domenica 31 dicembre 2023

Appunti di Ecologia

Questo post riporta alcune considerazioni sullo stato attuale del nostro pianeta. Il cui sistema ambientale non se la sta passando molto bene, anche perché le (modeste) decisioni che vengono prese nei vari consessi internazionali, rimangono spesso lettera morta.
Speriamo che il pensiero ecologico 'a lungo termine' possa finalmente prevalere su quello economico, 'a breve termine'.
LUMEN


SMANTELLARE IL NUCLEARE
La necessità di gestire le scorie e di smantellare le centrali fuori servizio (de-commissioning) rappresentano fardelli non da poco per i nuclearisti di vecchia data, anche perché in passato si è nutrita troppa fiducia sugli sviluppi tecnologici che consentissero di arginare tali criticità.
Per farsi un’idea della portata del problema, si pensi che la Sogin nel 2022 dovrebbe aver completato il de-commissioning dei reattori italiani [solo] al 45 %, malgrado la nostra esperienza nucleare sia terminata nel 1987 e riguardasse solo quattro unità.
Oppure si consideri il caso britannico, dove il costo per lo smantellamento di 14 reattori di vecchia generazione è stimato in 23,5 miliardi di sterline).
Secondo l'AIEA, l’unica centrale atomica commerciale ‘de-commissioning completed’ è quella tedesca di Kahl, che impiegava una piccola unità sperimentale da 15 MW ed è rimasta attiva solo quindici anni.
Per ovviare a tutte queste incognite, la strategia universalmente adottata in Occidente è consistita nel prolungare la vita operativa dei reattori esistenti dai 35-40 anni previsti a 60 o addirittura 80, operazione però che richiede aggiornamenti tecnici continui. (…) 
[E] la manutenzione delle vecchie unità si è rivelata più lunga e complessa del previsto.
IGOR GIUSSANI


AMBIENTE E POPOLAZIONE
Limitare il numero degli esseri umani deve far parte dell'impegno [ecologico].
Eppure gli ambientalisti raramente lo riconoscono, o perché pensano che la crescita della popolazione non sia più un problema, o perché pensano che il problema si risolverà da solo. Nessuno dei due è vero.
Le dimensioni eccessive delle famiglie mandano decine di milioni di bambini a letto affamati ogni notte nei paesi in via di sviluppo, dove la rapida crescita della popolazione mette a dura prova le scarse risorse idriche, alimentari e spaziali oltre i limiti di sicurezza.
Nel frattempo la continua crescita della popolazione porta alla deforestazione, al deterioramento delle barriere coralline e alla pavimentazione di terreni agricoli e zone umide.
In tutto il mondo, la maggior parte delle popolazioni nazionali continua a crescere e le Nazioni Unite prevedono un massiccio aumento di 3 miliardi di persone in più entro il 2100.
LEON KOLANKIEWICZ


ANDARE IN BICICLETTA
Un ciclista è un disastro per l'economia del Paese: non compra auto e non chiede prestiti per comprarle. Non paga l'assicurazione. Non compra carburante e non paga la manutenzione e le riparazioni. Non usa parcheggi a pagamento Non causa incidenti gravi. Non ha bisogno di autostrade a più corsie... e non ingrassa.
Le persone sane non sono né necessarie né utili all'economia. Non comprano farmaci. Non vanno in ospedale o dal medico. Non aggiungono nulla al PIL (prodotto interno lordo) del Paese.
Al contrario, ogni nuovo fast food crea almeno 30 posti di lavoro: 10 cardiologi, 10 dentisti, 10 dietologi e nutrizionisti, e naturalmente le persone che lavorano nel ristorante stesso.
Scegliete con saggezza: ciclista o fast food? Vale la pena di riflettere.
NATURA MIRABILIS


