venerdì 28 maggio 2021

Scripta manent

Verba volant, scripta manent” dicevano i latini, per sottolineare la maggior importanza del testo scritto rispetto alla semplice comunicazione verbale.

E proprio all'importanza della scrittura e delle sue tecniche nella storia della civiltà (dal papiro al computer) sono dedicate le riflessioni che seguono.

I due testi, brevi ma interessanti, sono opera di Marco Pierfranceschi e sono tratti dal suo blog 'Mammifero Bipede'.

LUMEN


<< Le antiche civiltà del bacino del Mediterraneo, dagli egizi ai romani, utilizzavano come supporto alla scrittura fogli ricavati dal papiro, un materiale estremamente semplice, economico e relativamente facile da produrre. Grazie a questo tipo di supporto i libri erano molto diffusi in ogni strato sociale, e veicolavano una diffusione capillare della cultura.

Nell’Europa medioevale, tuttavia, il papiro fu sostituito dalla pergamena: pelli di animali trattate e lasciate ad essiccare. Un supporto pressoché indistruttibile ma costosissimo, che ridusse grandemente sia la possibilità di accedere a testi scritti che l’alfabetizzazione di massa.

La cultura della pergamena era entrata in sinergia con il verticismo della cultura religiosa dominante europea, il cristianesimo, che coltivava la finalità di conservare (e controllare) uno specifico sapere.

Ma, come diretta conseguenza del ‘sequestro’ religioso del veicolo culturale rappresentato dalla scrittura, si ebbe in Europa un rallentamento complessivo nell’evoluzione tecnica e scientifica, cosa che non avvenne, invece, nel mondo arabo, che aveva da tempo iniziato un fiorente commercio con la Cina, dove era stata inventata la carta.

La cultura della carta faticò a penetrare in Europa ma, quando ciò avvenne, a cambiare nuovamente le carte in tavola provvide un’ulteriore innovazione: la stampa a caratteri mobili.

Il mondo arabo, grazie alla carta, era stato culla di un’esplosione culturale durata diversi secoli. Tuttavia la scrittura calligrafica araba non si prestava altrettanto bene degli alfabeti derivati dal latino all’impiego della stampa a caratteri mobili.

Ciò ne causò una stagnazione culturale durata anch’essa diversi secoli. Analoga sorte toccò alle civiltà orientali, la cui scrittura, basata su una molteplicità di ideogrammi ed incompatibile con la praticità della stampa in serie, non poté giovarsi altrettanto prontamente dell’invenzione di Gutenberg.

La scrittura, la carta, la stampa a caratteri mobili, e più di recente la meccanizzazione, l’alfabetizzazione di massa, le tecnologie informatiche, possono essere definite come ‘vettori culturali’. Non producono cultura, ma ne facilitano la diffusione, accorciano le distanze, facilitano lo scambio di informazioni ed idee.

Grazie ad esse la cultura contemporanea, grazie agli sviluppi informatici, popola l’equivalente di un super-continente dalle distanze estremamente ridotte, dove le informazioni si accumulano e trasferiscono a velocità mai viste prima, interessando una popolazione enorme.

Questo ha prodotto un’accelerazione delle innovazioni e delle trasformazioni culturali mai raggiunta prima. >>


<< La sete di sapere dell’umanità ha origini molto antiche. (…) Prima la memoria degli anziani, poi il disegno, la scrittura, quindi la stampa, oggi i supporti informatici.

Se guardiamo alla storia dell’umanità (non quella fatta unicamente di guerre, stragi ed imperi che ci insegnano a scuola) vediamo nettamente come ogni civiltà (perlomeno nella fase di massima maturità), abbia prodotto sapere in forme tramandabili, consapevole dell’importanza della conoscenza quale strumento privilegiato per far fronte alle novità ed alle trasformazioni degli scenari sociali ed internazionali.

Oggi abbiamo raggiunto apici inimmaginabili anche solo pochi decenni fa, scenari che nessuno scrittore di fantascienza, almeno prima degli anni ottanta, ha osato teorizzare. Il futuro, ancora una volta, ci è piovuto addosso da una direzione inaspettata e ci ha colto alla sprovvista. Il sapere è tutt’intorno a noi, ma non abbiamo un’idea precisa di come organizzarlo, gestirlo, sfruttarlo. (...)

Va bene, si dirà, ma abbiamo 'Internet', il mondo della conoscenza libera e sconfinata si dispiega invitante davanti ai nostri occhi. Vero. Ma disporre di una conoscenza sconfinata non significa poterne fruire efficacemente.

