venerdì 30 luglio 2021

Le Elites e il consenso

Un potere che voglia essere stabile non può basarsi solo sul monopolio della forza, ma ha bisogno anche di un certo consenso e quindi – per converso – della repressione del dissenso, che può essere non solo materiale ma anche mediatica. 

Dei meccanismi con cui le elites cercano di screditare i dissenzienti si occupa il testo di oggi, scritto da Enrico Barone per il sito di Sollevazione.

LUMEN

 

<< Analizzando storicamente l’evoluzione delle società umane, è grossolanamente possibile affermare che è sempre stata una storia di scontri dialettici fra oppressori ed oppressi, fra dominanti e dominati, fra regnanti e sudditi: uno scontro continuo e dinamico in cui la classe dominante ha da sempre impegnato le proprie forze per mantenere il dominio sulle masse. 

Dai romani ai giorni nostri, le forme di governo e le modalità con cui il dominio è stato esercitato sono cambiate notevolmente, ma la sostanza è rimasta pressoché inalterata: un’oligarchia di pochi esercita il proprio controllo sulla maggioranza degli individui sfruttando un potere violento e repressivo, evolutosi e affinatosi nel tempo. 

Nell’ottica di conservare l’egemonia sulle masse e mantenere sopiti gli spiriti degli individui che le compongono, è un obiettivo imprescindibile creare consenso attorno all’ordine dominante ed inculcare negli oppressi l’idea che il sistema vigente sia il migliore possibile, la scelta necessaria, la più giusta, (...)

Come fare per raggiungere tale scopo? Le tecniche sono numerose, più o meno aggressive, tutte pervasive e mirano a penetrare la psiche delle persone per convincerle e soggiogarle - si badi bene - non per un fine oscuro e demoniaco, ma per un semplicissimo motivo: quello di mantenere lo status quo dell’ordine costituito al fine di continuare a perseguire guadagni e potere. (...) 

Chi possiede concretamente il potere in epoca contemporanea (proprietari delle reti di comunicazione, dei social network, dei grandi fondi di investimento, delle banche mondiali, delle Big Pharma) vuole mantenerlo, e per farlo ha bisogno di inculcare nella popolazione l’idea che il sistema attuale sia non solo necessario, ma il migliore possibile.

Così vengono creati strumenti ad hoc per convincere tutti noi attraverso una massiva, intensiva e pianificata propaganda mediatica che ci accompagna dal giorno della nostra nascita fino alla tomba. Così si susseguono continue e perenni crisi e stati d’emergenza. (…) Peccato che molto spesso queste fantomatiche emergenze siano soltanto virtuali. (...)

Il risultato è quello di vivere in una fanta-realtà in cui tutto è possibile e nulla è non-vero, ed in questa babele creata ad hoc la salvifica via di uscita ci è offerta dagli stessi promotori delle crisi (e tutti noi ci caschiamo a piè pari). Il casus belli è servito da chi vuole la guerra ed ha bisogno del consenso mediatico e popolare per farla.

Il consenso è l’arma essenziale senza la quale il 'teatro degli orrori' messo in piedi dagli abili architetti dell’ordine crollerebbe rapidamente. Da sempre il consenso è uno strumento fondamentale per mantenere l’egemonia, ce lo insegnano Hitler, Mussolini, Stalin e prima ancora lo Stato Pontificio, che con la fede è riuscita a piegare un mondo intero alle proprie volontà. (...)

Nel XV e XVI secolo, gli eretici e i blasfemi furono perseguitati e spesso crudelmente uccisi in pubblica piazza. Ma chi era l’eretico, chi il blasfemo? Figure da stagliare nell’immaginario collettivo delle masse per terrorizzarle e tenerle mansuete, poco importava se l’eretico di turno dicesse fandonie o grandi verità.

È così vennero perseguitati geni indiscussi come Bruno, Campanella o Galilei, per citarne solo alcuni, la cui colpa era quella di diffondere verità inaccettabili per i vertici ecclesiastici interessati solo al buon funzionamento dell’ordine egemone.