VISIONE RISTRETTA
La maggior parte del dibattito su energia e ambiente riguarda il cambiamento climatico e la ricerca di modi per sostituire i combustibili fossili con forme di energia a basso contenuto di carbonio.
Questa è una visione 'ristretta' della difficile situazione umana. (…) È necessaria una prospettiva più ampia che includa energia, economia, popolazione, ecologia e comportamento umano.
Il cambiamento climatico non è il problema più grande che il mondo deve affrontare. È un sintomo del problema molto più ampio dell'overshoot [superamento dei limiti].
Ciò significa che gli esseri umani utilizzano le risorse naturali e inquinano a ritmi superiori alla capacità del pianeta di riprendersi. La causa principale dell’overshoot è la straordinaria crescita della popolazione umana resa possibile dall’energia fossile.
Il superamento dei limiti è più difficile da contestare rispetto al cambiamento climatico: la distruzione delle foreste pluviali, il declino della popolazione di altre specie, l’inquinamento della terra, dei fiumi e dei mari, l’acidificazione degli oceani e la perdita della pesca e delle barriere coralline.
Questi non fanno parte di alcun processo naturale e l’attività umana ne è chiaramente responsabile.
La tecnologia, sfortunatamente, non è più una soluzione al cambiamento climatico, al superamento dei limiti o alla situazione umana in cui era la causa principale della prosperità umana. (…)
È improbabile che le emissioni di carbonio e il superamento dei limiti planetari diminuiscano finché il consumo di energia, il PIL mondiale e la popolazione continueranno ad aumentare.
L’interrelazione di questi fattori con il degrado dell’ecosistema terrestre significa che non esistono soluzioni senza un cambiamento strutturale di tutti questi fattori come punto di partenza. Ciò implica che è necessario un cambiamento di paradigma di civiltà.
ART BERMAN

sabato 23 dicembre 2023

Mussolini e il carbone

Dopo aver parlato del Fascismo sotto il profilo socio-economico e mistico-religioso, dedico questo post ai problemi energetici dell'Italia dell'epoca, visto che, al di là degli ovvi aspetti ideologici, anche Mussolini, come qualsiasi altro capo di Stato, doveva preoccuparsi di far marciare la Nazione.
Ce li racconta Ugo Bardi in questo pezzo di argomento 'storico' tratto dal suo blog personale.
LUMEN


<< Il Fascismo può essere visto come un tentativo di adattare l’economia italiana a una situazione di carenza di risorse energetiche che cominciò a manifestarsi negli anni 1920, con l’arrivo del “picco del carbone” in Inghilterra – il principale fornitore di carbone per l’Italia.

Mussolini, come pure gli intellettuali italiani del tempo, non riuscirono mai veramente a rendersi conto dei limiti produttivi del carbone e del suo valore strategico. Il risultato fu una storica sconfitta per l’Italia, dalla quale lo stato italiano non si è mai veramente ripreso. (…)

Con la fine della Prima Guerra Mondiale, nel 1918, nessuno si accorse di un evento epocale che avrebbe cambiato tutta la storia dell’Europa, incluso i rapporti fra Italia e Gran Bretagna: il picco del carbone.

Il carbone è un combustibile fossile: esiste in quantità limitata. Ed è soggetto a una legge economica ben nota: quella dei “ritorni decrescenti”, generata dall’esaurimento graduale. Se ne era già accorto Jevons nel 1866, ma nessuno gli aveva dato retta. Ma la combinazione di geologia e economia genera dei cicli economici inevitabili di crescita e declino.

Nel 1913, la Gran Bretagna aveva raggiunto il suo massimo produttivo (il “picco del carbone”) e, da allora, cominciava un declino che si sarebbe concluso solo verso la fine del ventesimo secolo, con l’azzeramento della produzione. Nessuno allora come oggi, riusciva a capire il ruolo dell’esaurimento e il calo produttivo in Inghilterra veniva invece attribuito agli scioperi. In Italia, invece, si tendeva ad attribuirlo alla cattiveria dei perfidi albionici in Italia. (...)

Quando Mussolini prese prese il potere nel 1922 si trovò davanti una situazione relativamente favorevole. Nonostante il declino della produzione, il carbone inglese arrivava ancora in Italia ed era possibile soddisfare la domanda, anche con l’apporto addizionale di carbone tedesco. Questo portò ad alcuni anni di condizioni economiche relativamente buone con una crescita del PIL per persona in Italia moderata, ma significativa.

