lunedì 30 dicembre 2024

I Giganti della Fede – Fra' Galdino

Come ci sono tante strade per portare a Roma (un proverbio dice che sono addirittura 'tutte'), così ci sono tanti modi diversi di accostarsi alla fede religiosa e diventarne devoti.
Nella piccola galleria di questo blog ho parlato di tanti diversi personaggi (reali o letterari), tutti con le loro particolari caratteristiche, ma mi mancava il credente magico.
Uso questa definizione per indicare le persone che invece di ricercare il divino per le vie spiriturali, restano affascinati, molto più prosaicamente, dagli aspetti magici del soprannaturale, cioè dalla meraviglia e dalla stranezza dei cosiddetti miracoli, anche se ridicoli e banali.
I Vangeli, anche se inframezzati da insegnamenti più spirituali, ne raccontano alcuni (ad esempio quello del fico disseccato, riportato da Marco e Matteo), ma è nella letteratura religiosa popolare che si trovano gli esempi più diffusi.
A questa categoria di religiosi appartiene senza dubbio il Fra' Galdino dei Promessi Sposi, al quale è dedicato questo post.
LUMEN


<< Nel mentre (…) si sentì un picchietto all’uscio, e, nello stesso momento, un sommesso ma distinto “Deo gratias.”
Lucia, immaginandosi chi poteva essere, corse ad aprire; e subito, fatto un piccolo inchino famigliare, venne avanti un laico cercatore cappuccino, con la sua bisaccia pendente alla spalla sinistra, e tenendone l’imboccatura attortigliata e stretta nelle due mani sul petto.
“Oh fra Galdino!” dissero le due donne.
“Il Signore sia con voi,” disse il frate. “Vengo alla cerca delle noci.”
“Va’ a prender le noci per i padri,” disse Agnese. Lucia s’alzò, e s’avviò all’altra stanza, ma, prima d’entrarvi, si trattenne dietro le spalle di fra Galdino, che rimaneva diritto nella medesima positura; e, mettendo il dito alla bocca, diede alla madre un’occhiata che chiedeva il segreto, con tenerezza, con supplicazione, e anche con una certa autorità.
Il cercatore, sbirciando Agnese così da lontano, disse: “e questo matrimonio! Si doveva pur fare oggi: ho veduto nel paese una certa confusione, come se ci fosse una novità. Cos’è stato?”
“Il signor curato è ammalato, e bisogna differire,” rispose in fretta la donna. Se Lucia non faceva quel segno, la risposta sarebbe probabilmente stata diversa. “E come va la cerca?” soggiunse poi, per mutar discorso.
“Poco bene, buona donna, poco bene. Le son tutte qui.” E, così dicendo, si levò la bisaccia d’addosso, e la fece saltar tra le due mani. “Son tutte qui; e, per mettere insieme questa bella abbondanza, ho dovuto picchiare a dieci porte.”
“Ma! le annate vanno scarse, fra Galdino; e, quando s’ha a misurar il pane, non si può allargar la mano nel resto.”
“E per far tornare il buon tempo, che rimedio c’è, la mia donna? L’elemosina. Sapete di quel miracolo delle noci, che avvenne, molt’anni sono, in quel nostro convento di Romagna?”
“No, in verità; raccontatemelo un poco.”
“Oh! dovete dunque sapere che, in quel convento, c’era un nostro padre, il quale era un santo, e si chiamava il padre Macario.
Un giorno d’inverno, passando per una viottola, in un campo d’un nostro benefattore, uomo dabbene anche lui, il padre Macario vide questo benefattore vicino a un suo gran noce; e quattro contadini, con le zappe in aria, che principiavano a scalzar la pianta, per metterle le radici al sole. — Che fate voi a quella povera pianta? domandò il padre Macario. — Eh! padre, son anni e anni che la non mi vuol far noci; e io ne faccio legna. — Lasciatela stare, disse il padre: sappiate che, quest’anno, la farà più noci che foglie.
Il benefattore, che sapeva chi era colui che aveva detta quella parola, ordinò subito ai lavoratori, che gettasser di nuovo la terra sulle radici; e, chiamato il padre, che continuava la sua strada, — padre Macario, gli disse, la metà della raccolta sarà per il convento.
Si sparse la voce della predizione; e tutti correvano a guardare il noce. In fatti, a primavera, fiori a bizzeffe, e, a suo tempo, noci a bizzeffe. Il buon benefattore non ebbe la consolazione di bacchiarle; perché andò, prima della raccolta, a ricevere il premio della sua carità.
Ma il miracolo fu tanto più grande, come sentirete. Quel brav’uomo aveva lasciato un figliuolo di stampa ben diversa. Or dunque, alla raccolta, il cercatore andò per riscotere la metà ch’era dovuta al convento; ma colui se ne fece nuovo affatto, ed ebbe la temerità di rispondere che non aveva mai sentito dire che i cappuccini sapessero far noci.
Sapete ora cosa avvenne? Un giorno, (sentite questa) lo scapestrato aveva invitato alcuni suoi amici dello stesso pelo, e, gozzovigliando, raccontava la storia del noce, e rideva de’ frati.
Que’ giovinastri ebber voglia d’andar a vedere quello sterminato mucchio di noci; e lui li mena su in granaio. Ma sentite: apre l’uscio, va verso il cantuccio dov’era stato riposto il gran mucchio, e mentre dice: guardate, guarda egli stesso e vede... che cosa? Un bel mucchio di foglie secche di noce. Fu un esempio questo?
E il convento, in vece di scapitare, ci guadagnò; perché, dopo un così gran fatto, la cerca delle noci rendeva tanto, tanto, che un benefattore, mosso a compassione del povero cercatore, fece al convento la carità d’un asino, che aiutasse a portar le noci a casa.
E si faceva tant’olio, che ogni povero veniva a prenderne, secondo il suo bisogno; perché noi siam come il mare, che riceve acqua da tutte le parti, e la torna a distribuire a tutti i fiumi.” >>

