua situazione non migliorerà mai. Potrà soltanto peggiorare giacché per ogni proiettile della Nato che l'Ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l'Ucraina.
Dunque, mi chiedete perché l’Italia continui a inviare armi visto che la prosecuzione della guerra causerà perdite umane e territoriali sempre più grandi all’Ucraina. Ecco la risposta: perché l’Italia deve finanziare la campagna elettorale di Biden. Il vecchio Joe deve presentarsi al voto di novembre potendo dire che l’Ucraina combatte ancora, che resiste, che c’è ancora speranza. (…)
Ecco, se voi volete capire che cosa significhi prendere un popolo e mandarlo al massacro con un cinismo disumano, studiate la storia della guerra in Ucraina.
ALESSANDRO ORSINI


IL SISTEMA PUTIN
Perche' Putin 'proietta' delle elezioni inesistenti, mentre per esempio Kim Jong di Korea non lo fa, o non lo fa Xi in Cina?
La risposta e' che sia Xi che Kim sono i prodotti di sistemi, di sistemi di governo precisi, con ideologie ed economie, e sono l'espressione di sistemi organizzati con precisione per produrre lo Xi e il Kim della situazione. Putin invece non e' organico a nulla.
Se chiedessi che sistema ha prodotto Stalin, beh, indicheremmo il comunismo sovietico, sistema che aveva i propri metodi per eleggere il leader. Anche in URSS si votava , per quanto potendo votare solo delegati di altri partiti comunisti (agricoltori, operai, eccetera) il risultato sarebbe stato comunque un comunista sovietico.
Il vero problema di Putin e' che non ha dietro di se' un sistema davvero organizzato per produrre uno come lui. Semmai e' arrivato al potere, ma nulla dice che se domani gli venisse un infarto il sistema di potere eleggerebbe uno come Putin, o che si perpetuerebbe.
Il sistema politico di Putin poggia interamente sulle spalle di Putin. Cosa succederebbe alla sua morte, non lo sa nessuno, mentre sappiamo benissimo che se morisse Xi , si riunirebbe il Politburo, poi i delegati del plenum, eccetera eccetera eccetera. Il sistema resisterebbe e gli ingranaggi si muoverebbero come prevedibile.
URIEL FANELLI


BIDEN E TRUMP
Il mondo che lascerà Joe Biden al termine del suo mandato è una bomba a orologeria, un pianeta ulcerato ed esplosivo, a sud come a est, tra scenari di guerra e tensioni internazionali, dall’Ucraina alla Palestina, a tutto il Medio Oriente, alla Corea, alla Cina. E dall’Onu alla Corte dell’Aia.
L’odio verso l’Occidente è cresciuto nel mondo, i desideri di vendetta e di rivalsa covano in molti focolai e la pace mondiale è oggi come in pochissime altre fasi precedenti negli ultimi 80 anni messa davvero a rischio.
Il mondo che aveva lasciato Donald Trump nel 2020, pur assediato dalla pandemia, era meno compromesso, non c’erano conflitti e tensioni, guerre virali in corso, col rischio di propagarsi anche da noi. Trump lo spaccone, Trump lo sbruffone non aveva fatto guerre da nessuna parte, ed era riuscito pure a sedare alcune situazioni di pericolo, come quella con la Corea di Kim. Non c’erano rischi speciali, con l’Islam, la Russia e la Cina.
Ma la menzogna mediatica dell’Occidente fa passare Biden (col suo mondo dem) per un pacifista umanitario e Trump per un guerrafondaio pazzo. E ci dicono di temere il futuro in mano a Trump, che abbiamo già peraltro testato nel precedente mandato, quando dovremmo piuttosto temere il presente ancora in mano a Biden (o alla sua cerchia).
MARCELLO VENEZIANI


LA GUERRA DI ISRAELE
Israele non conduce questa guerra come un’operazione di conquista (infatti non intende né annettersi e neppure amministrare Gaza) o come una battaglia ideologica contro Hamas, con cui non ha mai discusso e mai discuterà.
Il suo intento è molto più semplice: uccidere la maggior parte dei sostenitori di Hamas e tutti i suoi capi. Quella di Gaza è una autentica, gigantesca retata di polizia.
Israele non combatte contro un’idea, ma contro un gruppo di uomini. Ed è decisa o ad ucciderli o a metterli in galera. (...)
Ecco perché l’attuale retata di polizia ha avuto ed ha successo: perché ha ucciso centinaia o forse migliaia di miliziani; ha distrutto le infrastrutture di Hamas, e quelle che non ha ancora distrutto conta di distruggerle; ha ucciso alcuni capi di Hamas, e quelli che non ha ancora ucciso ha promesso di ucciderli dovunque nel mondo, ora od anche nel lontano futuro.
GIANNI PARDO

sabato 13 aprile 2024

Il senso della vita (secondo Giametta)

Il Post di oggi è dedicato al filosofo italiano Sossio Giametta (recentemente scomparso) ed è stato scritto dall'amico Sergio Pastore, che ha avuto la fortuna di conoscerlo per via epistolare e ad avere con lui un lungo scambio di opinioni.
L'argomento - come dice il titolo - è di quelli che tengono banco da secoli nel pensiero umano, per cui l'interesse è assicurato.
LUMEN


<< Giametta? Chi era costui? E che strano nome aveva, Sossio (Sossio è un martire cristiano giustiziato sotto Diocleziano e venerato soprattutto nel Meridione, e Giametta è nato a Frattamaggiore (NA), ma ha passato quasi tutta la sua vita a Bruxelles dove è morto quest’anno all’età di novantaquattro anni).

Giametta è stato un filosofo, scrittore, saggista, traduttore e un ... signore: disponibile, generoso, simpatico – mi ha gratificato della sua attenzione pur essendo io una nullità al suo confronto. Giametta non era popolare come i nostri eroi moderni (cantanti, calciatori, tennisti ecc.), ma ben noto a “color che sanno”, cioè alle persone serie.

Era considerato – e si considerava lui stesso – il massimo conoscitore di Nietzsche. Ha collaborato all’edizione critica di Nietzsche di Colli/Montinari e ha poi tradotto e commentato “tutto Nietzsche”, un’impresa ciclopica che non so apprezzare non avendo provato mai grande interesse per questo filosofo di cui ho letto solo alcune pagine.

Benedetto Croce non stimava Nietzsche e sconsigliò l’editore Laterza di pubblicare un’opera su Nietzsche “perché era un filosofo di cui ben presto nessuno avrebbe più parlato”. Non so cosa pensasse Giametta di questo giudizio di Croce! Ma Giametta non era fissato unicamente su Nietzsche, lo era anche su Schopenhauer – di cui ha tradotto il capolavoro, “Il mondo come volontà e rappresentazione” – e Spinoza.

Non so più come conobbi Giametta, mi pare attraverso il suo grande amico, lo scrittore Raffaele La Capria. Ci siamo poi scambiati molte lettere durante un paio d’anni e anche dei libri. Giametta mi fece omaggio di “I pazzi di Dio” e “Madonna con bambina” (un’opera narrativa – Giametta provò anche questo genere). Io gli regalai i romanzi brevi di Plinio Martini (“Il fondo del sacco” e “Requiem per zia Domenica”), una biografia di Christiane Vulpius, la moglie di Goethe e alcuni titoli di Ortega y Gasset.

Per Goethe Giametta provava immensa ammirazione, era un autore fondamentale per lui benché non fosse un filosofo in senso stretto. Giametta osservò a ragione che io sembravo più portato per la letteratura che per la filosofia. In effetti le mie scarse conoscenze filosofiche sono quelle del liceo e di qualche storia della filosofia, non ho letto e studiato i grandi classici della filosofia (Platone, Kant, Hegel, Schopenhauer, Spinoza ecc.).

Ho però frequentato ahimè a lungo Emanuele Severino e Ortega y Gasset, docente di filosofia e filosofo nonché – o forse soprattutto – brillante saggista. Giametta non conosceva stranamente Ortega che ha poi letto su mia proposta e apprezzato, lo considerava però un moralista più che un filosofo.

Mentre Severino mi ha fatto dannare ho provato sempre piacere e diletto dalla lettura di Ortega perché Ortega è chiaro e comprensibile e scrive da ... Dio, come Giametta. Che belle cose la chiarezza e la semplicità, se poi vi aggiungiamo stile e grazia siamo quasi in paradiso.

Che fatica invece seguire Severino che Giametta non stimava come filosofo. La filosofia di Severino, riassumibile nell’ «eternità del tutto», era per lui ridicola. Anche Nietzsche favoleggiava di un “eterno ritorno”, ma non so se il ritorno nicciano e l’eternità di Severino siano la stessa cosa, mi pare che Severino non voleva essere confuso con Nietzsche. Qualche esperto mi può spiegare la differenza?

​Trascrivo ora un bel passaggio di una lettera di Sossio Giametta in cui risponde alle mie domande, alle mie difficoltà esistenziali (Bruxelles, 28-12-2010).

« Ma affronterò, prenderò di petto il problema che La angustia, che ci angustia: il senso della vita. Ebbene la vita non ha altro senso all’infuori di sé stessa. Il mondo, l’universo, non ha nessun senso.

Ma la vita umana ne ha fin troppo, perché fin troppi sono i problemi che ogni giorno bisogna affrontare. Dunque finché siamo dentro la vita e magari dentro i suoi problemi, la questione non si pone.

Ma a noi capita di essere anche, talvolta, al di fuori della vita e dei problemi della vita. Magari perché la nostra Spannkraft [forza, tensione] si è esaurita e ricadiamo su noi stessi, sul già divenuto. Vorremmo allora trovare lo stesso il senso. Ma non lo troviamo. Viviamo, allora, a vuoto. Bisogna cercare un rapporto cordiale con la vita, diceva, ammoniva Valentino Bompiani.

Il che significa che bisogna badare bene a non farsela nemica. Se si è sani, prima o poi si rientra nella dialettica vitale. Se non si è sani, la piaga incancrenisce. Ma magari abbiamo appunto tagliato il tronco su cui siedevamo. La gioia del pero è di fiorire a primavera e di produrre abbondanza di pere anno dopo anno, per molti anni, finché l’albero si rinsecchisce e muore.

Così è fondamentalmente anche l’uomo, ma non del tutto. Ha anche la riflessione, che è vita ma non è la vita. Chi entra nella riflessione esce dalla vita. Se il pero, uscendo dal processo naturale, si domandasse qual è il senso dell’albero, dei fiori, dei frutti e dell’intero processo, non troverebbe risposta. E si rattristerebbe come l’uomo che riflette fuori del processo vitale.

La “produzione” dell’uomo può però continuare nella grandezza, per esempio la conoscenza, che può essere amara, ma dare lo stesso la voluttà. Legga Schopenhauer, non Safranski. Questi non è un grande interprete. Io ho letto i suoi libri su Schopenhauer, su Nietzsche e su Heidegger. Tempo non sprecato, ma che poteva essere impiegato meglio. Invece “Il mondo come volontà e rappresentazione” è il grande romanzo tragico dell’umanità, il più bel libro di filosofia.

Tuttavia la visione di Nietzsche è più disinteressata, più nobile di quella del suo maestro Schopenhauer. Bisogna amare la vita come si ama la madre, senza giudicare. Non bisogna incarognirsi nell’egoismo, che confina col titanismo, che si rovescia nel pessimismo. Non bisogna essere legati a noi stessi.

Bisogna sciogliersi, lievitare, galleggiare, partecipare con spirito libero alla grande avventura, da quando compariamo fino a quando scompariamo. È giustizia solo se rispettiamo e amiamo la vita nella sua caducità, ossia così com’è. Perché essa soltanto, così com’è, porta il frutto che ci nutre e ci sazia.

