giovedì 18 aprile 2024

Appunti di Geo-Politica - (3)

Nuove considerazioni, tratte dal web, sulla situazione politica internazionale, che appare sempre più complicata e conflittuale.
LUMEN



UN PAESE FINITO
L’Ucraina è un Paese finito, spacciato, senza più futuro. Il futuro dell’Ucraina sarà deciso da Putin. Sarà Putin a decidere quanto territorio rimarrà all’Ucraina, quale sarà il suo apparato bellico e quali saranno le sue alleanze militari future.
L’Ucraina ha perso la guerra. È senza soldati, senza soldi, senza munizioni, senza una difesa antiaerea degna di questo nome, senza aerei da guerra. L’Ucraina sta sempre peggio ogni nuovo giorno che Dio manda sulla Terra.
La sua situazione non migliorerà mai. Potrà soltanto peggiorare giacché per ogni proiettile della Nato che l'Ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l'Ucraina.
Dunque, mi chiedete perché l’Italia continui a inviare armi visto che la prosecuzione della guerra causerà perdite umane e territoriali sempre più grandi all’Ucraina. Ecco la risposta: perché l’Italia deve finanziare la campagna elettorale di Biden. Il vecchio Joe deve presentarsi al voto di novembre potendo dire che l’Ucraina combatte ancora, che resiste, che c’è ancora speranza. (…)
Ecco, se voi volete capire che cosa significhi prendere un popolo e mandarlo al massacro con un cinismo disumano, studiate la storia della guerra in Ucraina.
ALESSANDRO ORSINI


IL SISTEMA PUTIN
Perche' Putin 'proietta' delle elezioni inesistenti, mentre per esempio Kim Jong di Korea non lo fa, o non lo fa Xi in Cina?
La risposta e' che sia Xi che Kim sono i prodotti di sistemi, di sistemi di governo precisi, con ideologie ed economie, e sono l'espressione di sistemi organizzati con precisione per produrre lo Xi e il Kim della situazione. Putin invece non e' organico a nulla.
Se chiedessi che sistema ha prodotto Stalin, beh, indicheremmo il comunismo sovietico, sistema che aveva i propri metodi per eleggere il leader. Anche in URSS si votava , per quanto potendo votare solo delegati di altri partiti comunisti (agricoltori, operai, eccetera) il risultato sarebbe stato comunque un comunista sovietico.
Il vero problema di Putin e' che non ha dietro di se' un sistema davvero organizzato per produrre uno come lui. Semmai e' arrivato al potere, ma nulla dice che se domani gli venisse un infarto il sistema di potere eleggerebbe uno come Putin, o che si perpetuerebbe.
Il sistema politico di Putin poggia interamente sulle spalle di Putin. Cosa succederebbe alla sua morte, non lo sa nessuno, mentre sappiamo benissimo che se morisse Xi , si riunirebbe il Politburo, poi i delegati del plenum, eccetera eccetera eccetera. Il sistema resisterebbe e gli ingranaggi si muoverebbero come prevedibile.
URIEL FANELLI


BIDEN E TRUMP
Il mondo che lascerà Joe Biden al termine del suo mandato è una bomba a orologeria, un pianeta ulcerato ed esplosivo, a sud come a est, tra scenari di guerra e tensioni internazionali, dall’Ucraina alla Palestina, a tutto il Medio Oriente, alla Corea, alla Cina. E dall’Onu alla Corte dell’Aia.
L’odio verso l’Occidente è cresciuto nel mondo, i desideri di vendetta e di rivalsa covano in molti focolai e la pace mondiale è oggi come in pochissime altre fasi precedenti negli ultimi 80 anni messa davvero a rischio.
Il mondo che aveva lasciato Donald Trump nel 2020, pur assediato dalla pandemia, era meno compromesso, non c’erano conflitti e tensioni, guerre virali in corso, col rischio di propagarsi anche da noi. Trump lo spaccone, Trump lo sbruffone non aveva fatto guerre da nessuna parte, ed era riuscito pure a sedare alcune situazioni di pericolo, come quella con la Corea di Kim. Non c’erano rischi speciali, con l’Islam, la Russia e la Cina.
Ma la menzogna mediatica dell’Occidente fa passare Biden (col suo mondo dem) per un pacifista umanitario e Trump per un guerrafondaio pazzo. E ci dicono di temere il futuro in mano a Trump, che abbiamo già peraltro testato nel precedente mandato, quando dovremmo piuttosto temere il presente ancora in mano a Biden (o alla sua cerchia).
MARCELLO VENEZIANI


