martedì 27 settembre 2022

Indipendence day

A tutti piace essere indipendenti, ma la vita sociale ci costringe ad interagire con gli altri ed a volte, addirittura, ad essere dipendenti da loro.
A questi concetti, e alle loro complesse interazioni, è dedicato il post di oggi, che riporta il testo di 3 diversi autori..
LUMEN



UNIVERSI MORALI
L’individuo passa, durante il suo sviluppo, per tre universi morali.
Dipendenza. In questa fase infantile il bambino dipende dagli adulti per il sostentamento, la protezione e lo sviluppo. Poiche’ dipende, sviluppa tutte le tecniche necessarie ad ottenere quel che gli serve.
Un bambino e’ “competente” quando sviluppa tecniche (piangere, sbattere i piedi per terra, non mangiare, rompere oggetti, picchiare altri bambin) per ottenere dagli adulti quel che vuole lui.
Indipendenza. L’adolescente e’ ossessionato dall’indipendenza. Vuole smettere di dipendere, non vuole piu’ dipendere da nessuno , il messaggio che manda e’ che potrebbe farcela da solo. Non chiede nulla agli adulti se non di uscire dalla sua vita.
E’ competente quando sviluppa le tecniche che consentono di farlo: studiare e trovare un lavoro, o trovare un lavoro e basta, rubare, imbrogliare sui voti, eccetera, qualsiasi cosa riduca la sua dipendenza dagli altri: per lui chiedere qualcosa e’ umiliante, e negoziare e’ gia’ una sconfitta.
Interdipendenza. L’adulto si e’ reso conto che non puo’ essere completamente indipendente con gli altri, e si attrezza per lo scambio. TU mi dai la casa se io pago l’affitto, tu mi paghi se io lavoro, e cosi’ via.
Un adulto competente e’ un adulto capace di negoziare uno scambio che sia win-win per entrambe le parti. Negoziare in questo universo morale non e’ una sconfitta, e’ la norma.
URIEL FANELLI


INTER-DIPENDENZA
Tutti noi iniziamo la vita come neonati, totalmente dipendenti dagli altri. Noi siamo portati, nutriti e sostenuti da altri. Se non fossimo accuditi in questo modo, vivremmo soltanto poche ore o al massimo pochi giorni.
Poi, gradualmente, con il passare dei mesi e degli anni, diventiamo sempre più indipendenti, fisicamente, mentalmente, emotivamente e finanziariamente, finché alla fine possiamo sostanzialmente badare a noi stessi, diventando padroni di noi stessi.
Man mano che continuiamo a crescere e a maturare, ci rendiamo sempre più conto che tutto nella natura è interdipendente, che c’è un sistema ecologico che governa la natura, compresa la società. Scopriamo inoltre che la parte migliore dell’essere umano è legata alle relazioni con gli altri: la vita stessa è dominata dall’interdipendenza.
La nostra crescita, dall’infanzia all’età adulta, funziona coerentemente con le leggi naturali. Questa crescita si manifesta in molti modi. Il raggiungimento della piena maturità fisica, per esempio, non ci garantisce automaticamente maturità emotiva o mentale. Al contrario, la dipendenza fisica di una persona non significa che sia mentalmente o emotivamente immatura.
Nel continuum della maturità, la dipendenza è il paradigma del tu (o del voi): tu ti prendi cura di me; tu agisci per me; tu non hai agito. L’indipendenza è il paradigma dell’io: io posso farlo; io sono responsabile; io sono padrone di me stesso; io posso scegliere.
L’interdipendenza è il paradigma del noi: noi possiamo farlo; noi possiamo collaborare; noi possiamo mettere insieme i nostri talenti e le nostre capacità e creare insieme qualcosa di più grande. Le persone dipendenti hanno bisogno degli altri per ottenere quello che vogliono. Le persone indipendenti possono ottenere quello che vogliono attraverso i loro sforzi individuali.
STEPHEN COVEY