Per il resto ci sono due cose da considerare. La prima è che “alle guten muthwilligen Dinge springen vor Lust in’s Dasein” (Zarathustra – “tulle le cose buone nascono per il piacere di nascere”), anche se poi, per la sua stessa illimitata creatività, la natura non ha spazio per tutti e tutti finiscono per cozzare tra loro come pentole sulla corrente di un fiume (Goethe).

La seconda è che noi, come la nostra specie stessa e tutte le altre specie, non nasciamo per nostra volontà ma per necessità naturale, non avanziamo ma siamo spinti da dietro (Schopenhauer) e non siamo fini a noi stessi ma strumenti della natura, anelli della concatenazione vitale e causale.

Dunque un certo pessimismo è ineliminabile, salvo a credere in Dio padre amorevole e provvidente, come credono, con accanimento, due miei amici italiani di Bruxelles, cattolici di vecchio e duro stampo. Beati loro!

Le civiltà sono in piccolo (in piccolo!) come le specie. Durano magari duemila anni. Ma dopo essere nate ed essersi sviluppate, decadono e tramontano. Per la legge di autosuperamento di tutte le cose della vita, specie quelle grandi. “Was ich auch schaffe und wie ich’s auch liebe, - bald muss ich Gegner ihm sein und meiner Liebe“ (Zarathustra: „Cosa creo e cosa amo – presto devo esserne avversario“). »

Che lezione! Caro Giametta! >>

SERGIO PASTORE

sabato 6 aprile 2024

Pensierini – LXIX

OTTO PER MILLE
In Italia, com'è noto, la Chiesa Cattolica, oltre a molte altre provvidenze pubbliche, riceve la quota dell' 8 per mille sul gettito IRPEF.
I sottoscrittori della Chiesa Cattolica, a quanto pare (e nonostante i bellissimi spot che vengono trasmessi nel periodo adatto) risultano in calo, ma resta pur sempre una gran bella somma.
Purtroppo, l'8 per mille è legato ad un trattato con il Vaticano e non può essere facilmente revocato.
Però qualcosa si potrebbe fare per ridurre l'inutile regalia: basterebbe accorpare l'8 per mille al 5 per mille, e consentire ai contribuenti di scegliere liberamente tra tutte le associazioni possibili (e non solo tra le religioni e lo Stato).
Credo che se ne vedrebbero delle belle. Ma temo che non lo faranno mai.
LUMEN


MESCOLANZA GENETICA
Una volta riconosciuta l'esistenza delle razze umane (che è una questione strettamente biologica e non ha nulla a che fare col 'suprematismo' politico), trovo del tutto ridicola la pretesa delle ideologie razziste più estreme di mantenerle separate.
Io credo infatti che la mescolanza genetica delle razze, cioè i figli delle coppie miste, siano una delle cose più belle, socialmente più utili e geneticamente più opportune che si possano vedere sulla faccia della Terra.
Con buona pace dei razzisti più ignoranti.
LUMEN


RELIGIONE  INDISPENSABILE
Perchè, nei gruppi umani organizzati, la religione rappresenta da sempre un elemento insostituibile ?
Perché fornisce alla società due cose fondamentali, di cui essa ha assolutamente bisogno: al popolo le illusioni necessarie per accettare una vita scomoda e faticosa (fede nel soprannaturale, giustizia teorica, senso di superiorità), ed alle elites il sistema di controllo più efficace.
Per questo, la religione non potrà mai essere sostituita da una ideologia laica di tipo razionalista, se non per brevissimi periodi e con esiti disastrosi,
Mentre la storia si limiterà a sostituire i culti declinanti con altri nuovi.
LUMEN


TERRA PIATTA
Tra i mille argomenti che si possono utilizzare contro i sostenitori della 'Terra Piatta' ne ho letto uno che, nella sua semplicità scientifica, taglia proprio la testa al toro.
Il fatto è che la forza di gravità, che regna sovrana nell'universo, non consente a nessun oggetto dello spazio cosmico di avere una forma diversa da quella sferica.
Tanto è vero che, quando, in caso di collisione, si formano dei 'pezzi' irregolari, gli stessi ridiventano ben presto sferici.
Pertanto, quand'anche la Terra fosse stata piatta in un lontano passato, oggi non potrebbe più esserlo, perchè la forza di attrazione del suo centro di gravità l'avrebbe inevitabilmente trasformato in una sfera.
Et de hoc satis.
LUMEN


NEL SEGNO DEL TORO
Io, ovviamente, non credo nell'astrologia. Ma se ci credessi, ricadrei sotto il segno zodiacale del Toro. Al quale una rivista femminile (non ricordo quale) aveva dedicato questo simpatico ritratto:
<< Ci sono giorni in cui la donna ha bisogno di un puntello: di tornare alla tradizione, alla sicurezza e alla quiete domestica. (…)
E chi allora può fornirti la mite e laboriosa pace bovina cui il tuo cuore femminile, almeno al momento, anela ? Naturalmente il Toro.
Se hai le orecchie esauste dalle chiacchiere, l’animo incrinato da avvenimenti squassanti e il resto frantumato da una sessualità frenetica, il Toro è un vero cataplasma.
Con quella sua calma imperturbabile, quel suo ruminare silente, costituisce nella tua vita una presenza flemmatica e rassicurante.
L’ideale per una giornata senza imprevisti, da trascorrere in pantofole davanti a una tavola imbandita, nelle immediate vicinanze del letto. (...)
Un buon Toro è un solido armadio ove riporre le tue sostanze, al quale appoggiarti se vacilli, su cui puoi contare perché, appunto come un armadio, dove lo lasci lo ritrovi.
Non è di quelli che escono a prendere le sigarette e poi devi rivolgerti a “Chi l’ha visto?”. Pigro com’è, piuttosto che andare dal tabaccaio smette di fumare. >>
Si tratta sicuramente di una coincidenza, ma mi calza alla perfezione.
LUMEN


sabato 30 marzo 2024

Alla ricerca dell'Equilibrio Ecologico

Questo post è dedicato agli ultimi aggiornamenti della c.d. Impronta Ecologica, che - nonostante i suoi limiti -  rappresenta, ancora oggi, lo strumento statistico migliore di cui disponiamo per calcolare la sostenibilità di una popolazione in rapporto al suo territorio.
Il calcolo ci fornisce un quadro sempre più preoccupante della situazione del nostro pianeta, ma ci indica anche la strada che dovremmo seguire per rimettere le cose in equilibrio.
Il testo, scritto da Denis Garnier, è tratto dal sito americano The Overpopulation Project (traduzione automatica di Google).
LUMEN



<< Per valutare la popolazione [sostenibile] si possono utilizzare diversi metodi di calcolo, o anche combinarli. In questo articolo ci limiteremo a un unico elemento analitico, l’impronta ecologica, che ha il vantaggio di sintetizzare molti impatti ecologici causati dalle attività umane.

Il concetto di impronta è stato avviato e perfezionato dal Global Footprint Network (GFN) ed è ora l’indicatore di sostenibilità generale più utilizzato nella comunità ambientale e ben oltre, poiché alcuni paesi lo hanno incorporato nei loro conti nazionali.

Secondo la definizione GFN, l’impronta ecologica misura la superficie di terreno necessaria per produrre le risorse consumate da una popolazione e per assorbire i rifiuti che genera. Questa superficie è espressa in ettari globali, cioè in ettari corrispondenti ad una media mondiale. Per semplicità parleremo in ettari [ha].

Un dettaglio importante è che l'impronta ecologica di un Paese considera solo ciò che in esso viene “consumato”. Include l’impronta dei prodotti importati e sottrae l’impronta di quelli esportati.

Attualmente, a livello globale, l’impronta media pro capite è di 2,8 ettari/pro capite (impronta globale delle attività umane divisa per la popolazione mondiale). Il problema è che abbiamo solo 1,6 ettari/abitante, che corrisponde a ciò che il pianeta produce in modo rinnovabile ogni anno, e che si chiama biocapacità individuale media.

La domanda che sorge subito è: come è possibile avere un'impronta (2,8 ha) maggiore della biocapacità della Terra (1,6 ha), cioè consumare più di quanto si produce? Ebbene, stiamo semplicemente attingendo al capitale della Terra: ad esempio, emettiamo più CO2 di quanta gli oceani e le foreste possano assorbire, stiamo svuotando gli oceani dei loro pesci e stiamo sterilizzando i terreni coltivabili cementificandoli. L'umanità [quindi] “usa” 1,8 pianeti. (…) [2,8 / 1,6 = 1,8].

Allo stesso modo, il GFN calcola ciò che ciascun paese “utilizza” come risorse mettendo in relazione non l'impronta del paese con la propria biocapacità, ma l'impronta del paese con la biocapacità del pianeta. Questo confronta il consumo di ciascun paese con ciò che sarebbe sostenibile a livello globale.

Tuttavia, è anche interessante esplorare quanto sia autosufficiente un paese, in termini di se la sua stessa biocapacità è sufficiente a soddisfare gli attuali modelli di consumo della sua attuale popolazione.

Ciò dimostra quanto siano dipendenti dalle risorse importate da altrove, il che è una misura della sovrappopolazione. Se confrontiamo il loro consumo con la biocapacità media planetaria, sostituire le (inevitabilmente) basse biocapacità individuali dei paesi sovrappopolati con le biocapacità (generalmente più elevate) della Terra dà a questi paesi un falso vantaggio.

Il Bangladesh (con un'impronta di 0,9 ettari e una biocapacità di 0,4 ettari) è un esempio calzante, fungendo da eccellente caso di studio poiché il calcolo GFN [0,9 / 1,6 = 0,6] significa che se tutti nel mondo vivessero come le persone in Bangladesh , utilizzerebbero poco più della metà del pianeta. Tuttavia, il Bangladesh utilizza più del doppio delle proprie risorse [0,9 / 0,4 = 2,3], 'prelevando' ciò che gli manca dal resto del pianeta. (...)

La biocapacità complessiva del pianeta aumenta leggermente di anno in anno, come risultato dei miglioramenti della produttività, soprattutto nel settore agricolo. Tuttavia, poiché la popolazione mondiale e la ricchezza pro capite continuano a crescere a un ritmo più rapido, la biocapacità individuale della Terra sta inesorabilmente diminuendo. (...)

Sulla base di questi dati possiamo stimare che la capacità di carico della Terra per gli esseri umani sia compresa tra 3 e 5 miliardi. Molti scenari possono comunque essere modellati sulla base del database GFN. (...)

Sarebbe nell’interesse di ogni Paese e in linea con la giustizia distributiva internazionale allinearsi alla propria biocapacità riducendo la propria impronta individuale media e/o la propria popolazione.

Se la comunità internazionale raccomandasse una popolazione sostenibile in una conferenza delle Nazioni Unite, con l’attuazione liberamente acconsentita da ciascuno stato, ci vorrebbe un tempo relativamente lungo per essere raggiunta.

Le persone quasi ovunque (compresi i paesi a bassa fertilità, ma sovrappopolati) dovrebbero essere persuase che le famiglie più piccole massimizzano le prospettive future per sé e per i propri figli.

I leader nazionali dovrebbero essere convinti che il declino della popolazione presenta più vantaggi che svantaggi: che vale la pena pagare un po’ più di entrate nazionali per le pensioni e l’assistenza agli anziani, per evitare la scarsità di risorse, eventi meteorologici estremi causati dal cambiamento climatico e l’instabilità politica. e la guerra che gli estremi di privazione tendono a innescare.

Potremmo supporre che per riportare la popolazione globale a un livello sostenibile ci vorranno un paio di secoli. Nel frattempo, non solo il mondo ricco deve iniziare a ridurre il suo elevato consumo pro capite, ma dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per proteggere gli ecosistemi produttivi che rimangono e utilizzare in modo più saggio sia le risorse rinnovabili che quelle non rinnovabili.