Il problema cominciò a presentarsi con la grande depressione del 1929, accompagnata, e forse causata, dal declino della produzione di carbone inglese. Mussolini era un tipico politico: non ragionava in termini quantitativi. Né lui, ne gli intellettuali italiani dell’epoca riuscirono a capire che gli alti costi del carbone inglese non erano un tentativo da parte della Gran Bretagna (la “perfida Albione”) di danneggiare l’economia italiana.

A partire dal 1934, circa, questa situazione portò a una virata radicale dell’orientamento geopolitico Italiano, ovvero ad allontanarsi dall’alleanza con l’Inghilterra per stabilire rapporti sempre più stretti con la Germania, vista come un fornitore di carbone più affidabile. Questo portò ad allinearsi con la Germania in materie come l’antisemitismo e la persecuzione degli Ebrei, come pure ad avventure spericolate e disastrose, come l’invasione del’’Etiopia nel 1935.

Basta qualche numero per rendersi conto di come il governo Italiano avesse pesantemente sbagliato i calcoli.

Al massimo produttivo, nel 1913, le miniere inglesi arrivarono a produrre quasi 300 milioni di tonnellate di carbone in un anno. Ancora verso la metà degli anni 1930, ne producevano oltre 200 milioni. Di questi, circa 20 milioni erano esportate in tutto il mondo e, almeno un terzo delle esportazioni si dirigevano verso l’Italia. Con l’aggiunta del carbone tedesco, l’economia Italiana consumava circa 10 milioni di tonnellate di carbone all’anno.

Se ragioniamo che l’economia industriale era proporzionale ai consumi energetici (allora come lo è oggi) ne consegue che la produzione industriale Britannica era venti volte quella Italiana in termini di quei prodotti che servono a combattere una guerra – cannoni, carri armati, navi da guerra, eccetera.

La sproporzione era così evidente che non si riesce a capire come sia stato possibile anche solo prendere in considerazione l’idea di combattere la Gran Bretagna su un piano di parità. Ma fu il risultato dell’incapacità dei politici, e dell’intera società che rappresentavano, di ragionare in termini quantitativi.

Mussolini era un politico “puro” non era grado di ragionare sulla base dei dati. Per lui, le miniere del Sulcis in Sardegna erano una risposta sufficiente alle miniere del Sussex in Inghilterra. Non si rendeva conto che erano delle miniere giocattolo in confronto. Certo, Mussolini contava sulla Germania per fornire il carbone che la Gran Bretagna non poteva più fornire. Ma era semplicemente cambiare fornitore e la sproporzione delle forze in campo rimaneva spaventosa.

Tolstoj diceva che i re e gli imperatori sono gli “schiavi della storia”. Mussolini lo fu certamente. Dagli anni 1930 in poi, lo vediamo dibattersi fra una situazione impossibile e un’altra, ogni volta prendendo la decisione sbagliata, creando più problemi di quelli che risolveva. (...)

Poteva la storia essere diversa? Ci potremmo domandare cosa sarebbe successo se Mussolini avesse preso delle decisioni diverse. Ancora nel 1934, Margherita Sarfatti, ex-amante del Duce, proponeva al presidente USA Roosevelt un’alleanza con l’Italia che, pare, Roosevelt vedeva favorevolmente. Sarebbe stato possibile?

Forse si, ed è da notare che già negli anni 1920, gli USA producevano tre volte più carbone dell’Inghilterra e avrebbero probabilmente potuto rifornire l’Italia, se necessario. Sembra che Mussolini prese la decisione di allearsi con la Germania più che altro sotto l’effetto della personalità dominante di Adolf Hitler. Un caso dove la decisione sbagliata di una singola persona cambiò i destini del mondo intero.