LA GUERRA DI ISRAELE
Israele non conduce questa guerra come un’operazione di conquista (infatti non intende né annettersi e neppure amministrare Gaza) o come una battaglia ideologica contro Hamas, con cui non ha mai discusso e mai discuterà.
Il suo intento è molto più semplice: uccidere la maggior parte dei sostenitori di Hamas e tutti i suoi capi. Quella di Gaza è una autentica, gigantesca retata di polizia.
Israele non combatte contro un’idea, ma contro un gruppo di uomini. Ed è decisa o ad ucciderli o a metterli in galera. (...)
Ecco perché l’attuale retata di polizia ha avuto ed ha successo: perché ha ucciso centinaia o forse migliaia di miliziani; ha distrutto le infrastrutture di Hamas, e quelle che non ha ancora distrutto conta di distruggerle; ha ucciso alcuni capi di Hamas, e quelli che non ha ancora ucciso ha promesso di ucciderli dovunque nel mondo, ora od anche nel lontano futuro.
GIANNI PARDO

sabato 13 aprile 2024

Il senso della vita (secondo Giametta)

Il Post di oggi è dedicato al filosofo italiano Sossio Giametta (recentemente scomparso) ed è stato scritto dall'amico Sergio Pastore, che ha avuto la fortuna di conoscerlo per via epistolare e ad avere con lui un lungo scambio di opinioni.
L'argomento - come dice il titolo - è di quelli che tengono banco da secoli nel pensiero umano, per cui l'interesse è assicurato.
LUMEN


<< Giametta? Chi era costui? E che strano nome aveva, Sossio (Sossio è un martire cristiano giustiziato sotto Diocleziano e venerato soprattutto nel Meridione, e Giametta è nato a Frattamaggiore (NA), ma ha passato quasi tutta la sua vita a Bruxelles dove è morto quest’anno all’età di novantaquattro anni).

Giametta è stato un filosofo, scrittore, saggista, traduttore e un ... signore: disponibile, generoso, simpatico – mi ha gratificato della sua attenzione pur essendo io una nullità al suo confronto. Giametta non era popolare come i nostri eroi moderni (cantanti, calciatori, tennisti ecc.), ma ben noto a “color che sanno”, cioè alle persone serie.

Era considerato – e si considerava lui stesso – il massimo conoscitore di Nietzsche. Ha collaborato all’edizione critica di Nietzsche di Colli/Montinari e ha poi tradotto e commentato “tutto Nietzsche”, un’impresa ciclopica che non so apprezzare non avendo provato mai grande interesse per questo filosofo di cui ho letto solo alcune pagine.

Benedetto Croce non stimava Nietzsche e sconsigliò l’editore Laterza di pubblicare un’opera su Nietzsche “perché era un filosofo di cui ben presto nessuno avrebbe più parlato”. Non so cosa pensasse Giametta di questo giudizio di Croce! Ma Giametta non era fissato unicamente su Nietzsche, lo era anche su Schopenhauer – di cui ha tradotto il capolavoro, “Il mondo come volontà e rappresentazione” – e Spinoza.

Non so più come conobbi Giametta, mi pare attraverso il suo grande amico, lo scrittore Raffaele La Capria. Ci siamo poi scambiati molte lettere durante un paio d’anni e anche dei libri. Giametta mi fece omaggio di “I pazzi di Dio” e “Madonna con bambina” (un’opera narrativa – Giametta provò anche questo genere). Io gli regalai i romanzi brevi di Plinio Martini (“Il fondo del sacco” e “Requiem per zia Domenica”), una biografia di Christiane Vulpius, la moglie di Goethe e alcuni titoli di Ortega y Gasset.

Per Goethe Giametta provava immensa ammirazione, era un autore fondamentale per lui benché non fosse un filosofo in senso stretto. Giametta osservò a ragione che io sembravo più portato per la letteratura che per la filosofia. In effetti le mie scarse conoscenze filosofiche sono quelle del liceo e di qualche storia della filosofia, non ho letto e studiato i grandi classici della filosofia (Platone, Kant, Hegel, Schopenhauer, Spinoza ecc.).