Inoltre, il ripristino degli habitat naturali e della popolazione delle specie richiede più risorse o addirittura meno persone rispetto a quanto calcolato sopra, poiché l’impronta ecologica non tiene conto specificamente della biodiversità. >>

DENIS GARNIER

domenica 24 marzo 2024

Punti di vista - 36

NEGAZIONISTI CLIMATICI
In quasi due decenni non sono riuscito ancora a capire gli scettici, negazionisti (…) del cambiamento-riscaldamento climatico e, in generale, della crisi ecologica di Homo sapiens.
A parte l'ovvia constatazione che questa crisi mette di fatto in discussione l'attuale assetto socio-economico (consumismo e crescita) ed ecologico (invasività umana) globale, e quindi suscita le paure di tutti, conservatori e progressisti.
Secondo me non c'è nulla di male ad avere un po' di paura. Per evitare di agire sotto il solo effetto della paura si deve studiare però, non si può affidare le proprie decisioni a chi dice ciò che ci piace di più.
Mentre questo sembra proprio il criterio con cui la maggior parte delle persone si affida nel considerare i temi ambientali, energetici e socio-economici. Questo non mi piace, quindi deve essere sbagliato (e qualcuno che lo afferma lo trovi di sicuro). Questo mi piace, quindi deve essere vero (come sopra).
LUCA PARDI


CULTURA CINESE
La Cina classica (...) è stata caratterizzata da una visione del mondo molto diversa da quella occidentale.
La filosofia greca, cioè la radice stessa del pensiero occidentale, comincia confondendo metafisica e scienza. In altri termini, cercando la spiegazione del mondo.
In Cina invece sin dal primo momento non si hanno né eccessive curiosità per spiegare il mondo – e infatti la scienza fa ben pochi progressi, per millenni – né eccessive curiosità per le grandi domande: c’è un Dio? Qual è il destino degli uomini? Gli uomini hanno un’anima? E via dicendo.
Il grande problema della Cina non è né scientifico né economico, è etico: l’ideale non è la verità, la vittoria, la salvazione, ma – molto più semplicemente – la saggezza. Il saggio deve essere moderato, tollerante, sorridente, sensibile alla bellezza della natura e dell’arte. (...)
Il grande ideale della Cina è l’arte del vivere. Con questa ricetta si può certo vivere felici, ma si rischia di essere dominati da chi la polvere da sparo (inventata dai cinesi) non la usa per i fuochi d’artificio ma per gli archibugi e i cannoni.
GIANNI PARDO


LE NUOVE ENCLAVES
La disomogeneità della crescita nelle diverse aree (e popolazioni) planetarie genera la creazione di spostamenti di massa, migrazioni, formazione di 'enclaves' all'interno delle megalopoli.
Enclaves che tendono a preservare le specificità etniche e culturali e che vanno tanto più strutturandosi, quanto più si assiste alla scomparsa delle Nazioni, intese come territorio di pertinenza di certe etnie e culture delimitato da confini tradizionali. (...)
Le enclaves determinano convivenze di culture ed etnie diverse sullo stesso territorio, aumentando i rischi di conflitti all'interno delle megalopoli. Le diversità culturali persistono e a volte si rafforzano per la convivenza stretta ed esplodono in determinate contingenze storiche, come si può vedere ad esempio nella società nord americana.
AGOBIT


TRA FASCISMO E LENINISMO
L’Italia fascista fu tra i primi paesi europei a riconoscere l’Unione Sovietica.
Poco prima, Mussolini e Lenin si erano contesi l’eredità e le spoglie del filosofo rivoluzionario Georges Sorel, morto in Francia nel 1922. Entrambi esuli rivoluzionari in Svizzera, si racconta che Lenin e Mussolini si siano incrociati a una lezione di Vilfredo Pareto a Losanna. (…)
I comunisti italiani si riconobbero tutti nel solco di Lenin, in testa Gramsci, e al fascismo rimproverarono piuttosto di essere un totalitarismo incompiuto perché si era compromesso con il capitale, la monarchia e la chiesa. (…)
Gramsci paragonò il falso capo Mussolini al vero duce Lenin, con la sua benefica dittatura del proletariato e dei soviet, che definì cesarismo progressivo.
MARCELLO VENEZIANI


RISPETTARE LE NORME
Nella nostra cultura tipicamente si stabilisce una norma, si definiscono le pene per chi non la rispetti, e poi si sta a guardare cosa succede. I ‘buoni’ rispettano la regola, i ‘cattivi’ la infrangono.
Se i ‘cattivi’ sono in abbondanza, o si ingenerano proteste, un successivo governo o un’autorità di livello superiore potrà ammorbidire o abrogare la norma.
Non c’è l’idea che le decisioni collettive debbano riguardare il benessere della società, e che per questo motivo sia necessario che la collettività le adotti compattamente.
Resta questa idea condivisa di ‘libertà individuale’ per cui se la legge non ti piace la infrangi, e se vogliono punirti ti devono prima cogliere sul fatto. 
E che l’autorità disponga [certo] di mezzi e strumenti per contrastare l’evasione delle norme, ma se questi mezzi non sono sufficienti o adeguati, pazienza, vuol dire che la norma non si riesce a far rispettare.
È talmente normale ed accettato che se sei ‘bravo’ la norma la evadi, che chi ci riesce è visto con ammirazione.
MARCO PIERFRANCESCHI

domenica 17 marzo 2024

Leopardi e la Natura

Come tutti sanno, Giacomo Leopardi era un pessimista ed incolpava 'madre natura' del dolore e delle sofferenze che la vita causava agli uomini.
La sua abilità poetica, però, era talmente grande che anche quando esprimeva questi concetti lo faceva con una leggerezza ed una scorrevolezza tali, da acquistare una certa dolcezza.
Per questo, ho provato a fare un piccolo florilegio di alcuni passi sull'argomento NATURA, in modo da lasciare a voi ogni migliore valutazione.
LUMEN



Da: SOPRA UN BASSO RILIEVO ANTICO SEPOLCRALE

Madre temuta e pianta
dal nascer giá dell’animal famiglia,
NATURA, illaudabil maraviglia,
che per uccider partorisci e nutri,
se danno è del mortale
immaturo perir, come il consenti
in quei capi innocenti?
Se [è] ben, perché funesta,
perché sovra ogni male
a chi si parte, a chi rimane in vita,
inconsolabil fai tal dipartita?
(…)
Come, ahi, come, o NATURA, il cor ti soffre
di strappar dalle braccia
all’amico l’amico,
al fratello il fratello,
la prole al genitore,
all’amante l’amore: e, l’uno estinto,
l’altro in vita serbar? Come potesti
far necessario in noi
tanto dolor, che sopravviva amando
al mortale il mortal? Ma da NATURA
altro negli atti suoi
che nostro male o nostro ben si cura.


Da: IL TRAMONTO DELLA LUNA

Tal si dilegua, e tale
lascia l’età mortale
la giovinezza. In fuga
van l’ombre e le sembianze
dei dilettosi inganni; e vengon meno
le lontane speranze,
ove s’appoggia la mortal NATURA.
Abbandonata, oscura
resta la vita. In lei porgendo il guardo,
cerca il confuso viatore invano
del cammin lungo che avanzar si sente
meta o ragione; e vede
che a se l’umana sede,
esso a lei, veramente è fatto estrano.


Da LA GINESTRA

Ma dá la colpa a quella
che veramente è rea, che de’ mortali
madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica;
(...)
Cosí, dell’uomo ignara e dell’etadi
ch’ei chiama antiche, e del seguir che fanno
dopo gli avi i nepoti,
sta NATURA ognor verde, anzi procede
per sí lungo cammino
che sembra star.


Da LE RICORDANZE

Chi rimembrar vi può senza sospiri,
o primo entrar di giovinezza, o giorni
vezzosi, inenarrabili, allor quando
al rapito mortal primieramente
sorridon le donzelle; a gara intorno
ogni cosa sorride; invidia tace,
non desta ancora ovver benigna; e quasi
(inusitata maraviglia!) il mondo
la destra soccorrevole gli porge,
scusa gli errori suoi, festeggia il novo
suo venir nella vita, ed inchinando
mostra che per signor l’accolga e chiami?
Fugaci giorni! a somigliar d’un lampo
son dileguati.


da CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE PER L'ASIA

Nasce l’uomo a fatica,
ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
per prima cosa; e in sul principio stesso
la madre e il genitore
il prende a consolar dell’esser nato.
Poi che crescendo viene,
l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
con atti e con parole
studiasi fargli core,
e consolarlo dell’umano stato:
altro ufficio piú grato
non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
perché reggere in vita
chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
perché da noi si dura?


Da: IL TRAMONTO DELLA LUNA

Troppo felice e lieta
nostra misera sorte
parve lassù, se il giovanile stato,
dove ogni ben di mille pene è frutto,
durasse tutto della vita il corso.
Troppo mite decreto
quel che sentenzia ogni animale a morte,
s'anco mezza la via
lor non si desse in pria
della terribil morte assai più dura.
D'intelletti immortali
degno trovato, estremo
di tutti i mali, ritrovàr gli eterni
la vecchiezza, ove fosse
incolume il desio, la speme estinta,
secche le fonti del piacer, le pene
maggiori sempre, e non più dato il bene.


Da: LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA

O NATURA cortese,
son questi i doni tuoi,
questi i diletti sono
che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
è diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
che per mostro e miracolo talvolta
nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
prole cara agli eterni! Assai felice
se respirar ti lice
d’alcun dolor: beata
se te d’ogni dolor morte risana.


Da: A SILVIA

Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O NATURA, o natura,
perchè non rendi poi
quel che prometti allor? Perchè di tanto
inganni i figli tuoi?

domenica 10 marzo 2024

Pensierini – LXVIII

PIRAMIDE DI MASLOW
Secondo la teoria psicologica denominata 'piramide di Maslow' (dal nome del suo ideatore) i bisogni umani possono essere organizzati secondo una struttura gerarchica, che va dalle necessità fondamentali a quelle più elevate.
I cinque gradini della piramide sarebbero i seguenti:
1= bisogni fisiologici (respiro, cibo, acqua, sonno, metabolismo)
2= bisogni di sicurezza (stabilità, salute, famiglia, occupazione)
3= bisogni di appartenenza (amicizia, affetto, intimità)
4= bisogni di stima (autostima, autocontrollo, rispetto reciproco)
5= bisogni di auto-realizzazione (moralità, creatività, accettazione).
La teoria (elaborata alla metà del '900) ha avuto un notevole successo ed è stata utilizzata spesso nel settore del marketing.
A mio avviso, però, risulta eccessiva, in quanto i bisogni umani si possono dividere in due semplici categorie:
1= I bisogni materiali: cibo, acqua, riparo, salute, sesso.
2= i bisogni psicologici: qualcuno di cui fidarsi e senso di superiorità.
La differenza tra le due categorie è notevole, perchè mentre i primi possono essere soddisfatti da una attenta pianificazione sociale, per i secondi le cose sono molto più complicate.
LUMEN


PATRIARCATO
Il patriarcato, che ha dominato la società occidentale per secoli (ed è tuttora vivo e vegeto in larghe parti del mondo) era strettamente connesso con le esigenze economiche dell'epoca.
La sua struttura, infatti, era la più efficiente per gestire un'economia prevalentemente rurale, con una limitata ricchezza sociale e la necessità di ottimizzare le poche risorse disponibili.
Quando è cambiata la struttura economica della società e, con l'avvento della produzione industriale, è aumentata la ricchezza disponibile, sono cambiati anche i ruoli tra le generazioni ed i rapporti tra i sessi.
Questo, peraltro, è avvenuto sia nel bene che nel male, perché nessuna variazione sociale è sempre solo positiva o solo negativa.
LUMEN