Ma la situazione italiana era di debolezza oggettiva per ragioni geografiche. Comunque fosse andata, l’Italia sarebbe diventata un paese subalterno di paesi più forti, economicamente e militarmente. >>

UGO BARDI

sabato 16 dicembre 2023

Pensierini – LXV

IMMIGRAZIONE ED ELITES
Quello dell’immigrazione incontrollata è uno dei temi più drammatici che sta vivendo oggi la civiltà occidentale (oltre, ovviamente, al degrado ambientale).
Io credo che il problema sia strettamente legato al cambiamento strutturale delle elites (soprattutto europee), che da elites nazionali sono diventate elites sovra-nazionali, con la conseguenza che gli interessi che esse perseguono non sono più nazionali, come prima, ma internazionali.
Pertanto, non si verifica più quella (casuale) coincidenza di interessi, in cui alcune iniziative delle elites finivano per contribuire anche al benessere delle relative popolazioni.
Quindi, se oggi l’immigrazione viene gestita in questo modo assolutamente aberrante, cosa chiaramente voluta, è solo perchè le elites ne hanno tutti i vantaggi economici, mentre gli svantaggi sociali (gravissimi) ricadono sulla popolazione comune, della quale alle elites non importa assolutamente nulla.
LUMEN


PERCENTUALI
A coloro che si lamentano che nessuna nazione cristiana sta realizzando il vero "spirito cristiano", i vertici religiosi rispondo che questo non è vero.
<< Nella Chiesa Cattolica - affermano - composta da circa 1,4 miliardi di fedeli, esistono decine di milioni di persone che danno la vita stessa per aiutare le persone bisognose nelle missioni nei Paesi poveri, nelle carceri, negli ospedali, nelle strade; un esercito di anime buone che realizzano il vero spirito evangelico. >>
Ora, è abbastanza ovvio che tra le moltitudini dei cristiani nel mondo ci siano delle brave persone. Ma le brave persone ci sono in tutte le religioni ed in tutti i gruppi umani.
Il cristianesimo sarebbe speciale solo se potesse dimostrare che, tra i suoi fedeli, i 'buoni' sono in percentuale superiore alla media ed i 'cattivi' in percentuale inferiore.
Ovviamente non esistono statistiche di questo genere, ma la sensazione 'a pelle' è che le percentuali siano più o meno le stesse.
LUMEN


MONOTEISMO E POLITEISMO
La storia ci mostra che il Monoteismo è stato un fenomeno successivo al Politeismo, e viene in genere interpretato come una sua evoluzione migliorativa, come una sorta di progresso del pensiero religioso.
Io, però, non sono del tutto d'accordo.
Il Dio unico, infatti, pone dei problemi insormontabili a livello di coerenza logica (basta vedere le arrampicate sugli specchi dei teologi in materia di 'teodicea'), mentre gli Dei plurimi sembrano dare una spiegazione più convincente della realtà caotica che ci circonda.
E' anche vero, però, che il Dio unico è molto più efficace come 'instrumentum regni'; il che, forse, può giustificare il suo innegabile successo nella storia della civiltà.
LUMEN


RIVOLTE DI PIAZZA
Alcuni sostengono che le elites (tramite i grandi gruppi che controllano il web) cercano talvolta di ridurre le potenzialità dei social media, per smorzare gli eventuali moti di rivolta spontanea.
E' una considerazione interessante, ma che, forse, può essere rovesciata.
Chi si sfoga sui social, magari, si accontenta delle sue invettive virtuali, ed ha meno voglia di andare a fare 'casino' anche in piazza.
Mentre le Elites, se hanno paura di qualcosa, è proprio delle rivolte di piazza.
LUMEN


LIBRI
Nella mia vita, ho avuto la fortuna di leggere molti libri, sia di narrativa che di saggistica, ma il mio approccio con i cosiddetti romanzi classici è molto limitato, forse a causa della mia impostazione mentale.
Se infatti, per soddisfare la mia naturale curiosità, voglio imparare qualcosa e progredre nelle mie concoscenze del mondo e dell'uomo, la scelta migliore è quella di un saggio.
Se invece leggo un romanzo, lo faccio per rilassarmi e divertirmi (ed infatti leggo molti gialli), in quanto i romanzi che mi possono insegnare qualcosa (sotto forma di annotazioni profonde di psicologia o di sociologia) sono davvero pochi, anche se devo ammettere che le mie conoscenze in materia sono molto limitate.
Comunque, leggere molto è sempre la cosa più utile; perchè ogni libro può avere il suo fascino.
LUMEN