Ho però frequentato ahimè a lungo Emanuele Severino e Ortega y Gasset, docente di filosofia e filosofo nonché – o forse soprattutto – brillante saggista. Giametta non conosceva stranamente Ortega che ha poi letto su mia proposta e apprezzato, lo considerava però un moralista più che un filosofo.

Mentre Severino mi ha fatto dannare ho provato sempre piacere e diletto dalla lettura di Ortega perché Ortega è chiaro e comprensibile e scrive da ... Dio, come Giametta. Che belle cose la chiarezza e la semplicità, se poi vi aggiungiamo stile e grazia siamo quasi in paradiso.

Che fatica invece seguire Severino che Giametta non stimava come filosofo. La filosofia di Severino, riassumibile nell’ «eternità del tutto», era per lui ridicola. Anche Nietzsche favoleggiava di un “eterno ritorno”, ma non so se il ritorno nicciano e l’eternità di Severino siano la stessa cosa, mi pare che Severino non voleva essere confuso con Nietzsche. Qualche esperto mi può spiegare la differenza?

​Trascrivo ora un bel passaggio di una lettera di Sossio Giametta in cui risponde alle mie domande, alle mie difficoltà esistenziali (Bruxelles, 28-12-2010).

« Ma affronterò, prenderò di petto il problema che La angustia, che ci angustia: il senso della vita. Ebbene la vita non ha altro senso all’infuori di sé stessa. Il mondo, l’universo, non ha nessun senso.

Ma la vita umana ne ha fin troppo, perché fin troppi sono i problemi che ogni giorno bisogna affrontare. Dunque finché siamo dentro la vita e magari dentro i suoi problemi, la questione non si pone.

Ma a noi capita di essere anche, talvolta, al di fuori della vita e dei problemi della vita. Magari perché la nostra Spannkraft [forza, tensione] si è esaurita e ricadiamo su noi stessi, sul già divenuto. Vorremmo allora trovare lo stesso il senso. Ma non lo troviamo. Viviamo, allora, a vuoto. Bisogna cercare un rapporto cordiale con la vita, diceva, ammoniva Valentino Bompiani.

Il che significa che bisogna badare bene a non farsela nemica. Se si è sani, prima o poi si rientra nella dialettica vitale. Se non si è sani, la piaga incancrenisce. Ma magari abbiamo appunto tagliato il tronco su cui siedevamo. La gioia del pero è di fiorire a primavera e di produrre abbondanza di pere anno dopo anno, per molti anni, finché l’albero si rinsecchisce e muore.

Così è fondamentalmente anche l’uomo, ma non del tutto. Ha anche la riflessione, che è vita ma non è la vita. Chi entra nella riflessione esce dalla vita. Se il pero, uscendo dal processo naturale, si domandasse qual è il senso dell’albero, dei fiori, dei frutti e dell’intero processo, non troverebbe risposta. E si rattristerebbe come l’uomo che riflette fuori del processo vitale.

La “produzione” dell’uomo può però continuare nella grandezza, per esempio la conoscenza, che può essere amara, ma dare lo stesso la voluttà. Legga Schopenhauer, non Safranski. Questi non è un grande interprete. Io ho letto i suoi libri su Schopenhauer, su Nietzsche e su Heidegger. Tempo non sprecato, ma che poteva essere impiegato meglio. Invece “Il mondo come volontà e rappresentazione” è il grande romanzo tragico dell’umanità, il più bel libro di filosofia.

Tuttavia la visione di Nietzsche è più disinteressata, più nobile di quella del suo maestro Schopenhauer. Bisogna amare la vita come si ama la madre, senza giudicare. Non bisogna incarognirsi nell’egoismo, che confina col titanismo, che si rovescia nel pessimismo. Non bisogna essere legati a noi stessi.

Bisogna sciogliersi, lievitare, galleggiare, partecipare con spirito libero alla grande avventura, da quando compariamo fino a quando scompariamo. È giustizia solo se rispettiamo e amiamo la vita nella sua caducità, ossia così com’è. Perché essa soltanto, così com’è, porta il frutto che ci nutre e ci sazia.

Per il resto ci sono due cose da considerare. La prima è che “alle guten muthwilligen Dinge springen vor Lust in’s Dasein” (Zarathustra – “tulle le cose buone nascono per il piacere di nascere”), anche se poi, per la sua stessa illimitata creatività, la natura non ha spazio per tutti e tutti finiscono per cozzare tra loro come pentole sulla corrente di un fiume (Goethe).