INDIPENDENZA ED EQUILIBRIO
Essere completamente indipendenti non è sempre positivo: ci si costruisce un armatura, uno scudo dove niente può entrare e niente può uscire e si coltiva l’illusione di poter vivere senza aver bisogno di niente e di nessuno.
D’altro canto la dipendenza porta a credere di non poter vivere senza una persona, a cercare di continuo la sua approvazione, a venerarla, senza aver il coraggio di dire di no, e affermare la propria opinione.
Entrambi questi due quadri relazionali non corrispondono a una relazione sana, perché sono due squilibri e come tutti gli squilibri creano infelicità; la chiave in una relazione sana sta nel concetto di interdipendenza.
Le basi di una relazione sana d’amore o di amicizia oltre al rispetto, alla fiducia, sono la comprensione e la libertà reciproca, pur stando insieme, ma insieme indipendentemente.
Ci sono tre livelli di relazioni: quelle nate in base alle condizioni del momento, quelle nate in base a interessi comuni e quelle in cui si condivide un ideale, si lotta insieme per qualcosa. Quest’ultimo tipo è il più raro da trovare, ma anche il più profondo e soddisfacente.
GIUSEPPE LATTE

mercoledì 21 settembre 2022

Messi all'Indice

Il famoso 'Indice dei Libri Proibiti' venne emanato dalla Chiesa Cattolica a metà del '500 per motivi religiosi, ma – per una serie di conseguenze – finì per avere moltissima influenza su tutta la cultura occidentale, anche scientifica.
Il post di oggi è dedicato a questo argomento, visto sotto diversi punti di vista.
LUMEN



INDICE E STAMPA
Il XVI secolo è caratterizzato da due avvenimenti importanti e strettamente intrecciati tra di loro. E' il secolo della Riforma protestante e della reazione della Chiesa cattolica che cerca di limitare il diffondersi delle idee luterane in Italia.
Ma è anche il secolo che vede un rapido sviluppo della stampa e della diffusione dei libri tra strati sociali che prima non potevano accedervi a causa del prezzo molto elevato dei manoscritti, con la rivoluzione introdotta dalla stampa a caratteri mobili.
Martin Lutero, avendone intuito il potenziale, utilizza la stampa come veicolo per diffondere le sue idee. La Chiesa cattolica reagisce dando battaglia sullo stesso terreno, imponendo restrizioni e divieti su ciò che si poteva pubblicare.
Nel 1559 il Papa promulga il primo Indice dei libri proibiti in cui venivano elencate le opere che non potevano essere né pubblicate né lette. 
Dopo il primo Indice, ne seguono altri che ampliano la portata delle proibizioni, inizialmente concentrate sui libri con tematiche religiose, a generi letterari diversi, generando un clima di grande incertezza.
LA VOCE INFO


INDICE E SEGRETI
Secoli fa, era vietato avere in casa tutti i libri iscritti su un “indice”. Il guaio era che nessuno, o quasi poteva accedere a tale “indice”: ovvero nessuno tranne inquisitori e vescovi aveva accesso. 
Il risultato fu che, per paura di avere in casa libri all’indice, il ceto medio semplicemente si libero’ in massa dei pochi libri che aveva.
Fu un errore o fu voluto? Gli storici sono divisi, io personalmente propendo per chi crede fu un errore: in ultima analisi la stampa di libri era ancora un gran business per la chiesa stessa, e la diffusione di alcuni libri era voluta, specialmente dopo la controriforma.
Non per nulla, i ricchi e i nobili che potevano permettersi un confessore e un precettore , di solito gesuiti, avevano molti libri in casa. Il confessore e il precettore, infatti, avevano accesso all’indice e quindi potevano consigliarli. 
Quindi non era volonta’ far sparire tutti i libri dalle case del ceto medio. Il problema e’ che oggettivamente fu questo il risultato.
URIEL FANELLI


INDICE E CONTRO-INDICE
Dopo aver appreso che la sua opera principale era stata inclusa nell’Indice dei libri proibiti, lo storico Ferdinand Gregorovius esclamò: «La mia opera è compiuta e si sta diffondendo nel mondo: adesso il Papa le fa pubblicità».
Non tutti però reagivano alla messa all’indice dei propri libri con la stessa disinvoltura, anche perché, se è vero che ciò che è vietato suscita sempre interesse, l’inclusione di un testo nella temuta «lista nera» della Congregazione dell’Indice poteva portare alla scomunica, mettere in pericolo la salvezza eterna dell’anima dell’autore oppure comprometterne la carriera accademica.
L’Indice dei libri proibiti, istituito nel 1559 e abolito solo nel 1965, ha rappresentato lo strumento con cui il Vaticano ha combattuto sia a difesa della propria ortodossia sia contro possibili ingerenze da parte della cultura laica.
Nel 1998 è stato finalmente consentito agli studiosi l’accesso agli archivi della Congregazione. [Questo] ha gettato luce anche su quello che potremmo chiamare il Contro-Indice, cioè l’elenco dei titoli presi in esame, ma poi «assolti». 
È il caso de La capanna dello zio Tom, di cui mai si era saputo finora che fosse stato oggetto di un processo. Era infatti proibito rendere pubbliche le assoluzioni.
DONZELLI EDITORE


