Si
conclude qui il post di Jacopo Simonetta sui “Servizi
Eco-Sistemici” (seconda ed ultima parte). LUMEN
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Aria
La
composizione dell’atmosfera ha alcune implicazioni su cui raramente
si riflette. Rende possibile alle piante di foto-sintetizzare ed a
praticamente tutto ciò che vive di respirare, ma non solo. Come
abbiamo accennato, filtra i raggi cosmici, impedendo che le cellule
vangano uccise ed assicura al Pianeta una temperatura media
compatibile con la presenza di acqua allo stato liquido e di vita
biologica. Una composizione dell’atmosfera relativamente costante
è un servizio eco-sistemico.
Qualcuno
comincia a rendersi conto che averla alterata anche di poco sta
scatenando una specie di anteprima d’inferno in molte regioni.
Questa alterazione deriva solo in parte dalla combustione di biomassa
fossile; per una parte consistente deriva da disboscamento e incendi,
degrado dei suoli ecc.
Su
quali siano le rispettive percentuali non c’è accordo fra i
ricercatori, ma che siano entrambe determinanti è assodato. Quello
su cui non si riflette abbastanza è che tutto ciò ha già scatenato
una serie di retroazioni auto-rinforzanti di ulteriore riscaldamento
e che solo ed esclusivamente il ripristino dei servizi eco-sistemici
potrebbe, forse, fermare prima che la maggior parte del pianeta
diventi un deserto. Quindi, abbiamo bisogno soprattutto di foreste e
paludi.
Cibo
In
effetti, oggi la base alimentare dell’umanità è costituita da
petrolio e gas naturale, ma per rendere digeribile questa roba
abbiamo bisogno di trasformarla in tessuti vegetali o animali
sfruttando dei servizi eco-sistemici. E troppo petrolio e gas
stanno demolendo pezzo per pezzo gli ecosistemi che ci forniscono
questo servizio. Per non parlare dell’effetto definitivo
rappresentato da quella coltre di cemento ed asfalto che siamo soliti
chiamare “città”.
Clima
Già
molto tempo fa, gli storici si sono accorti che le società
complesse, capaci di produrre quelle che chiamiamo “grandi
civiltà”, sono sempre state vincolate ad aree caratterizzate da
clima mite. Il motivo è semplice e non c’entra con
l’intelligenza umana, semmai con la stupidità. Un clima temperato
è infatti un presupposto per suoli non solo fertili, ma anche dotati
di una forte resilienza allo sfruttamento agricolo, a sua volta
presupposto per il sostentamento di elevate concentrazioni di persone
e, quindi, per lo sviluppo di società complesse, in grado di
produrre i capolavori di arte e di scienza che tanto ci affascinano.
Non
a caso, man mano che i suoli sono stati erosi ed il clima è
diventato più ostile, le “società avanzate” sono fiorite
altrove, tendenzialmente più verso nord, laddove il clima era ancora
compatibile con elevate densità di popolazione.
Proprio
ora, per la prima volta nella storia, climi e suoli stanno diventando
inadatti a sostentare una società numerosa e tecnologicamente
avanzata in praticamente tutto il mondo contemporaneamente. Si,
perché la tecnologia, tanto più è avanzata, quanto più ha bisogno
di una base sociale numerosa, il che significa dare da mangiare e da
bere alle tante formichine che concorrono a far funzionare una grande
città. Mangiare e bere che sono servizi eco-sistemici che la città
sistematicamente distrugge.
Sostituire
i servizi eco-sistemici
Si
possono costruire depuratori per riciclare l’acqua, si possono
sintetizzare fertilizzanti per produrre cibo su terreni esausti;
plastiche e metalli possono sostituire il legno, anzi fare di meglio
assai. Si sono costruite macchine che possono produrre elettricità
senza emissioni climalteranti e perfino macchine che pompano CO2
dall’atmosfera nelle viscere della Terra. Certo, ma tutto ciò ha
dei costi.
Costi
in primo luogo energetici, perché mentre la fotosintesi trasforma
CO2 in biomassa usando la luce del sole, le nostre macchine sono
alimentate comunque da combustibili fossili ed è quanto meno
improbabile che si possa fare altrimenti. Oggi, le fonti
rinnovabili coprono infatti meno del 10% del consumo globale (5%
idroelettrico, 3% eolico, 2% solare) ed esistono solo grazie ad
un’industria potentissima che usa grandi quantità di materiali.
Incrementarne
l’uso per sopperire ai consumi attuali comporterebbe l’estrazione
ed il consumo di milioni di tonnellate di cemento, acciaio, rame
eccetera, compresi parecchi minerali rari provenienti da immense
miniere poste ai quattro angoli del mondo. L’unico modo di
ridurre sensibilmente le emissioni climalteranti sarebbe tagliare
drasticamente i consumi finali, cioè liquidare buona parte
dell’industria e tutte le grandi città, per poi fare i conti con
la mostruosa sovrappopolazione che ottenebra il Pianeta e che
continuiamo ad ignorare.
Costi
finanziari. Se a qualcuno sembra di dover correre sempre di più per
ottenere sempre di meno non è pazzo. Anzi è uno dei pochi che si è
accorto di un fenomeno ben reale: in gergo si chiama “Sindrome
della Regina Rossa”. Ci sono diversi fattori concomitanti e
sinergici alla base di questo fenomeno, ma i principali sono due:
Il
primo è il degrado qualitativo delle risorse energetiche e minerarie
che ci costringe a scavare, pompare, trasportare sempre di più per
ottenere ciò che ci serve. Detto in altri termini, lo sforzo di
produzione cresce più rapidamente del prodotto.
Il
secondo è il venire meno dei servizi eco-sistemici, che ci costringe
a ricorrere a succedanei tecnologici. Macchine ed impianti però
costano ed i soldi vengono prodotti dalle banche mediante
l’accensione di debiti e che devono poi essere restituiti con
l’interesse, altrimenti il sistema grippa ed il denaro scompare.
Per pagare gli interessi è necessario che l’economia cresca, solo
che il degrado delle risorse ed il venir meno dei servizi
eco-sistemici si mangiano parte crescente della produttività,
lasciando sempre meno per la crescita.
I
servizi eco-sistemici, invece, sono gratis. Ma lo sono davvero?
Come disse giustamente Milton Friedman: “In Natura non esistono
pasti gratis”. E quale è allora il prezzo da pagare? Il prezzo è
accettare di rimanere degli elementi marginali della Biosfera.
Oggi
però noi, i nostri simbionti e le nostre escrescenze di acciaio,
vetro, catrame e cemento, copriamo circa il 50% circa delle terre
emerse; il 100% se consideriamo che oramai qualunque angolo della
Terra è sfruttato per qualcosa e/o inquinato da qualcosa: dalla
troposfera agli abissi oceanici. Teoricamente sarebbe possibile un
“rientro”, ma oramai non “dolce”. Bisognerebbe infatti che i
ricchi accettassero di diventare poveri ed i poveri di restare tali,
bisognerebbe anche che tutti accettassimo di fare al massimo due
figli e di morire alla prima malattia seria che ci prende. >>
JACOPO
SIMONETTA