(Completiamo
qui di seguito il testo di Joseph Tainter sui problemi delle società complesse.
La traduzione è sempre di Carpanix, per Oil Crash Italia).
(seconda parte)
<< Un risultato della
diminuzione dei profitti dovuta alla complessità viene illustrato dal collasso
dell’Impero Romano d’Occidente.
Come società basata
sull’energia solare dall’elevata tassazione, l’Impero aveva
poche riserve fiscali. Quando si trovarono di fronte alle crisi militari, gli
imperatori romani dovettero spesso reagire svalutando la moneta d’argento
e cercando di trovare nuovi fondi.
Nel terzo secolo d.C. le
continue crisi costrinsero gli imperatori a raddoppiare le dimensioni
dell’esercito e ad incrementare tanto le dimensioni quanto la complessità
degli apparati di governo.
Per pagare tutto questo,
vennero prodotte grandi quantità di moneta priva di valore, i prodotti furono
requisiti ai contadini e il livello di tassazione venne reso ancor più
oppressivo (fino a due terzi del raccolto netto).
L’inflazione devastò
l’economia. I territori e la popolazione furono censiti e tassati in
tutto l’impero. Le comunità erano ritenute responsabili nel loro
complesso per ogni eventuale evasione fiscale.
Mentre i contadini
diventavano sempre più affamati o vendevano i propri figli come schiavi, si
costruivano massicce fortificazioni, le dimensioni dell’apparato
burocratico raddoppiavano, l’amministrazione provinciale veniva resa più
complessa, si pagavano forti sussidi in oro alle tribù germaniche e si fondavano
nuove città e corti imperiali.
Con il crescere delle tasse,
le terre marginali vennero abbandonate e la popolazione calò. I contadini non
erano più in grado di mantenere famiglie numerose.
Per evitare gli obblighi
civili oppressivi, i ricchi fuggirono dalle città per fondare proprietà rurali
autosufficienti. Alla fine, per sfuggire alla tassazione, i contadini
accettarono volontariamente un rapporto feudale con questi proprietari
terrieri. Poche famiglie ricche finirono per possedere gran parte della terra
nell’Impero d’Occidente, e furono in grado di sfidare il governo
imperiale.
L’Impero si ritrovò a
doversi mantenere consumando le proprie risorse di capitali: i terreni
produttivi e la popolazione contadina
L’Impero Romano
fornisce il più documentato esempio della storia di come aumentare la
complessità per risolvere i problemi porta a maggiori costi, minori profitti,
disaffezione della popolazione produttiva, debolezza economica e collasso. Alla
fine, l’Impero Romano non sarebbe più stato in grado di risolvere i
problemi derivanti dalla sua stessa esistenza.
Ma il destino
dell’Impero Romano non è il destino inevitabile delle società complesse. È
utile discutere un caso storico che è finito diversamente. (…)
Nell’Inghilterra tardo
medievale e post-medievale, la crescita della popolazione e la deforestazione
stimolarono lo sviluppo economico e furono almeno parzialmente responsabili
della Rivoluzione Industriale.
Grandi aumenti della
popolazione, verso il 1300, il 1600 e sul finire del XVIII secolo, condussero a
una intensificazione dell’agricoltura e dell’industria. Man mano
che le foreste venivano tagliate per fornire terreno agricolo e combustibili
per una popolazione sempre più numerosa, le esigenze di riscaldamento, cottura
e fabbricazione dell’Inghilterra non poterono più essere soddisfatte
bruciando legna.
Il carbone divenne sempre
più importante, sebbene venisse adottato con riluttanza. Rispetto alla legna,
il carbone era più costoso da ricavare e da distribuire, e meno diffuso. Richiedeva
un nuovo, costoso sistema di distribuzione.
Quando il carbone divenne
importante per l’economia, i depositi più accessibili furono esauriti. Si
dovettero mandare i minatori sempre più in profondità, fino al punto in cui
l’acqua sotterranea divenne un problema. Alla fine, venne sviluppato e
usato il motore a vapore per pompare l’acqua fuori dalle miniere.