Con l’accusa di eresia e la relativa pena non si compiva soltanto un mero atto giudiziario, ma si raggiungevano obiettivi ben più importanti e duraturi: creare paura e sospetto fra le persone, dividere i simili, alimentare l’odio e l’insofferenza reciproca e, soprattutto, distogliere l’attenzione dai veri carnefici, dai veri nemici.

Con lo stesso modus operandi, durante il ventennio fascista è stata creata la figura del dissidente, dell’oppositore al regime. Allo stesso modo coloro i quali venivano individuati come tali, sono stati perseguitati prima ed uccisi poi. (…) Allo stesso modo i nemici del regime sono stati utilizzati come esempi di inciviltà, ribelli negativi e nemici del popolo.

Così si è diffuso fra la popolazione un clima di terrore e diffidenza, e nonostante il sentore che qualcosa stesse andando per il verso sbagliato, la maggior parte delle persone ha preferito tacere e sopprimere le proprie idee pur di affrontare le conseguenze di una ribellione al partito unico.

Oggi, nonostante i tempi siano mutati e le tecniche di controllo si siano notevolmente evolute, non è cambiata la sostanza che regola i rapporti fra chi detiene il potere e chi lo subisce.

Oggi il complottista [o negazionista] è l’eretico del XV secolo, il dissidente dell’epoca fascista, seppur meno coraggioso! Oggi il dissenso viene screditato, e addirittura controllato, attraverso le continue accuse di complotto che vengono puntualmente rivolte a chiunque sia in contrasto con l’ordine politico-economico attuale. (...)

La riduzione a complotto di ogni analisi che non sia affiliata alla narrativa dominante è molto utile a chi vuole mantenere lo status quo: permette di eliminare rapidamente ogni pensiero d’opposizione e crea una guerra faziosa fra la plebe schierata in due contrapposte sezioni. >> 

ENRICO BARONE


venerdì 23 luglio 2021

Sovrappopolazione: domande e risposte – 6

Obiezioni e risposte sul tema della sovrappopolazione, in un testo dell'associazione Umanitamtam (sesta parte). LUMEN.


<< 22) “Chi sostiene la limitazione delle nascite vuole una politica autoritaria, come quella del figlio unico in Cina!”

Tutto il contrario: chi vuole limitare le nascite ha l’obiettivo di evitare che regimi autoritari diventino in futuro una necessità. In Cina la politica del figlio unico (in vigore fino al 2013 e poi sostituita con elevate sanzioni in caso di un terzo figlio) fu attuata dopo i risultati catastrofici della cultura natalista promulgata dal regime di Mao Tze-Tung, che aveva rischiato di portare il paese al collasso.

Se diamo il via libera alla fertilità, in futuro sempre più governi del mondo, sopraffatti da questo problema, potrebbero vedersi costretti a politiche simili, con tutti gli orrori connessi: violazione della libertà, aborti forzati, infanticidi.

Se invece oggi conduciamo politiche di incentivazione non coercitive per ridurre la natalità, è molto più probabile che limiteremo l’uso di metodi autoritari in un secondo momento. In un modo o nell’altro, essendo la Terra una superficie limitata, dovremo fermare la nostra crescita. Farlo lentamente oggi e su base volontaria ci risparmierà il compito di doverlo fare domani forzatamente.

 

23) “Le persone non vogliono affrontare questo argomento, che le fa sentire irritate e offese!”

Ma meno di quanto si potrebbe temere. La maggior parte di persone è in grado di intendere la natura del problema della sovrappopolazione, se adeguatamente spiegato, e il necessario equilibrio fra libertà individuale e vincoli collettivi.

C’è un grosso divario fra gran parte dell’opinione pubblica, che non avrebbe problemi a discutere obiettivamente su questo argomento, e la posizione natalista, dichiarata della maggior parte dei politici, verosimilmente in malafede e al solo scopo di compiacere chi ha voglia di seguire il proprio istinto di fare quanti figli vuole indipendentemente da tutto.

