martedì 5 novembre 2024

Il paradosso della Verità

Da tempo sono giunto alla conclusione che la verità non è sempre un valore assoluto, in quanto ci sono verità utili e verità dannose.
Così, per esempio, poiché le strutture sociali sono fondate sull'inganno, non solo sarebbe dannoso far scoprire alla gente che il Re è nudo, ma sarebbe anche inutile, perchè verrebbe subito sostituito da un altro Re, con un altro vestito (anche se apparente).
In fondo la tragedia umana è proprio questa: si sente il bisogno di ricercare la verità, ma, quando la si è trovata, in molti casi ci si trova costretti a tenerla per sè.
A questo sconsolante paradosso è dedicato il post di oggi, scritto da Marco Pierfranceschi per il suo blog (Mammifero Bipede).
LUMEN


<< [Io] ho iniziato molto presto ad interrogarmi sulla verosimiglianza delle cose che mi venivano insegnate. Nella mia ansia di trovare un sistema possibilmente infallibile di discriminare il vero dal falso mi sono imbattuto nel Metodo Scientifico, e ne sono divenuto un convinto assertore.

La sua formulazione, in estrema sintesi, è che tutti sperimentiamo una realtà oggettiva, i cui dettagli possono essere definiti per mezzo di esperienze (esperimenti) replicabili da chiunque. La realtà non è quindi un’esperienza individuale, solipsistica, bensì una dimensione comune, condivisa, che evolve per mezzo di relazioni causa/effetto.

Ne discende la prospettiva di un Universo totalmente indifferente alle passioni umane, dominato dal caso e dalla necessità, all’interno del quale le esistenze individuali sono solo un evento incidentale ed estemporaneo.

Non esattamente quello che a persone variamente sofferenti piace sentirsi raccontare. Il tutto può essere sintetizzato in una battuta (non mia) a cui ricorro spesso per evitare di dare risposte sgradite a domande spiacevoli: “preferisci una pietosa bugia o la cruda verità?”

Sta di fatto che la ‘cruda verità’ finisce con l’essere un’esigenza puramente intellettuale. Un lusso ben distante dalla domanda di ‘utilità’ che contraddistingue la condizione umana. Le nostre necessità individuali rappresentano la priorità: nutrirci, star bene, sopravvivere, riprodurci. Se una verità è in linea con queste esigenze, se ci è utile, allora rappresenta un valore, in caso contrario diventa un peso dal quale è preferibile disfarsi.

Lo sviluppo cognitivo all’interno dei meccanismi evolutivi ha portato con sé l’emergere di una condizione indesiderata, la sofferenza psichica. È una dinamica emotiva che condividiamo con le altre specie sociali: il nostro benessere dipende dalla presenza e vicinanza dei nostri simili, con i quali stabiliamo legami affettivi.

È il ‘rovescio della medaglia’ del vantaggio significativo consistente nel far parte di un organismo sociale. Il gruppo è più forte ed efficace rispetto ai singoli individui, offrendo maggiori possibilità di sopravvivenza.

Per contro, la perdita di un membro del gruppo genera nell’individuo una sofferenza psichica, che necessita di un sollievo. In questo contesto la semplice ‘verità’ può fare ben poco.

Nella nostra specie è poi presente una ulteriore aggravante: la consapevolezza dei processi biologici. Sappiamo che la nostra parabola vitale consiste di giovinezza, età matura, vecchiaia e morte, e questa prospettiva non ci è gradita (il fatto che non ci piaccia l’idea di morire, o di veder morire gli altri, discende da tutta una serie di processi mentali irrazionali che raccogliamo nella definizione di ‘istinto di sopravvivenza’).

In diversi momenti della nostra esistenza, sia la sofferenza per la perdita di persone care che la prospettiva di non poter guarire da una malattia, o in assoluto l’idea di smettere di esistere, possono indurre livelli soverchianti di sofferenza psichica, tali da sfociare in una condizione patologica detta ‘depressione’.

A differenza di altre patologie mentali, generate da una errata percezione della realtà, la depressione è legata alla perdita di quelle ‘stampelle psichiche’ irrazionali che utilizziamo per renderci sopportabile una realtà per molti versi spiacevole. Chiaramente, l’aggiunta di ulteriori ‘verità’, in questo tipo di situazioni, serve a poco se non a nulla. (...)

La conclusione cui sono pervenuto dopo lunghe analisi è che le società umane sono fondate su ‘Processi di Inganno’, sistemi di menzogne globalmente condivise che svolgono la funzione di facilitare i rapporti sociali, consolidare l’efficacia dell’azione collettiva e disinnescare le conflittualità tra individui e tra gruppi.