ALESSANDRO MANZONI

14 commenti:

  1. Intercalare caratteristico dei vecchi borghi, quartieri fiorentini, tipo le ragazze di San Frediano, dal romanzo di Vasco Pratolini . In Lombardia non si parlava, né si parla così...

    Col ca...volo che fra Macario donava l'olio di noci ai sanguigni poveri romagnoli. Prodotto di nicchia carissimo usato da speziali e produttori di belletti. Ma per favore! Democristiano ante litteram, il Manzoni. La chiesina fa l 'elemosina al duomo. I poveri possono attendere.

    Te piace u Manzune? No nun me piace, nun me vo' piace'.

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    1. Certo, i poveri possono attendere, ma vuoi mettere il conforto morale che ricevono dai miracoli (altrui)...

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  2. Commento di FRANCO CARONIA (da FB)

    Ricordo che nei Vangeli di Marco e Matteo si racconta un miracolo di Gesù che, avvicinatosi a un fico per mangiare un suo frutto, trovò solo foglie secche. Lo maledisse e fece il miracolo di farlo seccare. In effetti il fico seccò, anche se godeva buona salute. Il fatto è stato citato come miracolo ma in realtà sembra una severa punizione e contraddice le leggi sul ciclo naturale degli alberi da frutto. Un dettaglio che ad un credente interessa poco.

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    1. In effetti, chi crede ai miracoli non ha problemi a contraddire le leggi della natura.
      Ma in alcuni casi lo pagano caro.

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    2. Questa storia della maledizione del fico fa proprio ridere: che colpa aveva il povero fico? Poi se c'erano foglie secche era fuori stagione, i frutti erano già stati colti. Gesù era forse incazzato e si vendicò? Ma che Dio dei miei stivali! Eppure sono sicuro che su questo episodio - ripeto ridicolo - saranno stati scritti interi trattati. Il dottissimo arcidottissimo Gianfranco Ravasi (che sarebbe stato comunque meglio come papa dell'ignorante Bergoglio) ci terrebbe una conferenza di due - tre ore oltre a farci sentire ignoranti con sottile sadismo. Un buon cattolico (ex compagno di scuola, allora primo della classe) si è scusato a proposito di un argomento dicendo che lui non era un teologo! È un'osservazione che fanno non pochi credenti tutt'altro che incolti o rozzi. Dunque, cari miei, per confrontarvi con un Ravasi o chi volete voi dovete prima studiare per anni teologia (ma che roba è questa teologia, è proprio necessaria - non basta recitare con compunzione il credo e non commettere peccati per guadagnarsi il cielo?). Sembra che il fisolofo Cacciari sia anche teologo (ma fu anche marxista e persino maoista se non sbaglio). Che brutta gente i teologi e purtroppo anche i filosofastri (ho detto filosofastri, eh Lumen, da non confondere con i filosofi).

