Il Gesù alternativo di Baigent, Leigh e Lincoln, così come ricostruito nel famoso e controverso saggio “Il Santo Graal”. (Settima ed ultima parte). Lumen
Il Re-Sacerdote
<< Ci appariva sempre più chiaro che Gesù era un re-sacerdote, un aristocratico, legittimo pretendente al trono, e aveva intrapreso un tentativo di riconquistare l'eredità che gli spettava. (…) Un aspirante re-sacerdote avrebbe logicamente suscitato una forte opposizione in certi ambienti: inevitabilmente tra i Romani dominatori e forse anche tra certi gruppi giudaici, ad esempio di sadducei.
L'uno o l'altro di questi schieramenti, o forse entrambi riuscirono a sventare la sua azione per arrivare al trono. Ma il tentativo di eliminarlo non riuscì come avevano sperato. Infatti, a quanto sembra, il re-sacerdote aveva amici altolocati i quali, in collusione con un corrotto e corruttibile governatore romano, avrebbero inscenato una falsa crocifissione su un terreno privato, accessibile solo a pochi eletti.
Poi, con il popolo tenuto a debita distanza, fu inscenata l'esecuzione, nella quale un sostituto prese il posto del re-sacerdote sulla croce, o in cui lo stesso re-sacerdote non morì veramente. Verso il cader della notte, quando la visibilità era ancora più scarsa, un « corpo » fu trasportato in una tomba opportunamente vicina, dalla quale, dopo un giorno o due, scomparve « miracolosamente ». (…)
Se Gesù era un legittimo pretendente al trono, è probabile che fosse sostenuto, almeno all'inizio, da una percentuale relativamente modesta della popolazione: la sua famiglia venuta dalla Galilea, altri membri dell'aristocrazia, e alcuni rappresentanti piazzati in posizioni strategiche nella Giudea e nella capitale, Gerusalemme. Questo seguito, per quanto illustre, non sarebbe bastato ad assicurare la realizzazione dei suoi obiettivi: la scalata al trono. Perciò, Gesù sarebbe stato costretto a reclutare un seguito più numeroso nelle altre classi sociali (…)
Come si può reclutare un seguito numeroso? Ovviamente, promulgando un messaggio ideato apposta per assicurarsi appoggio e devozione. Non era necessario che fosse un messaggio cinico, quanto quelli della politica moderna. Al contrario, potrebbe essere stato diffuso in completa buonafede, con un ardente, nobile idealismo. Ma nonostante il suo carattere nettamente religioso, l'obiettivo primario sarebbe stato lo stesso dei messaggi della politica moderna: assicurarsi l'adesione del popolo.
Gesù promulgò un messaggio che cercava di fare proprio questo: offrire speranza agli angariati, agli afflitti, agli oppressi. Insomma, era un messaggio che conteneva una promessa. Se il lettore moderno supera pregiudizi e preconcetti, scoprirà un meccanismo straordinariamente affine a quello che si può vedere dovunque nel mondo di oggi. Un meccanismo per mezzo del quale il popolo viene unito in nome di una causa comune, e trasformato in uno strumento per rovesciare un regime dispotico.
L'importante è che il messaggio di Gesù era sia etico che politico. Ed era rivolto a una certa parte della popolazione, secondo precise considerazioni politiche. Perché solo tra gli oppressi, gli angariati e gli afflitti Gesù poteva sperare di reclutare un seguito consistente. I sadducei, che si erano accordati con i Romani invasori, come tutti i sadducei della storia non avrebbero voluto saperne di rinunciare a ciò che possedevano, o di mettere a repentaglio la loro sicurezza e la loro stabilità.
Il messaggio di Gesù, quale appare nei Vangeli, non è interamente nuovo né unico. È probabile che Gesù fosse un fariseo, e i suoi insegnamenti contengono numerosi elementi della dottrina farisaica. Come attestano i Rotoli del Mar Morto, contengono anche diversi aspetti importanti del pensiero degli esseni. Ma se il messaggio in se stesso non era del tutto originale, lo era probabilmente il modo di trasmetterlo.