La seconda è che noi, come la nostra specie stessa e tutte le altre specie, non nasciamo per nostra volontà ma per necessità naturale, non avanziamo ma siamo spinti da dietro (Schopenhauer) e non siamo fini a noi stessi ma strumenti della natura, anelli della concatenazione vitale e causale.

Dunque un certo pessimismo è ineliminabile, salvo a credere in Dio padre amorevole e provvidente, come credono, con accanimento, due miei amici italiani di Bruxelles, cattolici di vecchio e duro stampo. Beati loro!

Le civiltà sono in piccolo (in piccolo!) come le specie. Durano magari duemila anni. Ma dopo essere nate ed essersi sviluppate, decadono e tramontano. Per la legge di autosuperamento di tutte le cose della vita, specie quelle grandi. “Was ich auch schaffe und wie ich’s auch liebe, - bald muss ich Gegner ihm sein und meiner Liebe“ (Zarathustra: „Cosa creo e cosa amo – presto devo esserne avversario“). »

Che lezione! Caro Giametta! >>

SERGIO PASTORE

sabato 6 aprile 2024

Pensierini – LXIX

OTTO PER MILLE
In Italia, com'è noto, la Chiesa Cattolica, oltre a molte altre provvidenze pubbliche, riceve la quota dell' 8 per mille sul gettito IRPEF.
I sottoscrittori della Chiesa Cattolica, a quanto pare (e nonostante i bellissimi spot che vengono trasmessi nel periodo adatto) risultano in calo, ma resta pur sempre una gran bella somma.
Purtroppo, l'8 per mille è legato ad un trattato con il Vaticano e non può essere facilmente revocato.
Però qualcosa si potrebbe fare per ridurre l'inutile regalia: basterebbe accorpare l'8 per mille al 5 per mille, e consentire ai contribuenti di scegliere liberamente tra tutte le associazioni possibili (e non solo tra le religioni e lo Stato).
Credo che se ne vedrebbero delle belle. Ma temo che non lo faranno mai.
LUMEN


MESCOLANZA GENETICA
Una volta riconosciuta l'esistenza delle razze umane (che è una questione strettamente biologica e non ha nulla a che fare col 'suprematismo' politico), trovo del tutto ridicola la pretesa delle ideologie razziste più estreme di mantenerle separate.
Io credo infatti che la mescolanza genetica delle razze, cioè i figli delle coppie miste, siano una delle cose più belle, socialmente più utili e geneticamente più opportune che si possano vedere sulla faccia della Terra.
Con buona pace dei razzisti più ignoranti.
LUMEN


RELIGIONE  INDISPENSABILE
Perchè, nei gruppi umani organizzati, la religione rappresenta da sempre un elemento insostituibile ?
Perché fornisce alla società due cose fondamentali, di cui essa ha assolutamente bisogno: al popolo le illusioni necessarie per accettare una vita scomoda e faticosa (fede nel soprannaturale, giustizia teorica, senso di superiorità), ed alle elites il sistema di controllo più efficace.
Per questo, la religione non potrà mai essere sostituita da una ideologia laica di tipo razionalista, se non per brevissimi periodi e con esiti disastrosi,
Mentre la storia si limiterà a sostituire i culti declinanti con altri nuovi.
LUMEN


TERRA PIATTA
Tra i mille argomenti che si possono utilizzare contro i sostenitori della 'Terra Piatta' ne ho letto uno che, nella sua semplicità scientifica, taglia proprio la testa al toro.
Il fatto è che la forza di gravità, che regna sovrana nell'universo, non consente a nessun oggetto dello spazio cosmico di avere una forma diversa da quella sferica.
Tanto è vero che, quando, in caso di collisione, si formano dei 'pezzi' irregolari, gli stessi ridiventano ben presto sferici.
Pertanto, quand'anche la Terra fosse stata piatta in un lontano passato, oggi non potrebbe più esserlo, perchè la forza di attrazione del suo centro di gravità l'avrebbe inevitabilmente trasformato in una sfera.
Et de hoc satis.
LUMEN


