giovedì 30 giugno 2022

Il problema di Taiwan

Dopo la prima guerra sino–giapponese, combattuta sul finire dell’800 e vinta dai nipponici, l’isola di Taiwan (Formosa) passò sotto il dominio giapponese. La guerra segnò anche la fine dell’impero cinese, che cadde dopo duemila anni lasciando il posto alla Repubblica di Cina, con a capo il partito nazionalista Kuomintang. 

Al termine della 2° guerra mondiale, con la resa del Giappone, Taiwan tornò sotto il controllo cinese. Il paese, però, era alle prese con una sanguinosa guerra civile tra il partito comunista e quello nazionalist. Il Kuomintang venne sconfitto, e Mao Zedong proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese.

Il leader nazionalista Chiang Kai-shek si rifugiò a Taiwan, portando con sé tutte le risorse del paese e trasformandola nella Repubblica di Cina. La sua legittimità, però, non venne mai riconosciuta dal governo di Pechino, che considera l'isola parte integrante del proprio territorio. 

A questa lunga controversia ed ai suoi possibili sviluppi futuri, è dedicato il post di oggi, scritto da Giorgio Cuscito e tratto dal sito di Limes.

LUMEN


<< Sin dall’epoca imperiale, Taiwan ha sempre avuto un valore strategico per il potere centrale cinese. L’isola, che dista solo 180 chilometri dalla Cina continentale, è oggi percepita da Pechino sia come una barriera a protezione della costa (lungo cui si concentra il nucleo geopolitico del paese), sia come una minaccia alla sicurezza del paese qualora cadesse in mani nemiche. (...)

L’area tra le isole di Formosa e Hainan formerebbe una fascia protettiva per la florida economia sudorientale del paese. La riunificazione di Taiwan inoltre amplierebbe la portata dell’assertività militare di Pechino nel Mar Cinese Meridionale, bacino d’acqua di cui Pechino rivendica la sovranità per circa il 90%, e romperebbe la c.d. “prima catena di isole”. Infatti, l’antagonismo con il Giappone, la presenza Usa nelle Filippine e il complesso rapporto con Taipei ostacolano l’accesso della Repubblica Popolare all’Oceano Pacifico.

La riunificazione avrebbe anche un forte impatto sull’identità nazionale della Repubblica Popolare. Questa cicatrizzerebbe le ferite subite ad opera dal Giappone e dalle potenze straniere nei “cento anni d’umiliazione nazionale”. Inoltre, l’evento si tradurrebbe nel successo del Partito comunista, a cui il Kuomintang ha impedito di prendere Formosa nel 1949. (…) Insomma, per Pechino riconquistare Taiwan significa restituire la statura imperiale all’odierna Cina.

Taipei non è per ora disposta alla riunificazione, ma allo stesso tempo sa che annunciando ufficialmente la sua indipendenza potrebbe innescare la reazione della Repubblica Popolare. Non solo economica (la Cina continentale è il primo partner commerciale taiwanese), ma anche militare. (...) Xi Jinping ha detto che qualunque tentativo di mettere in discussione la politica “una sola Cina” è destinato a fallire, incontrando la “punizione della storia”.

Dalla prospettiva di Pechino, l’ideale sarebbe una riunificazione “morbida”, sulla falsa riga della politica “un paese, due sistemi”. Dal 1997, questo assetto regola i rapporti con Hong Kong, la quale tuttavia sta diventando progressivamente sempre più dipendente dalla Cina continentale sul fronte politico ed economico.

Tale impostazione sancirebbe ufficialmente la sovranità della Repubblica Popolare sull’isola e allo stesso tempo preserverebbe – per un tempo probabilmente limitato – le libertà politiche, economiche e sociali dei taiwanesi che i dirimpettai continentali non hanno. Taiwan, però, non gradisce questa soluzione e i sondaggi [d'opinione lo confermano]. (...)

La Repubblica Popolare cerca di lavorare ai fianchi Taiwan in tre modi. Primo, approfondisce i rapporti economici a cavallo dello Stretto. La dipendenza economica può ridurre il margine d’azione di Taipei e persuadere la popolazione della rilevanza dei rapporti con Pechino. Soprattutto se abbinata a un lavoro mediatico volto a ricordare che gli abitanti del Continente e di Formosa appartengono alla stessa nazione.