Come nell’entrare in una enorme biblioteca, o libreria, si viene colti da soggezione, e la curiosità ci spinge prima di tutto a leggere i titoli dei libri, cominciare ad aprirli, sfogliarli, vagare da un settore all’altro ed alla fine arrenderci esausti all’impossibilità materiale di poter saziare tutte le nostre curiosità, così la navigazione in internet ci porta di notizia in notizia, su strade inesplorate, ad inseguire una fonte, un senso, una logica umanamente inafferrabile. >>

MARCO PIERFRANCESCHI

domenica 23 maggio 2021

Pensierini - XLII

NUMERI INFINITI
Si dice che i numeri rappresentano un ottimo esempio di 'infinito', perchè, per quanto grande sia il numero pensato, si può sempre aggiungere un'unità, ma io non sono d'accordo. Perchè i numeri (e la matematica in generale) non sono fini a se stessi, ma servono per calcolare e comprendere le cose esistenti, per cui i numeri finiscono quando finiscono le cose da contare. Se le particelle dell'universo sono in numero di X, quello è il numero massimo che esiste nella matematica: non posso usare un numero più grande (e men che meno un numero infinito) perchè non ci sono più particelle da contare.
LUMEN


GIORNO DELLA MEMORIA
E se la smettessimo con tutti questi 'Giorni della Memoria' ? Perchè non è ricordando ossessivamente il male di un qualche specifico popolo o di un qualche specifico regime che lo si fa cessare per sempre. Il male è parte integrante (purtroppo) della nostra natura, e nessun popolo, nessuna nazione, nessun regime ne è totalmente immune. E quando si attraversa un periodo di pace, non è detto che questo dipenda dalla suddetta memoria; è probabile che c'entri, molto semplicemente, un maggior benessere.
LUMEN


AMORE
L'amore è una forza potentissima, ma anche un po' cieca. Una donna innamorata è pronta a fare qualsiasi cosa per conquistare l'uomo che la renderà infelice.
LUMEN


PARLAMENTO
I Parlamenti si chiamano così perchè, una volta, erano il luogo supremo in cui si discuteva, ed erano i discorsi fatti con passione dai deputati (ma fatti davvero, non letti) a convincere i loro colleghi a votare a favore o contro una legge. Ora, invece, con la disciplina di partito, è diventato tutto finto: in Parlamento si continua a parlare, ma nessuno ascolta, perchè sa già che voterà secondo le istruzioni ricevute.
LUMEN


GUERRA
Se un soldato, in guerra, non è capace di fare cose orrende, non serve a nulla. E se le fa con piacere (perchè è stato educato alla crudeltà) è ancora meglio. Ed infatti, a livello storico, il periodo dei soldati di leva, cioè NON di mestiere, è stato molto breve. Poi, dopo aver vinto la guerra (usando ogni mezzo possibile), ci possiamo raccontare che i soldati avversari erano dei mostri crudeli ed inumani, mentre i nostri no. Ma solo dopo. E solo se abbiamo vinto.
LUMEN


DIO E LA FISICA
Ho forti dubbi che il concetto di Dio sia compatibile con le leggi della fisica. Quanto meno, non nel pensiero dei credenti, che chiedono spesso a Dio di intervenire in loro favore con i miracoli. I quali miracoli altro non sono che una violazione delle leggi della fisica. Allora delle due l'una: o Dio può violare le leggi della fisica, ed allora i due concetti sono incompatibili. O non le può violare, ed allora non è l'essere onnipotente che tutti si immaginano.
LUMEN


ETERNO RITORNO
Nel corso del pensiero umano è molto frequente il concetto di eternità o di eterno ritorno. Ora, io non nego la (ipotetica) eternità della materia, però si tratta di una eternità limitata alle sole particelle sub-atomiche, quelle che non hanno storia e restano sempre uguali a se stesse. Le strutture complesse (come gli esseri viventi, ma anche i corpi celesti) avendo una storia, devono avere anche, invitabilmente, una nascita e una morte. Ed il fatto che le particelle sub-atomiche che oggi compongono "me", un giorno andranno a costituire qualcosa d'altro non mi è di grande consolazione.
LUMEN


GRANDI RELIGIONI
Il problema delle grandi religioni è semplice ed insolubile allo stesso tempo. Siccome è tutto finto, quando le cose vanno bene, possono cavalcare l'onda, sostenendo qualunque posizione ritengano utile, tanto ci penseranno poi i teologi a trovare i riferimenti necessari nelle Sacre Scritture (dove, com'è noto, si può trovare qualsiasi cosa). Ma quando le cose vanno male, non hanno nulla di 'oggettivamente' vero a cui attaccarsi. Ed oggi il cattolicesimo si trova in quest'ultima situazione.
LUMEN

lunedì 17 maggio 2021

Il Piano Marshall

Qualcuno ha detto che “vincere la pace può essere molto più difficile che vincere la guerra” e le conferme nella storia non mancano.