NEL SEGNO DEL TORO
Io, ovviamente, non credo nell'astrologia. Ma se ci credessi, ricadrei sotto il segno zodiacale del Toro. Al quale una rivista femminile (non ricordo quale) aveva dedicato questo simpatico ritratto:
<< Ci sono giorni in cui la donna ha bisogno di un puntello: di tornare alla tradizione, alla sicurezza e alla quiete domestica. (…)
E chi allora può fornirti la mite e laboriosa pace bovina cui il tuo cuore femminile, almeno al momento, anela ? Naturalmente il Toro.
Se hai le orecchie esauste dalle chiacchiere, l’animo incrinato da avvenimenti squassanti e il resto frantumato da una sessualità frenetica, il Toro è un vero cataplasma.
Con quella sua calma imperturbabile, quel suo ruminare silente, costituisce nella tua vita una presenza flemmatica e rassicurante.
L’ideale per una giornata senza imprevisti, da trascorrere in pantofole davanti a una tavola imbandita, nelle immediate vicinanze del letto. (...)
Un buon Toro è un solido armadio ove riporre le tue sostanze, al quale appoggiarti se vacilli, su cui puoi contare perché, appunto come un armadio, dove lo lasci lo ritrovi.
Non è di quelli che escono a prendere le sigarette e poi devi rivolgerti a “Chi l’ha visto?”. Pigro com’è, piuttosto che andare dal tabaccaio smette di fumare. >>
Si tratta sicuramente di una coincidenza, ma mi calza alla perfezione.
LUMEN


sabato 30 marzo 2024

Alla ricerca dell'Equilibrio Ecologico

Questo post è dedicato agli ultimi aggiornamenti della c.d. Impronta Ecologica, che - nonostante i suoi limiti -  rappresenta, ancora oggi, lo strumento statistico migliore di cui disponiamo per calcolare la sostenibilità di una popolazione in rapporto al suo territorio.
Il calcolo ci fornisce un quadro sempre più preoccupante della situazione del nostro pianeta, ma ci indica anche la strada che dovremmo seguire per rimettere le cose in equilibrio.
Il testo, scritto da Denis Garnier, è tratto dal sito americano The Overpopulation Project (traduzione automatica di Google).
LUMEN



<< Per valutare la popolazione [sostenibile] si possono utilizzare diversi metodi di calcolo, o anche combinarli. In questo articolo ci limiteremo a un unico elemento analitico, l’impronta ecologica, che ha il vantaggio di sintetizzare molti impatti ecologici causati dalle attività umane.

Il concetto di impronta è stato avviato e perfezionato dal Global Footprint Network (GFN) ed è ora l’indicatore di sostenibilità generale più utilizzato nella comunità ambientale e ben oltre, poiché alcuni paesi lo hanno incorporato nei loro conti nazionali.

Secondo la definizione GFN, l’impronta ecologica misura la superficie di terreno necessaria per produrre le risorse consumate da una popolazione e per assorbire i rifiuti che genera. Questa superficie è espressa in ettari globali, cioè in ettari corrispondenti ad una media mondiale. Per semplicità parleremo in ettari [ha].

Un dettaglio importante è che l'impronta ecologica di un Paese considera solo ciò che in esso viene “consumato”. Include l’impronta dei prodotti importati e sottrae l’impronta di quelli esportati.

Attualmente, a livello globale, l’impronta media pro capite è di 2,8 ettari/pro capite (impronta globale delle attività umane divisa per la popolazione mondiale). Il problema è che abbiamo solo 1,6 ettari/abitante, che corrisponde a ciò che il pianeta produce in modo rinnovabile ogni anno, e che si chiama biocapacità individuale media.

La domanda che sorge subito è: come è possibile avere un'impronta (2,8 ha) maggiore della biocapacità della Terra (1,6 ha), cioè consumare più di quanto si produce? Ebbene, stiamo semplicemente attingendo al capitale della Terra: ad esempio, emettiamo più CO2 di quanta gli oceani e le foreste possano assorbire, stiamo svuotando gli oceani dei loro pesci e stiamo sterilizzando i terreni coltivabili cementificandoli. L'umanità [quindi] “usa” 1,8 pianeti. (…) [2,8 / 1,6 = 1,8].

Allo stesso modo, il GFN calcola ciò che ciascun paese “utilizza” come risorse mettendo in relazione non l'impronta del paese con la propria biocapacità, ma l'impronta del paese con la biocapacità del pianeta. Questo confronta il consumo di ciascun paese con ciò che sarebbe sostenibile a livello globale.