Secondo, Pechino cerca di indebolire la politica estera di Taiwan. Ad oggi Taipei intrattiene rapporti diplomatici con venti paesi, tra cui spicca la Santa Sede. Nel corso degli anni, diversi governi stranieri hanno deciso di non riconoscere più la sovranità taiwanese per consolidare i rapporti con Pechino. Non è da escludere che l’accordo in fase di sviluppo tra Repubblica Popolare e Vaticano spinga anche quest’ultima ad allentare i rapporti con Taipei.

Terzo, Pechino sta potenziando le sue Forze armate, con lo scopo di trasformarsi in una potenza marittima. L’Esercito popolare di liberazione non può ancora competere con gli Usa, ma ha intensificato le manovre militari in prossimità dello Stretto per mandare un segnale a Taipei. Il messaggio veicolato è chiaro: Pechino è tecnicamente in grado di prendersi Formosa. (...)

La Repubblica Popolare potrebbe prendere Taiwan in tre giorni. (…) La conquista avverrebbe combinando “sei tipi di combattimento”. Il primo è la “potenza di fuoco”, che prevede tre ondate di assalti con missili d’artiglieria più tre di attacchi aerei. Il secondo prevede di colpire le strutture militari taiwanesi, che sono concentrate in pochi luoghi e molto esposte. [Seguirebbero] poi la “battaglia a tre dimensioni” (terra, mare, aria), la guerra informatica, le operazioni speciali e la guerra psicologica, che include la manipolazione dell’opinione pubblica.

Eppure, un conflitto a cavallo dello Stretto sarebbe controproducente per Pechino su almeno tre livelli. Il primo riguarda le perdite umane, i danni infrastrutturali e psicologici subiti da Formosa, di cui Pechino dovrebbe poi prendersi carico.

In secondo luogo, l’intervento militare innescherebbe la reazione degli Stati Uniti e del Giappone, che vedono proprio nel rinnovato rapporto con Formosa una soluzione per estendere il raggio d’azione della loro politica estera nel Mar Cinese Meridionale. Difficilmente Washington e Tokyo lasceranno che Pechino acquisisca il vantaggio strategico di prendersi Taiwan.

Infine, il conflitto danneggerebbe l’immagine della Repubblica Popolare nel mondo e soprattutto in Asia-Pacifico. Ciò alzerebbe il livello di allerta anche dei paesi vicini, inclusi i partner di Pechino.

La riunificazione pacifica resta quindi la prima alternativa di Pechino per perseguire l’obiettivo prefissato. In tale contesto, colmare il margine con gli Usa sul piano militare sarebbe comunque essenziale, poiché potrebbe scoraggiare l’opposizione di Washington e togliere certezze a Taipei. Invogliandola a trovare un accordo. Parafrasando l’Arte della Guerra di Sunzi, in questo scenario dagli esiti affatto scontati, Pechino preferirebbe vincere senza combattere. >>

GIORGIO CUSCITO

giovedì 23 giugno 2022

Pensierini – XLVIII

GUERRE
Le guerre non scoppiano solo per il volere delle elites, perchè sono loro che le decidono, certo, ma da soli non potrebbero combatterle.
C'è una buona parte della popolazione che al pensiero della guerra si esalta, o per ignoranza o per stupidità. E poi ci sono i violenti, che ne fanno il loro mestiere ideale (soldati, mercenari, sbandati, ecc.).
Altrimenti non si spiegherebbe perchè la storia dell'umanità è sempre andata avanti a forza di guerre (salvo brevi periodi di pace).
LUMEN


CAMPAGNA ELETTORALE
Quello che un uomo politico fa o dichiara durante la campagna elettorale non ci dice nulla su di lui. Ma può dire molto sui suoi elettori.
LUMEN


