mercoledì 26 aprile 2023

Critica e difesa di Emanuele Severino – 1

Emanuele Severino (1929 - 2020) è considerato il più importante filosofo italiano contemporaneo. Nelle sue opere, sostiene che la storia dell'Occidente è dominata dal nichilismo, giacché tutte le forme della cultura occidentale parificano l'essere al niente, e quindi, negando l'essere, negano anche la ricerca della verità.
Per uscire dal nichilismo, e salvare l'Occidente, secondo Severino, bisogna tornare alla concezione dei presocratici, e precisamente di Parmenide, che affermava che "l'essere è, e non può non essere" e, per conseguenza, è eterno.
Al pensiero di Severino, ai suoi pregi ed ai suoi limiti, sono dedicate le rifessioni che seguono - appassionate, ma anche critiche, - che mi sono state mandate dall'amico Sergio Pastore (post diviso in tre parti - prima parte).
LUMEN


<< La maggior parte dei docenti di filosofia svolge tranquillamente il proprio lavoro nelle aule universitarie e pubblica ogni tanto qualche libro. Tra stipendio sicuro e introiti dai libri vive più che modestamente, anzi sopra la media. Poco o niente da eccepire: lavorano spesso sodo e si meritano un salario e magari le lodi (dei colleghi e di alcuni studenti, meno dal grande pubblico che li ignora, deve ignorarli per forza essendo impegnato a procurare da mangiare ai sedicenti filosofi).

Ad alcuni di questi docenti però il salario e il rispetto di studenti e colleghi non bastano. Grazie ai loro studi e al tempo libero (assicurati loro dallo Stato e dal pubblico ignorante ma laborioso) hanno approfondito certe questioni che sono per loro della massima rilevanza e sentono il bisogno, la necessità di beneficare l’umanità col loro impegno diretto in politica. Oltretutto essere visibili è molto gratificante, più gratificante di un onesto lavoro nelle “aule grigie e sorde” delle università.

Un esempio: Marcello Pera. Chi era costui? Uno dei tanti docenti universitari di discreto valore, ma che nessuno considerava fuori da quel circolo ristretto. Ma poi fu fulminato sulla via di Damasco: applaudì Mani Pulite e si buttò in politica, precisamente tra le braccia di Berlusconi. Fece carriera e divenne persino la seconda carica dello Stato come presidente del Senato. Prima della sua entrata in politica si professava “ultimo anticlericale d’Italia” sulla prima pagina del Corriere della sera (mi congratulai con lui per iscritto e ne ebbi un gentile riscontro).

Poi divenne intimo di papa Ratzinger con cui pubblicò persino un libro (oggi non difende più il libero pensiero compreso l’ateismo, ma le radici cristiane della nostra cultura: perbacco, che progressi!). Il richiamo della “foresta” ovvero della fama è fortissimo (è iscritto nei nostri geni, direbbe il nostro amico Lumen).

Che cosa non si fa e non si dice per divenire famosi (oltretutto la fama rende anche monetariamente, anzi forse è questa la molla che fa scattare la sete di protagonismo). Si cambia letteralmente pelle, da ateo anticlericale si diventa defensor fidei e amico del papa! Ma ci era cascato persino Platone che pensò di mettere in pratica le sue idee in Sicilia, ma gli andò male, per poco non ci lasciava la pelle. Dunque per Pera e altri filosofi e filosofastri nonché docenti di filosofia avremo molta comprensione. E tuttavia!

Emanuele Severino era docente di filosofia alla Cattolica di Milano. Ma un giorno la Chiesa si accorse che “la filosofia di Severino costituiva il più radicale ateismo del nostro tempo”, nientemeno! Severino dovette fare le valige, ma l’università di Venezia gli offrì subito un posto (le università cercano di assicurarsi i docenti migliori in tutti i rami per questioni di prestigio e anche o soprattutto di fondi). Severino poteva essere una calamita e lo fu. Perché Emanuele Severino non è uno scemo.