Gesù era senza dubbio un personaggio dotato di uno straordinario carisma. Forse possedeva facoltà di guaritore e aveva il dono di compiere altri « miracoli ». Senza dubbio, aveva la dote di comunicare le sue idee per mezzo di parabole vivide e suggestive, che non richiedevano una preparazione raffinata da parte del pubblico ed erano comprensibili a tutta la popolazione.
Inoltre, a differenza dei suoi precursori esseni, Gesù non doveva limitarsi a predire l'avvento di un Messia. Poteva affermare di essere il Messia. E naturalmente questo avrebbe conferito alle sue parole un'autorità e una credibilità assai più grandi. È chiaro che, al tempo del suo ingresso trionfale in Gerusalemme, Gesù aveva reclutato un seguito importante. Ma questo seguito doveva essere composto da due elementi distinti, i cui interessi non coincidevano.
Da una parte doveva esserci un piccolo nucleo di « iniziati »: i familiari, altri nobili, sostenitori ricchi e influenti, il cui scopo primario era vedere il loro candidato insediato sul trono. Dall'altra doveva esserci un seguito assai più numeroso di « gente comune », i « soldati semplici » del movimento, il cui obiettivo primario era veder realizzato il messaggio, e la promessa che questo conteneva. È importante riconoscere la distinzione tra queste due fazioni. Il loro obiettivo politico - porre Gesù sul trono - sarebbe stato identico. Ma sarebbero state sostanzialmente diverse le loro motivazioni.
Quando l'impresa fallì, come appare evidente, la delicata alleanza tra le due fazioni - i « seguaci del messaggio » e i seguaci della famiglia - a quanto sembra si sfasciò. Di fronte alla sconfitta e alla minaccia incombente di annientamento, la famiglia avrebbe dato la precedenza al fattore che, da tempo immemorabile, è sempre stato d'importanza suprema per le famiglie nobili e reali: preservare a ogni costo la stirpe, se necessario anche in esilio.
Ma per i « seguaci del messaggio », il futuro della famiglia sarebbe divenuto trascurabile. Per loro, la sopravvivenza della stirpe avrebbe avuto un interesse secondario. Il loro obiettivo principale sarebbe stato perpetuare e diffondere il messaggio. Il cristianesimo, come si è evoluto nei primi secoli per giungere fino a noi, è un prodotto dei « seguaci del messaggio ».
La sua diffusione e il suo sviluppo sono stati esplorati e seguiti fin troppo ampiamente da altri studiosi per richiedere in questa sede un'attenzione particolare. Basti dire che, con San Paolo, « il messaggio » aveva già incominciato ad assumere una forma cristallizzata e definitiva; e questa forma divenne la base sulla quale fu eretto l'intero edificio teologico del Cristianesimo. Già al tempo in cui furono composti i Vangeli, i princìpi fondamentali della nuova religione erano virtualmente completi.
La nuova religione si rivolgeva soprattutto a un pubblico romano o romanizzato. Quindi la parte avuta da Roma nella morte di Gesù venne necessariamente insabbiata, e la colpa fu scaricata sui Giudei. Ma questa non fu la sola libertà che ci si prese nei confronti degli eventi, per renderli accettabili al mondo romano. Infatti, il mondo romano era abituato a divinizzare i suoi sovrani, e Cesare era già stato ufficialmente riconosciuto dio. Per fargli concorrenza, Gesù - che in precedenza nessuno aveva considerato divino - doveva essere ugualmente deificato. E lo fu, a opera di Paolo.
Prima che fosse possibile diffonderla con successo, dalla Palestina alla Siria, l'Asia Minore, la Grecia, l'Egitto, Roma e l'Europa occidentale, la nuova religione doveva essere resa accettabile ai popoli di quei territori. E doveva reggere il confronto con le fedi già consolidate. Il nuovo dio, insomma, doveva essere, in quanto a potere, maestà e miracoli, all'altezza degli dei che doveva soppiantare .