IL TRIONFO DEL CASO
Le vicende dei Promessi Sposi sono, a ben guardare, il trionfo del puro caso, che si diverte a giocare con i protagonisti nel modo più sfrenato.
Il Manzoni la chiama Provvidenza Divina, perchè, alla fine, riesce a far trionfare i buoni contro i cattivi. Ma ci riesce solo perchè la sua è un'opera di fantasia, in cui l'autore può decidere tutto quello che vuole.
Nella realtà le cose sono molto diverse, perchè il puro caso non guarda in faccia nessuno e può premiare chiunque, anche Don Rodrigo e l'Innominato 'prima maniera'.
LUMEN


L'AN E IL QUANTUM
Pagare le tasse non è una cosa piacevole, ma va fatta.
Però non è tollerabile che, qui in Italia, il povero contribuente si debba preoccupare sia dell'AN (quali tasse deve pagare), che del QUANTUM (per quale importo). E se sbaglia, anche in buona fede, sono multe e penali.
Sono incombenze che toccano allo Stato, non al cittadino. Ed io ne metterei l'obbligo addirittura nella Costituzione.
LUMEN


POVERI
Si dice che lo Stato deve aiutare i poveri, perchè ne hanno bisogno.
Ma siamo sicuri che tutti i poveri siano tali, sempre e solo per sfortuna ? Non ci sarà una parte di essi (più o meno numerosa) che resta povera a causa del suo stesso comportamento, sciocco, imprevidente o sciagurato ?
In questo caso, è davvero giusto aiutare “chi è causa del suo mal” ?
LUMEN


PIACERE E DOVERE
Il 'piacere' rappresenta una forza molto superiore al 'dovere', perchè è stato selezionato direttamente dall'evoluzione darwiniana, che lo utilizza come bersaglio secondario per raggiungere i suoi fini principali.
Così, per esempio, noi non mangiamo perchè dobbiamo nutrirci per sopravvivere, ma perchè il cibo ci piace.
E facciamo sesso non perchè dobbiamo propagare la specie, ma perchè ce ne deriva un intenso piacere. E così via.
LUMEN


MAL COMUNE
Perchè si dice 'Mal comune, mezzo gaudio' ?
Non per cattiveria, ma perchè l'errore commesso ci ha fatto sentire inferiori, e questo è sempre fonte delle massime sofferenze.
Se invece anche gli altri sono caduti nel nostro stesso errore, non siamo più costretti a sentirci inferiori, e tutto diventa più tollerabile.
LUMEN


FEROCIA E INGANNO
Gli animali possono essere violenti e feroci anche nei confronti dei loro simili, ma è sempre una cosa palese.
Se due animali si odiano, lo mostreranno subito in modo inequivocabile e ciascuno di essi avrà la scelta tra fuggire e combattere.
Noi uomini, invece, sappiamo essere subdoli, e quindi possiamo sorridere ad un nostro simile, per poi pugnalarlo alla schiena.
Per questo siamo molto più pericolosi.
LUMEN

giovedì 16 giugno 2022

Religione ed empatia – 2

Si conclude qui il post di Ugo Bardi sui rapporti 'antropologici' tra religione ed empatia. (seconda e ultima parte).

LUMEN

(segue)

<< Le interazioni tra gli esseri umani si basano sull'"empatia". È un concetto di ampio respiro che include molte sfaccettature del comportamento umano, ma, in ogni caso, senza empatia, gli umani non possono lavorare insieme e non possono realizzare nulla. (…)

L'empatia però è possibile solo finché le persone possono capirsi. Per questo, hanno bisogno di un linguaggio comune. Il problema è che il linguaggio è uno strumento locale o al massimo regionale. Nell'antichità, se camminavi per un centinaio di chilometri da dove eri nato, ti trovavi circondato da persone che non riuscivano a capire una parola di quello che dicevi - ed era vero anche il contrario. Era un problema noto fin dai tempi della torre di Babele.

Ora, come si fa a costruire un sentimento empatico con persone che non si possono capire? Non è facile, e non c'è da meravigliarsi che gli antichi chiamavano tutti gli stranieri "Barbari", cioè quelle persone che parlano facendo "bar-bar", rumori senza senso.