Così, tanto per fare un esempio recente, non si può negare che il secondo dopoguerra del '900 sia stato notevolmente diverso dal primo. I motivi sono molti, ma uno dei più importanti – a mio avviso – è stato il diverso approccio dei vincitori nei confronti delle nazioni sconfitte,

Dopo la 1° guerra mondiale, infatti, agli sconfitti furono imposte pesantissime sanzioni per la riparazione dei danni di guerra, sanzioni che portarono poi ad ulteriori gravi  contrasti. Dopo la 2° guerra mondiale, invece, le nazioni sconfitte furono aiutate economicamente, con conseguenze molto migliori.

Uno dei pilastri di questo nuovo approccio più collaborativo è stato sicuramente il famoso Piano Marshall, al quale è dedicato il post di oggi.

Il testo è di Alessandro Leoni ed è tratto dal sito di Sollevazione.

LUMEN


<< Il Piano Marshall (sigla ufficiale “European Recovery Program” - E.R.P.), prende il nome dal suo dirigente [George Marshall], già Capo di stato maggiore interforze USA, noto per le sue spiccate qualità menageriali, ampliamente dimostrate durante l’intera vicenda bellica.

Il Piano era alimentato dallo Stato economicamente nettamente più potente [del mondo]: gli USA uscirono non solo militarmente vincitori nel conflitto ma anche e soprattutto come la nazione che da sola rappresentava circa il 50% dell’intero PIL mondiale.

Esso e rispondeva ad una serie organica di esigenze quali assicurare uno sbocco, a breve termine, della capacità produttiva americana rivitalizzando il commercio internazionale, soprattutto fra le due sponde atlantiche, obbiettivo con ogni evidenza non solo economico ma anche, se non soprattutto, politico-strategico.

Tanto più urgente se si voleva/doveva riequilibrare la forza militare dell’ URSS (nel 1945 le forze armate sovietiche contavano oltre 11 milioni di militari in armi) ed evitare che le componenti della “Sinistra classista” del vecchio continente affermassero se non la propria soggettiva “egemonia”, quanto meno una loro effettiva capacità d’influire nei propri rispettivi paesi (soprattutto Francia, Italia e, in parte anche Belgio e Danimarca, per non parlare della Grecia, già però quest’ultima in piena Guerra Civile).

Possiamo dunque affermare che proprio con il Piano Marshall nasce quella realtà internazionale che indichiamo, a ragione, “l’Occidente” (non solo quale riferimento geografico ma bensì Geo-Politico).

Il Piano americano viene pubblicamente ipotizzato e sostanzialmente annunciato in una conferenza all’ Università di Harvard il 5 Giugno 1947 tenuta proprio dall’uomo che darà il suo nome a tale iniziativa politico-economica (George Marshall, appunto) ed inizierà ad attivarsi all’inizio dell’anno successivo impiegando in “soli” tre anni (1948/1951) ben 12.731 Milioni di Dollari (dell’epoca!).

E’ importante segnalare che fruitori di questa grande operazione economica saranno praticamente tutti i paesi europei, compresi quelli come la Svezia, la Svizzera, il Portogallo, la Turchia che non avevano sostanzialmente partecipato al conflitto, mentre l’URSS e i suoi recenti alleati, ovvero i paesi dell’ Europa centro-orientale, ne resteranno “fuori” per motivi essenzialmente politici.

Vale la pena di soffermarsi sia sulle quote che ogni paese riceverà sia sul fatto che tali finanziamenti saranno sostanzialmente a “Fondo Perduto”: in ordine d’importanza: Gran Bretagna 3.297 milioni, Francia 2.296, Germania Ovest 1.448, ITALIA 1.204; seguono Svezia 347, Svizzera 250, Portogallo 70, ecc.

(Per l'Italia, però, vanno aggiunti i 100 Milioni che già nel gennaio del 1947 furono “donati” al Premier Alcide De Gasperi impegnatosi ad allontanare la Sinistra Classista (P.C.I. e P.S.I.) dall’ Esecutivo, cosa che puntualmente accadrà pochi mesi dopo il suo rientro a Roma).