VERITA' MUTABILI
Come noto, i cattolici tradizionalisti hanno il dente avvelenato con l'attuale Papa Francesco, a causa delle sue eccessive aperture alla modernità; aperture che considerano ingiustificate, in quanto i dogmi e le verità della Chiesa, per loro natura (divina), non possono che essere fissi ed immutabili.
L'argomentazione, da un punto di vista logico (o meglio teo-logico), appare corretta, ma i tradizionalisti dimostrano di non conoscere bene la storia.
Perchè è già avvenuto più volte che la Chiesa, nella sua storia millenaria, abbia dovuto cambiare le proprie posizioni, per adeguarsi al mutare dei tempi; solo che l'ha sempre fatto in modo così lento e sottile da non darne quasi l'impressione.
Quindi se una colpa può essere ascritta a Papa Bergoglio non è quella di aver fatto dei cambiamenti, ma di averli fatti troppo in fretta.
LUMEN


SOCIETA' MISTE
La storia ci insegna che tutte le società 'miste', ovvero multi-etniche o multi-culturali, hanno dovuto affrontare delle notevoli difficoltà di convivenza.
Ma c'è una differenza importante: che una società multi-etnica, se gestita dal potere con intelligenza (e pur con alcune difficoltà) può funzionare comunque, se c'è un collante forte, come quello religioso (nel senso di religione unica).
Mentre una società multi-culturale non potrà mai funzionare bene e può dirigersi solo verso il caos.
Con buona pace di tutte le persone di buona volontà che, animate dalle migliori intenzioni, cercano ugualmente di provarci.
LUMEN


IPOCRISIA
Dunque, secondo la legge italiana (ma anche di altre nazioni) l'esercizio della prostituzione è lecito, ma sua organizzazione è un reato.
Similmente, l'assunzione di sostanze stupefacenti è una pratica lecita, ma il suo commercio è un reato.
A me sembra il trionfo dell'ipocrisia. Ed anche un bell'aiuto (involontario, certo) alla malavita, che ne può ricavare le sue attività più lucrative.
A conferma che le buone intenzioni, da sole, non bastano per far fare delle buone leggi.
LUMEN


UOMINI E ANIMALI
Noi esseri umani non siamo – dal punto di vista etico - né migliori né peggiori degli altri animali: siamo solo terribilmente più efficienti (grazie al nostro cervello più complesso e sviluppato).
Per questo possiamo raggiungere livelli superiori a loro, sia nel bene che nel male; ma si tratta solo di una differenza quantitativa, non qualitativa.
LUMEN

domenica 3 marzo 2024

Modalità aereo

La sensibilità ecologica e la difesa dell'ambiente hanno sicuramente bisogno di personaggi di riferimento, meglio se famosi; ma cosa pensare quando il comportamento pratico di queste persone - a cominciare dai lunghi viaggi aerei - risulta dannoso per l'ambiente e, quindi, finisce per contraddire il messaggio che si vuole trasmettere ?
Ce ne parla Gaia Baracetti in questo pezzo appassionato, scritto per il sito americano The Overpopulation Projet (traduzione di Google).
LUMEN


<< C'è una forma di consumo eccessivo che non è riconosciuta come tale: i viaggi. Nessuno arriva in questo sito per vantarsi di una nuova auto o di una borsa di design, ma ci sono stati un paio di articoli ed e-mail private (...), in cui il viaggio è stato discusso come un piacere personale, non importa quanto lontano o frequente, o anche come un fatto positivo, come un modo per conoscere personalmente la difficile situazione in cui si trova il nostro pianeta.

Ma il fabbisogno energetico e infrastrutturale dei viaggi è gigantesco, per non parlare della conversione di habitat selvaggi in località turistiche, sia per le masse che per pochi fortunati, e persino lo spostamento delle popolazioni autoctone o la concorrenza con le loro attività economiche tradizionali.

Non solo il volo di per sé (lo sappiamo già tutti), ma il turismo e qualsiasi tipo di viaggio in quanto tale è uno dei maggiori inquinatori, dei maggiori consumatori di risorse e dei maggiori fattori di perdita di habitat, in cui l’umanità è impegnata ( e sì, questo include “ecoturismo”).

Ed è sorprendentemente elitario. Ciò potrebbe sembrare difficile da credere dal punto di vista di un cittadino benestante di un paese ricco per il quale una vacanza è una ricorrenza regolare e un diritto umano, ma la maggior parte degli esseri umani che vivono oggi sul pianeta non prendono mai un aereo, e molti viaggiano molto poco e solo localmente, spesso semplicemente a piedi. (...)

A differenza delle attività “cattive” comunemente individuate, come i soliti colpevoli di mangiare carne o bruciare qualcosa, viaggiare per piacere non è necessario per la sopravvivenza ed è esclusivo.

Il negazionismo climatico è una tattica disonesta utilizzata dalla lobby dei combustibili fossili e dai suoi alleati per proteggere i propri profitti, ma c’è un altro discorso, più insidioso, che scoraggia le persone dal sostenere buone politiche climatiche o ambientali: sottolineare l’ipocrisia degli ambientalisti di alto profilo.

La maggior parte degli attivisti per l'azione per il clima sono ipocriti. Ricordo la prima volta che ho avuto questa impressione: era con An Inconvenient Truth di Al Gore : perché questo ragazzo va in giro in un SUV ? Sembra che sia passato molto tempo e da allora le cose sono peggiorate moltissimo.

Da Bill Gates alla famiglia reale britannica, alle celebrità minori che segnalano virtù, sembra che chiunque ci dica, oggi, che dobbiamo fermare il cambiamento climatico, smettere di bruciare combustibili fossili, smettere di mangiare carne o salvare gli elefanti viva in un una villa, possiede un'isola o utilizza jet privati ​​per aggirare il traffico.

Le persone lo hanno capito rapidamente: non siamo stupidi e la maggior parte di noi aspetta solo scuse per non essere bravo quando ci costa qualcosa. E quale scusa migliore per non fare nulla se non rendersi conto che le persone che ti dicono di fermare questo e quello, in realtà non lo stanno facendo da sole?

Quando si parla di ambiente ho sentito questo argomento tantissime volte (…): “se il cambiamento climatico è un problema così urgente, perché gli scienziati prendono così tanti voli inquinanti per raccontarlo a noi e agli altri?" (…)

Che senso ha spendere enormi quantità di risorse per fare campagne sul cambiamento climatico o sulla crisi della biodiversità, quando sappiamo già che la soluzione richiede di accontentarsi di restare, sprecare meno e vivere in modo meno stravagante?

Ho provato un senso di soddisfazione personale quando, dopo che l’attrice francese Marion Cotillard ha dato il suo sostegno “assoluto” al movimento ambientalista Les Soulèvements de la Terre mentre stava affrontando un’azione repressiva da parte del governo francese, le persone si sono rivolte ai social media per esprimersi in termini coloriti. (…) Se c'è una cosa per cui i francesi sono famosi, è la loro scarsa pazienza con le buffonate delle loro élite.

Su Twitter ho trovato la stessa cosa: la celebrità dello sport Gary Lineker ha pubblicato un'immagine allarmante delle attuali temperature nell'Europa meridionale con la didascalia: “Sì, fa un po' caldo, ma è estate. Continuiamo a trivellare per trovare nuovo petrolio. In ogni caso, chi ha a cuore i nostri figli e il futuro dei loro figli?”.

Il commento più apprezzato è stata una raccolta di tweet di Lineker sui suoi voli e sulla situazione in vari aeroporti, con la didascalia: "Come diavolo fai a decollare con un aereo ogni settimana senza nuovo petrolio, Gary?" (…)

Non si tratta solo di un paio di celebrità sprovvedute.

Se sei un professore universitario, un avvocato, un ricercatore in qualsiasi campo della “sostenibilità”, soprattutto in Occidente; se lavori per una ONG, o Dio non voglia per un governo, o se possiedi o gestisci un'azienda di moda "sostenibile" o un'attività di commercio equo e solidale, è probabile che il tuo livello di consumo sia molto più alto di quello che sarebbe effettivamente sostenibile per un ambiente sano. pianeta anche se fossimo solo un paio di miliardi, e superiore alla media mondiale odierna. Molto probabilmente sei un 10% globale, se non l'1%.

Lo sai: hai viaggiato. Hai visto gli indigeni la cui terra è devastata; hai visto l'estinzione degli ultimi animali selvatici, l'innalzamento dei mari, il ritiro dei ghiacciai, le foreste in fiamme... Senti di essere in una posizione migliore per mettere in guardia gli altri da tutto questo, perché l'hai visto. Ma il semplice fatto di averlo visto ti rende parte del problema, non parte della soluzione.

Se questo viaggio fosse una tantum, un requisito inevitabile del tuo lavoro, o implicasse vivere in un posto per molti anni senza lasciarlo molto... abbastanza giusto. Ma sappiamo che la maggior parte delle volte non è così. E, ancora una volta, non si tratta solo di viaggiare in luoghi lontani. Sono le grandi case e le ristrutturazioni, le seconde case degli “amanti della natura”, i bei vestiti, l'auto, elettrica e non (…)

L’eccessiva disuguaglianza e il consumo eccessivo sono due dei principali ostacoli al raggiungimento di un pianeta vivibile per tutti. Il fatto che gli ambientalisti li ignorino è imperdonabile.

Oltre al cambiamento sistemico, abbiamo bisogno di azioni individuali per ispirare gli altri e mostrare ciò che è possibile. Se nessuno cerca di essere sostenibile adesso, come potremmo sapere come sarebbe uno stile di vita sostenibile ? >>

GAIA BARACETTI

domenica 25 febbraio 2024

Appunti di Geo-Politica – (2)

Torno a parlare della situazione internazionale, perché il progressivo spostamento degli equilibri internazionali verso un sistema multi-polare, sta aumentando notevolmente le aree di tensione.
Tutte le opinioni sotto riportate sono tratte dal web. Buona lettura.
LUMEN


TERZA GUERRA MONDIALE
La “Guerra Grande” (cioè l'insieme dei conflitti attuali - NdL) ha la sua origine nella scelta occidentale, dunque in buona sostanza americana, di non cedere l’attuale supremazia su scala planetaria.
Una supremazia messa in discussione dall’emergere della Cina, dallo sviluppo dei BRICS, dal minor peso economico dell’Occidente complessivo, dall’evidente tendenza generale al multipolarismo, dall’insostenibilità di un sistema monetario dollaro-centrico.
A Washington hanno da tempo deciso di lottare per impedire il passaggio dal “nuovo secolo americano”, teorizzato venti anni fa, ad un sistema policentrico in cui dover ricontrattare i nuovi equilibri di potenza. E lo strumento principale di questa lotta, anche se di certo non l’unico, è quello militare.
Da qui la guerra in corso in Ucraina, da qui la tendenza generale alla guerra che permea tutto l’Occidente in questo preciso momento.
Tuttavia, la guerra non è mai un fatto esclusivamente militare. Non solo perché, come ci ricorda von Clausewitz, essa è “la prosecuzione della politica con altri mezzi”, ma anche perché nella guerra entrano in campo altri fattori, tra i quali l’economia, il commercio, le relazioni internazionali, le capacità propagandistiche e quelle relative all’egemonia culturale ed al consenso.
Chiamiamo quindi “Terza Guerra Mondiale” un periodo – nel quale siamo già entrati – caratterizzato dallo scontro, prevedibilmente sempre più violento, che potrà concludersi solo con la definizione di nuovi equilibri su scala planetaria e, a cascata, nelle diverse realtà regionali.
LEONARDO MAZZEI