I barbari possono essere combattuti, tenuti lontani o uccisi. Ma è anche vero che un seguace vivo vale molto di più di un nemico morto. Quindi, il problema dei re e degli imperatori era come governare su persone che non capivano la loro lingua. È il problema del governo che potremmo considerare come una forma di empatia su scala statale.

Una possibilità per il governo su larga scala è quella di usare "lingue commerciali" internazionali, come la koinè dell'antica regione mediterranea. Queste lingue sono potenti strumenti di networking, ma è costoso addestrare le persone in una lingua che non è la loro e che la maggior parte di loro non sarà mai in grado di padroneggiare completamente. E non è facile costruire una relazione empatica di alto livello usando una lingua che non si padroneggia bene.

Una soluzione per aggirare il problema è usare metodi di comunicazione non vocale. È un'idea molto antica: se ti trovi circondato da persone straniere che non parlano la tua lingua: cosa fai? Prima dei tempi moderni, c'erano solo due modi: 1) usare i gesti, 2) offrire regali.

Per quanto riguarda la prima possibilità, i gesti, è notevole come alcune forme di linguaggio del corpo siano universalmente note: un cenno della testa su e giù, per esempio, significa "sì" praticamente ovunque nel mondo.

A partire da questo, si possono costruire interi linguaggi basati sui gesti, come facevano gli indigeni americani. Naturalmente, ci sono limiti alla complessità del messaggio che si può trasmettere usando i gesti, ma in alcuni casi, un gesto può diventare un rituale.

Pensate a fare il segno della croce: è un gesto semplice, ma anche una dichiarazione di ciò che siete, di ciò che credete, e a quale gruppo appartenete. Lo si può fare anche vestendosi in un certo modo, un'altra forma di comunicazione simbolica. Non c'è una ragione specifica per cui indossare una camicia nera dovrebbe definirti "fascista", ma è normalmente inteso esattamente così. Lo stesso vale per un intero universo di bandiere, cappelli, spille da bavero e altri accessori di abbigliamento.

Un insieme di rituali religiosi è chiamato "liturgia" dalla parola greca leitourgia, che può essere tradotta come "servizio pubblico". Infatti, la caratteristica chiave della liturgia è che è pubblica. È un evento in cui tutti i partecipanti dichiarano pubblicamente la loro appartenenza a un certo gruppo sociale e la loro adesione a un insieme di credenze.

In una liturgia non è necessario che i fedeli conoscano la lingua del clero e nemmeno quella degli altri membri della congregazione. Basta unirsi agli altri con gesti e danze e, in alcuni casi, cantando o recitando formule sacre - senza bisogno di capirle.

Pensate a come, fino a tempi relativamente recenti, i cristiani cattolici recitavano formule in latino durante la messa, anche se la maggior parte di loro non capiva il latino. La liturgia può anche comportare complesse manifestazioni di comportamento collettivo, preghiere pubbliche, astensione da alcuni cibi specifici in periodi specifici, esecuzione di sacrifici (che significa "rendere sacro"), e altro.

A volte, la liturgia implica anche la penitenza, un modo tipico per mostrare che uno è serio nel proclamare il suo credo. Può significare digiuno, disagio o dolore autoinflitto. È tipico delle giovani religioni quando devono affrontare la dura opposizione dei concorrenti e dello Stato. Ai primi cristiani è stato talvolta chiesto di rinunciare alla loro vita per promuovere il loro credo. I primi martiri furono un potente fattore di diffusione del cristianesimo nell'Impero Romano.

Oltre alla liturgia, un gruppo religioso può sviluppare una sovrastruttura di governo formata dalle persone che possono comprendere il linguaggio sacro del culto: possono essere chiamati "sacerdoti", "imam" o "iniziati". Il risultato può essere una struttura chiamata "chiesa." Una chiesa è un'entità più complessa e non tutte le religioni ce l'hanno. L'Islam non ce l'ha, ma in alcune religioni secolari, come il fascismo e il comunismo, la Chiesa ha preso il nome di "partito".