Accade poi che nella competizione su larga scala risultino premiate le collettività più aggressive, che potremmo definire come quelle capaci di realizzare il massimo sfruttamento degli individui. Siccome lo sfruttamento induce stress, affaticamento psichico, insoddisfazione e spinte disgreganti, queste pulsioni vengono equilibrate attraverso la diffusione, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, di visioni strumentali e spesso edulcorate della realtà.

Spingere fino ai limiti una collettività organizzata impiegando visioni ideologizzate, scollate dalla realtà, rappresenta una scommessa rischiosa. Nondimeno è quello che vediamo accadere nelle società più aggressive. Più aumenta lo sfruttamento, più risultano radicate ed invasive le sovrastrutture ideologiche, siano esse di natura teologica (evidenti nelle diverse teocrazie del Medio Oriente), edonistica (tipiche dei sistemi capitalistico/consumisti) o politica (specifiche dei paesi strutturati su modelli comunisti). (...)

Scegliere collettivamente un ‘basso profilo’, privilegiare il benessere reale delle persone rispetto a quello ‘percepito’, ridurre i livelli di stress della popolazione, comporta una perdita di aggressività, che può rendere la collettività stessa facile preda di vicini più disagiati, ideologizzati e bellicosi.

Cosa avviene quando un individuo viene messo di fronte ad una menzogna sulla quale ha basato molte delle proprie scelte di vita e di realizzazione personale? Ovviamente, niente di buono.

La reazione più diffusa consiste in un meccanismo psicologico di rifiuto. Nel difendere il proprio benessere psichico si finisce quindi col difendere, e giustificare, l’intero sistema di inganno attraverso il quale si viene sfruttati, in un perfetto esempio di ‘Sindrome di Stoccolma’. (...)

[Inoltre] le realtà fondate su sistemi organizzati di menzogne investono quantità enormi di risorse per propagare, capillarmente, le proprie visioni distorte della realtà, affinché vengano metabolizzate ed introiettate dalla popolazione. Le singole voci in controtendenza sono condannate all’irrilevanza. >>

MARCO PIERFRANCESCHI

19 commenti:

  1. A proposito dell'utilità o meno della verità in certe situazioni delicate, magari legate alla salute, Pierfranceschi racconta una breve esperienza personale:

    << Mi è stato domandato [una volta] se intendevo approfondire la conoscenza di questioni spiacevoli riguardanti una persona che era affidata alle mie cure.
    La mia risposta è stata, in sintesi: “mi affido alla vostra esperienza ed al vostro giudizio. Se ritenete che queste informazioni potranno essermi utili ad una miglior gestione della situazione attuale, allora voglio conoscerle. Se invece riterrete che, essendo informazioni spiacevoli, nulla di utile possa venire dal fatto che le conosca o meno, allora preferisco non saperne nulla”. >>

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    1. Pensate alle cose di chiara fama, per estensione non cercate scheletri negli altrui armadi, dalla Lettera ai Filippesi attribuita al vetero criminale Saulo di Tarso. Degno pistolotto , indegno pulpito.

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    2. Circa la verità tout court, mirabili le parole di Ungaretti, cantore universale insieme ad altri. Ma non molti.

      "La verità
      Per crescita di buio
      Più a volarle vicino
      S'alza l'uomo
      Si va facendo
      La frattura fonda."

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    3. Ma quando parli di 'verità tout court' a quale ambito ti riferisci ?
      Alle verità della natura, a quelle biologiche o a quelle sociali ?

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    4. Mi riferisco a tutte le accezioni del termine, nessuna esclusa.

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    5. Allora forse Ungaretti - se ho capito bene - ha ragione solo in parte.
      Non tutte le verità sono angosciose per l'uomo.

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    6. Obiezione accolta, ma forse il poeta voleva alludere alla connaturata difficoltà dell'uomo ad approcciarsi, o discernere la verità, per I motivi più disparati, a volte per conclamata stupidità o per mero tornaconto, si nega il bianco sia bianco, il nero sia nero...

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  2. Interessanti tesi per molti versi affini a quelle sostenute in qs brano furono espresse da Freud in alcuni suoi fondamentali brevi saggi degli Anni Venti del Novecento (ad es Il disagio della civiltà).

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    1. Evidentemente sono problemi irrisolvibili.
      Quali erano le tesi specifiche sostenute dal padre della psicanalisi ?

