(Da “Entropia” - di Jeremy Rifkin)
(seconda parte)
<< Il punto è che il Sole di per sé non genera la vita. Puoi lasciar passare i raggi del Sole in un recipiente di vetro vuoto da qui fino alla fine del sistema solare e non ne nascerà alcuna forma di vita. Perché si sviluppasse la vita il Sole ha dovuto interagire con il sistema chiuso di materiali diversi, metalli, minerali di cui è costituita la terra, convertendoli in esseri viventi e nelle risorse necessarie alla vita.
<< Il punto è che il Sole di per sé non genera la vita. Puoi lasciar passare i raggi del Sole in un recipiente di vetro vuoto da qui fino alla fine del sistema solare e non ne nascerà alcuna forma di vita. Perché si sviluppasse la vita il Sole ha dovuto interagire con il sistema chiuso di materiali diversi, metalli, minerali di cui è costituita la terra, convertendoli in esseri viventi e nelle risorse necessarie alla vita.
Quest’azione facilita anche il naturale decadimento della quantità iniziale di materie prime che costituivano la crosta terrestre, in ogni istante le montagne vengono erose e il terreno coltivabile viene ridotto in polvere e disperso dal vento, questo significa che nel lungo periodo ogni risorsa rinnovabile diventa in effetti non rinnovabile.
La vita che continua a riprodursi e gli organismi che muoiono aumentano l’entropia sulla Terra, con il risultato che sempre meno materie prime saranno disponibili per un futuro sviluppo. Qualsiasi contadino sa che, anche riciclando tutto e con una insolazione costante, è impossibile far crescere la stessa quantità di erba sullo stesso pezzo di terra, anno dopo anno all’infinito. Ogni filo d’erba oggi significa un filo d’erba in meno in un futuro più o meno lontano, sullo stesso appezzamento, perché, come ogni altra cosa, anche il suolo coltivabile è parte di un circuito entropico.
Il suolo coltivabile contiene una parte organica e una parte costituita da minerali inorganici che permettono all’erba di crescere, ma la sua esistenza è temporanea, nasce da formazioni minerali e da residui organici e per la maggior parte finirà come polvere dispersa nel vento o dilavato come limo che andrà a finire in mare.
In altre parole, il suolo coltivabile non è una struttura permanentemente stabile, è solo un ambiente dove particolari materiali si sono concentrati lungo il loro percorso di decadimento entropico. Nel breve periodo (tempi della storia umana) è possibile mantenere il terreno in uno stato stazionario tale che l’erosione non sia più veloce di quanto la natura impiega a degradare le rocce e i residui organici per formare nuovo terreno.
Può avvenire però che per effetto di forze naturali (tempeste, siccità, inondazioni ecc.) o anche a causa dell’intervento umano, l’erosione del terreno sia più veloce della sua ricostituzione, anche considerando tempi brevi.
Una coltivazione superintensiva e la distruzione degli ecosistemi naturali portano all’erosione e alla de-mineralizzazione del terreno, dando luogo a un aumento entropico a chiazze in determinate aree geografiche. Ci vogliono centinaia di anni per ricostituire dodici pollici di terreno coltivabile, per cui anche nel contesto della storia umana l’aumento di entropia del suolo è un fenomeno ben presente e continuo. (…)
E una realtà difficile da accettare per noi perché fin da bambini, spiegandoci i principi elementari della biologia, ci hanno insegnato che ogni materiale organico ritorna in ciclo, ed è vero perché è semplicemente un riaffermare il primo principio della termodinamica, nulla si crea e nulla si distrugge.
E una realtà difficile da accettare per noi perché fin da bambini, spiegandoci i principi elementari della biologia, ci hanno insegnato che ogni materiale organico ritorna in ciclo, ed è vero perché è semplicemente un riaffermare il primo principio della termodinamica, nulla si crea e nulla si distrugge.
Sfortunatamente c’è il secondo principio, che di solito viene ignorato, e che ci dice che per quanto la materia venga riciclata indefinitamente, ogni volta che questo avviene si paga in termini di degradazione.
Supponiamo di estrarre dal sottosuolo un frammento di minerale metallico e forgiarne un utensile. Durante la vita di quell’utensile molte particelle metalliche voleranno via per effetto dell’attrito, dell’usura, delle scheggiature. Quelle molecole perdute non andranno distrutte, torneranno alla terra, ma adesso saranno disperse in tutta la massa del suolo e non saranno più utilizzabili per nessun lavoro utile come quando invece erano concentrate nel pezzo di minerale originario.
Si potrebbe trovare un modo per riciclare tutte quelle particelle metalliche, ma solo a prezzo di un aumento di entropia del processo globale, bisognerebbe infatti attrezzare una macchina che raccolga le particelle e trovare una fonte di energia per azionare la macchina. A sua volta la macchina, fatta a partire da minerali metallici ugualmente provenienti della terra, perderà particelle per attrito, usura, e scheggiature, anche se stava funzionando per il recupero di un altro metallo, e inoltre l’energia usata per farla girare va in definitiva ad aumentare l’entropia totale.