Severino però non entrò in politica, era troppo impegnato a scrivere libri in cui per quarant’anni ripetè la solita solfa (il divenire che non esiste, l’eternità di ogni ente-essente-fenomeno, il peccato originale della filosofia greca che ci ha inguaiati – ma poi venne prima Leopardi, ma soprattutto lui che redense, moderno Cristo, l’umanità dal peccato originale).

Tutto ciò può apparire risibile, ma Severino aveva innegabilmente delle qualità, perciò io lo leggevo e ne ero persino suggestionato – sia negli elzeviri del Corriere che nei suoi libri, invero pesanti, quasi illeggibili, ma qualcosa mi sembrava vero, importante, perciò insistevo.

Severino credeva nella ragione, tanto da curare una collana di filosofia dal titolo “L’uomo e la ragione”. La collana, in un’edizione di pregio di sole 500 copie (che io tapino acquistai per oltre mille euro) comprendeva una scelta antologica di dodici autori scelti naturalmente da Severino e in cui troviamo nomi famosi come Goethe, Manzoni, Rosmini, Tolstoi, Dostoevskij, Bachelard, Papini (!!!) e altri.

Ah, la ragione! Per pensare bene bisogna rispettare certe regole, a cominciare dal principio di non contraddizione. Alla fine del discorso la verità dell’assunto dovrebbe essere evidente, almeno indirettamente.

Certo la realtà è complessa, non tutti hanno l’intelligenza per vedere cosa c’è dietro l’apparenza. I più bravi e intelligenti faranno così opera pia nello spiegare ai meno dotati come stanno veramente le cose – nel proprio e nel generale interesse.

Ebbene, non c’è dubbio che Severino sapesse fare buon uso della ragione. Era di una logica persino spietata, era capace di spaccare il capello in quattro, tanto che io una volta lo ribattezzai Severino Schiacciasassi (glielo scrissi e ne fu divertito).

Ma a me piaceva soprattutto il Severino degli elzeviri nel Corriere: quando ne vedevo uno ne ero subito attratto e cominciavo speranzoso la lettura. Sì, quell’argomento era importante, anzi decisivo, “tua res agitur”. Purtroppo il piacere durava sempre per tre quarti dell’elzeviro: in prossimità delle conclusioni e dello svelamento della verità Severino mi fregava.

Dopo aver ragionato così bene Severino concludeva invariabilmente il suo pezzo rimandando alla sua “filosofia” (e al peccato originale della filosofia greca, all’eternità degli enti-essenti-fenomeni ecc.). Maledizione! Però per tre quarti era godibilissimo, illuminante, logico, razionale, un fenomeno.

Severino non viveva nella torre d’avorio, osservava ciò che succedeva in Italia e nel mondo e commentava gli avvenimenti politici, geo-strategici, la vicenda di Mani Pulite ecc. ecc. Ed era veramente concreto e convincente. Disse la sua sull’aborto (era favorevole), su comunismo e capitalismo (vedi “La fine del capitalismo”).

Insomma , aveva i piedi ben piantati per terra, non era affatto un “filosofo” (nel senso di filosofastro, venditore di fumo). Sia detto a sua lode senza la minima ironia. Severino mi è stato utile, utilissimo: per capire qualcosa, dunque per vivere. Grazie Emanuele. E tuttavia!

Sì, tuttavia! C’è anche l’altra faccia della medaglia. Si possono scrivere e pubblicare una cinquantina di libri con una sola idea fissa? Che tutto è eterno, il divenire non esiste, i greci ci hanno fregato con la follia dell’occidente – consistente nel credere che gli enti o fenomeni sorgano dal nulla e rientrano nel nulla?

Può sembrare strano per non dire impossibile scrivere così tanti libri con quella sola idea in testa – e trovare persino editori che te li pubblicano (pubblicava i suoi libri importanti, cioè più cerebrali e illeggibili da Adelphi, raffinatissimo editore ).