INDICE E CULTURA
L’elenco degli scrittori colpiti dal primo ”Index” è ampio e va da Boccaccio e Machiavelli ad Erasmo da Rotterdam e Rabelais.
Vennero inoltre proibiti i libri in cui non fossero indicati autore o stampatore, quelli senza indicazione della data di pubblicazione, quelli usciti senza imprimatur o stampati da stampatori “eretici” – i fedeli erano tenuti a consegnare immediatamente tali libri alle autorità ecclesiastiche. 
Va da sé che subito i librai protestrono contro l’indice, che in primis colpiva in modo pesante molte loro giacenze di magazzino che non avrebbero potuto più esser vendute cagionando un danno economico catastrofico per i loro proprietari; inoltre molti studiosi, in primis di medicina (i cui testi provenivano per lo più dal mondo germanico) si vedevano costretti a rinunciare a libri su cui avevano studiato.
Tutto questo portò molti stati (come il Granducato di Toscana e la Repubblica di Venezia) a non applicare rigorosamente l’Indice.
Cinque anni dopo, col Concilio di Trento (1564) si aggiorna l'indice, attenuando in parte le proibizioni, in particolare si consentì di pubblicare i libri "vietati" una volta “ripuliti” dalle parti proibite (opera che spesso stravolgeva il pensiero originale dell’autore) e si consentì il rilascio della licenza per la lettura dei testi sacri in lingua volgare con minori restrizioni. 
In compenso furono proibiti i testi scientifici non conformi all’interpretazione aristotelico-scolastica.
Diversamente dall’Indice precedente, questo venne applicato ben oltre i confini dello Stato della Chiesa, ovvero in tutta Italia ed in buona parte dell’Europa.
EDOARDO QUAQUINI


giovedì 15 settembre 2022

Pensierini - L

COMPETIZIONE
Lo scrittore americano Anthony De Mello ha detto:
“Non sono venuto al mondo per competere con nessuno. Chi vuole competere con me perde il suo tempo. Sono al mondo per competere con me stesso. Superare i miei limiti, vincere le mie paure, lottare contro i miei difetti, superare le mie difficoltà e correre in cerca dei miei obiettivi.”
La riflessione è eccellente nella prima parte ed aiuta davvero a vivere meglio.
Peccato che scivoli poi nella seconda parte: perchè affrontare le difficoltà e le paure va bene, ma cercare di superare i propri limiti, proprio no.
Farlo significa ricadere nelle angosce della competizione (contro di sé o contro gli altri cambia poco) e rovinare irrrimediabilmente la propria serenità.
LUMEN


DIFETTI
Si ama veramente una persona quando si sopportano i suoi difetti con un sorriso.
LUMEN


INGANNO SOCIALE
Alcuni, ad un certo punto della vita, diventano consapevoli che la convivenza umana si fonda necessariamente su un inganno sociale (tra governanti e governati).
La scoperta può essere sconvolgente e portare a rabbia, frustrazione e ribellione. Ma consente anche due notevoli vantaggi:
1- smettiamo di combattere inutilmente per degli obbiettivi impossibili
2- impariamo ad apprezzare (e difendere) le cose positive che la società ci offre e che non sono per nula scontate.
LUMEN


RELIGIONE E CULTURA
Le Nazioni, per funzionare bene, hanno bisogno di una cultura condivisa e, a tal fine, va benissimo anche una religione prevalente, perchè anche la religione è cultura.
Come faccio a dirlo ? Semplice: perchè tutto quello che non è scienza è cultura, e la religione non è certo una scienza.
LUMEN