Tuttavia, è anche interessante esplorare quanto sia autosufficiente un paese, in termini di se la sua stessa biocapacità è sufficiente a soddisfare gli attuali modelli di consumo della sua attuale popolazione.

Ciò dimostra quanto siano dipendenti dalle risorse importate da altrove, il che è una misura della sovrappopolazione. Se confrontiamo il loro consumo con la biocapacità media planetaria, sostituire le (inevitabilmente) basse biocapacità individuali dei paesi sovrappopolati con le biocapacità (generalmente più elevate) della Terra dà a questi paesi un falso vantaggio.

Il Bangladesh (con un'impronta di 0,9 ettari e una biocapacità di 0,4 ettari) è un esempio calzante, fungendo da eccellente caso di studio poiché il calcolo GFN [0,9 / 1,6 = 0,6] significa che se tutti nel mondo vivessero come le persone in Bangladesh , utilizzerebbero poco più della metà del pianeta. Tuttavia, il Bangladesh utilizza più del doppio delle proprie risorse [0,9 / 0,4 = 2,3], 'prelevando' ciò che gli manca dal resto del pianeta. (...)

La biocapacità complessiva del pianeta aumenta leggermente di anno in anno, come risultato dei miglioramenti della produttività, soprattutto nel settore agricolo. Tuttavia, poiché la popolazione mondiale e la ricchezza pro capite continuano a crescere a un ritmo più rapido, la biocapacità individuale della Terra sta inesorabilmente diminuendo. (...)

Sulla base di questi dati possiamo stimare che la capacità di carico della Terra per gli esseri umani sia compresa tra 3 e 5 miliardi. Molti scenari possono comunque essere modellati sulla base del database GFN. (...)

Sarebbe nell’interesse di ogni Paese e in linea con la giustizia distributiva internazionale allinearsi alla propria biocapacità riducendo la propria impronta individuale media e/o la propria popolazione.

Se la comunità internazionale raccomandasse una popolazione sostenibile in una conferenza delle Nazioni Unite, con l’attuazione liberamente acconsentita da ciascuno stato, ci vorrebbe un tempo relativamente lungo per essere raggiunta.

Le persone quasi ovunque (compresi i paesi a bassa fertilità, ma sovrappopolati) dovrebbero essere persuase che le famiglie più piccole massimizzano le prospettive future per sé e per i propri figli.

I leader nazionali dovrebbero essere convinti che il declino della popolazione presenta più vantaggi che svantaggi: che vale la pena pagare un po’ più di entrate nazionali per le pensioni e l’assistenza agli anziani, per evitare la scarsità di risorse, eventi meteorologici estremi causati dal cambiamento climatico e l’instabilità politica. e la guerra che gli estremi di privazione tendono a innescare.

Potremmo supporre che per riportare la popolazione globale a un livello sostenibile ci vorranno un paio di secoli. Nel frattempo, non solo il mondo ricco deve iniziare a ridurre il suo elevato consumo pro capite, ma dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per proteggere gli ecosistemi produttivi che rimangono e utilizzare in modo più saggio sia le risorse rinnovabili che quelle non rinnovabili.

Inoltre, il ripristino degli habitat naturali e della popolazione delle specie richiede più risorse o addirittura meno persone rispetto a quanto calcolato sopra, poiché l’impronta ecologica non tiene conto specificamente della biodiversità. >>

DENIS GARNIER

domenica 24 marzo 2024

Punti di vista - 36

NEGAZIONISTI CLIMATICI
In quasi due decenni non sono riuscito ancora a capire gli scettici, negazionisti (…) del cambiamento-riscaldamento climatico e, in generale, della crisi ecologica di Homo sapiens.
A parte l'ovvia constatazione che questa crisi mette di fatto in discussione l'attuale assetto socio-economico (consumismo e crescita) ed ecologico (invasività umana) globale, e quindi suscita le paure di tutti, conservatori e progressisti.
Secondo me non c'è nulla di male ad avere un po' di paura. Per evitare di agire sotto il solo effetto della paura si deve studiare però, non si può affidare le proprie decisioni a chi dice ciò che ci piace di più.
Mentre questo sembra proprio il criterio con cui la maggior parte delle persone si affida nel considerare i temi ambientali, energetici e socio-economici. Questo non mi piace, quindi deve essere sbagliato (e qualcuno che lo afferma lo trovi di sicuro). Questo mi piace, quindi deve essere vero (come sopra).
LUCA PARDI