AVERE UN CANE
I cani, nonostante il grande affetto che danno e che ricevono, non possono essere i surrogati di un compagno (o di una compagna) nella vita affettiva.
Ma possono essere il surrogato (o l'eccellente complemento) dei figli.
Quindi, se le circostanze lo consentono, è molto meglio vivere in compagnia di un cane, che farne a meno.
LUMEN

domenica 10 dicembre 2023

Occidente e Democrazia

Siamo talmente abituati ai vantaggi della democrazia in cui viviamo, che, talvolta, finiamo per attribuirle anche dei meriti che forse non ha.
Di questa opinione è, per esempio, Uriel Fanelli, che nel post di oggi (tratto dal suo blog) prova a ribaltare qualche luogo comune sull'argomento.
Un post molto provocatorio, ma anche molto interessante.
LUMEN


<< L’idea di democrazia che le persone hanno e’ del tutto infondata rispetto alla realta’. Nel dopoguerra, l’Europa post-coloniale ebbe un gigantesco balzo economico, che arrivo’ insieme alla imposizione da parte americana delle democrazie in Europa.

Un mondo che usciva dal colonialismo (o che ne stava ancora uscendo) era un mondo economicamente unipolare: sebbene apparentemente diviso in due poli politici e militari (USA e URSS) sul piano economico era del tutto unico. C’era un solo mercato (...), c’era un solo polo industriale e tecnologico, c’era una sola fonte di domanda.

Chiunque nel mondo avesse prodotto qualcosa aveva una sola speranza: venderla in occidente. Chiunque avesse materie prime aveva una sola speranza: venderle ad occidentali. Chiunque avesse forza lavoro aveva una sola speranza: lavorare per occidentali. Il prezzo? In condizioni di monopolio della domanda, lo faceva l’occidente.

Non solo le nazioni occidentali erano le uniche a consumare, ma eravamo anche gli unici a comprare: questo era il mondo emerso alla fine del colonialismo. Dunque, il prezzo lo facevamo noi. Le condizioni le facevamo noi.

I benefici del periodo storico sono stati confusi coi benefici della “democrazia”, al punto da pensare che la democrazia sia una specie di divinita’ capace di garantire al suo popolo la ricchezza e la prosperita’. Questa superstizione si e’ diffusa al punto che in caso di disastro economico per prima cosa il popolo chiede i soliti rituali religiosi: “elezioni, cambio di governo, dimissioni, manifestazioni,…”: si tratta del corrispondente di quello che si fa quando non piove e si fa una processione per la pioggia.

Quello che si crede [in sostanza] e’ che la democrazia sia una divinita’ che garantisce ricchezza al suo popolo: bastera’ dunque che la Dea democrazia sia felice del proprio popolo, e ci ricompensera’. Cosi’, ad ogni crisi si fanno tutti i rituali della Dea democrazia, e ci si aspetta che la Dea provveda . 
 
E se l’economia va male, per prima cosa si lamenta di non aver fatto abbastanza rituali, ovvero di non aver fatto abbastanza elezioni (o di non aver votato quello giusto), di non aver cambiato abbastanza il governo, di non aver avuto abbastanza dimissioni, di non aver manifestato abbastanza: senza queste cose la Dea democrazia e’ adirata coi suoi fedeli, e li punisce con una carestia. Amen.

Ovviamente e’ un falso. Costruire un’economia funzionante e’ una questione tecnica. C’e’ riuscito Hitler come ci sono riusciti i cinesi, per dirne una. Avere ricchezza non e’ una prerogativa delle democrazie, dal momento che i paesi che crescono maggiormente sono in gran parte delle tirannie, e se prendiamo per esempio un periodo felice dell’ Europa, come il rinascimento, di democrazie ne troviamo ben poche.

Non e’ impossibile per un governo tirannico costruire un buon sistema produttivo ed economico, e’ solo una questione di tecnica economica. La Spagna verso’ in condizioni pietose per tutto il dopoguerra, finche’ Franco chiamo’ i cosiddetti “tecnocrati” (...) i quali riuscirono a fare delle riforme tecnicamente corrette, che causarono un periodo di crescita che permise alla Spagna, finita la dittatura, di avere i requisiti per entrare nella UE e di arrivare al 79% del reddito pro-capite europeo. Eppure, il regime franchista non era certo una democrazia.