Con lo sviluppo
dell’economia basata sul carbone, divennero disponibili un sistema di
distribuzione e il motore a vapore, due degli elementi tecnici più importanti
della Rivoluzione Industriale.
L’industrializzazione,
quel grande generatore di benessere economico, proveniva in parte dai passi
messi in atto per contrastare le conseguenze dell’impoverimento delle
risorse, presumibilmente una causa di povertà e collasso.
Eppure si trattava di un
sistema di incremento della complessità che non avrebbe richiesto molto per
mostrare ritorni in calo in alcuni settori. (…)
La scienza attuale
costituisce il più grande esercizio di soluzione dei problemi mai messo in atto
dall’Umanità. La scienza è un aspetto istituzionale della società, e la
ricerca è un’attività che ci piace pensare porti a grandi ritorni.
Eppure, come le conoscenze
generali vengono determinate presto nella storia di una disciplina, così il
lavoro che resta da fare è via via sempre più specializzato.
Questi tipi di problemi
tendono a essere sempre più costosi e difficili da risolvere e, in media, la
conoscenza avanza solo a piccoli passi. Aumentare gli investimenti nella
ricerca comporta ritorni marginali e in calo. (…)
Man mano che le domande più
semplici trovano una risposta, la scienza si rivolge inevitabilmente verso aree
di ricerca più complesse e verso organizzazioni più grandi e costose (…) Gli scienziati raramente
pensano al rapporto tra costi e benefici per quanto riguarda gli investimenti
nelle loro ricerche.
Eppure, se ci occupiamo in
un qualche modo della produttività del nostro investimento nella scienza, ad
esempio prendendo in considerazione i nuovi brevetti, la produttività di alcuni
tipi di ricerca mostra un declino. (…)
Nelle scienze naturali,
siamo coinvolti in una corsa agli armamenti tecnologica: ad ogni vittoria sulla
natura, la difficoltà di compiere il passo successivo aumenta.
La produttività in declino
della medicina è dovuta al fatto che i rimedi meno costosi per le malattie sono
stati raggiunti per primi (…), così che trovare quelli che rimangono è
più difficile e costoso. (…)
Questa discussione storica
fornisce una prospettiva su ciò che significa essere concreti e sostenibili. (…)
In nessun caso risulta
evidente, né solo probabile, che una società sia collassata poiché i suoi
membri o dirigenti non hanno preso provvedimenti concreti per risolverne i
problemi.
L’esperienza
dell’Impero Romano è, ancora una volta, istruttiva. La maggior parte dei
provvedimenti che il governo Romano prese per reagire alle crisi – quali
svalutare la moneta, innalzare le tasse, ampliare l’esercito e coscrivere
il lavoro – furono soluzioni pratiche per problemi immediati.
Sarebbe stato impensabile
non adottare tali misure. Nell’insieme, però, questi provvedimenti
pratici resero l’impero sempre più debole, man mano che le riserve di
capitale (i terreni agricoli e i contadini) venivano impoverite per mezzo della
tassazione e della coscrizione.
Con l’andar del tempo,
l’escogitare soluzioni pratiche portò l’Impero Romano a ritorni
sempre minori e, alla fine, negativi, nei confronti della complessità.
L’implicazione è che
incentrare un sistema di risoluzione dei problemi, quale l’economia ecologica,
su applicazioni pratiche, non ne accresce automaticamente valore per la
società, né incrementa la sostenibilità. (…)
La maggior parte di coloro
che studiano i problemi contemporanei sarebbero certamente d’accordo sul
fatto che risolvere problemi ambientali ed economici richiede tanto conoscenze
quanto formazione.
Una parte importante della
nostra risposta ai problemi attuali è consistita nell’accrescere il
nostro livello di ricerca nelle materie ambientali, compreso il cambiamento
globale. Col crescere della nostra conoscenza e con l’emergere di
soluzioni pratiche, i governi implementeranno quelle soluzioni e le burocrazie
le faranno rispettare. Saranno sviluppate nuove tecnologie.
Ognuno di questi
provvedimenti sembrerà costituire una soluzione pratica per un qualche problema
specifico.