DIRIGENTI COMUNISTI
I dirigenti comunisti (categoria ben diversa dai loro ingenui elettori) sono l'epitome dell'opportunismo.
Esaltavano l'URSS quando prendevano i soldi da Mosca. Finiti quelli, hanno incominciato a prendere i soldi delle elites occidentali ed infatti oggi il PD è un partito filo-NATO.
Per comprendere le vere motivazioni, basta seguire i soldi.
LUMEN


VOLERSI BENE
Tutti i mali sociali del mondo derivano dalle persone che non si vogliono bene.
Perchè chi si vuole bene non ha difficoltà a vivere la propria vita, godendo dei piaceri che la sorte gli offre.
Chi non si vuole bene, invece, è costretto a vivere nel riflesso degli altri, che finisce per odiare e tormentare, nella (inutile) ricerca di una impossibile felicità personale.
E contro questa invidia, contro questi tristi tentativi di rivalsa, non c'è rimedio.
LUMEN


IDENTITA' CRISTIANA
In un famoso passo del Vangelo, Gesù afferma: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.
Questo significa, allora come oggi, che i cristiani, se davvero tali, dovrebbero vivere in modo diverso dagli altri ed essere facilmente riconoscibili da tutti per il loro comportamento e le loro opere.
Voi la vedete, in giro, tutta questa identità cristiana ? Io no.
LUMEN


IL BUON PASTORE
Il rapporto tra le elites e il popolo può essere paragonato a quello tra il pastore e il suo gregge.
Questo non vuol dire che gli interessi delle elites non possano (talvolta) coincidere con quelli del popolo, ma la cosa avviene solo in modo marginale e, soprattutto, non influenzabile dal popolo.
Quindi è meglio che ce ne facciamo una ragione.
LUMEN

giovedì 8 settembre 2022

Oro Blu

Oltre all'oro nero (il petrolio) e all'oro rosso (il rame), un'altra metafora cromatica molto nota è quella dell'oro blu, con riferimento all'acqua dolce.
La quale costa poco e viene generalmente snobbata nei discorsi politici, ma solo perchè, sino ad oggi, è sempre stata abbondante e di facile accesso.
Ma questa situazione potrebbe anche peggiorare, visto che nessuna abbondanza può essere per sempre, e forse lo sta già facendo.
Al problema dell'acqua dolce ed alle sue prospettive future, non particolarmente rosee, è dedicato il post di oggi, che riporta l'opinione di diversi autori
LUMEN



ACQUEDOTTI
Non piove, non nevica d’inverno, i fiumi sono vuoti, gli invasi calano, i sindaci si scervellano per inventare soluzioni, razionamenti, regole.
Di colpo si discute animatamente sull’uso che facciamo dell’acqua. (...) E questa è una parte del problema, su cui molti riflettono.
Poi c’è l’altra parte: su dieci litri d’acqua che entrano nella nostra rete di distribuzione, quattro vanno persi, oltre il quaranta per cento, perché la rete è un colabrodo, gli investimenti non si sono fatti, l’acqua piovana non viene sfruttata, gli sprechi sono enormi, la politica non fa il suo mestiere.
Insomma, può risultare irritante l’accorato appello al risparmio e alla frugalità liquida se chi dovrebbe garantire l’approvvigionamento se ne fotte alla grande, non investe, non decide nuovi invasi, non sistema le condutture.
ALESSANDRO ROBECCHI


PREZZO DELL'ACQUA
(Dobbiamo) ricordarci che l’acqua dolce è scarsa e preziosa. E dunque, vale per l’agricoltura come per tutti gli altri usi, il suo prezzo deve crescere e allinearsi al suo valore intrinseco e ciascun utilizzo deve pagare il costo marginale che la sua domanda aggiunge al sistema.
Il prezzo deve crescere per riflettere soprattutto i costi di ripristino dell’ambiente da cui l’acqua viene prelevata e degli ecosistemi e i mancati usi da cui viene distolta.
Affermare che l’acqua deve essere gratis per tutti equivale a dire che può essere usata e sprecata da chiunque e a piacimento.
DONATO BERARDI (LA VOCE INFO)


RIFORESTAZIONE
Bisognerebbe fare qualcosa di serio per riportare la situazione idrica e meteorologica a quella che era una volta.
A parte la lotta contro le emissioni di gas serra, c'è una questione di riforestazione e di cura del suolo in modo tale che non si perda immediatamente la pioggia che arriva -- con tutti i danni che fanno le piogge intense.
Ma questo è complicato, costoso, e richiede tempo.
UGO BARDI


