“Verba volant, scripta manent” dicevano i latini, per sottolineare la maggior importanza del testo scritto rispetto alla semplice comunicazione verbale.
E proprio all'importanza della scrittura e delle sue tecniche nella storia della civiltà (dal papiro al computer) sono dedicate le riflessioni che seguono.
I due testi, brevi ma interessanti, sono opera di Marco Pierfranceschi e sono tratti dal suo blog 'Mammifero Bipede'.
LUMEN
<< Le antiche civiltà del bacino del Mediterraneo, dagli egizi ai romani, utilizzavano come supporto alla scrittura fogli ricavati dal papiro, un materiale estremamente semplice, economico e relativamente facile da produrre. Grazie a questo tipo di supporto i libri erano molto diffusi in ogni strato sociale, e veicolavano una diffusione capillare della cultura.
Nell’Europa medioevale, tuttavia, il papiro fu sostituito dalla pergamena: pelli di animali trattate e lasciate ad essiccare. Un supporto pressoché indistruttibile ma costosissimo, che ridusse grandemente sia la possibilità di accedere a testi scritti che l’alfabetizzazione di massa.
La cultura della pergamena era entrata in sinergia con il verticismo della cultura religiosa dominante europea, il cristianesimo, che coltivava la finalità di conservare (e controllare) uno specifico sapere.
Ma, come diretta conseguenza del ‘sequestro’ religioso del veicolo culturale rappresentato dalla scrittura, si ebbe in Europa un rallentamento complessivo nell’evoluzione tecnica e scientifica, cosa che non avvenne, invece, nel mondo arabo, che aveva da tempo iniziato un fiorente commercio con la Cina, dove era stata inventata la carta.
La cultura della carta faticò a penetrare in Europa ma, quando ciò avvenne, a cambiare nuovamente le carte in tavola provvide un’ulteriore innovazione: la stampa a caratteri mobili.
Il mondo arabo, grazie alla carta, era stato culla di un’esplosione culturale durata diversi secoli. Tuttavia la scrittura calligrafica araba non si prestava altrettanto bene degli alfabeti derivati dal latino all’impiego della stampa a caratteri mobili.
Ciò ne causò una stagnazione culturale durata anch’essa diversi secoli. Analoga sorte toccò alle civiltà orientali, la cui scrittura, basata su una molteplicità di ideogrammi ed incompatibile con la praticità della stampa in serie, non poté giovarsi altrettanto prontamente dell’invenzione di Gutenberg.
La scrittura, la carta, la stampa a caratteri mobili, e più di recente la meccanizzazione, l’alfabetizzazione di massa, le tecnologie informatiche, possono essere definite come ‘vettori culturali’. Non producono cultura, ma ne facilitano la diffusione, accorciano le distanze, facilitano lo scambio di informazioni ed idee.
Grazie ad esse la cultura contemporanea, grazie agli sviluppi informatici, popola l’equivalente di un super-continente dalle distanze estremamente ridotte, dove le informazioni si accumulano e trasferiscono a velocità mai viste prima, interessando una popolazione enorme.
Questo ha prodotto un’accelerazione delle innovazioni e delle trasformazioni culturali mai raggiunta prima. >>
<< La sete di sapere dell’umanità ha origini molto antiche. (…) Prima la memoria degli anziani, poi il disegno, la scrittura, quindi la stampa, oggi i supporti informatici.
Se guardiamo alla storia dell’umanità (non quella fatta unicamente di guerre, stragi ed imperi che ci insegnano a scuola) vediamo nettamente come ogni civiltà (perlomeno nella fase di massima maturità), abbia prodotto sapere in forme tramandabili, consapevole dell’importanza della conoscenza quale strumento privilegiato per far fronte alle novità ed alle trasformazioni degli scenari sociali ed internazionali.
Oggi abbiamo raggiunto apici inimmaginabili anche solo pochi decenni fa, scenari che nessuno scrittore di fantascienza, almeno prima degli anni ottanta, ha osato teorizzare. Il futuro, ancora una volta, ci è piovuto addosso da una direzione inaspettata e ci ha colto alla sprovvista. Il sapere è tutt’intorno a noi, ma non abbiamo un’idea precisa di come organizzarlo, gestirlo, sfruttarlo. (...)
Va bene, si dirà, ma abbiamo 'Internet', il mondo della conoscenza libera e sconfinata si dispiega invitante davanti ai nostri occhi. Vero. Ma disporre di una conoscenza sconfinata non significa poterne fruire efficacemente.
Come nell’entrare in una enorme biblioteca, o libreria, si viene colti da soggezione, e la curiosità ci spinge prima di tutto a leggere i titoli dei libri, cominciare ad aprirli, sfogliarli, vagare da un settore all’altro ed alla fine arrenderci esausti all’impossibilità materiale di poter saziare tutte le nostre curiosità, così la navigazione in internet ci porta di notizia in notizia, su strade inesplorate, ad inseguire una fonte, un senso, una logica umanamente inafferrabile. >>
MARCO PIERFRANCESCHI