DUE POPOLI DUE STATI
Due popoli, due stati e altre amenità. La popolazione di Israele è più che quadruplicata dal 1960 passando da 2 milioni a 9,6 milioni (...) densità 424 ab/kmq. La popolazione dei territori palestinesi è attualmente intorno ai 5,3 milioni (aumentata di oltre due volte rispetto al 1990) densità 730 ab/kmq.
Per confronto la densità di popolazione dell'Italia è 195 ab/kmq, qualle della Francia 100, quella dell'India 423 e quella degli Stati Uniti 40 ab/kmq.
Dunque la densità dell'insieme Israele-Territori ha una densità di popolazione superiore a quella dell'India, che però ha vaste zone fertili. Il territorio di Israele e Palestina è prevalentemente arido, in parte desertico (Negev).
La retorica ripetuta per decenni secondo cui gli israeliani "hanno fatto fiorire il deserto", nasconde una realtà ecologica molto meno edificante: hanno fatto fiorire il deserto grazie all'applicazione di tutte le tecniche dell'agricoltura industriale: petrolio, irrigazione, fertilizzanti e pesticidi.
Pratiche che sappiamo essere insostenibili nel lungo periodo e tanto più insostenibili quanto più aumenta la densità di popolazione. Fai aumentare il prezzo del barile (già aumentato da un paio di decenni), fai diminuire la disponibilità di acqua per fattori climatici e di sfruttamento intensivo e la retorica si rivela per quello che è. (...)
15 milioni di persone in continuo aumento (se continuasse al tasso attuale la popolazione raddoppierebbe in 35 anni) non possono vivere sul territorio di cui stiamo parlando. Le motivazioni psico-etnico-religiose per cui si scannano sono rilevanti fino ad un certo punto.
LUCA PARDI


RUSSIA E CINA
L'odierna intesa tra Russia e Cina è nata su presupposti anti-egemonici. Ha mosso i suoi primi passi contrastando il tentativo americano di acquisire la supremazia nucleare con il suo scudo antimissile, si è forgiata con l'espulsione degli USA dalle basi centro-asiatiche (…) ed oggi si nutre del mutuo interesse ad indebolire Washington, per sostenere le rispettive pretese in Europa e nel Pacifico. (...)
La Cina [però] potrebbe soddisfarsi del suo status quo di super-potenza, e cercare un accomodamento con gli USA a spese della Russia.
D’altro canto, la Russia potrebbe sviluppare una diffidenza dei motivi di Pechino e temere di essere sacrificata sull’altare della distensione sino-americana, diventando apertamente ostile agli interessi cinesi (forte anche dell’alleanza con l’India) in attesa di una 'proposta indecente' degli americani, che potrebbe benissimo arrivare [una volta] abbassatasi la tensione in Ucraina. (…)
Un domani Mosca potrebbe temere Pechino più di quanto teme Washington. Un domani, i cinesi potrebbero volersi spartire il mondo – o quantomeno l’Asia – con gli americani.
PIETRO PINTER


GUERRE SENZA FINE
Alcuni anni fa nei Balcani – per motivi politici ma anche religiosi – c’era un insanabile e sanguinoso contrasto fra due popolazioni. Tanto che lo scontro sembrava senza sbocco.
Fu a quel punto che un politologo americano (Luttwak?) disse qualcosa di tremendo. O, per lo meno, qualcosa di tremendo per chi non ha studiato storia.
Disse che quando c’è un serio contrasto fra due popoli sullo stesso territorio, se ne viene a capo soltanto se uno dei due popoli stermina l’altro, oppure se lo costringe a lasciare il territorio.
Finché ambedue sono in grado di combattere, e nessuno riconosce la vittoria dell’altro, la guerra rimane eterna.
GIANNI PARDO

sabato 17 febbraio 2024

Dalla Schiavitù al Genocidio

Sappiamo bene che la guerra è sempre stata una compagna inseparabile delle vicende umane.
Sembra però che, nel corso dei secoli, l'aumento dell'efficenza delle armi e della densità di popolazione ne abbiano modificato la funzione sociale, trasformandola da semplice mezzo per la cattura di schiavi, a strumento totale per la pulizia etnica.
Ce ne parla Ugo Bardi in questo post di argomento storico, tratto dal suo blog personale.
LUMEN



<< Gli esseri umani si sono sempre uccisi a vicenda con rabbia, ma gli stermini su larga scala sono rari nella documentazione storica fino a tempi relativamente recenti. Ciò è particolarmente vero per gli “stermini ideologici”, quegli eventi che vedono gli sterminati meritevoli del loro destino in quanto "subumani", “razze inferiori” o “animali umani”.

In epoca classica i nemici sconfitti non venivano quasi mai sterminati ma piuttosto trasformati in schiavi o assimilati. Secoli di agiografia cristiana hanno visto la storia dal punto di vista degli sterminati, celebrando le virtù dei martiri, ma non hanno mai suggerito che la vendetta fosse una risposta adeguata.

Persino le crociate (1095-1291), la paradigmatica guerra di religione, non miravano a sterminare i musulmani (anche se a volte è successo), ma piuttosto a convertirli al cristianesimo.

E poi le cose sono cambiate. Nel secolo scorso, abbiamo visto ogni guerra diventare una lotta metafisica del bene contro il male, con la parte perdente che meritava pienamente di essere sradicata ed eliminata.

Le guerre non vengono più dichiarate, i trattati di pace sono sostituiti dalla resa incondizionata, le popolazioni sconfitte vengono cacciate dalle loro terre, i loro leader vengono spesso giustiziati con o senza una parvenza di giusto processo. Il 20° secolo è stata una vera e propria fiera dello sterminio, con alcune delle uccisioni di civili più sanguinose ed estese mai registrate nella storia.

La crescente brutalità delle guerre moderne non ha cambiato l’atteggiamento degli occidentali, che continuano a considerarsi sempre superiori in termini morali. Tra coloro che hanno studiato gli stermini del XX secolo, Rudolph Rummel (1932 – 2014) ha fornito dati estesi e un termine da lui coniato, quello di “ democidio ”, per descrivere questi eventi.

Ma le sue conclusioni si limitavano all’idea semplicistica che i democidi sono qualcosa a cui si dedicano solo le dittature; le democrazie occidentali non lo fanno mai. Un’interpretazione sostenibile solo attraverso una definizione molto flessibile dei termini “democidio” e “democrazia”. (...)

Proviamo ad avere una visione a lungo termine. Abbiamo visto che nell'antichità gli stermini erano rari e sicuramente non dovevano essere un segno di virtù per gli sterminatori. Allora, quando sono apparse le visualizzazioni attuali? Penso che il punto di svolta possa essere identificato con l’inizio delle campagne di caccia alle streghe in Europa durante il XVI secolo.

Il punto cruciale della caccia alle streghe è che le streghe venivano giustiziate non per quello che facevano ma per quello erano. In altre parole, non era necessario che una strega avesse effettivamente commesso un delitto per essere punita; era sufficiente essere dichiarata strega da un tribunale. Se ci pensiamo, si tratta di una profonda perversione del concetto stesso di “giustizia”, ma è alla base di tutti gli stermini, delle pulizie etniche e simili. "Sei uno di loro, quindi meriti di morire." (…)

I dati mostrano che la “guerra dei trent’anni” (dal 1618 al 1648) è una delle prime guerre su larga scala. Sappiamo anche che si tratta di una delle prime guerre di sterminio ideologico. Ha visto protestanti e cattolici uccidersi felicemente a vicenda in Europa: due visioni del mondo incompatibili, in cui ciascuna parte bollava l’altra come malvagia.

Da lì in poi è stato tutto in discesa. Una parvenza di “onore” nei combattimenti è stata mantenuta fino all’inizio del XX secolo, e poi le guerre sono state completamente trasformate in imprese di derattizzazione, tranne per il fatto che nel ruolo dei ratti ci sono esseri umani.

Cosa è successo che ha causato questa trasformazione? Posso proporre tre spiegazioni.

Sovrappopolazione - La frenesia omicida degli ultimi secoli coincide con il rapido aumento della popolazione umana, con gli europei che si spostano in altri continenti e spostano o sradicano le popolazioni native alla ricerca di nuove terre. Questa idea fu successivamente descritta come la necessità di lebensraum (spazio vitale), spesso unita a una visione pseudo-scientifica che vedeva le “razze superiori” avere il diritto di sostituire quelle inferiori. (…)

Armi da fuoco - L’inizio dell’Era degli stermini coincide con la diffusione delle armi da fuoco. L’effetto potrebbe non essere tanto una questione di maggiore letalità ma di portata. Konrad Lorenz sosteneva nel suo libro “ Sull’aggressione ” (1963) che le armi che uccidono a distanza disattivano la capacità della parte sconfitta di inviare segnali di sottomissione ai vincitori. Con ciò scompaiono i meccanismi innati che impediscono agli esseri umani di uccidere un nemico sconfitto (almeno qualche volta).

La tipografia - In Europa gli stermini andarono parallelamente allo sviluppo della stampa e alla diffusione dei libri e, più tardi, dei giornali. Con questi strumenti, lo Stato poteva raggiungere un livello di controllo sui suoi sudditi prima impensabile. Poi, si è presto scoperto che il modo migliore per concentrare le risorse dello stato sulla guerra era quello di scatenare nella popolazione un delirio di odio contro gli stati esterni o i sottogruppi interni presentati come malvagi. Quello fu l’inizio della propaganda moderna, una tecnologia sviluppata per fare proprio questo su larga scala.

Se queste interpretazioni sono corrette, e potrebbero esserlo tutte e tre, allora ci troviamo in una situazione difficile. Tutte e tre le tendenze non solo sono ancora valide, ma stanno diventando sempre più importanti.

La popolazione umana continua ad aumentare. La capacità di uccidere a distanza è aumentata dalle armi da fuoco individuali ai bombardamenti aerei e ora ai droni assassini. La propaganda sta diventando sempre più radicata nella visione occidentale del mondo. (...)