ACQUA E PRODUZIONE
Ho trovato una interessante tabella in cui viene calcolata la quantità di acqua necessaria per produrre alcuni b.eni di consumo: 25 litri, per esempio, per una patata, 2.400 per un hamburger, 2000 litri per fare una maglietta di cotone.
E perché dovrebbe fregarcene qualcosa? Perché se usiamo male l’acqua succedono disastri ambientali come, in casi estremi, quello del lago di Aral.
E in generale una tabella come questa, per quanto approssimativa, ci aiuta a riflettere sulle conseguenze di un’azione banale come comprare una maglietta -conseguenze che avvengono spesso così lontano che non le vedremo mai a meno che non andiamo a guardare.
GAIA BARACETTI


GHIACCIAI TIBETANI
Con le temperature che aumentano 4 volte più velocemente che in qualsiasi altro posto in Asia, l'altipiano tibetano potrebbe presto perdere gran parte dei sui ghiacciai e permafrost, alterando le forniture di acqua in tutta l'Asia, dicono alcuni scienziati cinesi.
Da tempo famoso come “il tetto del mondo”, l'altipiano tibetano ha più o meno la dimensione dell'Europa occidentale e fornisce acqua a quasi 2 miliardi di persone in Asia come fonte di diversi grandi fiumi, compresi Yangze, Mekong, Saluen (Gyalmo Ngulchu), Indo, Brahmaputra e Fiume Giallo.
Ma a causa dell'impatto del cambiamento climatico, i ghiacciai si stanno ritirando rapidamente, le praterie si stanno a loro volta ritirando man mano che la desertificazione si espande, le precipitazioni della regione sono diventate irregolari, nei grandi fiumi i livelli delle acque stanno crollando e il permafrost sta fondendo.
La fusione dei ghiacciai tibetani, la più grande massa di acqua dolce congelata al di fuori delle regioni polari, è collegata a molte conseguenze ambientali localmente e globalmente, comprese le ondate di calore in Europa, secondo alcuni studi.
I funzionari cinesi stimano che il Tibet abbia il 14,5% della massa totale dei ghiacciai del mondo. Mentre ci sono teorie diverse su cosa stia causando la fusione dei ghiacciai, i ricercatori sono concordi che il ritmo sia impressionante.
YESHI DORJE

giovedì 1 settembre 2022

Elitismo e Democrazia

Con il post di oggi torno a parlare della teoria politica dell'elitismo, con un interessante collegamento tra Elites e Democrazia.
Perchè se è vero che la democrazia ha grandissimi pregi, neppure lei è immune dalla 'ferrea legge dell'oligarchia' teorizzata un secolo fa da Robert Michels.
Il testo è opera di Marcello Veneziani ed è tratto dalla sua pagina web.
LUMEN



<< Domina nel mondo da Occidente a Oriente “la ferrea legge dell’oligarchia”: ogni regime, incluse le democrazie, è in realtà dominato da un ristretto gruppo di potere che non viene eletto ma cooptato (o al più si fa eleggere stando già al potere) e decide le sorti di un paese o di un’Unione.

Lo scopritore moderno di questa legge è un tedesco che volle farsi italiano. Si chiamava Robert Michels ed è conosciuto come uno degli esponenti neo-machiavellici della teoria delle élites, insieme a Giovanni Mosca e Vilfredo Pareto.

Michels era socialista, poi tramite il sindacalismo rivoluzionario e l’esperienza della realtà, sposò il nazionalismo e infine diventò fascista. Ma fu fascista degli albori, prima che Mussolini andasse al potere. Era arrivato in Italia già nel 1907, anche con l’aiuto del suo amico Luigi Einaudi e poi vi tornò a insegnare nella famosa scuola di Perugia, gran cenacolo di studi politici e sociologici.

La sua opera capitale, del 1911, ora ristampata da Oaks, è la 'Sociologia del partito politico'. Nella sua incisiva introduzione, Gennaro Sangiuliano sottolinea il realismo di Michels, che lo accomuna agli altri elitisti ed evidenzia il paradosso dei movimenti politici egualitari e democratici che sono dominati da un’oligarchia “numericamente piccola e chiusa all’esterno” che mette davanti al fatto compiuto gli associati “in un contesto di segretezza, senza alcuna trasparenza”.