Alla democrazia, cioe’, vengono attribuiti con metodi simili alla superstizione dei risultati che sono puramente economici, indipendenti dal tipo di governo, ottenibili da qualsiasi genere di governo a patto di affidarsi a tecnici preparati.

Un altro punto e’ il mito della liberta’. Circola voce insistente sul fatto che in una democrazia la gente sia “libera”, ovvero capace di fare quello che vuole senza interferenze da parte dei governi.

Il problema a questo punto e’ che la democrazia la si confronta con i regimi del recente passato (comunismo e fascismo) ma non la si confronta con gli ultimi 2000 anni di storia. Negli ultimi 2000 anni, tranne pochissimi periodi, il cittadino qualsiasi subiva MOLTE meno interferenze da parte dello stato, rispetto ad oggi.

Non intendo scrivere cose come “poveri ma felici” perche’ i poveri sono infelici, ed e’ proprio questo il punto: prima degli ultimi 50 anni le masse stavano male per ragioni economiche, non politiche. (...)

Il cittadino di Re Luigi, in altre parole, era di gran lunga piu’ libero del cittadino francese di oggi. Se avesse avuto il tempo, l’alfabetizzazione e la scuola, non aveva leggi che regolavano [per esempio] la musica, se non il divieto di ledere sua maesta’. Ma se escludiamo questo semplice contenuto, uno solo, poteva cantare tutto il resto sulla strada.

Oggi, la legge francese obbliga una certa percentuale di canzoni francesi. Obbliga che tutti i contenuti considerati “inadatti” siano bollati secondo la classificazione ICRA. Oggi ci sono orari, luoghi deputati, eta’ ammissibili, classificazioni, iscrizioni ad associazioni, nullaosta dell’autorita’. Sei libero di fare le cose, che pero’ vengono “regolate”. Ovvero, non sei affatto libero. (...)

Il nostro cantautore francese ha i mezzi ECONOMICI per fare la sua musica. Ha i mezzi materiali per studiare musica, per comprare gli strumenti, per non ammazzarsi di lavoro sui campi. Ma questo glielo da’ l’economia, non la democrazia. I cinesi hanno ottenuto risultati economici lasciando entrare in Cina il mercato, non la liberta’.

Allora il problema vero e’: perche’ allora quando misuriamo la liberta’ delle democrazie esse appaiono piu’ “libere” degli altri sistemi di governo? E’ molto semplice: perche’ la liberta’ si misura in quantita’ di democrazia. Basta che un popolo possa partecipare ai rituali della democrazia perche’ venga definito libero.

Le misure della liberta’ dentro le democrazie sono drogate per la semplice ragione che si assume che la democrazia stessa sia una forma di liberta’. Se misuriamo la liberta’ delle democrazie e delle tirannidi semplicemente mettendo la liberta’ di voto tra le liberta’, e’ ovvio che la misura sara’ distorta a favore delle democrazie.

Inoltre, il problema delle misurazioni a questo riguardo e’ che esse misurano la liberta’ di gruppi, ma non la liberta’ del singolo cittadino. La democrazia come sistema, cioe’, non si occupa di definire le liberta’ dei singoli. La democrazia definisce SOLO liberta’ di gruppo e solo liberta’ regolate. Il “regolate” e’ il succo della trappola. (…)

Nella nostra amata democrazia, la nostra volonta’ non e’ MAI sufficiente. Non possiamo MAI fare qualcosa solo perche’ lo vogliamo, per la semplice ragione che tutto e’ “regolato”. In molti sistemi meno democratici, invece, ci sono cose che NON possiamo fare perche’ mettono a rischio il governo. Ma su tutte le altre la nostra volontà è sufficiente. >>