Molte persone già sono preoccupate dal rischio di lasciare ai propri figli un mondo invivibile. L’idea di una moderazione demografica è quindi pronta per essere accettata dal pubblico, più di quanto creda la maggioranza dei leader politici. Nonostante l’opposta propaganda politica e religiosa, la riduzione della fertilità, pur in misura insufficiente, si sta già verificando in un certo numero di paesi sviluppati, Europa e Giappone in particolare.

 

24) “Le maggiori religioni, seguite da miliardi di persone, sono nataliste, quindi la diffusione della moderazione della fertilità è destinata a fallire!”

Non è detto. Nonostante di solito gli alti esponenti delle religioni più diffuse non si dicano d’accordo sulle politiche della moderazione della fertilità, analizzando i dogmi di quelle religioni si scopre che con tale moderazione essi non sono in contraddizione.

Comunque tutto questo è secondario. Le persone che davvero si comportano secondo la religione che dicono di professare sono in realtà poche (basti pensare a quanti sedicenti cattolici obbediscono al comandamento di santificare le feste ogni domenica, o arrivano vergini al matrimonio, o rinunciano a divorziare). La stragrande maggioranza di persone che dicono di appartenere a una religione in realtà forzano l’interpretazione dei dogmi di quella religione a seconda di come a loro piace comportarsi.

Dunque, più che affrontare la religione c’è da affrontare il fatto che semplicemente le persone vogliono fare figli. Ad esempio nessun cattolico, anche fra i più religiosi, fa figli per obbedire al comando “andate e moltiplicatevi” (fra l’altro pensandoci bene secondo la versione cattolica della Bibbia questo comando è stato dato da Dio a due persone, non necessariamente era rivolto a tutta l’umanità di tutte le generazioni future).

Fare figli è, per la maggior parte delle persone, un istinto naturale, che solamente dopo viene eventualmente giustificato con argomentazioni religiose o di altro tipo. La variabile importante non è la religione, ma l’istruzione: in media le persone più istruite tendono a fare figli solo se possono permetterselo economicamente, mentre le persone meno istruite fanno figli senza curarsi di questo aspetto.

L’educazione alla moderazione della natalità ha quindi poca presa sulle persone che hanno un’età alla quale, secondo le usanze della propria nazione, solitamente si fanno figli.

Infatti si tratta di un’età in cui il percorso di studi si è concluso, ammesso che un qualche percorso di studio sia stato intrapreso, e queste persone non sono affatto disposte a riconoscere la necessità di una decrescita della popolazione se questo è per loro un argomento nuovo, o comunque non sono disposte ad agire di conseguenza (verrebbe da dire che anziché al bene della collettività antepongono la propria famiglia, ma in realtà è anche la propria famiglia a subire danni derivanti da un inadeguato numero di figli).

Maggiori speranze possiamo riporre sulla sensibilizzazione e sull’istruzione dei più giovani. In ogni caso, la divulgazione dell’opportunità di una moderazione della natalità e dei danni che le nostre nazioni e il nostro pianeta stanno avendo e potranno avere in futuro, ha senso che sia rivolta a chiunque ed ha senso che inizi da subito, sperando di raggiungere ed educare il maggior numero di persone possibile: religiosi e non, adulti e giovani.


25) “Ormai è troppo tardi per agire!”

Certo che se a partire dagli anni ‘50 tutte le nazioni del mondo avessero cominciato a occuparsi della sovrappopolazione sarebbe stato molto meglio. Non possiamo sapere se vincerà l’intelligenza e lo spirito di responsabilità di chi ha capito il problema o l’ignoranza e l’ideologia dei natalisti. Sta di fatto che non abbiamo scelta: dobbiamo provare a rendere ancora possibili il benessere dell’ambiente e dell’umanità. Prima agiamo, meno drastici e liberticidi dovranno essere i rimedi da applicare. >>

UMANITAMTAM

(segue)

venerdì 16 luglio 2021

Sovrappopolazione: domande e risposte – 5

Obiezioni e risposte sul tema della sovrappopolazione, in un testo dell'associazione Umanitamtam (quinta parte). LUMEN.


