Un post di UGO BARDI sulla “dinamica dei sistemi” applicata alla crisi dell’Impero Romano (da Effetto Cassandra). Lumen
<< Gli imperi sono come le reazioni chimiche e le reazioni chimiche si fermano quando si esauriscono i reagenti. Nel quinto secolo e.v., l'Impero Romano stava finendo i reagenti. Era cresciuto sui profitti fatti con le campagne militari ma, ad un certo momento nel secondo secolo, ha raggiunto i suoi limiti. Senza più facili conquiste in vista, l'Impero ha dovuto vivere delle sue proprie risorse ed non ha mai veramente imparato a farlo. L'impero, semplicemente, non poteva tassare i suoi sudditi abbastanza per sostenere le proprie truppe. L'Impero continuava a spendere più di quanto si potesse permettere per la difesa. E' tipico di ogni Impero nella storia: gli imperi si auto-distruggono spendendo troppo per il loro apparato militare.
Gestire una grande struttura è sempre difficile e noi tendiamo a farlo male; un intero Impero potrebbe essere un caso particolarmente difficile. Per farlo bene, avremmo bisogno di un metodo specifico: la dinamica dei sistemi, che è un modo per descrivere i sistemi e la relazione dei vari elementi che li compongono. Ma è raro che la gente possa capire i sistemi in questo modo. Ciò che invece accade è che nella maggior parte dei casi capiamo quali siano i punti critici (“le leve”) che stanno creando dei problemi, ma tendiamo ad agire su di essi nel modo sbagliato. (…)
Quasi sempre tiriamo le leve nella direzione sbagliata e peggioriamo i problemi che stiamo cercando di risolvere. Questo è ancora più chiaro nel caso dell'Impero Romano, perlomeno dal nostro punto di vista. Durante la fase di declino, gli Imperatori Romani combattevano per proteggere l'Impero dai Barbari, potevano vincere o perdere, ma ogni battaglia rendeva l'Impero più povero e debole. L'impero usava risorse che non potevano essere rimpiazzate. Risorse non rinnovabili, come diremmo oggi.
Non c'era quindi una soluzione ai problemi dell'Impero Romano? Beh, ce n'era una se ci pensate in termini di dinamica dei sistemi. Era questione di tirare le leve nella giusta direzione. Mettendo insieme sempre più truppe e combattendo battaglie, gli Imperatori Romani stavano tirando la leva nella direzione sbagliata. Dovevano invertire la direzione: la soluzione non era più truppe, ma meno truppe. Non più burocrazia imperiale, ma meno burocrazia imperiale, non più tasse, ma meno tasse. Alla fine, la soluzione era proprio lì ed era semplice: era il Medioevo.
Il Medioevo ha significato far piazza pulita della soffocante burocrazia imperiale; ha significato trasformare le costose legioni in milizie locali; avere gente che paga le tasse localmente. In breve, trasformare l'impero centralizzato in una costellazione di piccoli stati decentralizzati. Senza le terribili spese della corte Imperiale e della burocrazia Imperiale, questi piccoli stati avevano la possibilità di ricostruire la propria economia e dar vita ad una nuova fase di prosperità, come è in effetti accaduto durante il Medioevo.
L'Impero stava andando in quella direzione, era inevitabile e si poteva anche facilitarne il percorso. Naturalmente, quando l'Impero era ancora forte e potente, nessun Imperatore aveva il potere di sciogliere le legioni, e nemmeno le burocrazia Imperiale. Ma questo è comunque avvenuto durante il quinto secolo e ciò che un imperatore (o imperatrice) avrebbe potuto fare era di dare agli eventi solo una spintarella nella giusta direzione. Non combattere il cambiamento, facilitalo. E' questo il modo di spingere le leve nella giusta direzione.
Galla Placidia, forse, lo ha fatto. (…) E’ difficile trovare un filo conduttore nel corpo complessivo (delle sue leggi). Ma sembra esserci una qualche logica in ciò che la corte imperiale di Ravenna stava facendo a quel tempo. Quella logica somiglia vagamente alla politica di Michail Gorbaciov per l'Unione Sovietica – chiamiamolo “Impero Sovietico”. Gorbaciov ha consistentemente rifiutato di usare la forza per tenere insieme un impero che si stava disintegrando – anche se avrebbe potuto farlo. La corte di Ravenna, pare, ha adottato lo stesso approccio durante la prima metà del quinto secolo.
L'Impero Romano aveva ancora un esercito che avrebbe potuto usare per distruggere le nazioni Barbare che si erano insediate all'interno dei confini dell'Impero. Ma questo avrebbe significato soltanto sperperare quelle poche risorse che l'Impero aveva ancora. Avrebbe grandemente accelerato la scomparsa dell'Impero.
Sembra che Galla Placidia agisse secondo il suo stile; facilita l'inevitabile, non combatterlo. Non che conoscesse la dinamica dei sistemi ma, dopo tutto, la dinamica dei sistemi è solo buon senso formalizzato e sembra che Placidia ne avesse parecchio. Così assistiamo alla tendenza di ridurre il potere della corte Imperiale. (…)
Placidia ha vietato ai coloni, i contadini legati alla terra, di arruolarsi nell'esercito. Questo aveva tolto all'esercito una delle sue principali fonti di manodopera e possiamo immaginare che lo abbia fortemente indebolito. Un'altra legge promulgata da Placidia autorizzava i grandi proprietari terrieri a tassare loro stessi i propri sudditi. Questo ha privato la corte Imperiale della sua principale fonte di introito. Tutto ciò significava una sola cosa: Medioevo.
Se lo scopo di Placidia era veramente di portare l'Impero verso il Medioevo, possiamo dire che ha avuto successo. Dopo la sua morte, l'Impero è svanito. (…)
Naturalmente, non sapremo mai cosa passasse nella mente di Placidia. Ci ha lasciato solo poche lettere che miracolosamente sono sopravvissute negli archivi Vaticani, ma niente che potremmo usare per penetrare nei suoi pensieri più profondi. Possiamo solo dire che stare coi Goti, anche se solo per pochi anni, potrebbe averle aperto la mente abbastanza da avere avuto la visione che nessun Imperatore, prima e dopo di lei, poteva avere. E così lei ha fatto cose che nessun Imperatore, prima o dopo di lei, poteva fare: spingere l'Impero verso il suo destino. Realizzare il proprio potenziale chimico, se preferite. In ogni caso, Placidia è stata il catalizzatore che lo ha reso possibile. >>
UGO BARDI