Il suo ricambio avviene per cooptazione, in modo da favorire “gli elementi più fedeli, e a volte servili, a discapito di chi pensa con la propria testa”. Ma l’effetto più deleterio, nota Sangiuliano, non è interno ai partiti ma sulla società intera, come possiamo notare oggi: “Le oligarchie proliferano, stroncano ogni forma di dissenso e liquidano come una forma di pazzia chiunque la pensi diversamente da loro”.

Gli ultimi anni sono stati segnati da una regressione e da una degenerazione, con l’instaurarsi di “una sorta di rinnovata Inquisizione che afferma di essere depositaria della verità”. Le oligarchie sono funzionali a quel che definiamo La Cappa.

Cosa opporre alle oligarchie? Non le democrazie che sono oligarchie mascherate, ma altre forme di rappresentanza politica che valorizzino la partecipazione popolare di base e la decisione di vertice.

Michels che fu allievo di Max Weber, si appella al capo carismatico (che poi identificherà in Mussolini) ma a differenza del suo maestro ritiene che non debba venir fuori dal Parlamento bensì da un rapporto diretto col popolo.

Col senno di poi, con l’esperienza del Novecento, dovremmo piuttosto cercare nuovi modelli. Quali? La circolazione delle elites, per esempio, per restare tra Pareto e Mosca.

Qualcuno ritiene che élite e oligarchia siano la stessa cosa, ma le élites sono l’aristocrazia di una società legittimata dal confronto libero e civile, dall’organicità ai popoli e alle loro culture, civiltà e tradizioni e dalla selezione aperta sul campo, mentre le oligarchie sono poteri chiusi, autoreferenziali e autolegittimati che rispondono a interessi non generali.

La differenza, per dirla in breve, è che le oligarchie sono governi di pochi nell’interesse di pochi, le aristocrazie sono governi di pochi nell’interesse di molti. La democrazia, intesa come governo del popolo nell’interesse generale, non esiste. Il buon governo prevede che sia attivo l’ascensore sociale e politico per reclutare le élites, non attraverso la pura cooptazione ma il ricambio sul campo.

Particolarmente interessante per il nostro oggi è l’attenzione che Michels dedica all’opposizione che quando vince tende ad “amalgamarsi” col potere preesistente, se non ad essere assorbita, asservita e svuotata, abbandonando “le masse” da cui ha tratto forza e legittimazione.

Un monito… Le rivoluzioni a suo dire diventano tutte conservatrici quando vanno al potere e gli stessi progressisti al potere si fanno conservatori. Non aveva invece previsto Michels l’ipotesi inversa, oggi molto più attuale: cosa succede invece ai conservatori quando vanno al governo in un contesto di potere progressista?

Pur avendo aderito al fascismo, Michels rappresentò anche in sede internazionale, l’idea di un movimento proteso alla pace e nemico di ogni razzismo. Michels morì nel 1936 e non fece in tempo a vedere il tragico seguito su ambedue i temi.

Tra le sue opere è significativa pure un’indagine sulla felicità in relazione all’economia e segnatamente al movimento operaio (riproposta da Oaks, L’economia della felicità).

Michels smentiva che l’economia fosse una “scienza triste” come diceva Thomas Carlyle, propedeutica a una filosofia da maiali, “pig philosophy”. Ripartendo da Lodovico Antonio Muratori che a metà settecento scrisse un trattato Della pubblica felicità,

Michels rovesciava il produttivismo capitalista ma superava anche il marxismo, ritenendo che lo scopo finale dell’economia fosse “accrescere per gli uomini la possibilità di vivere contenti”, concludendo “l’uomo è assetato di felicità, anche quando è pessimista”. Fu un precursore degli indicatori di qualità della vita non legati solo al prodotto interno lordo, ma alla felicità.

Michels fu travolto dal secolo infelice in cui visse e dalla fama imperdonabile di fascista: stroncato da liberali e marxisti, a partire da Gramsci, fu rimosso e dimenticato. Ma oggi non capiremmo la degenerazione della nostra democrazia, e il governo dei migliori, senza la sua “legge ferrea dell’oligarchia”. >>
 
MARCELLO VENEZIANI