Un potere che voglia essere stabile non può basarsi solo sul monopolio della forza, ma ha bisogno anche di un certo consenso e quindi – per converso – della repressione del dissenso, che può essere non solo materiale ma anche mediatica.
Dei meccanismi con cui le elites cercano di screditare i dissenzienti si occupa il testo di oggi, scritto da Enrico Barone per il sito di Sollevazione.
LUMEN
<< Analizzando storicamente l’evoluzione delle società umane, è grossolanamente possibile affermare che è sempre stata una storia di scontri dialettici fra oppressori ed oppressi, fra dominanti e dominati, fra regnanti e sudditi: uno scontro continuo e dinamico in cui la classe dominante ha da sempre impegnato le proprie forze per mantenere il dominio sulle masse.
Dai romani ai giorni nostri, le forme di governo e le modalità con cui il dominio è stato esercitato sono cambiate notevolmente, ma la sostanza è rimasta pressoché inalterata: un’oligarchia di pochi esercita il proprio controllo sulla maggioranza degli individui sfruttando un potere violento e repressivo, evolutosi e affinatosi nel tempo.
Nell’ottica di conservare l’egemonia sulle masse e mantenere sopiti gli spiriti degli individui che le compongono, è un obiettivo imprescindibile creare consenso attorno all’ordine dominante ed inculcare negli oppressi l’idea che il sistema vigente sia il migliore possibile, la scelta necessaria, la più giusta, (...)
Come fare per raggiungere tale scopo? Le tecniche sono numerose, più o meno aggressive, tutte pervasive e mirano a penetrare la psiche delle persone per convincerle e soggiogarle - si badi bene - non per un fine oscuro e demoniaco, ma per un semplicissimo motivo: quello di mantenere lo status quo dell’ordine costituito al fine di continuare a perseguire guadagni e potere. (...)
Chi possiede concretamente il potere in epoca contemporanea (proprietari delle reti di comunicazione, dei social network, dei grandi fondi di investimento, delle banche mondiali, delle Big Pharma) vuole mantenerlo, e per farlo ha bisogno di inculcare nella popolazione l’idea che il sistema attuale sia non solo necessario, ma il migliore possibile.
Così vengono creati strumenti ad hoc per convincere tutti noi attraverso una massiva, intensiva e pianificata propaganda mediatica che ci accompagna dal giorno della nostra nascita fino alla tomba. Così si susseguono continue e perenni crisi e stati d’emergenza. (…) Peccato che molto spesso queste fantomatiche emergenze siano soltanto virtuali. (...)
Il risultato è quello di vivere in una fanta-realtà in cui tutto è possibile e nulla è non-vero, ed in questa babele creata ad hoc la salvifica via di uscita ci è offerta dagli stessi promotori delle crisi (e tutti noi ci caschiamo a piè pari). Il casus belli è servito da chi vuole la guerra ed ha bisogno del consenso mediatico e popolare per farla.
Il consenso è l’arma essenziale senza la quale il 'teatro degli orrori' messo in piedi dagli abili architetti dell’ordine crollerebbe rapidamente. Da sempre il consenso è uno strumento fondamentale per mantenere l’egemonia, ce lo insegnano Hitler, Mussolini, Stalin e prima ancora lo Stato Pontificio, che con la fede è riuscita a piegare un mondo intero alle proprie volontà. (...)
Nel XV e XVI secolo, gli eretici e i blasfemi furono perseguitati e spesso crudelmente uccisi in pubblica piazza. Ma chi era l’eretico, chi il blasfemo? Figure da stagliare nell’immaginario collettivo delle masse per terrorizzarle e tenerle mansuete, poco importava se l’eretico di turno dicesse fandonie o grandi verità.
È così vennero perseguitati geni indiscussi come Bruno, Campanella o Galilei, per citarne solo alcuni, la cui colpa era quella di diffondere verità inaccettabili per i vertici ecclesiastici interessati solo al buon funzionamento dell’ordine egemone.
Con l’accusa di eresia e la relativa pena non si compiva soltanto un mero atto giudiziario, ma si raggiungevano obiettivi ben più importanti e duraturi: creare paura e sospetto fra le persone, dividere i simili, alimentare l’odio e l’insofferenza reciproca e, soprattutto, distogliere l’attenzione dai veri carnefici, dai veri nemici.
Con lo stesso modus operandi, durante il ventennio fascista è stata creata la figura del dissidente, dell’oppositore al regime. Allo stesso modo coloro i quali venivano individuati come tali, sono stati perseguitati prima ed uccisi poi. (…) Allo stesso modo i nemici del regime sono stati utilizzati come esempi di inciviltà, ribelli negativi e nemici del popolo.
Così si è diffuso fra la popolazione un clima di terrore e diffidenza, e nonostante il sentore che qualcosa stesse andando per il verso sbagliato, la maggior parte delle persone ha preferito tacere e sopprimere le proprie idee pur di affrontare le conseguenze di una ribellione al partito unico.
Oggi, nonostante i tempi siano mutati e le tecniche di controllo si siano notevolmente evolute, non è cambiata la sostanza che regola i rapporti fra chi detiene il potere e chi lo subisce.
Oggi il complottista [o negazionista] è l’eretico del XV secolo, il dissidente dell’epoca fascista, seppur meno coraggioso! Oggi il dissenso viene screditato, e addirittura controllato, attraverso le continue accuse di complotto che vengono puntualmente rivolte a chiunque sia in contrasto con l’ordine politico-economico attuale. (...)
La riduzione a complotto di ogni analisi che non sia affiliata alla narrativa dominante è molto utile a chi vuole mantenere lo status quo: permette di eliminare rapidamente ogni pensiero d’opposizione e crea una guerra faziosa fra la plebe schierata in due contrapposte sezioni. >>
ENRICO BARONE