Se Gesù doveva far presa sul mondo romanizzato del suo tempo, doveva necessariamente diventare un dio in piena regola. Non un Messia nel vecchio senso della parola, non un re-sacerdote, ma Dio incarnato che, come i suoi equivalenti siriani, fenici, egizi e classici, era passato attraverso gli inferi ed era risorto, ringiovanito, con la primavera.
Fu a questo punto che l'idea della Resurrezione assunse per la prima volta la sua importanza cruciale, e per una ragione ovvia: per porre Gesù sullo stesso piano di Tammuz, Adone, Atti, Osiride e tutti gli altri dèi morti e risorti, che predominavano nel mondo di quel tempo. Esattamente per la stessa ragione fu promulgata la dottrina della verginità della madre di Gesù. E la festa di Pasqua, la festa della morte e della resurrezione, venne fatta coincidere con i riti primaverili di altri culti e di altre scuole misteriche contemporanee.
Data la necessità di diffondere il mito di un dio, la famiglia del « dio » ed i fattori politici e dinastici della sua storia sarebbero diventati superflui. Legati com'erano a un periodo e a un luogo precisi, avrebbero sminuito il suo carattere universale. Quindi, per confermare questa universalità, tutti gli elementi politici e dinastici furono rigorosamente eliminati dalla biografia di Gesù.
E così pure vennero rimossi tutti i riferimenti agli zeloti e agli esseni. Sarebbero stati imbarazzanti, a dir poco. Non sarebbe apparso confacente a un dio il suo coinvolgimento in una cospirazione politica e dinastica complessa e in fondo effimera, che per giunta era fallita. Alla fine rimase soltanto quanto era contenuto nei Vangeli: un racconto di austera, mitica semplicità, ambientato incidentalmente nella Palestina del I secolo occupata dai Romani, ma sostanzialmente nel presente eterno di tutti i miti.
Mentre « il messaggio » si sviluppava in questo modo, la famiglia e i suoi sostenitori, a quanto sembra, non stavano in ozio. Giulio Africano, che scrive nel III secolo, riferisce che i parenti superstiti di Gesù accusavano sdegnosamente i sovrani della casa di Erode di distruggere le genealogie dei nobili giudei, eliminando così tutto ciò che poteva servire a contestare il loro diritto al trono. (…)
Per i propagatori del nuovo mito, l'esistenza di questa famiglia dovette diventare ben presto assai più di un dettaglio trascurabile. Dovette diventare un fattore potenzialmente imbarazzante di proporzioni enormi. Infatti la famiglia – che poteva testimoniare di prima mano ciò che era accaduto storicamente - avrebbe costituito una pericolosa minaccia per il mito. Anzi, in base alla sua conoscenza diretta, la famiglia avrebbe potuto distruggere il mito nel modo più completo.
Quindi, nei primi tempi del Cristianesimo, ogni menzione di una famiglia nobile o reale, di una stirpe, di ambizioni politiche e dinastiche avrebbe dovuto venire soppressa. (…) E la famiglia stessa, che poteva tradire la nuova religione, avrebbe dovuto essere sterminata, se fosse stato possibile. Ecco quindi la necessità della massima segretezza da parte della famiglia. Ecco quindi l'intolleranza dei primi padri della Chiesa nei confronti di ogni deviazione dall'ortodossia che si sforzavano di imporre.
Ecco quindi, forse, anche una delle origini dell'antisemitismo. Infatti i « seguaci del messaggio », i propagatori del mito, avrebbero realizzato un duplice scopo incriminando gli Ebrei e scagionando i Romani. Non soltanto avrebbero reso accettabili il mito e il « messaggio » al pubblico romano; avrebbero anche impugnato la credibilità della famiglia, perché la famiglia era ebrea. >>
BAIGENT, LEIGH E LINCOLN