Quando si parla di “riciclaggio” in senso giuridico, si intende una attività illecita, consistente nel recupero economico (”pulizia”, in inglese “laundry”) del denaro proveniente da attività criminose.
Ma, se utilizziamo il termine in senso meramente economico, cioè come attività di recupero e riutilizzo dei beni e dei materiali di consumo, ecco che abbiamo un comportamento altamente positivo ed encomiabile, che può rappresentare un freno importante (ed intelligente) al degrado ambientale.
Il testo che segue, scritto da Donato Berardi, è tratto dal sito LA VOCE INFO.
LUMEN
<< Ogni cittadino auropeo consuma in media 15 tonnellate di materie prime all’anno e produce circa 4,5 tonnellate di rifiuti. Un’economia in grado di massimizzare attività come il riuso e la preparazione al riutilizzo potrebbe abbattere contemporaneamente sia lo spreco di risorse sia la produzione di rifiuti.
E cosa c’è di più “circolare” di azioni come la riparazione, la rigenerazione e la preparazione al riutilizzo di materiali arrivati a fine vita? Di azioni capaci di evitare la produzione di scarti non recuperabili e quindi destinati alla distruzione e alla discarica? E di azioni in grado di generare vantaggi economici e ambientali? (...)
Eppure, benché siano al vertice della cosiddetta “gerarchia dei rifiuti” (e dunque tra le opzioni preferibili), riuso e preparazione al riutilizzo non hanno finora goduto di grande considerazione.
Collocandosi in una sorta di “terra di mezzo” tra il mondo dei rifiuti e quello dei non rifiuti, hanno sofferto la mancanza di regole chiare e la carenza di capacità organizzative e imprenditoriali, per finire relegate al ruolo di comprimarie. E, soprattutto, sia dal livello nazionale che locale non hanno attirato quegli investimenti o incentivi economici che avrebbe consentito il salto di qualità in questo ambito, professionalizzando e remunerando le risorse impiegate.
Rispetto alle altre opzioni, sia il riuso che la preparazione richiedono, certamente, qualcosa in più, ossia un vero cambio di approccio, dove l’attenzione si sposta su tutto il ciclo di vita del bene, dalla progettazione fino alla possibilità che attraverso processi di riparazione, rigenerazione, upgrading, disassemblaggio, il prodotto o parti del prodotto possano continuare a svolgere la stessa funzione, o funzioni differenti, all’interno di un nuovo prodotto.
Non è quindi un tema di quantità di beni immessi nel mercato, quanto piuttosto della loro qualità: i beni devono essere concepiti sin dall’inizio per favorirne riparazione, rigenerazione e riciclo.
Qualche passo in avanti si sta facendo. Nel caso degli imballaggi in plastica, ad esempio, il contributo ambientale pagato dai produttori è calibrato in modo da premiare quelli riciclabili. Ma si tratta di una eccezione.
Per le apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), ove chiaramente esiste un potenziale per rigenerazione e riciclo, gli incentivi alla riciclabilità previsti nel 2016 sono rimasti lettera morta, perché i costi del complesso iter amministrativo superano abbondantemente i benefici (abbattimento dei target di riciclaggio).
Ma vi è una differenza tra riutilizzo e preparazione per il riutilizzo? Sì, e riguarda quel confine che distingue un “prodotto” da un “rifiuto”. Se il primo è già pronto per l’impiego nella catena del valore, il secondo ha bisogno dell’avvio di un percorso di trattamento per tornare a far parte del ciclo produttivo.
Infatti, se il riutilizzo riguarda un prodotto o una componente che non è rifiuto e si colloca, dunque, nell’ambito della prevenzione, la preparazione per il riutilizzo si riferisce a un prodotto – o a una componente – diventata rifiuto, e pertanto necessita di una autorizzazione.
Diverso è il caso della riparazione e rigenerazione, che rientrano nelle attività di prevenzione rispetto alla produzione di rifiuti. Si tratta di operazioni che, come il riutilizzo, riguardano a tutti gli effetti prodotti, non rifiuti, e che pertanto dovrebbero essere preferibili a ogni altra forma di gestione del rifiuto, proprio perché orientate a prevenirne la produzione. (...)
In Italia, le attività di preparazione e riutilizzo interessano annualmente tra le 600 e le 700 mila tonnellate di rifiuti, circa il 2 per cento della produzione di rifiuti urbani e che potrebbero essere sottratti al trattamento e allo smaltimento. Da dati forniti dalla Rete degli operatori nazionali dell’usato, il mercato dell’usato in conto terzi muove circa 850 milioni di euro l’anno e riguarda circa 3mila iniziative stabili, mentre il segmento che impiega più persone è quello dell’ambulantato.
Una tendenza in forte crescita, che parzialmente rimpiazzerà i mercati “fisici”, è rappresentata dai mercatini per l’usato on-line. Oltre ad alcuni colossi dell’e-commerce come eBay, che già a metà degli anni Novanta aveva intuito il potenziale della compravendita online di prodotti nuovi e usati, e a Facebook, che dal 2016 ha introdotto un marketplace che coinvolge gli utenti del social network, si moltiplicano le aziende che consentono di vendere e acquistare prodotti usati sul web.
La tecnologia ha favorito negli anni lo sviluppo di questo segmento, consentendo attraverso app mobile di semplificare l’incontro tra domanda e offerta. (…) La sfida da vincere, invece, è quella di trasformare un settore ancora caratterizzato dall’economia informale in una gestione professionale, capace di produrre valore economico e sociale.
Complessivamente, infatti, con la rigenerazione ed il riuso si creano benefici economici, oltre che ambientali, almeno su altri tre fronti.
Primo, per i produttori, che ottengono risparmi sui costi di produzione, potendo erogare servizi ai clienti nelle fasi post-vendita e migliorando la fidelizzazione. Secondo, per i consumatori finali, visti i costi inferiori di un bene rigenerato rispetto al nuovo. Terzo, per l’occupazione in generale, considerato che “rigenerazione / riuso / preparazione al riuso” sono attività ad elevato tasso di manodopera, che può permettere di recuperare parte della disoccupazione originata dalla delocalizzazione produttiva e dall’automazione.
Puntare sempre più in alto, dritti verso il vertice della piramide rovesciata della gerarchia dei rifiuti, non è certo un pranzo di gala, ma un processo faticoso e articolato che richiede volontà, lungimiranza e capacità, fattori che vanno messi in rete e a servizio di una idea di economia circolare concreta e giusta. >>
DONATO BERARDI