Ma gli editori pubblicavano perché c’erano lettori interessati, fra i quali ahimè anche il sottoscritto. Però c’è un limite a tutto e un bel giorno non ne potei più e mollai Severino. Severino si credeva il più grande filosofo di tutti i tempi, più grande anche di Leopardi (che a dire il vero non compare in nessuna storia della filosofia: Croce non lo considerava minimamente un filosofo sistematico e trovava il sarcasmo di Leopardi malsano).

Alfonso Berardinelli, ex docente universitario, critico letterario e a suo modo pure lui filosofo (come lo siamo tutti, chi più chi meno, come scrivevo in precedenza, come sosteneva il mio insegnante di filosofia, un prete), ha pubblicato vari articoli su Severino in cui lo ridicolizza. Quegli articoli mi sono piaciuti anche perché rispecchiavano l’opinione che mi ero fatto di Severino. E tuttavia! >>

SERGIO PASTORE

(segue)

mercoledì 19 aprile 2023

La Decrescita infelice

Il post di oggi riporta le considerazioni di Jacopo Simonetta sulla decrescita prossima ventura e le sue caratteristiche; una decrescita che non solo appare inevitabile, ma che, nonostante le speranze consolatorie di molti ambientalisti, ben difficilmente potrà essere 'felice'.
A seguire, sempre di Simonetta, la breve recensione di un libro sull'argomento.
Entrambi i testi sono tratti dal blog Apocalottimismo.
LUMEN


<< La guerra in Ucraina, cominciata in sordina nel 2014, è diventata una bomba destinata, con ogni probabilità, a disintegrare l’ordine geopolitico emerso dalla Guerra Fredda e con esso l’intera economia globale. (…)

Le sorprese saranno ancora molte, ma comunque vada nei prossimi mesi e magari anni, vi è una certezza: l’accelerazione del processo di de-globalizzazione dell’economia mondiale, già messo in moto dall’irreversibile impatto contro “I limiti della Crescita”.

Il punto è che un’economia meno globalizzata ha assai meno capacità di estrarre dalla Terra quel che vi resta di sfruttabile, trasformarlo in beni di consumo e distribuirli ovunque ci sia qualcuno disposto a comprarli.

Vale a dire che i mercati si dovranno giocoforza contrarre, accelerando ed aggravando gli effetti dell’ampiamente previsto e totalmente ignorato “picco di tutto” da cui scaturiranno crisi finanziarie, economiche e politiche sempre più gravi ed imprevedibili man mano che l’umanità tenterà di adattarsi ad un contesto di “sempre meno”, anziché “sempre di più” e, non riuscendoci, sarà travolta dal panico.

Come nel vaso di Pandora, in fondo a tanti mali potrebbe rimanere una Speranza: la forzata riduzione dei consumi porterà ad una contrazione delle emissioni, contenendo il disastro climatico e, magari, contribuendo a genere modelli di vita più sostenibili.

Potrebbe essere un pensiero consolatorio, ma non è realistico perché la risposta delle popolazioni alla contrazione è il disperato rilancio di forme di sfruttamento che si ritenevano appannaggio del passato, come dimostrano fra l’altro la frenetica ripresa del disboscamento in tutta Europa e la dismissione de facto delle aree protette in quasi tutto il mondo. In sintesi, la deglobalizzazione sta cambiando il tipo di pressione antropica sulla biosfera, ma non la sta riducendo.

Peccato, perché solo finché la biosfera sarà vitale, sarà possibile per il pianeta recuperare climi miti, suoli fertili, acque dolci e quant’altro è necessario per erigere nuove civiltà quando quella attuale sarà materia per gli ipotetici archeologi del futuro.

Non sembra però che ciò interessi a governi, amministrazioni, imprese e cittadini, quasi tutti ed ognuno a suo modo impegnati a gettare ogni frammento di vita nella fornace del PIL. Insomma, non paghi di aver scoperchiato il vaso di Pandora, stiamo anche alacremente lavorando per uccidere la Speranza che gli Dei vi avevano nascosto in fondo. >>


<< “La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell’umanità” [di Jacopo Simonetta e Igor Giussani] è un libro che si propone di superare la consueta narrativa circa l’insostenibilità e l’iniquità del capitalismo contemporaneo. Non cova infatti, né intenti vendicativi, né assolutori e si astiene dal proporre soluzioni più o meno utopiche.