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    2. In estrema sintesi:
      1) nel passaggio alla moderna civiltà l'uomo ha dovuto barattare parti di libertà per un po' di sicurezza
      2) il costo di tale baratto continua "inconsciamente" a farsi sentire e richiede un prezzo (nevrosi, ecc.)
      3) inoltre le masse popolari spesso sono affascinate, ingannare e irretite dal Leader forte, autoritario e auto-referenziale e tornano a riunirsi in Clan Fazioni Gruppi rigidamente differenziati e regolati (oggi forse si direbbe Etnie, Generi (si pensi all'inquietante suprematismo neo-femminista), Identità politico-religiose ecc.) secondo la ferrea ma elementare logica del "Noi contro Voi" per superare le proprie fragilità e incertezze individuali e trovare comodi capri espiatori su cui riversare tutte le responsabilità di ciò che non funziona: una sorta di fuga dalla libertà e dalla responsabilità individuale.
      L'attualità di qs osservazioni del Freud psicologo sociale mi sembra evidente e sconcertante... Saluti

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    3. Condivido.
      In fondo la rimozione della psicanalisi non è che una forma di autoinganno, senza la quale, forse, non potremmo reggere il peso della realtà.

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    4. Per completezza si può aggiungere che secondo F. uno dei massimi (auto)inganni dell'Umanita' è costituito dalle Religioni tradizionalmente intese, secondo lui tendenzialmente destinate al tramonto a seguito del progresso delle conoscenze scientifiche ("L'avvenire di un'illusione" 1927).

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    5. Sono d'accordo sulla prima affermazione, ma non sulla seconda.
      Secondo me l'autoinganno della religione è ineliminabile, in quanto insostituibile.
      E lo dimostra il fatto che tante ideologie laiche ci hanno già provato, senza mai riuscirci.
      Temo quindi che anche la scienza fallirà nel suo tentativo illuministico.

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    6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    7. "Secondo me l'autoinganno della religione è ineliminabile, in quanto insostituibile. E lo dimostra il fatto che tante ideologie laiche ci hanno già provato, senza mai riuscirci."

      Ne abbiamo già parlato, anche più volte. Io continuo a non capire che un ateo a tutto tondo come te consideri la religione ovvero l'autoinganno della religione "ineliminabile" , insostituibile. Si direbbe che secondo te l'uomo ha bisogno della religione, è nel suo DNA di credere a qualcosa. E com'è allora che tu non ne hai bisogno? Poi c'è un conflitto eterno fra fede e ragione e la fede ha prevaricato in passato obbligando il popolo a conformarsi ai dettati del potere religioso - che in occidente è stato chiaramente sconfitto (nella ex Europa cristiana penso che i veri credenti non siano più del 20%, anche meno). Sono due visioni del mondo contrapposte, una fondata sui miti e antiche tradizioni, l'altra sulla ragione e la scienza (che è la tua visione e anche quella di un Severino). Come sia ancora oggi possibile credere in certe sciocchezze è per me un mistero (peccato originale, natura umana corrotta, redenzione di Cristo, vita eterna, giudizio universale, inferno e paradiso). Ti ricordo che senza peccato originale "tutto il resto" non ha senso! Poi la natura umana resta corrotta anche dopo la redenzione (perciò l'uomo continua a peccare). Insomma, non ti capisco. Più che di una religione l'uomo ha certamente bisogno di un senso da dare alla vita e di riti collettivi che rinforzano questo senso che varia da epoca a epoca.

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    8. Caro Sergio io penso che la propensione alla religione, o meglio al pensiero magico in generale, sia iscritti nel nostro DNA, ma in forma variabile da persona a persona.
      Per questo, anche se la maggioranza è religiosa, può esistere anche una minoranza di atei.
      Ma credo che si tratti solo di un carattere marginale.

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  3. In effetti il recente prepotente ritorno dei vari integralismi religiosi un po' in tutto il mondo testimonia CONTRO la pur sensata tesi freudiana... Cio' (a mio umile avviso) NON deve indurci a rinunciare al tentativo di porre robusti argini ai vecchi/nuovi "straripamenti" del Potere religioso-confessionale che (dal mondo cattolico-conservatore al fondamentalismo evangelico filo-trumpiano e dalla Russia autocratica a matrice cristiano-ortodossa alle aree a dominanza islamico-fondamentalista) ad es si propone di cancellare la moderna Teoria dell'evoluzione biologica per sostituirla con forme classiche o fintamente rinnovate (Intelligent Design) del Creazionismo basato sull'interpretazione letteralistica dei Testi (ritenuti) sacri. Saluti

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    1. Sono d'accordo.
      Proprio perchè il 'nemico' non può essere totalmente vinto, è necessario restare laicamente vigili, per limitare i suoi effetti nella sfera sociale.

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