Queste strutture sono state meccanismi comuni di creazione empatica nel corso di alcune migliaia di anni di impero umano. Le religioni più diffuse nel mondo, il cristianesimo, l'islam e altre, affermano chiaramente che tutti gli esseri umani sono uguali di fronte a Dio e quindi tendono a generare una forma "orizzontale" o egualitaria di empatia. Non che l'assemblea dei fedeli (l'ecclesia) sia veramente egalitaria, ma almeno tende ad evitare un'eccessiva disuguaglianza: si suppone che tutti siano uguali di fronte a Dio.

Come si vede, le religioni sono entità complesse e sfaccettate, lungi dall'essere solo superstizioni di vecchio stampo. Rispondono a bisogni profondi dell'uomo per creare empatia in società complesse.

Sono un'innovazione che è apparsa nella storia in tempi molto recenti: solo poche migliaia di anni fa, dopo centinaia di migliaia di anni in cui gli esseri umani vivevano in piccoli gruppi di non più di poche centinaia di individui. Stiamo ancora cercando di adattarci a questo nuovo modo di vivere, e la religione può essere un aiuto o un ostacolo. >>

UGO BARDI

giovedì 9 giugno 2022

Religione ed empatia – 1


Il post di oggi è tratto dal blog di Ugo Bardi, e tenta di analizzare, in modo più antropologico che spirituale, il ruolo delle religioni nella società umana.
«Cos'è la religione, esattamente? - si chiede Ugo Bardi - Monaci ieratici che cantano i loro inni? Fanatici che compiono sacrifici umani? Vecchie signore che recitano il rosario? È tutto questo e altro ancora. Le religioni non sono vecchie superstizioni, ma parte del modo in cui funziona la mente umana. Sono strumenti di comunicazione progettati per costruire l'empatia nella società su larga scala».
Il testo è stato diviso in 2 parti per comodità di lettura (prima parte)..
LUMEN


<< Se il cristianesimo ebbe così tanto successo nonostante gli sforzi dello stato per eliminarlo, ci saranno state delle buone ragioni. Principalmente, fu perché era la prima religione veramente universale, almeno nella parte occidentale dell'Eurasia (dall'altra parte, il buddismo arrivò secoli prima). Prima del cristianesimo, non c'era nulla del genere: il termine "religione" era applicato principalmente ai culti delle divinità locali.

Durante la loro fase di espansione, i romani giocavano al sincretismo, termine che implica la combinazione di diverse credenze e mitologie. Questa è, tra l'altro, la probabile origine del termine "religione" che deriva dal verbo latino ligare, che significa "legare insieme".

I romani si occupavano dei culti delle regioni conquistate affermando che le divinità venerate erano le stesse di Roma, tranne che per i nomi diversi. Così, il greco "Zeus" doveva essere la stessa entità del latino Iovis (Giove), e continuavano a far corrispondere ogni divinità straniera con la sua controparte romana.

Per i romani, la religione non era un elemento marginale della loro cultura. Attribuivano i loro successi al loro comportamento corretto e alla riverenza verso gli dei tradizionali: era il concetto di "pietas". Quindi, era importante per tutti eseguire i riti sacrificali e rifiutarsi di farlo era un grave crimine. I culti che erano visti come incompatibili con questa visione erano considerati malvagi e venivano soppressi. I loro seguaci potevano essere sterminati.

Questo fu il destino dei druidi, per esempio, accusati di compiere sacrifici umani dalla propaganda romana. Anche i primi cristiani erano visti in questo modo, comprese le solite accuse di sacrifici umani e cannibalismo.

L'approccio romano alla religione funzionò ragionevolmente bene fino al I-II secolo d.C., quando l'Impero iniziò a mostrare segni di declino. Come è tipico in tutte le società in declino, il risultato fu quello di tentare di risolvere i problemi insistendo con le cose che li avevano causati. L'Impero fu gradualmente trasformato in una dittatura militare dominata da un'élite preoccupata solo di mantenere la propria ricchezza e il proprio potere a spese di tutti gli altri. I riti religiosi divennero sempre più focalizzati sul sostegno allo stato.