Illustra invece come il Fato della civiltà globale abbia preso forma da una combinazione unica nella storia di ineludibili leggi naturali, imprevedibili incidenti storici e l’affermarsi di una potente mitologia, capace di orientare gradualmente l’intera umanità verso un unico scopo supremo: Crescere! (...)

Una struttura [quella capitalista] estremamente efficiente in grado di evolvere con straordinaria rapidità, ma capace di fare un’unica cosa: assorbire sempre più energia e risorse per crescere perché, se la sua espansione si interrompe, muore. Tuttavia, anche la crescita continua lo condanna a un destino infausto, sebbene procrastinato nel tempo.

Una condizione ben illustrata dal celebre aforisma: “Non puoi vincere, non puoi pareggiare, non puoi uscire dal gioco”; e neppure barare. La tecnologia assolve infatti a questa funzione fondamentale: barare al gioco della vita. Ha funzionato in passato e lo sta facendo tuttora, ma solo temporaneamente e con conseguenze penose inscindibili dai vantaggi che offre. (…)

L’opera non consiste in un esercizio di esagerato determinismo, improntato a un morboso “tanto oramai non c’è più nulla da fare”; si propone invece di capire cosa sia possibile che accada e cosa no. Compito imprescindibile perché, con poche forze e ancora meno tempo a disposizione, sprecarli è disperante.

Un esempio molto semplice, ma utile per capire la natura del problema: immaginiamo un pietrone sferico su di un piano inclinato. Quali opzioni abbiamo al riguardo? Possiamo reggerlo, lasciarlo precipitare e scansarci oppure inventare un modo per bloccarlo il più a lungo possibile; possiamo pure spingerlo in salita o danzarci sopra mentre rotola a valle. In nessun caso, invece, il macigno tornerà verso l’alto da solo e smetterà di gravare verso il basso.

Sembra banale, ma forse non lo è, visto che l’intera politica mondiale si basa su presupposti altrettanto fantasiosi di un macigno che rotola da solo verso l’alto. (…)

Il Fato non stabilisce infatti ineluttabilmente il futuro, ma delimita un campo di probabilità decrescenti, fino a zero.

Esiste dunque una gamma di opzioni possibili, ognuna delle quali provocherà ripercussioni immediate ed altre più o meno dilazionate nel tempo; talvolta utili e talaltra disastrose, comunque sempre difficili o impossibili da prevedere perché il sistema a cui apparteniamo è troppo complesso per comprenderlo nei dettagli, alcuni trascurabili altri invece cruciali. >>

JACOPO SIMONETTA

mercoledì 12 aprile 2023

Pensierini – LVI

SCUOLA DIGITALE
E' stata condotta un'indagine approfondita, con la partecipazione di vari esperti di alto livello, in merito all'impatto del 'digitale' (smatphone e videogiochi) sugli studenti e sui loro processi di apprendimento.
I risultati sono stati deprimenti.
Ci sono, innazitutto, i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo-scheletrici, diabete. E poi ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia.
Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di alcune delle facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica.
Per contro, dalla documentazione acquisita non è emersa nessuna evidenza scientifica circa l'efficacia del digitale applicato all'insegnamento.
Anzi tutte le ricerche scientifiche internazionali dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detto in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano le competenze degli studenti.
Eppure vedrete che, in un modo o nell'altro, la digitalizzazione avanzata farà il suo ingresso trionfale anche tra gli strumenti didattici. Poveri ragazzi....
LUMEN


RISPOSTE
Di fronte alle peggiori calamità naturali, che causano migliaia di morti innocenti, molti credenti non possono fare a meno di porsi la grande domanda:  “Ma perchè Dio permette tutto questo ?”
Poi cambiano subito discorso, in quanto non sono in grado di darsi una risposta.
Eppure, di risposte sensate ce ne sono almeno tre:
A - Perchè non è onnipotente.
B - Perchè non è buono.
C - Perchè non esiste.
Scelgano pure loro quella che preferiscono.
LUMEN