Quando l’energia diventa non più disponibile usiamo il termine «morte termica», quando è la materia a non essere più disponibile diciamo «caos della materia». In entrambe i casi il risultato è un aumento di entropia: uno stato disperso dell’energia e della materia che le rende meno concentrate e meno adatte a compiere lavoro utile. (…)
La legge dell’entropia è qualcosa che va sentito oltre che capito, la sua essenza è l’essenza stessa del reale e rendersi pienamente conto del suo significato richiede una certa dose di intuizione. (…)
Un modo di discutere su livelli energetici ed entropia, a cui si è già accennato, è quello delle concentrazioni. Quando si apre una bottiglia di profumo, perché l’odore inizia a diffondere nell’aria e dopo un po’ di tempo ha invaso tutta la stanza? Oppure, cosa succede se apriamo la porta verso un’altra stanza più grande e ci accorgiamo che dopo pochi minuti si sente il profumo in entrambe i locali, per quanto meno intenso che in un solo locale? (…)
L’energia va sempre da una situazione dove è più concentrata (la bottiglia di profumo) a una dove lo è di meno (i due grandi locali): nel processo si impiega, e quindi si dissipa, energia libera, infatti l’odore perde di intensità. Considerando il problema del profumo a un livello molecolare, si osserva che quando le molecole sono costrette a stare insieme nella bottiglia si bombardano a vicenda con velocità incredibile.
Non appena si permette loro di uscirsene dalla bottiglia iniziano il loro cammino, a caso, in uno spazio più vasto, diffondono e si urtano con sempre minor frequenza finché risultano uniformemente ridistribuite per tutta la stanza. (…)
Vi è ancora un altro modo, il più comprensivo di tutti, di considerare il secondo principio: la legge dell’entropia stabilisce che tutta l’energia esistente in un sistema isolato tende a portarsi da una situazione di ordine a una di disordine.
Vi è ancora un altro modo, il più comprensivo di tutti, di considerare il secondo principio: la legge dell’entropia stabilisce che tutta l’energia esistente in un sistema isolato tende a portarsi da una situazione di ordine a una di disordine.
Lo stato di entropia minima, quello in cui le concentrazioni sono maggiori e l’energia utilizzabile è massima, è anche lo stato di maggior ordine, e, al contrario, lo stato di entropia massima, in cui l’energia utilizzabile è stata completamente dissipata e dispersa, è anche quello di maggior disordine.
Tutto questo, corrisponde alle percezione quotidiana del mondo intorno a noi. Le cose lasciate a se stesse non tendono a portarsi spontaneamente verso un ordine sempre maggiore. Chi ha cura della casa o lavora in un ufficio sa bene che gli oggetti a cui non si dà un po’ di attenzione diventano via via sempre più disordinati e riportare tutto quanto in ordine consuma energie. (…)
Tutto questo, corrisponde alle percezione quotidiana del mondo intorno a noi. Le cose lasciate a se stesse non tendono a portarsi spontaneamente verso un ordine sempre maggiore. Chi ha cura della casa o lavora in un ufficio sa bene che gli oggetti a cui non si dà un po’ di attenzione diventano via via sempre più disordinati e riportare tutto quanto in ordine consuma energie. (…)
Si deve mettere in evidenza che ogni volta che si contrasta l’aumento di entropia in un ambito ristretto, lo si può fare solo aumentando l’entropia globale dell’ambiente circostante, perché ogni volta che si fa qualcosa si dissipa una certa quantità di energia che diventa poi completamente inutilizzabile per gli impieghi successivi.
L’energia dissipata va a sommarsi alla voragine di tutte le energie dissipate in tutti gli altri eventi del passato. Le conseguenze per la società che esce da una situazione del genere sono veramente incredibili. Citando Angrist e Hepier: «Ogni diminuzione localizzata dell’entropia, realizzata dall’uomo o da una macchina, è accompagnata da un aumento di entropia, di maggior entità, nell’ambiente circostante per cui inevitabilmente l’entropia globale resta sempre in aumento».
Albert Einstein ebbe una volta a meditare pensando quale delle leggi della scienza avrebbe potuto essere classificata come legge suprema e concluse con la seguente osservazione: “Una teoria è tanto più emozionante quanto più semplici sono le sue premesse, più diverse le categorie di fenomeni a cui si riferisce, più vasto il suo campo di applicabilità. Ecco perché mi ha sempre fatto una profonda impressione la termodinamica classica, l’unica teoria fisica di contenuto universale di cui sono convinto che, nel campo di applicabilità dei suoi concetti basilari, non verrà mai superata." >>.
JEREMY RIFKIN