Va aggiunto che i “finanziamenti”, torno a sottolineare a Fondo Perduto, pur essendo formalmente vincolati ad Investimenti Produttivi, (...) in realtà - non essendoci nessun effettivo (né formale, né sostanziale/concreto) strumento di controllo - furono in buona parte anche impiegati per rispondere alle pressanti urgenze/emergenze sociali nei vari stati sconvolti dai lunghi anni di guerra e distruzione.

Con la fine del 1951 terminò il Piano Marshall sia per le pressioni interne (ostilità dei Repubblicani) che, soprattutto, per l’avvenuto scoppio della Guerra di Corea.

E’ rilevante ricordare che l’opposizione delle Sinistre al Piano Marshall fu essenzialmente per motivi politico-ideologici, ovvero per il carattere nettamente Anti-Sovietico e perciò Anti-Comunista che l’ operazione ebbe in se fin dall’inizio del suo attivarsi.

Tuttavia allo stesso Palmiro Togliatti non sfuggì l’importanza degli effetti economici che tale operazione avrebbe avuto nello stimolare la Ricostruzione economica dell’ Italia nel contesto dell’ intera Europa Capitalista. >>

ALESSANDRO LEONI

martedì 11 maggio 2021

A tavola con l'Homo Sapiens

L'alimentazione dell'“homo sapiens” è ovviamente di tipo molto vario, ma anch'essa ha delle regole ben precise da seguire per una dieta sana, equilibrata ed intelligente.

Ce ne parla Fabio Vomiero in questo pezzo tratto dal sito 'Effetto Cassandra' (ora Medio Evo Elettrico).

LUMEN


<< Anche noi umani, esattamente come tutte le altre specie, siamo sottoposti a dei precisi vincoli biologici che stabiliscono sempre limiti e possibilità. Possediamo infatti un certo tipo di dentatura, di stomaco, di intestino, di enzimi salivari e digestivi, di microbiota intestinale, come elementi di un corredo fisiologico sostanzialmente di tipo onnivoro plasmato da una storia biologica di milioni di anni, fatta di continui cambiamenti ambientali e di conseguenti adattamenti nutrizionali determinati principalmente dalla disponibilità delle risorse.

Tuttavia, alcune evidenze scientifiche iniziano oggi ad emergere forti e chiare dalla stragrande maggioranza degli studi scientifici e in particolare dai lavori di meta-analisi più recenti.

La prima, per esempio, riguarda senz'altro la necessità, almeno nel caso della nostra attuale società occidentale palesemente ipertrofica, di una generale restrizione calorica, concetto che si traduce sostanzialmente nella raccomandazione di adottare una dieta più sobria, frugale, prevalentemente vegetariana e con il pesce eventualmente da preferire alle carni.

Seguono poi le indicazioni più squisitamente pratiche, come quelle di evitare, per quanto possibile, gli zuccheri semplici aggiunti, i dolci industriali, le bibite zuccherate, i succhi di frutta, di limitare al massimo l'uso di carni trasformate e lavorate, di moderare il consumo di carne in generale e in particolare di quella rossa, di limitare il consumo di bevande alcoliche (l'alcol è tossico, psicoattivo e cancerogeno), di consumare regolarmente frutta e verdura (cibi ricchi di micronutrienti, vitamine e sali minerali), senza esagerare con la frutta perchè ricca di zuccheri, e di consumare regolarmente anche legumi, frutta a guscio e olio extravergine di oliva di buona qualità.

É possibile anche variare l'apporto proteico con una moderata introduzione di prodotti lattiero-caseari, per i quali i dati attuali non evidenziano alcuna relazione dannosa dimostrata sulla salute, e delle uova, alimento molto interessante e ultimamente rivalutato proprio da studi molto recenti. Un'altra interessante e promettente indicazione, anch'essa emersa recentemente, è il consiglio di cercare di limitare il tempo in cui si distribuisce la nostra alimentazione giornaliera ad un massimo di 12 ore, lasciando pertanto un altrettanto intervallo di tempo disponibile per un digiuno pressochè completo.

Tutte queste linea guida sono oggi sostenute da decine di articoli scientifici peer review. (...) Da questi documenti si possono ricavare, per esempio, le frequenze giornaliere o settimanali con cui è consigliato consumare alcuni tipi di alimenti: una porzione di pasta o di riso al giorno, meglio se integrali, va generalmente bene. (...)