PARTITI E SEGRETARI
Quando un Partito politico si trova in un momento di crisi, la decisione più frequente è quella di cambiare il segretario politico.
Poi, una volta avvenuta la sostituzione, tutti i commentatori passano a chiedersi come cambierà la politica di quel partito con il nuovo segretario eletto.
La domanda, in realtà, è piuttosto futile.
I Partiti vanno nella direzione decisa dai loro finanziatori, perchè è inevitabile che chi mette i soldi sia poi quello che decide.
Il segretario, quindi, pur avendo la guida formale del partito, è solo un esecutore e la sua scelta ha un significato esclusivamente mediatico.
LUMEN


TUTTO E' PERMESSO
In uno dei suoi romanzi più famosi (I fratelli Karamazov), Dostoevskij fa dire ad un personaggio: “Ma se Dio non esiste, allora tutto è permesso”.
La frase è diventata giustamente famosa e viene spesso citata a conferma dell'utilità sociale della religione.
Il concetto però può anche essere rovesciato: se Dio esiste, allora tutto è permesso.
Perchè se si è convinti che Dio esista, e che stia dalla nostra parte, allora qualsiasi crudeltà diventa lecita, perchè può essere compiuta in suo nome.
E la storia ce lo ha dimostrato troppe volte.
LUMEN


PROVERBI INESISTENTI
= Tra i due litiganti, il terzo fa il tifo.
= A caval donato, non si applica l'IVA
= Una rondine non fa primavera, due rondini sono una coincidenza, ma tre rondini fanno una prova.
= Sposa bagnata, sposa raffreddata.
LUMEN


PERSONE VIOLENTE
Avete mai notato che le persone violente, molto spesso, sono anche poco intelligenti ?
Il motivo è abbastanza semplice: siccome anche loro, come tutti, cercano di sentirsi superiori, e con l'intelligenza non ci riescono (a causa, appunto, delle proprie carenze), ecco che ci provano con la violenza fisica.
Dove, purtroppo, riescono spesso ad ottenere le proprie soddisfazioni.
Per questo, è molto difficile farli desistere dalle loro tendenze e loro, nonostante qualsiasi punizione, ci ricascano sempre.
LUMEN

giovedì 6 aprile 2023

Punti di vista - 32

CARA ACQUA
Senz’acqua non si fa niente, a cominciare dal cibo. Tutte le piante hanno bisogno di acqua per crescere: meno piove, meno si mangia.
Sto iniziando a pensare che, oltre ad essere misurata in persone per chilometro quadro, la densità di popolazione dovrebbe essere calcolata anche in persone per tonnellata di acqua disponibile. Anche se ovviamente l’acqua non è solo per noi, ma per tutti gli esseri viventi.
E come per tutte le altre risorse che iniziano a scarseggiare, dall’energia al cibo, quasi tutte le soluzioni proposte si concentrano su come produrre o estrarre di più, mai su come sprecare e consumare di meno.
Alcune persone pensano seriamente che la soluzione sia addirittura desalinizzare l’acqua del mare, come fanno i paesi arabi del Golfo che sono tra i peggiori inquinatori del mondo.
A nessuno viene in mente non solo l’enorme impatto ambientale ed energetico e logistico di una cosa del genere, ma neanche che è la mentalità del “ma di acqua ce n’è tanta…” che ci ha portato in questa situazione [di crisi].
Io comincerei così: controllo su tutti i pozzi privati con metronomo obbligatorio, l’acqua costa a tutti il doppio, nessuno paga a forfait e fabbriche e campi pagano come gli altri. L’educazione e le leggi sono importanti, ma l’abbiamo visto: la maggior parte della gente smette di sprecare solo quando non può più permetterselo.
GAIA BARACETTI