URIEL FANELLI

domenica 3 dicembre 2023

Punti di vista – 34

ELITES E CRISI AMBIENTALE
I membri delle élite mondiali non sono più intelligenti della gente comune, almeno in media. Ma alcuni di loro cominciano a vedere che hanno un grosso problema [con la crisi ambientale]. Veramente molto grosso.
Sicuramente sono meglio equipaggiati della gente comune per sopravvivere durante il caos che li attende. Ma se le cose si mettono davvero male, non c'è alcuna garanzia che anche i miliardari sopravviveranno.
Consideriamo ora che le élite hanno poteri decisionali al di là di qualsiasi cosa la gente comune possa fare.
Pensate alla guerra in Ucraina; la gente comune è stata consultata? No. Nella migliore delle ipotesi, gli è stato detto chi dovevano odiare; nel peggiore dei casi sono stati arruolati e mandati in trincea. E questo è tipico di come le élite mondiali gestiscono le risorse: investendo centinaia di miliardi di dollari in attività che non avvantaggiano nessuno tranne le lobby industriali.
Ma si noti anche che le élite, non importa quanto potenti, non sono un gruppo affiatato che si riunisce nel seminterrato della casa di Bill Gates per adorare il demone Baphomet. Sono una galassia di lobby che spingono in direzioni diverse per fare soldi con i loro prodotti: guerre, droga, carburanti, eccetera.
Quindi, difficilmente possono gestire il tipo di piano globale che sarebbe necessario.
UGO BARDI


VIVA IL LATINORUM
Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa.
Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna.
E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto “sonoro” potrà parlare per un’ora senza dire niente.
Cosa impossibile col latino.
GIOVANNI GUARESCHI


INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Massimo Chiriatti ha lanciato un monito (…): “Stiamo cercando attraverso le macchine di deresponzabilizzarci, quando invece dovremo essere più responsabili per evitare rischi sistemici e imprevedibili.” “Il problema è che ci comportiamo come se il mondo fosse un dominio lineare, mentre non è così.
Un dominio lineare è prevedibile e ha un basso grado di interazione tra gli elementi che contiene; in un dominio complesso, invece i legami causali sono difficilmente visibili e la prevedibilità estremamente bassa.
In psicologia ed economia ci sono fattori e cause che semplicemente non capiamo, o che hanno così alti livelli di interdipendenza che le previsioni ex ante sono inaccessibili dal punto di vista computazionale; pertanto le previsioni diventano disponibili solo ex post.”
Questo perchè la realtà è irriducibile, è incalcolabile ed è imprevedibile, perciò invece di venerare l’intelligenza artificiale e perseguire autisticamente, come fanno le nostre istituzioni, la svolta digitale in tutti gli ambiti delle nostre esistenze “sarebbe meglio far risolvere alla I.A. sia i problemi deterministici sia quelli probabilistici, ma lasciare a noi tutto il resto, ossia quando ci sono novità, incertezze e quando servono astrazione, intuizione e creatività”.
FRANCESCO CENTINEO


FIDARSI O NON FIDARSI
In inglese si dice: fool me once, shame on you, fool me twice, shame on me.
Significa che imbrogliare qualcuno è scorretto, ma se non impariamo dai nostri errori e ci fidiamo di nuovo della persona che ci ha già ingannato, allora dobbiamo prendercela in primis con noi stessi.
GAIA BARACETTI


CRISI STATISTICHE
Non sono le teorie economiche a non funzionare più, [oggi]. A non funzionare piu’ sono i calcoli degli indici economici, e la trasparenza sulle metodologie di calcolo.
Perché parlo di trasparenza? Per farvi un esempio, ISTAT e’ stato lottizzato gia’ nel periodo di Berlusconi ed ha sempre avuto un presidente vicino o vicinissimo al governo.
Qual è il senso di lottizzare una ISTAT (ma all’estero le cose non vanno tanto diversamente) ? Il senso e’ una pressione per cucinare i numeri, in modo che dipingano situazioni più o meno felici. (...)
C’è solo un problema. E il problema e’ che cucinare i numeri per dire che tutto va bene funziona in politica solo fin quando le persone stanno bene. Cioè, se quasi tutti hanno un lavoro di cui sono soddisfatti, e gli racconti che hai creato un 'gozzilione' di posti di lavoro, molto probabilmente ti crederanno e ti voteranno.
Se invece ci sono davvero troppi disoccupati, e gli racconti la stessa panzana, penseranno che tu abbia dimenticato proprio e solo loro, e ti odieranno.
URIEL FANELLI