Per quanto riguarda invece l'apporto calorico giornaliero dato dai macro-nutrienti, esso viene indicativamente suddiviso in un 55% circa derivante dal consumo di carboidrati prevalentemente complessi e meglio se integrali, un 15% dalle proteine, con prevalenza di quelle vegetali e un 30% dai grassi, perlopiù monoinsaturi e caratteristici dell'olio extravergine di oliva.

La dieta è quindi un fattore estremamente importante e controllabile nell'ambito di uno stile di vita orientato al miglioramento e alla tutela del proprio stato di salute generale, il quale dovrebbe prevedere, tra l'altro, anche l'attività fisica, sociale e cognitiva, la riduzione dello stress e l'abolizione del fumo di tabacco.

Riuscire a stabilire una dieta ottimale non è per niente facile e probabilmente nemmeno possibile, anzi, pare ci siano dei buoni motivi per ritenere che, nell'ambito di una sorta di griglia di possibilità tracciata indicativamente dalla nostra predisposizione biologica, ci possano essere comunque dei discreti margini di tolleranza per l'implementazione di schemi alimentari anche diversificati, ma ugualmente efficaci. Alla fine, è sempre una questione di buon senso, equilibrio, consapevolezza e sostenibilità.

Dobbiamo perciò diffidare di tutte quelle diete troppo rigide e matematizzate, che tendono per esempio ad escludere totalmente importanti categorie di nutrienti, oppure, al contrario, a mitizzarne altre.

Parlando di carboidrati, per esempio, recentemente al centro di accesi dibattiti non sempre privi di venature ideologiche, bisogna precisare che c'è una sostanziale differenza tra un carboidrato complesso (polisaccaride) introdotto con il consumo di cereali, pane, pasta, riso - cibi che apportano oltretutto anche proteine di origine vegetale e soprattutto fibra - ed uno zucchero semplice, come per esempio il saccarosio (il normale zucchero). (...)

Inoltre, una buona quantità di carboidrati deve essere comunque garantita per evitare lo stato di chetosi e di ipercatabolismo delle proteine tissutali e assicurare soprattutto ai neuroni, agli eritrociti e alle cellule muscolari, la giusta quantità di glucosio necessaria per potere svolgere le loro importanti funzioni vitali.

Ma così come l'eccesso di carboidrati va certamente evitato, anche tutte le diete, peraltro oggi molto di moda, che tendono a preferire grassi e proteine a discapito dei carboidrati, non sono esenti da rischi (…).

Naturalmente poi, per avere anche un riscontro oggettivo che possa servire a "dimostrare" in qualche modo che il modello alimentare a cui si fa riferimento sia effettivamente salutare e che non si tratti soltanto di una convinzione soggettiva, basterebbe semplicemente guardare al proprio peso, alle proprie forme, al proprio stato di salute e di forma generale sul lungo periodo. (...)

Infine, i gravi problemi ecologici ed ecosistemici che si stanno rapidamente palesando ed accumulando, impongono necessariamente una riflessione anche sulla sostenibilità.

Una dieta come quella attuale, infatti, basata per esempio su un eccessivo consumo di carne, oltre che ad essere molto probabilmente pericolosa per la nostra salute, è assolutamente deleteria in termini di produzione di inquinanti, di contributo al riscaldamento globale e di tutela del benessere animale. >>

FABIO VOMIERO

mercoledì 5 maggio 2021

La cicala e la formica – 3

Si concludono qui le considerazioni di Gaia Baracetti sui limiti ed i difetti del risparmio finanziario (dal suo blog - terza e ultima parte).

LUMEN


<< La protesta dei risparmiatori non ruota attorno al fatto che i loro soldi sono stati spesi male nel senso di poco eticamente, o per progetti dannosi per l’ambiente o altri esseri umani: protestano semplicemente perché non ce li hanno più. Per quanto li riguarda, quindi, sarebbe forse stato meglio guadagnarne in modo immorale che perderli.

Esistono, in effetti, movimenti di disinvestimento da industrie dannose, come il carbone, e pare che abbiano anche un certo impatto. È uno dei casi in cui la pratica dell’investimento può essere più positiva che negativa, ma anche qui c’è un problema: chi ha più soldi influisce più di altri, che sia benintenzionato o no. Non è più “una persona, un voto” ma: “un euro, un voto”.

Torno al problema della delega in quanto tale. Negli articoli a difesa dei [piccoli] risparmiatori c’è un tema ricorrente: questi poveri vecchietti / pensionati / lavoratori sono stati truffati perché non potevano capire cosa stava succedendo ai loro soldi.