ASTENSIONISMO
Il problema [dell'astensionismo elevato] e’ che questa situazione inficia la capacita’ del governo di fare qualcosa, o di ottenere qualcosa. E con questo intendo dire la possibilita’ PRATICA di ottenere dei risultati.
In democrazia, per governare, essere al potere serve a poco: senza consenso puoi avere tutto il potere che vuoi, ma non succedera’ mai quello che voleva il governo. (...)
Allora, cosa succede ai governi che cercano di governare con l’assenteismo alto? Che tutto quello che scrivi rimarra’ lettera morta. Non importa quali leggi il governo scriva o non scriva: le uniche leggi che possono scrivere sono quelle nelle quali il governo NON fa qualcosa. (…)
Se vogliamo una versione abbastanza “intuitiva”, possiamo pensare alla classica situazione del governo di occupazione.
Se prendiamo un governo di occupazione, quando un paese ne occupa un altro, possiamo pensare che il consenso per l’occupante sia basso, mentre solo una parte di collaborazionisti voglia cooperare attivamente.
In questo caso, l’occupante ha sicuramente il potere. E di solito, per via del carattere militare dell’occupazione, ne ha anche molto. Il guaio viene quando si va a vedere il consenso. (…) Senza consenso, nessun cittadino fara’ qualcosa.
URIEL FANELLI


NOI E GLI ALTRI
Il 'bias' di proiezione è una tendenza cognitiva che porta le persone a pensare che gli altri la pensino come noi, o che abbiano le nostre stesse caratteristiche.
Si tratta di una forma di auto-percezione, in cui le persone proiettano le proprie preoccupazioni, aspettative e opinioni sugli altri. In altre parole, questo bias può spingere le persone a vedere negli altri le caratteristiche che vedono in se stesse o che temono di possedere.
Ad esempio, un individuo potrebbe essere incline a sospettare che gli altri siano bugiardi (o generosi) solo perché è consapevole del fatto che lui mente spesso (o che lui stesso è una persona generosa).
Questo tipo di tendenza alla proiezione può influire su come ciascuno percepisce la realtà e interagisce con gli altri.
ANA MARIA SEPE


RUSSIA E CINA
La Russia è stata costretta a ricorrere ad un atto di forza [l'invasione dell'Ucraina] non solo per fermare l’aggressione strategica americana [tramite la NATO], ma per impedire qualsivoglia nuovo ordine mondiale che sorga a sue spese, che la emargini come paria e/o come mera potenza regionale dipendente.
C’è, nel comportamento dell’élite russa un crudo realismo politico, la presa d’atto che nelle relazioni tra stati e potenze vale la stessa legge che governa le società classiste: o sei dominante o sei dominato. (...)
Le differenze e le distanze tra Mosca e Pechino non afferiscono solo alla sfera geopolitica e geoeconomica. Le radici sono più profonde, sono spirituali, afferiscono alla diversa concezione della storia e del tempo.
L’élite cinese non chiede solo più tempo, non solo rifugge da accelerazioni soggettiviste, ha una concezione circolare del tempo e ciclica della storia. Quella russa è invece figlia di una teologia escatologica della storia, incessante movimento in avanti, fino all’atto destinale, apocalittico, conclusivo. (...)
Contrariamente all’élite politica bideniana, quella cinese sembra considerare il conflitto in Ucraina una lontana guerra regionale europea. Errore.
A seconda di chi vince o perde, cambierà il mondo e la storia prenderà una direzione o l’altra. Il conflitto è dunque, per queste sue implicazioni, di portata mondiale. Le conseguenze sarebbero profondissime, sia in caso di sconfitta del blocco occidentale o, al contrario, in caso di disfatta della Russia.
MORENO PASQUINELLI

sabato 1 aprile 2023

A cosa servono i Filosofi ? – 2

Si concludono qui le rifessioni (irriverenti) di Sergio Pastore su 'Filosofi' ed 'Intellettuali'. (seconda ed ultima parte).
LUMEN


<< Ma anche la figura dell’intellettuale, di una persona cioè abituata a pensare, riflettere, indicare nuove strade, è decaduta. Gli intellettuali sembrano scomparsi. Eppure i filosofi non demordono, imperversano ancora, anche se in ambiti ristretti: aule universitarie, riviste specializzate, circoli elitari. Quando prendono la parola in pubblico fanno non di rado figure barbine: o fannno discorsi della serva per farsi capire o non si capiscono proprio.