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    3. Questa è la spiegazione che ne da un sito cattolico (Laparola.net):

      << La maledizione del fico da parte di Gesù è un'azione difficile da capire, perché così diversa dalle altre cose che fece. Non solo maledisse un fico, ma non era neanche la colpa del fico, perché "non era la stagione dei fichi" (Mc 11:13)!
      Prima di tutto, bisogna capire che le foglie che Gesù vide di solito indicano la presenza di frutto, anche se non del tutto maturo. Quando Gesù vide un fico con foglie qualche mese prima della stagione, poteva pensare che sarebbe stato anche del frutto. Era per questa "ipocrisia" del fico che fu maledetto, non perché non avere frutto quando non era neanche la stagione dei fichi.
      È comunque meglio intendere questa azione di Gesù come una parabola "recitata", cioè la spiegazione di una verità paragonandola non con una storia raccontata ma con un'azione veramente svolta. In questo caso, il fico rappresenta la città di Gerusalemme, che non risponde a Gesù come dovrebbe quando Gesù viene, e che come conseguenza subì la punizione di Dio. >>

      Come sempre, prendono un testo chiaro ma scomodo, lo rendono complicato, e gli fanno dire quello che vogliono.
      Come faranno mai i poveri Protestanti con il loro 'sola scriptura' ?

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    4. Mi dispiace, ma io la spiegazione non l'ho capita (chiaramente per i miei limiti). Ci sono cose strane nei vangeli, anche Gesù non è sempre all'altezza della fama arrisagli dopo morto. Sono le stranezze che inducono a credere che nei racconti evangelici ci sia qualcosa di vero, non sia proprio tutto inventato di sana pianta.
      Tra le stranezze incomprensibili ci metterei anche la storiella del fico. O forse Gesù voleva far capire che chi non porta frutto, chi non sa far fruttare il talento ricevuto (denaro o intelligenza) finirà all'inferno come il povero amministratore che aveva sotterrato il talento ed era tutto contento di poterlo restituire intero, senza perdite, e invece ... È però lo stesso singolare che partendo dal nulla o da un evento minimo e di per sé insignificante sia poi nata una religione universale.

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    5. Caro Sergio, la penso come te: il passo è indifendibile e la presunta spiegazione spiega ben poco.

      Ma nei Vangeli apocrifi c'è anche di peggio. Ecco cosa ho trovato su Wiki:

      << Il Vangelo dell'infanzia di Tommaso, chiamato anche Vangelo dello pseudo-Tommaso, è uno dei vangeli apocrifi, scritto in greco e in siriaco e databile alla seconda metà del II secolo.
      Non va confuso con il Vangelo di Tommaso.
      L'opera consiste in una raccolta di miracoli compiuti da Gesù tra i 5 e i 12 anni di vita, con l'implicito intento di fornire indicazioni sulla sua infanzia altrimenti taciute dai 4 vangeli canonici.
      Ne emerge il ritratto di un Gesù bambino capriccioso e vendicativo, particolarmente incline a fare un uso tutto personale e spesso 'egoista' dei propri poteri taumaturgici. >>

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  3. Forse la parabola del figliuol prodigo scatenò la gelosia omicida di Caino, o avrebbe potuto farlo. Io la trovo disgustosa.

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    1. Sulla storia del Figliol Prodigo ti rimando ad un mio vecchio post che potrebbe piacerti:

      https://ilfenotipoconsapevole.blogspot.com/2014/10/il-furbo-prodigo.html

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  4. Non riesco ad aprirlo e comunque, già dal titolo del tuo post, mi pare la pensiamo allo stesso modo al riguardo.

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    1. Allora vai nell'archivio dei post e cerca ottobre 2014.

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  5. Ok trovato e letto, concordo con te, parabola disgustosa, confermo. A me irrita pure la pecorella smarrita, però non dobbiamo perdere troppo tempo dietro a queste fregnacce. Ritengo.

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