Il cristianesimo nacque come risposta a queste tendenze totalitarie. Era un tentativo di proteggere i poveri e i diseredati dando loro la dignità che deriva dall'essere membri dell'ecclesia, la comunità dei fedeli. Questa era sicuramente un'idea altamente sovversiva. I cristiani sostenevano che l'imperatore non era un dio e che anche l'imperatore doveva sottomettersi a un'entità soprannaturale onnipotente: il Pantocrator, il creatore e il dominatore dell'universo, il solo e unico Dio.

In un certo senso, i cristiani stavano cercando di usare i libri sacri, la Bibbia e i Vangeli, per imporre ciò che oggi chiamiamo "costituzione" allo stato romano. Mentre Dio era teoricamente più potente degli imperatori, almeno non era pazzo, crudele o pervertito, come molti imperatori si rivelarono essere. Dio era buono per definizione e, più tardi, sarebbe stato caratterizzato nell'Islam come benevolo e misericordioso.

Contrastare l'eccessivo potere delle élite romane era un'idea necessaria, ma non facile da mettere in pratica. Contro la repressione della polizia imperiale, era necessario un Dio potente; un pantheon di molte divinità semplicemente non avrebbe funzionato. I filosofi stoici di quell'epoca avevano già giocherellato con il monoteismo, ma non avevano mai cercato di trasformarlo in un fenomeno di massa. Il cristianesimo, invece, fece esattamente questo. Fu un trionfo di ingegneria sociale realizzato da un solo uomo: Paolo (Saul) di Tarso.

Paolo era un ebreo e creò il cristianesimo come una sorta di "ebraismo light". Come molte religioni dell'epoca, l'ebraismo non era universale: era la religione del popolo d'Israele che aveva stretto un'alleanza con il suo Dio. Ma era una religione speciale nella sua affermazione che c'era un solo Dio e che tutti gli altri erano illusioni o spiriti maligni.

Il genio di Paolo fu quello di fare perno sui principi religiosi ebraici per promuovere il monoteismo come una forma di religione universale. Il cristianesimo poteva essere abbracciato da chiunque, indipendentemente dalla sua origine etnica. Paolo eliminò anche molti dei requisiti dell'ebraismo: I cristiani non avevano bisogno di passare attraverso la dolorosa e rischiosa cerimonia della circoncisione, né dovevano rispettare speciali regole alimentari.

Una volta creato, il cristianesimo divenne un potente strumento sociale. Non solo poteva opporsi all'eccessivo potere degli imperatori, ma i cristiani potevano creare servizi di governo a basso costo sfruttando la loro capacità di creare comunità sulla base di credenze condivise piuttosto che sull'applicazione della legge. Anche dopo il crollo dell'Impero, il cristianesimo mantenne un'organizzazione che rispecchiava lo stato scomparso: il Papa era l'equivalente dell'imperatore, i vescovi svolgevano il ruolo dei burocrati, il clero era l'esercito, e così via.

Il cristianesimo continuò a dominare l'Europa per tutto il Medioevo. Cominciò a perdere importanza con il Rinascimento, quando i governi europei scoprirono che era un ostacolo ai loro piani di espansione mondiale. La “cntroversia di Valladolid” vide gli stati europei e la Chiesa cristiana dibattere sullo status dei nativi americani. Gli Stati li volevano come schiavi, la Chiesa come cristiani devoti.

La Chiesa vinse il dibattito, ma fu una vittoria vuota. Iniziò un declino irreversibile del cristianesimo che continua ancora oggi, quando gli stati sembrano aver deciso di sostituirlo con lo scientismo - una nuova religione secolare che fa a meno di molti dettagli, incluso "Dio". È una lunga storia che deve essere raccontata in dettaglio, partendo dal capire cosa sia esattamente la "religione". >>

UGO BARDI
(segue)

venerdì 3 giugno 2022

Punti di vista - 25

ABISSO
Scrive Friedrich Nietzsche: “Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te”.
L’abisso descritto dal filosofo tedesco altro non è che la Realtà Oggettiva, privata di ogni interpretazione falsa e rassicurante.
Lo sviluppo della conoscenza è un cammino che alcuni di noi intraprendono con leggerezza ed incoscienza, affascinati dall’idea di sapere di più, di conoscere meglio la realtà in cui viviamo immersi.
Purtroppo questa realtà, depurata dalle narrazioni edulcorate e rassicuranti basate su bias cognitivi e cristallizzate nelle ideologie, si dimostra molto spesso insostenibile. E il rischio di perdersi nell’abisso diventa concreto.
MARCO PIERFRANCESCHI