CULTURA CINESE
La Cina classica (...) è stata caratterizzata da una visione del mondo molto diversa da quella occidentale.
La filosofia greca, cioè la radice stessa del pensiero occidentale, comincia confondendo metafisica e scienza. In altri termini, cercando la spiegazione del mondo.
In Cina invece sin dal primo momento non si hanno né eccessive curiosità per spiegare il mondo – e infatti la scienza fa ben pochi progressi, per millenni – né eccessive curiosità per le grandi domande: c’è un Dio? Qual è il destino degli uomini? Gli uomini hanno un’anima? E via dicendo.
Il grande problema della Cina non è né scientifico né economico, è etico: l’ideale non è la verità, la vittoria, la salvazione, ma – molto più semplicemente – la saggezza. Il saggio deve essere moderato, tollerante, sorridente, sensibile alla bellezza della natura e dell’arte. (...)
Il grande ideale della Cina è l’arte del vivere. Con questa ricetta si può certo vivere felici, ma si rischia di essere dominati da chi la polvere da sparo (inventata dai cinesi) non la usa per i fuochi d’artificio ma per gli archibugi e i cannoni.
GIANNI PARDO


LE NUOVE ENCLAVES
La disomogeneità della crescita nelle diverse aree (e popolazioni) planetarie genera la creazione di spostamenti di massa, migrazioni, formazione di 'enclaves' all'interno delle megalopoli.
Enclaves che tendono a preservare le specificità etniche e culturali e che vanno tanto più strutturandosi, quanto più si assiste alla scomparsa delle Nazioni, intese come territorio di pertinenza di certe etnie e culture delimitato da confini tradizionali. (...)
Le enclaves determinano convivenze di culture ed etnie diverse sullo stesso territorio, aumentando i rischi di conflitti all'interno delle megalopoli. Le diversità culturali persistono e a volte si rafforzano per la convivenza stretta ed esplodono in determinate contingenze storiche, come si può vedere ad esempio nella società nord americana.
AGOBIT


TRA FASCISMO E LENINISMO
L’Italia fascista fu tra i primi paesi europei a riconoscere l’Unione Sovietica.
Poco prima, Mussolini e Lenin si erano contesi l’eredità e le spoglie del filosofo rivoluzionario Georges Sorel, morto in Francia nel 1922. Entrambi esuli rivoluzionari in Svizzera, si racconta che Lenin e Mussolini si siano incrociati a una lezione di Vilfredo Pareto a Losanna. (…)
I comunisti italiani si riconobbero tutti nel solco di Lenin, in testa Gramsci, e al fascismo rimproverarono piuttosto di essere un totalitarismo incompiuto perché si era compromesso con il capitale, la monarchia e la chiesa. (…)
Gramsci paragonò il falso capo Mussolini al vero duce Lenin, con la sua benefica dittatura del proletariato e dei soviet, che definì cesarismo progressivo.
MARCELLO VENEZIANI


RISPETTARE LE NORME
Nella nostra cultura tipicamente si stabilisce una norma, si definiscono le pene per chi non la rispetti, e poi si sta a guardare cosa succede. I ‘buoni’ rispettano la regola, i ‘cattivi’ la infrangono.
Se i ‘cattivi’ sono in abbondanza, o si ingenerano proteste, un successivo governo o un’autorità di livello superiore potrà ammorbidire o abrogare la norma.
Non c’è l’idea che le decisioni collettive debbano riguardare il benessere della società, e che per questo motivo sia necessario che la collettività le adotti compattamente.
Resta questa idea condivisa di ‘libertà individuale’ per cui se la legge non ti piace la infrangi, e se vogliono punirti ti devono prima cogliere sul fatto. 
E che l’autorità disponga [certo] di mezzi e strumenti per contrastare l’evasione delle norme, ma se questi mezzi non sono sufficienti o adeguati, pazienza, vuol dire che la norma non si riesce a far rispettare.
È talmente normale ed accettato che se sei ‘bravo’ la norma la evadi, che chi ci riesce è visto con ammirazione.
MARCO PIERFRANCESCHI

domenica 17 marzo 2024

Leopardi e la Natura

Come tutti sanno, Giacomo Leopardi era un pessimista ed incolpava 'madre natura' del dolore e delle sofferenze che la vita causava agli uomini.
La sua abilità poetica, però, era talmente grande che anche quando esprimeva questi concetti lo faceva con una leggerezza ed una scorrevolezza tali, da acquistare una certa dolcezza.
Per questo, ho provato a fare un piccolo florilegio di alcuni passi sull'argomento NATURA, in modo da lasciare a voi ogni migliore valutazione.
LUMEN