Andiamo quindi verso un ulteriore aumento della tendenza allo sterminio? Ciò che vediamo in questo momento nel mondo sembra indicare esattamente questo. >>

UGO BARDI

domenica 11 febbraio 2024

Pensierini – LXVII

INFALLIBILITA' PAPALE
Il dogma dell'Infallibilità papale, formalizzato solo nell'ottocento ma con alle spalle una storia secolare, afferma che il Papa è infallibile (solo) quando si pronuncia “ex cathedra” e in questioni di dottrina e morale.
Qualcuno ha fatto notare che la definizione appare po’ criptica, perchè non è mai troppo chiaro quando un Papa si pronuncia effettivamente 'ex cathedra'. 
La critica è fondata, ma non credo che si tratti di un errore 'casuale'. Sono convinto che si tratti di una indeterminatezza VOLUTA, allo scopo di poter sempre modificare (o addirittura ribaltare) le affermazioni papali in caso di necessità.
La Chiesa Cattolica, infatti, si vanta di seguire norme eterne, perchè dettate da Dio e quindi immodificabili, ma, se si guarda bene, nella sua storia ha già fatto più giri di valzer di una coppia di ballerini.
LUMEN


EUTANASIA
Una buona legge sull'eutanasia (come quella, molto avanzata, vigente in Canada, che tante polemiche ha suscitato) mi sembra una semplice norma di civiltà, come quelle sul divorzio, sull'aborto, sulle unioni omosessuali eccetera.
Chi è d'accordo la usa, chi non è d'accordo non la usa.
Se pensiamo che in tanti Paesi, per motivi sostanzialmente religiosi, il suicidio è ancora considerato un reato (tanto da punire gli eventuali 'complici'), la differenza diventa ancora più abissale.
Ovviamente l'eutanasia deve essere una scelta consenziente e non forzata.
Ma ci possono essere situazioni nella vita (che non auguro a nessuno) in cui la sofferenza (soprattutto fisica) della vita è superiore a qualunque altro compenso.
Allora è giusto che ogni persona sia libera di scegliere la propria sorte.
Il suicidio è sempre esistito nella storia dell'uomo, ma i metodi utilizzati per togliersi la vita, in genere, sono di tipo violento e non fanno che aggiungere ulteriori sofferenze. L'eutanasia medica evita tutto questo.
LUMEN


DIRITTO NATURALE
Secondo i sostenitori del c.d. Diritto Naturale – risalente al pensiero greco antico e poi ripreso dal medioevo cristiano - il fondamento del 'diritto' sarebbero le norme della natura, basate sul principio latino del NEMINEM LAEDERE (non fare del male a nessuno).
Questa affermazione, però, non mi convince, perchè tutti gli esseri viventi, per poter sopravvivere, sono costretti a ledere qualcun altro. Quindi non è possibile seguire le leggi della natura e, nel contempo, proibire il danneggiamento altrui.
Ritengo pertanto che continui ad essere necessario il c.d. Diritto Positivo, quello convenzionale, che, basandosi sui costumi sociali, cerca di limitare alla meno peggio il comportamento naturale delle persone.
Ed infatti solo gli uomini possono avere un diritto, che è una limitazione della natura, mentre gli altri esseri viventi no.
Temo che il fascino del diritto naturale (ricercato a lungo come una panacea da tanti fiosofi e pensatori) stia nella speranza di trovare delle norme 'a priori' che ci tolgano la responsabilità di dover decidere 'da soli' quello che è bene e quello che è male.
Una cosa che ci provoca angoscia e confusione. Ma alla quale ci dobbiamo rassegnare.
LUMEN


SPECISMO UMANO
Che la popolazione umana sia eccessiva per la capacità di carico del nostro pianeta è un dato di fatto che nessuno può negare; e quindi è indispensabile che venga ridotta in modo significativo.
Se non vogliamo farlo per il benessere degli altri animali, come chiedono gli ambientalisti più radicali, visto che, tutto sommato, un po' di specismo umano è comprensibile (ed anche giustificato), facciamo per noi stessi.
Per vivere bene l'uomo HA BISOGNO di una certa quantità di natura libera.
Quindi, non vergognamoci se vogliamo fare le cose giuste per noi stessi, per egoismo di specie; però  facciamole.
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DIZIONARIO DELLE SIGLE
ONU = Organizzazione di Nessuna Utilità
OPEC = Operatori Poco ECologici
UNESCO = UNione Emeriti SCOnosciuti
FAI = Forse Abbiamo Inquinato
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PACIFISMO ATEO
Diceva Josè Saramago che “Il mondo sarebbe molto più pacifico se fossimo tutti atei”. E' un bella frase, ma io, pur essendo ateo, non ne sono molto convinto.
Certo, non sappiamo come sarebbe un mondo totalmente ateo, perché non è mai esistito, ma non credo che sarebbe molto pacifico, perché la violenza è insita nell'uomo e se non ci fosse la religione ad aizzarla e giustificarla, ci sarebbe qualche altra ideologia.
Oggi, gli atei (e gli agnostici) sono più pacifici dei credenti, perché sono una quota minoritaria della società, ed in genere sono più riflessivi.
Ma se fossero tutti dei  'non credenti', le cose sarebbero diverse.
LUMEN
 

domenica 4 febbraio 2024

La luce in fondo al Tunnel

Secondo uno dei più recenti modelli demografici (denominato World-4) sembra che la popolazione mondiale dovrebbe smettere di crescere verso il 2030, per poi (finalmente) diminuire nel periodo successivo.
Se la previsione è corretta, sarebbe proprio il caso di dire: meglio tardi che mai.
A questa ipotesi è dedicato il post di oggi, scritto da Jacopo Simonetta per il sito Apocalottimismo.
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<< La demografia ufficiale soffre di tre principi sinergici che ne rendono futili le argomentazioni e le previsioni. Ricordiamoli brevemente:

1 – La popolazione umana non è soggetta fattori limitanti esterni. Per quanto stravagante sia questa tesi, è uno dei fondamenti degli studi e delle previsioni ufficiali delle istituzioni grandi e piccole. Talvolta è esplicitata, spesso viene invece taciuta, ma è sempre presente. Ne consegue pretendere che, al netto di gravi e temporanee calamità, la dinamica della popolazione umana risponda solo a pulsioni interne alla popolazione stessa. Essenzialmente quindi fattori economici e culturali.

2 – L’influenza dei fattori economici si estrinseca secondo la cosiddetta “transizione demografica”. Teoria secondo cui la povertà è la principale forzante sia dell’elevata natalità che della mortalità. Aumentando il benessere, la mortalità diminuisce subito, mentre la natalità segue con una certa inerzia così da giungere dopo alcuni decenni ad un nuovo sostanziale equilibrio su livelli molto più alti che si dà per scontato siano sostenibili a tempo indeterminato. Nata come ipotesi scientifica alla fine del XIX secolo, questa teoria è si è dimostrata falsa in moltissimi casi, ma rimane fortemente radicata nella cultura sia popolare che scientifica perché politicamente ed eticamente molto confortevole.

3 – La sovrappopolazione non esiste, perlomeno non a livello globale, e parlarne è indizio sicuro di una mentalità gretta e colonialista (se non peggio).

Prima di tutto è bene ricordare che i modelli [demografici] sono solo degli strumenti per studiare i fenomeni; anche i migliori di essi non sono la realtà, al massimo ne simulano abbastanza bene alcuni aspetti e tendenze. (...)

World4 è stato elaborato sulla base dei dati fino al 2010 e pubblicato nel 2021. Il suo interesse è che rompe drasticamente con i modelli demografici correnti, basandosi su tre principi fondamentali:
= L’umanità non può eccedere la disponibilità di cibo.
= La produzione di cibo dipende anche da servizi eco-sistemici che sono resi gratuitamente dagli ecosistemi naturali (assorbimento e stoccaggio di CO2, fertilità, acqua dolce, impollinazione, banchi di pesca, ecc.).
= Gli ecosistemi naturali vengono distrutti dalla crescita demografica ed economica.

Anziché sui tassi di natalità, l’aspettativa di vita ecc., World4 è quindi focalizzato sulla disponibilità di risorse e sulla nostra capacità di estrarle. In effetti, vi sono altri due insiemi di fattori critici per il nostro destino: la complessità del sistema socio-economico-tecnologico e la capacità degli ecosistemi di rigenerare le risorse ed evitare l’accumulo di sostanze nocive.

A dire il vero quest’ultimo aspetto è indirettamente preso in conto, visto che si utilizza la metodologia dell’ “Impronta Ecologica” e si fa riferimento esplicito a fenomeni come il GW. La complessità è invece parzialmente correlata con la tecnologia che, invece sta al centro del modello.

Dunque, il modello è strutturato su 2 fattori aggregati: la tecnologia e l’ambiente, correttamente considerando che è soprattutto dal loro rapporto dinamico che deriva la capacità di carico umana, vale a dire quanta gente può vivere su questo pianeta. Entrambi i fattori si articolano in due sotto-fattori.

La tecnologia [si articola] in 'Conoscenza' ed 'Ignoranza' che determinano il tasso di mortalità. La prima riducendolo e la seconda aumentandolo. Entrambi i due sotto-fattori operano in ogni momento, ma il punto di equilibrio fra di essi si sposta: verso l’ignoranza per obsolescenza (tecnologie non più utili, non più possibili o comunque dimenticate); viceversa per apprendimento.

L’ambiente si articola invece in antroposfera (la parte di bio-capacità già sfruttata) ed ecosfera (la parte di bio-capacità ancora libera e dunque in grado di rendere servizi eco-sistemici vitali. Anche in questo caso si passa dall’una all’altra mediante ri-naturalizzazione o, viceversa, domesticazione.

Queste quattro variabili sono legate fra loro da un sistema di 6 equazioni da cui si estrapola la capacità di carico. Si noterà che questo modello considera la mortalità come fattore principale nel determinare la popolazione. E’ molto politicamente scorretto, ma scientificamente accettabile in quanto chi nasce in un contesto di “overshoot” conclamato, vale a dire carestia, assenza di sostegno internazionale, caos sociale, ecc., facilmente muore.

Come al solito, il modello è stato messo a punto facendogli riprodurre i dati reali dei 100 anni scorsi, per poi azzardare delle previsioni sul futuro, inserendo una serie di variabili. Facendo quindi girare il programma un milione di volte, via via inserendo combinazioni di dati diverse, si ottiene un fascio di curve che indicano i possibili sviluppi.

Orbene, contrariamente alle proiezioni attualmente accreditate, tutte le curve disegnate puntano decisamente verso il basso a breve termine. La “finestra” che contiene l’80% di probabilità è che il picco della popolazione si verifichi fra il 2025 ed il 2030 intorno ai 7,5 miliardi di persone, per poi giungere al 2060 con una popolazione globale compresa fra 2 e 6,5 miliardi di persone.

Come si vede, tutte le curve sottostimano il numero di persone attuali (si ricorda che il modello è settato sui dati fino al 2010), che pare abbia già raggiunto gli 8 miliardi nel 2022 (anche se non è poi certo), ma l’aspetto più interessante è che il margine di incertezza risulta molto ridotto circa l’inizio della flessione, mentre è molto ampio per quanto riguarda la sua rapidità.

Tale differenza dipende prevalentemente da differenti ipotesi fatte circa la resilienza degli ecosistemi selvatici; vale a dire dalla loro capacità di continuare a fornire servizi eco-sistemici vitali ancorché parzialmente antropizzati.

In altre parole, il risultato più interessante del lavoro è che, al di là della precisione nelle previsioni, il fattore principale per la sopravvivenza dell’umanità risulta essere non già la tecnologia, bensì la qualità ambientale. Sorprendente per molti, questo risultato è invece esattamente quello che ci si poteva aspettare dal momento che la tecnologia non crea risorse, bensì ne migliora lo sfruttamento, cosa che solitamente ne accelera il degrado. (...)

Ovviamente è perfettamente possibile che il modello abbia trascurato o mal considerato uno o più fattori rilevanti e che pertanto risulti sbagliato. Ancora una volta è bene ricordare che si tratta di un modello e non di Nostradamus (per modo di dire). Tuttavia io credo che sia da prendere sul serio, come tendenza generale e non come previsione di dettaglio, per due solide ragioni.

La prima è che risulta molto consistente con i risultati ottenuti aggiornando e ricalibrando il [precedente] World3, la cui validità strutturale è invece stata ampiamente dimostrata dai fatti.

La seconda è molto più empirica, ma non per questo meno cogente: l’analisi dei dati demografici di questi ultimi decenni indica non solo una tendenza globale a ridurre la natalità, ma anche che laddove si verifica una crisi economico-politica abbastanza grave da provocare un sensibile aumento di mortalità, si verifica anche una contemporanea riduzione della natalità; specialmente se non vi è la possibilità di emigrare.

A ciò dobbiamo aggiungere che, sia pure in modi molto diversi, tutti i paesi del mondo dipendono dal commercio globale per parecchie delle loro necessità vitali e che la rete commerciale globale sta scricchiolando sotto i colpi della crisi energetica ed economica generale, oltre che della rinnovata ostilità fra blocchi geopolitici contrapposti. (...)