IMPEGNI
Certe persone vivono come un trauma il trovarsi davanti ad un impegno più grande di loro e altre persone invece non se ne preoccupano affatto.
La differenza sia che nel primo caso le persone si identificano con quello che fanno e quindi non riuscire a fare una cosa, essere inadeguati, diventa una ferita.
Nel secondo caso invece il contesto del “fare” è un pretesto per le “relazioni” e il “successo” non si misura sulla quantità o la qualità delle cose fatte quanto sulla quantità e qualità delle relazioni intessute.
ANONIMO


DIRITTO NATURALE
L’ideale illuministico dei diritti dell’uomo è figlio di un’altra illusione: il “diritto naturale”.
Il diritto naturale ha una strana caratteristica: tutti credono di sapere che cos’è e tutti l’approvano, prima ancora di conoscerne il contenuto. Ed inoltre – ulteriore illusione – pensano che, se si adottasse, il Paese funzionerebbe benissimo.
In realtà, in primo luogo gli interrogati non sanno dire che cos’è; in secondo luogo, e soprattutto, non saprebbero esporne il contenuto.
Ugo Grozio, che del diritto naturale è stato il teorico [nel 1600 - NdL], si è limitato a tre o quattro norme. Ciò significa che un Paese in cui le uniche leggi fossero quelle “naturali” previste da Grozio sarebbe un Paese anarchico. Non si può governare un Paese stabilendo soltanto che è meglio non uccidere il prossimo e non molestare chi possiede qualcosa.
Il diritto naturale non esiste. Esiste soltanto il diritto positivo. Ed anzi non basta che le leggi siano scritte e promulgate: il diritto esiste quando esistono anche le strutture (forza pubblica e amministrazione giudiziaria) che lo applicano.
GIANNI PARDO


IMPARARE SUL WEB
Per coloro che hanno accesso alla tecnologia giusta, ci sono evidenze che imparare on-line possa essere più efficace in molti modi. Alcune ricerche mostrano che, in media, gli studenti conservano il 25-60% del materiale in più quando imparano online rispetto al solo l’8-10% in aula.
Ciò è dovuto principalmente al fatto che gli studenti sono in grado di imparare più velocemente on-line: l’e-learning richiede il 40-60% di tempo in meno per imparare, rispetto a una lezione tradizionale, perché gli studenti possono imparare al loro ritmo, tornare indietro e ri-leggere, saltando o accelerando attraverso i concetti che scelgono.
URIEL FANELLI


PARADOSSO MAORI
C’è un mio personale corollario al “paradosso di Jevons”, quello che ho definito “paradosso Maori”, la cui formulazione di base può essere questa:
“qualunque pratica messa in campo per stabilizzare l’economia e migliorare il benessere diffuso di una popolazione (ivi inclusa una riduzione pianificata dei consumi, o il controllo demografico) otterrà il solo risultato di rendere la società che la metta in pratica appetibile per il desiderio di conquista da parte di altre realtà meno benestanti”.
MARCO PIERFRANCESCHI


ESSERE DI SINISTRA
Viviamo in un contesto storico in cui “essere di sinistra” è divenuto sinonimo:
a) di linguaggio politicamente corretto;
b) di impegno a rincorrere tutti i bisogni, i desideri e le rivendicazioni di “riconoscimento” identitario da parte di individui e minoranze (spesso alimentati da un perverso intreccio fra tecnologia e mercato), a prescindere dalla loro compatibilità con gli interessi comunitari e il bene comune, o dai possibili danni collaterali a carico di altri soggetti (...);
c) di apologia della trasgressione nei confronti di ogni confine etico e simbolico, associata alla delegittimazione di ogni critica nei confronti di tale atteggiamento, automaticamente bollata come “transfobia”.
CARLO FORMENTI