Come non si capiscono i libri che scrivono, composti in genere pensando ai colleghi. Direi che questo è un vezzo davvero italiano: scrivere per i colleghi, per far bella figura con loro. Tanto il pubblico è una manica di 'coglioni' (che però li foraggiano).

Prendete la prestigiosa collana francese di classici (della letteratura, dell’arte, del pensiero, compresi alcuni dei maggiori filosofi). Ogni volume della Pléiade ha naturalmente la sua brava presentazione, chiara, comprensibile, utile, fruibile.

Prendete un classico qualsiasi in edizione italiana con la sua brava prefazione: una noia mortale, non ci si capisce quasi niente. Il prefatore pensava ai colleghi, non agli acquirenti del libro. La cosa è tanto vera che Italo Calvino consigliava di saltare a piè pari le prefazioni!

Una delle più belle prefazioni che abbia letto è stata quella di Natalia Ginzburg a uno dei capolavori della letteratura, “Anna Karenina”. È una prefazione di due paginette, sì, due pagine due: un semplice saluto al lettore, prendi e leggi. Ed effettivamente di più non c’è bisogno. Brevissima anche la prefazione di Thomas Mann a “Guerra e pace”: di nuove due sole paginette, o cari!

Ma la Ginzburg e Mann non erano filosofi, erano solo dei romanzieri, scrittori di favole, non persone serie come i filosofi o gli intellettuali italiani capaci di ammorbarvi per decine e decine di pagine, persino cento, per spiegarvi cosa leggerete (le famose chiavi di lettura tanto di moda in Italia). Ma non spiegano nulla, confondono solo le idee. Ma i colleghi apprezzano (o fanno finta).

¿Qué es filosofía?

Circa cento anni fa, Ortega y Gasset, brillante saggista, scrittore e filosofo, nonché docente di filosofia, ebbe l’idea di avvicinare la gente comune alla filosofia. Tenne una serie di conferenze nella più grande sala cinematografica di Madrid. Un successone, cinema gremitissimo. La gente voleva apparentemente sapere che cosa fosse questa benedetta filosofia.

Ortega raccolse le conferenze in un volume che è oggi disponibile anche in italiano, segno che c’è ancora una richiesta. Io l’ho letto, credo due volte, ma non saprei dire su due piedi cosa contenesse quel libro, né se la gente apprendesse davvero che cosa fosse la filosofia.

Una volta Tolstoi si espresse negativamente sui filosofi, al che Ortega osservò che Tolstoi non aveva la più pallida idea di cosa fosse la filosofia. Invece io trovo Tolstoi molto profondo, se leggo la sua Confessione. Nel secondo epilogo di “Guerra e Pace”, che stranamente manca in tutte le edizioni del romanzo (tranne che nell’edizione Einaudi dei 'Millenni'), Tolstoi si pone il problema della libertà, in modo assolutamente razionale e convincente.

Il giudizio di Ortega su Tolstoi è, secondo me, avventato, stizzito: Ortega difende la sua casta e il suo modo di ragionare (era pur sempre un docente di filosofia, uno statale – al contrario di Schopenhauer, che Ortega non apprezzava, secondo lui un “pensador malo”). Mah: la lettura di Ortega è per me sempre un piacere, però anche lui prese colossali abbagli.

Mi permetto di dire che cosa intendo io per filosofia: pensare in modo rigoroso, logico, razionale. È lecito prendere in prestito pensieri di altri filosofi o semplicemente attingere a quel patrimonio di saggezza che chiamiamo filosofia perenne.

È chiaro che si commettono, si commetteranno sempre errori nel pensare, per quanto rigorosi desideriamo essere. Ma errare è umano, solo perserverare nell’errore è diabolico. Se filosofare significa pensare, pensare bene, la filosofia ha ancora un bell’avvenire davanti a sé: perché la vita pone sempre nuovi problemi per risolvere i quali ci vuole intelligenza e anche un po’ di cultura (ma l’erudizione da sola non basta).