Eppure, nell’insieme,
questi provvedimenti pratici porteranno probabilmente ad un incremento della
complessità, a maggiori costi, e a una minore risposta ai tentativi di
risoluzione dei problemi. (…)
Anche la regolazione
burocratica in sé genera ulteriore complessità e ulteriori costi. Quando
vengono imposte delle regole e imposte delle tasse, coloro che vengono
regolamentati o tassati vanno in cerca di scappatoie, mentre i legislatori si
sforzano di impedirlo.
Si sviluppa così una spirale
di scoperta di scappatoie e di eliminazione delle stesse che porta ad una
continua crescita della complessità (…)
Non è che la ricerca, la
formazione, la regolamentazione e le nuove tecnologie non possano
potenzialmente alleviare i nostri problemi. Con investimenti sufficienti,
probabilmente ne sono in grado.
La difficoltà consiste nel
fatto che questi investimenti sono costosi, e richiedono una parte sempre
crescente del prodotto nazionale lordo di ogni Stato. Con ritorni sempre minori
derivanti dalle strategie di risoluzione dei problemi, affrontare la questione
ambientale in modo convenzionale significa che sempre maggiori risorse dovranno
essere destinate alla scienza, all’ingegneria e al governo.
In assenza di una forte crescita
economica questo richiederebbe un declino almeno un temporaneo degli standard
di vita, poiché alla gente rimarrebbe meno da spendere per il cibo, per la
casa, per l’abbigliamento, per le cure mediche, per i trasporti e per i
divertimenti. (…)
Il fatto che i sistemi di
risoluzione dei problemi sembrino evolversi verso una maggiore complessità,
verso costi più elevati e verso profitti minori ha implicazioni significative
per quanto riguarda la sostenibilità.
Nel tempo, i sistemi che si
sviluppano in questa direzione o vengono privati di ulteriori finanziamenti,
falliscono nel risolvere i problemi e collassano, o finiscono per richiedere
grandi sussidi energetici.
Questo è stato il percorso
storico in casi quali quello dell’Impero Romano, dei Maya, (…)
delle guerre nell’Europa del Medioevo e del Rinascimento, e di alcuni
aspetti della risoluzione dei problemi contemporanea (…)
Questi percorsi storici
suggeriscono che una delle caratteristiche di una società sostenibile è
l’avere un sistema sostenibile di risoluzione dei problemi — uno
caratterizzato da profitti crescenti o stabili, o da profitti in calo che
possano essere finanziati per mezzo di sussidi energetici affidabili dal punto
di vista della reperibilità, del costo e della qualità.
L’industrializzazione
illustra questo punto. Essa ha generato da sé i propri problemi di complessità
e di costi. Questi comprendono ferrovie e canali per distribuire il carbone e i
prodotti finiti, lo sviluppo di un’economia sempre più basata sui soldi e
sul salario, e lo sviluppo di nuove tecnologie.
Mentre solitamente si pensa
che tali elementi di complessità facilitino la crescita economica, nei fatti
ciò risulta possibile solo quando viene loro fornita energia
dall’esterno. Alcune delle nuove tecnologie, quale quella del motore a
vapore, diedero segno relativamente presto del fatto che l’innovazione
nel loro sviluppo portava benefici sempre minori.
Ciò che ha differenziato
l’industrializzazione dalla storia precedente della nostra specie è stato
il suo basarsi su un’energia abbondante, concentrata e di alta qualità: i
combustibili fossili. (…)
Quando i costi
dell’energia possono essere sostenuti con facilità e senza particolare
impegno, il rapporto costi/benefici degli investimenti sociali può essere
sostanzialmente ignorato (…).
I combustibili fossili
resero l’industrializzazione (…) un sistema di risoluzione dei
problemi sostenibile per diverse generazioni.
L’energia ha sempre
costituito e sempre costituirà la base della complessità culturale.
Se i nostri sforzi per
capire e risolvere i problemi del cambiamento (…) comprendono
l’aumentare della complessità politica, tecnologica, economica e scientifica,
allora la disponibilità di energia pro-capite sarà un fattore limitante. >>
JOSEPH TAINTER