Un vecchio adagio afferma che è meglio essere ricchi e sani, piuttosto che poveri e malati. Molti e crescenti indizi indicano che però abbiamo scelto la seconda opzione, anche se la maggioranza delle persone ed anche molti scienziati non sono d’accordo. Vedremo, forse anche prima del previsto. >>

JACOPO SIMONETTA

domenica 28 gennaio 2024

Punti di vista – 35

BREVE STORIA DEL LAVORO
Il mondo del lavoro, storicamente, è passato per diverse fasi.
1= Schiavitù: si cattura una persona, la si tiene in cattività e la si costringe a lavorare.
2= Servitù: non e’ necessario catturare la persona, la struttura sociale costringe la persona a lavorare.
3= Proletariato: non e’ nemmeno necessaria una struttura sociale riconosciuta, si fa in modo che non esista alcuna alternativa al superlavoro.
4= Propaganda: si convincono intere generazioni di persone che il lavoro è il modo migliore di realizzarsi nella vita.
Sul punto numero quattro, e’ chiaro che si tratti di una menzogna. Il problema e’ che gli uomini, (...) indottrinati cosi’, trascurano ogni [altra] cosa per il lavoro.
URIEL FANELLI


PAPA SOCIAL
[Papa] Bergoglio da tempo ha abdicato al ruolo di Santo Padre per assumere il ruolo di 'Influencer'. Le chiese sono deserte e lui s’inventa una chiesa fluida, nomade, che si muove inseguendo i flussi d’opinione.
Ha lasciato il carisma, l’autorevole tradizione, il senso del sacro, del rito, del simbolo e della liturgia; reputa una battaglia persa esortare alla fede, alla catechesi e alla riscoperta di Dio, e si pone il problema di influire sulla società contemporanea facendosi a sua volta influenzare dalle sue tendenze prevalenti, fino a sposarle, con rito civile.
Compiace l’onda 'social' del momento, cavalca l’Opinione Dominante di cui si fa veicolo clericale, (...) reputa la Chiesa la continuazione dei 'social' con altri mezzi.
MARCELLO VENEZIANI


DELITTO E CASTIGO
Chiunque commetta un reato non pensa alla pena che rischia.
La prima ragione è che nemmeno la conosce. La seconda (per esempio nel caso del furto) che pensa che non sarà identificato. La terza che, nell’emozione del momento, il colpevole dice: «A costo di farmi trent’anni di galera».
Ipotesi che accettare con disinvoltura e coraggio; salvo poi farsela sotto, in Corte d’Assise, quando rischia di vederseli infliggere sul serio, trent’anni.
La sintesi è semplice: nei secoli passati la pena di morte è stata inflitta molto più disinvoltamente di oggi e tuttavia i reati commessi erano maggiori.
GIANNI PARDO


TRA IL DIRE E IL FARE
Certe posizioni [politiche di protesta] le assumi quando non hai la possibilità di contare qualcosa o di governare.
Appena varchi la soglia dell’invisibilità, e ti fai prima visibile, poi decisivo, in grado di influenzare le sorti di governi e maggioranze, allora ti trovi davanti a un bivio: o vieni estromesso, con ogni mezzo, o vieni neutralizzato, sterilizzato, addomesticato, e allora entri nel gioco politico ma a prezzo della tua identità e del tuo progetto originario. (…)
Il passaggio dall’opposizione al governo comporta una mutazione inesorabile.
MARCELLO VENEZIANI


VETI INCROCIATI
L’insieme di veti incrociati ormai e’ tale che potete fare solo cose canoniche.
Se ogni opera puo’ solo essere neutrale nei confronti di ogni gruppo, in che modo l’arte, il pensiero, la nostra preziosa “liberta’ di parola” potra’ cambiare le cose ?
[Com'è possibile], se per cambiare le cose occorre criticare qualcuno, e non si può perchè quel qualcuno si offende ?
La tua liberta’ finisce dove inizia quella di qualcun altro, ma quella di qualcun altro inizia, guarda caso, proprio dove inizia la tua! Che sfortuna.
URIEL FANELLI


DIO, PATRIA, FAMIGLIA
L’amor di Dio, l’amor patrio e l’amore per la famiglia sono stati, nel bene e nel male, e in tutte le contraddizioni, la bussola e il filo conduttore per tenere unita una società, per fondare comunità e legami non provvisori né utilitaristici e per stare al mondo non badando solo ai propri esclusivi interessi egoistici e ai propri desideri individuali.
Negare quei fondamenti significa negare il fondo persistente, benché ferito e tante volte calpestato, su cui regge la vita della gente e il sentire comune.
Non è mai esistita una società fondata sulla negazione di quelle basi e del loro intreccio. Noi proveniamo da quel mondo, siamo figli ed eredi di quel modo di vivere e di vedere; i nostri legami più forti e duraturi derivano da quelle basi.
Sarebbe assurdo ridurre quei fondamenti alti, vasti e profondi al programma politico, ideologico, elettorale di uno schieramento.
MARCELLO VENEZIANI

domenica 21 gennaio 2024

Vegano ? No, grazie !

L'uomo, per sua natura, è un animale onnivoro, che mangia ogni tipo di alimento, ma può, con un modesto adeguamento (e senza risentirne), diventare vegetariano, cioè escludere dalla propria dieta la carne animale.
Esiste però una scelta alimentare ancora più impegnativa ed è quella del vegano, che rinuncia non solo alla carne, ma anche ad ogni tipo di alimento animale (latte, formaggio, uova, ecc.).
A questo argomento è dedicato il post di oggi, scritto da Gaia Baracetti per il suo blog, con la quale mi trovo in totale sintonia.
LUMEN
 
 
<< Potrebbe sembrare gratuito e controproducente prendersela con i 'vegani', quando il problema del pianeta è l’opposto: troppa gente mangia troppa carne o prodotti animali, e il numero di queste persone sembra destinato ad aumentare. Quindi chiarisco subito.

Generalmente, penso che le pratiche dei vegani contribuiscano a un mondo migliore, riducendo il consumo di risorse necessario per produrre carne, formaggi, uova e altri prodotti animali, e la sofferenza delle bestie, purché tengano conto anche di altri fattori nei loro consumi alimentari: chilometro zero, stagionalità, riduzione della dipendenza da cibi lavorati industrialmente, e così via.

Io sono grata ai vegani per le loro pratiche, ma contesto le loro filosofie. La mia tesi è che i vegani pecchino dell’antropocentrismo di cui fanno rimprovero ai non-vegani, e manchino di comprensione e rispetto nei confronti dello stesso mondo naturale ed extra-umano che dicono di voler proteggere.

Inoltre, con le loro campagne moraliste, spesso si comportano da crociati e da fanatici, e non comprendono le ragioni di chi non la pensa come loro, trattato da assassino e peccatore. Nel peggiore dei casi, mettono una vita umana sullo stesso piano di una vita animale, svilendo la prima e non capendo il senso della seconda.

La mia obiezione principale ai vegani è quindi questa: non si può pensare che l’uccisione di un animale sia una cosa sbagliata. Non lo si può pensare perché è la legge fondamentale della vita su questo pianeta: 'mors tua vita mea'. (...)

Il mondo degli animali è complesso e segue leggi diverse da specie a specie, ma io ritengo compatibile con questo mondo accettare che una specie tuteli se stessa. Tralasciando questioni per ora irrisolvibili su cosa rende gli esseri umani diversi da altre specie, e superiori, ammesso e per nulla concesso che lo siano, io dico semplicemente: io faccio gli interessi dell’homo sapiens.

Questo è quello che fa ogni specie, anche se alcune, per motivi di sopravvivenza, si sbranano al proprio interno. Naturalmente questo solleva spinose questioni su fino a che punto ci si possa spingere nella difesa della propria specie, dato che io penso anche che il mondo non umano abbia un valore intrinseco; ma anche senza preoccuparci di questo valore, mettendolo da parte per il momento. so che distruggendo l’ambiente che ci circonda non possiamo vivere.

Quindi: sono umana, considero la vita umana superiore alle altre, e cerco di preservarla. Al tempo stesso, senza mancare a questo principio, mi adopero affinché la vita umana esista entro dei limiti, difficili da definire, certo, ma indispensabili.

Cerco di mantenere uno stile di vita non troppo impattante, di sensibilizzare le persone sui rischi di una crescita senza fine della popolazione umana, e sul valore del mondo non-umano. Penso agli interessi della mia specie, nel nome di questi interessi tutelo l’ambiente in cui la mia specie vive, e intanto gli riconosco anche un indefinito valore proprio indipendente dall’esistenza umana.

Se questa mia premessa non vi torna, guardatela in questo modo: quanti di voi si sentirebbero di mettere sullo stesso piano la vita di una persona e di un cane? E poi di una persona e di una falena? E poi di una persona e di un tonno? Questo non è incompatibile con l’idea, con cui sono d’accordo, che vadano limitate le sofferenze animali. (…)

Diverso è il discorso della libertà. Io non tengo animali in casa, non sopporto pesci negli acquari, uccelli in gabbia, e nemmeno cani e gatti prigionieri di una casa. Per me gli animali, a meno che non servano per qualcosa di utile, dovrebbero vivere liberi nel proprio ambiente. Quindi non ho animali domestici. Sono pronta a credere che questa sia una mia semplice proiezione: non so se a un animale dispiaccia stare in gabbia o no. (…)

Avete mai visto una mucca su una malga? Mangia, si sdraia, mangia un altro po’. Una mucca in una stalla fa lo stesso. Io posso supporre che la vacca stia meglio all’aperto e muovendosi piuttosto che al chiuso e ferma, ma non posso saperlo per certo. Dubito tra l’altro che apprezzi gli spettacolari paesaggi alpini tanto quanto le idilliche foto sui prodotti caseari sembrano suggerire.

Inoltre, come posso io sapere che è migliore la stressante vita di un capriolo, sotto la minaccia costante di essere cacciato e ucciso [dai suoi predatori] (...), piuttosto che quella di una vacca, prigioniera sì ma con cibo sempre garantito e la morte che arriva solo alla fine? (...).

Facciamo un altro esempio. I metodi biologici di controllo degli insetti, per la produzione di verdure di cui si nutrono anche i vegani. Ucciderli con i pesticidi è inquinante, ma forse non è più crudele di metodi di controllo biologico come farli divorare dall’interno dai nematodi o attirarli con dei feromoni, per poi fargli trovare una trappola anziché l’agognato partner per l’accoppiamento.

Questa è l’agricoltura biologica: crudele! Eppure, l’alternativa è lasciare che gli insetti divorino il cibo che stiamo coltivando per noi stessi, e nutrirci con quel che rimane, se ne rimane. Quindi, a meno che non mi sfugga qualcosa, i vegani non sono vegani se mangiano verdure coltivate, perché per coltivarle bisogna uccidere gli insetti.

Insomma, io cerco di garantire alle bestie un tenore di vita decente, (…) [ma] le leggi di natura dicono che gli animali si ammazzeranno, inevitabilmente, gli uni gli altri per sopravvivere. Al di fuori della mia specie, io accetto di vivere secondo queste regole, le regole naturali, anziché secondo quelle stabilite dai vegani, innaturali e assurde, secondo le quali gli animali non devono essere uccisi. (…)

Possiamo immaginare un mondo in cui nessun essere umano uccide un altro: questo mondo potrebbe esistere e anche funzionare. Un mondo in cui gli animali non si ammazzano gli uni gli altri è impossibile, insensato e ridicolo. Noi siamo animali.

Gli animali che sono prede producono più prole di quanta ne servirebbe per il semplice ricambio intergenerazionale, proprio perché parte di essa sarà uccisa e mangiata per sostenere altre specie. Quando non viene uccisa, perché non ci sono più predatori naturali o perché c’è uno squilibrio, di solito creato dall’uomo, la specie preda diventa infestante e distrugge l’habitat divorando le risorse disponibili. Non serve neanche che vi faccia esempi, tanto è evidente e noto quello che dico.