In questo senso la filosofia ha ancora un futuro, visto che dovremo sempre pensare per adattarci a nuove situazioni, per risolvere problemi. La storia della filosofia invece è sempre meno interessante, è ingombrante, noiosa, ormai inutile.

Kant e Hegel? Oddìo, teneteveli, voi filosofici palloni gonfiati incapaci di un pensiero semplice, chiaro e utile. Non vi capiamo non perché siamo dei deficienti: i deficienti siete piuttosto voi, coi vostri arzigogoli mentali, con cui vi intrattenete fra di voi filosofi di professione, sprezzanti del ridicolo.

Schopenhauer sosteneva che un vero filosofo – ovvero il libero pensatore - non può fare il professore, non può essere uno statale: in quanto tale dovrebbe per forza dire ciò che il potere – in questo caso lo Stato – vuole, al massimo con qualche variante accattivante. Il che è anche logico: lo Stato non può mantenere un professore che attacca lo Stato, la democrazia (ieri l’esistenza di Dio). La rivoluzione non può farsi all’università.

«Povera, e nuda vai, Filosofia …
… dice la turba, al vil guadagno intesa.» (Petrarca)

Oggi, chi volesse sapere o cercar di sapere come funzioni questa gigantesca macchina che è l’universo non lo chiederà ai teologi e ai filosofi, ma piuttosto agli scienziati. Ascoltare e seguire chi dimostra di avere buone conoscenze del funzionamento della macchina è cosa saggia.

Possiamo chiedere la sorte ad una fattucchiera (o ai teologi), ma se vogliamo davvero conoscere qualcosa del mondo e di noi stessi dobbiamo rivolgerci a chi davvero sa qualcosa, e lo dimostra. Solo così possiamo sperare di migliorare la nostra sorte.

Un autore russo (probabilmente anche lui un po’ filosofo) sosteneva che la disgrazia della Russia è la sua letteratura, i suoi grandi classici (Tolstoi, Dostoevskij, Puskin, Turgenev ecc.). Le loro opere sono sature di erotismo e filosofia, ma gli autori non hanno saputo inventare qualcosa che migliorasse le condizioni del popolo russo, qualcosa di veramente pratico e utile.

Grandi discorsi, profonde visioni ed eterna miseria. Un giudizio sorprendente che istintivamente rifiutiamo perché anche noi abbiamo amato quegli autori e le loro opere, ma che contiene un grano di verità. Dostoevskij era un gran reazionario, credeva davvero che la Russia avrebbe riscattato l’umanità depravata …

E tuttavia: viva la filosofia!

Ovviamente, se per filosofia intendiamo “l’onesto e il retto pensiero” (La ginestra).

Il mio insegnante di filosofia al liceo (che ho già citato sopra) sosteneva che la filosofia era la regina delle scienze, in quanto poteva fare la sintesi delle conoscenze delle varie scienze. Be’, ciò era forse possibile ai tempi di Aristotele e magari anche di Kant, che era ben informato su quanto avveniva e si pensava in Europa e nel mondo (Kant lesse anche “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria che stroncò impietosamente).

Ma la rivoluzione scientifica dei tempi moderni è di un’ampiezza tale che l’idea o persino la pretesa di una sintesi è non solo azzardata, ma ridicola.

Massimo Cacciari, di professione filosofo e sembra persino teologo, ha pubblicato un libro dal titolo reboante: “La cosa ultima”. Non l’ho letto, me ne guardo bene, mi basta il titolo. Cacciari, che passa per valente intellettuale, non sa probabilmente niente di fisica, matematica, astronomia, chimica ecc. ecc.

Come dice il proverbio? “Ne sutor ultra crepidam”. All’incirca: ciabattino, fa’ il tuo mestiere. Signori filosofi: un po’ di modestia e soprattutto di chiarezza. In gergo potete parlare fra di voi per darvi delle arie. Ma, visto che vi paghiamo e vi manteniamo, non vogliamo essere presi in giro. >>

SERGIO PASTORE