Da: SOPRA UN BASSO RILIEVO ANTICO SEPOLCRALE

Madre temuta e pianta
dal nascer giá dell’animal famiglia,
NATURA, illaudabil maraviglia,
che per uccider partorisci e nutri,
se danno è del mortale
immaturo perir, come il consenti
in quei capi innocenti?
Se [è] ben, perché funesta,
perché sovra ogni male
a chi si parte, a chi rimane in vita,
inconsolabil fai tal dipartita?
(…)
Come, ahi, come, o NATURA, il cor ti soffre
di strappar dalle braccia
all’amico l’amico,
al fratello il fratello,
la prole al genitore,
all’amante l’amore: e, l’uno estinto,
l’altro in vita serbar? Come potesti
far necessario in noi
tanto dolor, che sopravviva amando
al mortale il mortal? Ma da NATURA
altro negli atti suoi
che nostro male o nostro ben si cura.


Da: IL TRAMONTO DELLA LUNA

Tal si dilegua, e tale
lascia l’età mortale
la giovinezza. In fuga
van l’ombre e le sembianze
dei dilettosi inganni; e vengon meno
le lontane speranze,
ove s’appoggia la mortal NATURA.
Abbandonata, oscura
resta la vita. In lei porgendo il guardo,
cerca il confuso viatore invano
del cammin lungo che avanzar si sente
meta o ragione; e vede
che a se l’umana sede,
esso a lei, veramente è fatto estrano.


Da LA GINESTRA

Ma dá la colpa a quella
che veramente è rea, che de’ mortali
madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica;
(...)
Cosí, dell’uomo ignara e dell’etadi
ch’ei chiama antiche, e del seguir che fanno
dopo gli avi i nepoti,
sta NATURA ognor verde, anzi procede
per sí lungo cammino
che sembra star.


Da LE RICORDANZE

Chi rimembrar vi può senza sospiri,
o primo entrar di giovinezza, o giorni
vezzosi, inenarrabili, allor quando
al rapito mortal primieramente
sorridon le donzelle; a gara intorno
ogni cosa sorride; invidia tace,
non desta ancora ovver benigna; e quasi
(inusitata maraviglia!) il mondo
la destra soccorrevole gli porge,
scusa gli errori suoi, festeggia il novo
suo venir nella vita, ed inchinando
mostra che per signor l’accolga e chiami?
Fugaci giorni! a somigliar d’un lampo
son dileguati.


da CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE PER L'ASIA

Nasce l’uomo a fatica,
ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
per prima cosa; e in sul principio stesso
la madre e il genitore
il prende a consolar dell’esser nato.
Poi che crescendo viene,
l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
con atti e con parole
studiasi fargli core,
e consolarlo dell’umano stato:
altro ufficio piú grato
non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
perché reggere in vita
chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
perché da noi si dura?


Da: IL TRAMONTO DELLA LUNA

Troppo felice e lieta
nostra misera sorte
parve lassù, se il giovanile stato,
dove ogni ben di mille pene è frutto,
durasse tutto della vita il corso.
Troppo mite decreto
quel che sentenzia ogni animale a morte,
s'anco mezza la via
lor non si desse in pria
della terribil morte assai più dura.
D'intelletti immortali
degno trovato, estremo
di tutti i mali, ritrovàr gli eterni
la vecchiezza, ove fosse
incolume il desio, la speme estinta,
secche le fonti del piacer, le pene
maggiori sempre, e non più dato il bene.


Da: LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA

O NATURA cortese,
son questi i doni tuoi,
questi i diletti sono
che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
è diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
che per mostro e miracolo talvolta
nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
prole cara agli eterni! Assai felice
se respirar ti lice
d’alcun dolor: beata
se te d’ogni dolor morte risana.


Da: A SILVIA

Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O NATURA, o natura,
perchè non rendi poi
quel che prometti allor? Perchè di tanto
inganni i figli tuoi?