Quindi, se i principi dei vegani venissero applicati all’intero mondo naturale, i predatori dovrebbero competere con le prede per mangiare solo vegetali, anche se il loro metabolismo e la loro fisiologia lo rendono impossibile, e le prede dovrebbero praticare qualche tipo di controllo per le nascite. Vedete che questa prospettiva è ridicola.

E allora perché io dovrei aderire a una regola tanto assurda? I vegani vogliono che io creda che un pilastro della vita su questo pianeta è sbagliato: quanta arroganza in questo! (…) Mangio poca carne per non pesare sul pianeta, cerco di controllarne l’origine, ma la mangio. Accetto tutto questo perché penso che se avessi dovuto vivere secondo regole diverse, non sarei nata su questo pianeta. >>

GAIA BARACETTI

domenica 14 gennaio 2024

Pensierini – LXVI

NON RISPONDERE
Trovo assurda la previsione del nostro Codice Penale (e di tanti altri ordinamenti giurici occidentali) secondo cui l'imputato ha sempre il diritto di non rispondere.
L'imputato, al contrario, dovrebbe sempre essere obbligato a rispondere, a dare la propria versione dei fatti, con la previsione che, in caso di silenzio, sarà considerato colpevole.
Certo, l'imputato ha diritto alle sue tutele, ma quello che deve essere tutelato non è il suo diritto di tacere (assurdo, come detto), ma solo quello, giuridicamente ben più importante, di non subire abusi da parte degli inquirenti.
E per ottenere questo, basta prevedere, molto semplicemente, che ogni dichiarazione dell'imputato, per essere giudizialmente valida, deve essere effettuata in presenza del suo avvocato; altrimenti non ha alcun valore. Ma, una volta garantita questa tutela, l'imputato deve parlare, eccome; e deve raccontare tutto quello che sa. 
Al massimo, se dovesse mentire nel proprio interesse, non potrà essere condannato (in aggiunta) per falsa testimonianza. Ma nulla di più. Perchè la ricerca della verità, che è poi lo scopo ultimo di ogni processo penale, ha assolutamente bisogno delle sue parole.
LUMEN


SINGOLO E SOCIETA'
Come ricordo spesso, una delle tragedie fondamentali dell'uomo è questa: che quello che va bene per il singolo non va bene per la società; e quello che va bene per la società non va bene per il singolo.
Come fa allora una società a nascere ed a funzionare ?
Inventa le sovrastrutture (religione, ideologie, ecc.) grazie alle quali convince il singolo che gli interessi della società coincidono con i propri.
Questo ovviamente continua a non essere vero, però l'inganno funziona e tanto più profondo e condiviso è l'inganno e tanto maggiore è l'efficienza della società.
LUMEN


POPOLO EBREO
Vedendo le cose del Medio Oriente dall'esterno, cioè da persona non coinvolta direttamente nella questione, ho l'impressione che gli Ebrei siano comunque un popolo 'speciale'.
Nel senso che, per una serie di motivi, anche storici, non possono passare inosservati: o li apprezzi o li detesti.
Non sono molti i popoli, nel mondo, di cui si può dire la stessa cosa.
LUMEN


ELITES E FRATTALI
Gaia Baracetti, parlando dei comportamenti politici, che appaiono spesso egoisti e discutibili, ha osservato acutamente che “Gerarchia e potere sono frattali”, nel senso che coinvolgono un po' tutti, ciascuno nella sua nicchia.
Mi sembra una frase molto bella, che esprime perfettamente (e con sintesi mirabile) l’essenza del pensiero elitista: nel nostro piccolo, siamo tutti affascinati dal potere, appena ne abbiamo l’occasione (un po' come nel famoso proverbio “l’occasione fa l’uomo ladro”).
Le elites vere e proprie, cioè quelle che stanno sopra a tutti, per la ricchezza posseduta ed il conseguente potere, sono solo quelle più appariscenti. Ma non sono le uniche.
LUMEN


DIO MAIUSCOLO
Per i credenti, ovviamente, la parola Dio va scritta in maiuscolo (ed anche con sacro rispetto), ma per gli atei, che non credono alla sua esistenza, sarebbe forse più corretto scriverla in minuscolo ?
Io penso di no.
Perchè Dio sarà anche un personaggio di fantasia, ma è un personaggio noto, e tutti i personaggi di fantasia vengono scritti comunque con la maiuscola: dall'Arcangelo Gabriele a Sherlock Holmes, da Mefistofele a Peter Pan, ecc. ecc...
Quindi, inesistente sì, ma con la maiuscola.
LUMEN


DIRITTO INTERNAZIONALE
Mentre gli accordi internazionali che coinvolgono pochi paesi vengono sottoscritti per rafforzare i contraenti, i trattati internazionali di più ampio respiro (in genere promossi dall'ONU o dai suoi organismi collegati) sembrano improntate ad una matrice talmente 'buonista' e lassista da dare l'impressione di avere lo scopo specifico (promosso probabilmente dalle elites globaliste) di fiaccare e limitare la sovranità delle singole nazioni.
Tanto è vero che molti Stati, essendo concordi sui principi ma perplessi sulle conseguenze pratiche, ritardano talvolta la loro adesione e gli USA – che hanno un'opinione molto elevata della loro indipendenza - si rifiutano spesso di firmare.
Per conseguenza il diritto internazionale, per quanto non cogente (e quindi giuridicamente inesistente), è diventato una gabbia sempre più stretta che finisce, paradossalmente, per limitare più le democrazie (a cui non servirebbe) che le dittature (che invece se ne fregano).
LUMEN

domenica 7 gennaio 2024

Vox Populi, vox Dei

Contrariamente a quello che molti pensano, non è la religione a forgiare i costumi ed il carattere di un popolo, ma semmai il contrario.
Ne consegue, tra le altre cose, che le Nazioni che – per scelta o per necessità – si trovano ad essere multi-religiose (cioè non applicano il principio storico “cuius regio, eius religio”) devono sempre affrontare molte difficoltà.
A questo argomento è dedicato il post di oggi, scritto da Gianni Pardo e tratto dal suo blog personale.
LUMEN



<< Un titolo di giornale così recita: “Impedire alle donne di studiare e lavorare è contro l’Islam”. Pare l’abbiano detto dei “leader musulmani” contro “l’apartheid femminile in Afghanistan”. E francamente viene da sorridere.

Non c’è bisogno di essere specialisti della religione maomettana per sapere che il Corano non contiene se non generiche prescrizioni riguardo al vestiario, alla cultura e al lavoro delle donne. E allora, dirà qualcuno, in Iran si rischia la rivoluzione, con centinaia o forse migliaia di morti, per un “hijab” che non è nemmeno una prescrizione religiosa? La risposta è: proprio così.

Buona parte delle religione maomettana, così come viene vissuta ogni giorno in parecchi Paesi, è più figlia della tradizione che della teologia. Dunque nella dichiarazione di quei “leader musulmani” c’è un fraintendimento di fondo che del resto si verifica anche per quanto riguarda il Cristianesimo.

Molta gente, anche in Europa, è convinta che la morale sia figlia della religione, tanto da considerare “immorale” chi è “irreligioso” e da pensare che rubare sia peccato, e soltanto in secondo luogo furto. In realtà è tutto il contrario. Per quanto riguarda i principi della convivenza sociale ogni religione costituisce la sacralizzazione delle idee prevalenti in un dato momento storico.

La religione cristiana, per esempio, è nata in un tempo e in una regione in cui era “ovvio” che le donne fossero sottomesse all’uomo e non avessero cariche direttive. Infatti alle donne è stato vietato il sacerdozio, e gli si è pure vietato di prendere la parola in chiesa (“foeminae in ecclesia taceant”, ha scritto San Paolo, o piuttosto Paolo di Tarso, per indicare la regione da cui proveniva).

Le monache ancora oggi sono vestite come l’ayatollah Khamenei amerebbe vedere vestite tutte le iraniane, per non parlare del hijab afghano che copre tutto il corpo e permette alle donne di vedere qualcosa solo attraverso una grata fatta di ricamo.
 
Come è ovvio, il Cristianesimo si è evoluto, perché si è evoluta la società, e addirittura non soltanto le donne prendono la parola in chiesa, ma nel Protestantesimo è addirittura permesso loro il sacerdozio, fino ad avere donne che hanno la carica di vescovo. Insomma, il Cristianesimo delle origini è quasi completamente dimenticato e, mentre in Iran impiccano gli omosessuali perché tali, papa Francesco invita a considerarli fratelli, a rispettarli e ad accoglierli nel seno materno della Chiesa.

Qui non si stanno né criticando né apprezzando i principi che applicano le varie religioni: si vuole soltanto dire che non bisogna mettere il carro dinanzi ai buoi. Non è l’Islam che rende certi popoli selvaggi, sono certi popoli che rendono selvaggio l’Islam.

Non è la società che obbedisce alla religione, è la religione che obbedisce alla società. Quanto meno in un primo momento. Poi avviene che la religione si proclama la fonte dei principi della convivenza sociale e, forte di questa auto-investitura, vuole bloccare la storia ad un dato momento storico (quello della sua affermazione, ed ecco l’abbigliamento delle suore).

Dunque la religione diviene intransigente perché crede (e fa credere) che i principi che cerca di imporre sono di origine divina. Ecco perché reputa che il suo potere di influire sulle norme della convivenza debba essere considerato indiscutibile: perché è “sovrumano”. Se l’hayatollah Khamenei è intrattabile è perché gli pare assurdo che debba mettersi a discutere la parola di Dio con quattro scalmanati (e, peggio, scalmanate).
 
Ma c’è di più. Come si sa “Le istituzioni camminano sulle gambe degli uomini”. La religione si crede la regola fondamentale della società e i suoi rappresentanti sanno benissimo che il loro status, la loro autorità ed anche il loro reddito dipendono dalle sorti della fede. Finché essa è rispettata sono rispettati anche loro e vivono bene; se invece la religione perde presa, perdono presa anche loro e rischiano l’insignificanza prima e la sparizione dopo.

Dunque non c’è da stupirsi che i religiosi siano ferocemente conservatori. Ogni innovazione comportamentale e morale (per esempio il matrimonio degli omosessuali) corrisponde infatti ad un perdita di territorio, ad una diminuzione del loro potere.

In questo senso Khamenei, con la sua spietata chiusura totale, mostra di aver compreso la religione; e infatti Francesco, con la sua tolleranza politically correct, rischia di far sparire il Cristianesimo anche dal Vaticano. Ma non è il primo che ha cominciato a sbagliare.

Non bisognava per esempio permettere la messa in italiano. Il latino ammantava di mistero esoterico parole e concetti che non venivano compresi, mentre la messa in italiano fa ascoltare cose arcaiche su cui si può esercitare lo spirito critico dei più svegli. Io per esempio ci ho messo decenni a capire che significa l’inizio del Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”.

(PS - Per chi avesse questa curiosità: la frase deriva dalle convinzioni gnostiche dell’autore e riflettono – salvo errori – una teoria di Aristotele.
Dio, essendo perfetto, non può avere modificazioni, perché agire è modificare e modificarsi. Ma Dio ha creato il mondo. Come ha fatto? Dicendo: “Fiat”. La sua Parola (Verbo, in latino), essendo la parola dell’Onnipotente, ha provocato la creazione, mentre Dio rimaneva “Motore immobile”.
Ma, ammoniva l’evangelista, la sua Parola è la Parola di Dio, è presso Dio, è Dio stesso. Giovanni intendeva spiegare la natura di Gesù, contemporaneamente – per chi era disposto a crederci – entità separata da Dio, e nel frattempo consustanziale a Dio e Dio stesso.) >>

GIANNI PARDO