Ma allora, penso io, il problema è a monte, non nel singolo caso: perché la società incoraggia un sistema per il quale una persona dovrebbe guadagnare senza nemmeno sapere come? Il fatto che non capissero cosa stavano facendo, eppure lo facessero lo stesso, a me non sembra deporre a favore dei risparmiatori, ma contro il sistema.

Questo sistema, riassumendo, incoraggia le persone ad aspettarsi che i loro soldi crescano senza che loro facciano la minima fatica o si informino, premia chi è già ricco e, come abbiamo visto, premia anche non chi garantisce un investimento sicuro ma chi è più bravo a intortare persone disinformate.

La soluzione proposta più frequentemente è: puniamo chi frega, ma non chi è stato fregato. Ma chi è stato fregato è stato avido e pigro. E non mi sembra sia facile dimostrare che chi ha fregato era in mala fede, anche se adesso, forse sperando in un qualche sconto di pena, tutti si affrettano a dire che sì, loro erano in malafede, ma solo perché il loro superiore era ancora più in malafede di loro.

Inoltre, se il rendimento è una ricompensa del rischio, chi ha rischiato e perso non può pretendere un risarcimento tanto quanto non lo può pretendere chi ha giocato alle slot machine. Non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca: siccome il risparmio è già garantito, chi non si accontenta del risparmio e prendende l’investimento deve accettare che vada male.

È possibile che il sistema sia riformabile, ma io mi chiedo se valga la pena salvarlo e riformarlo, dato che anche se funzionasse meglio presenterebbe lo stesso tutti i problemi che ho elencato finora.

E io quindi non riesco a solidarizzare con i risparmiatori truffati non perché non abbiano subito, secondo i valori correnti della società, un torto, ma perché io non riconosco i valori secondo i quali questo torto è distinto dalla ragione. Per me sono sbagliate le premesse.

Qual è, allora, l’alternativa all’investimento e al risparmio? Accettiamo che il nostro sistema economico generi un surplus. Come ho detto, non bisogna esagerare con il surplus, perché quello che hai preso oggi dall’ecosistema non ce lo avrai domani e sì, dipendiamo ancora dagli ecosistemi. Ma un po’ di surplus ci rende sicuri. Che farne?

Il risparmio e l’investimento sono atti individuali che chiedono di essere tutelati dalla collettività. Un risparmiatore pensa per sé, al massimo per la famiglia. E, in fondo, cosa vuole? Leggete gli articoli in cui i giornalisti raccolgono, con evidente solidarietà, le lamentele delle vittime dei casi [di mala gestio].

I risparmiatori-investitori vogliono consumare senza lavorare i soldi per cui hanno lavorato prima più i soldi per cui hanno lavorato gli altri. Se avessero voluto solo i propri, e già questo è tanto in un mondo in crisi per colpa di tutti, allora non avrebbero investito, ma solo accantonato.

Ma c’è un’alternativa: mi è venuta in mente pensando ai cacciatori-raccoglitori, alla mia totale indifferenza verso la mia futura pensione, al dare addirittura per scontato che non ce l’avrò. Anziché investire per il proprio futuro, bisognerebbe investire nel futuro della collettività.

La società dev’essere sana, l’ambiente dev’essere sano, le risorse abbondanti: allora a nessuno mancherà niente. Vi sembra ingenuo? Forse è molto più ingenuo affidare i propri soldi a delle persone il cui successo dipende dal non far capire agli altri cosa ci stanno facendo.

L’unica risposta che io consideri giusta e conveniente alla crisi dell’investimento individuale è l’investimento collettivo. Possiamo ancora mettere da parte qualcosa per le spese impreviste o un po’ più grosse, ma non dovrebbe essere questa la nostra preoccupazione principale. La nostra preoccupazione principale dovrebbe essere mantenere i presupposti della nostra sopravvivenza e di quella di tutti.

Se paghiamo le pensioni degli altri, qualcuno pagherà le nostre; se curiamo chi sta male, verremo curati anche noi. Se abbiamo una buona idea, possiamo investire i nostri soldi nel nostro stesso lavoro. Se non ce l’abbiamo, possiamo trovarla nel lavoro altrui e sostenerla senza aspettarci di diventare ricchi per questo.

Se scegliamo l’idea migliore per tutti anziché la più redditizia per noi, nessun intermediario disonesto potrà truffarci, nessun problema imprevisto ci lascerà pieni di rabbia e di amarezza e senza nulla in mano. >>

GAIA BARACETTI