<< 18) “Meglio 5 figli istruiti che uno scarsamente alfabetizzato!”

Questa obiezione è frutto della curiosa formulazione di ipotesi a senso unico, come se non ci potesse essere una famiglia con un bambino ben istruito o una famiglia con 5 figli somari e insensibili ai temi ecologici. In realtà anche queste sono ipotesi possibili: non c’è alcun motivo di supporre che i genitori di piccole famiglie educhino peggio i loro figli.

Quindi ha senso solo confrontare l’impatto ambientale delle due famiglie supponendo che l’educazione dei figli sia la stessa. Semplicemente 5 persone inquinano più di una. E se da adulti i figli ripetono lo stesso comportamento dei genitori, nel primo caso avremo un nipote, mentre nel secondo caso avremo 25 nipoti, con un impatto ambientale 25 volte maggiore.

 

19) “I poveri hanno solo la prole come ricchezza! Non possiamo stigmatizzarli!”

Non si tratta di stigmatizzarli, ma di risolvere un problema che affligge prima di tutto loro stessi. È possibile farlo attraverso l’educazione alla razionalità nella pianificazione familiare e attraverso l’educazione all’uso degli anticoncezionali.

Quanto a quest’ultimo aspetto, è comprensibile (di nuovo, non si tratta di una stigmatizzazione, ma di una constatazione) che fra le persone meno istruite la cultura dei contraccettivi sia poco diffusa, e che al tempo stesso sia impossibile arrestare su larga scala uno dei pochi passatempi disponibili. È quindi fra l’altro una buona forma di beneficenza finanziare la distribuzione di contraccettivi nei paesi poveri.

Il fatto che i poveri siano portati a pensare di avere solo la prole come ricchezza evidenzia il bisogno di un cambiamento. In effetti pensando ai paesi sottosviluppati di solito si ha in mente questo tipo di scenario (più o meno veritiero, a seconda della nazione considerata):

i figli non costano quasi nulla, perché non vanno a scuola e anzi sono utili perché aiutano nell’agricoltura

il sistema pensionistico non esiste o è molto carente e quindi i figli sono i soli che aiuteranno i genitori quando saranno vecchi

la mortalità infantile è alta, quindi conviene fare molti figli sperando che almeno alcuni di loro sopravvivano.

È ingiusto che i più poveri si vedano costretti alla strategia di fare figli in quanto strumenti per avere una vecchiaia serena o una manovalanza a basso costo. E oltre a essere ingiusto provoca il problema della sovrappopolazione (che va di pari passo con una maggiore povertà delle generazioni successive) e lo fa molto più che in passato: poiché la mortalità infantile, negli ultimi decenni si è abbassata, molti più figli raggiungono l’età della riproduzione, quindi abbiamo non un semplice aumento di persone, ma un aumento di persone che generano altre persone.

La diminuzione della mortalità infantile è stata la principale causa dell’esplosione demografica. È stato ed è un fattore che ampiamente compensa e anzi di gran lunga sovrasta la relativamente piccola diminuzione dei figli per ogni coppia. Alla triste e dannosa strategia dei figli come strumenti, è certamente preferibile la ricerca di un sistema scolastico che garantisca a tutti i bambini e ragazzi una buona istruzione, un buon sistema pensionistico e delle politiche di welfare per i meno abbienti.


20) “I contraccettivi presentano svantaggi ambientali e sanitari!”

Vero, i contraccettivi chimici (pillole, iniezioni, cerotti) possono dare problemi di salute. Danno anche problemi ambientali in quanto gli impianti di trattamento delle acque reflue (quando presenti) hanno difficoltà a farli scomparire, e sembra che la fauna dei nostri fiumi e laghi ne sia già vittima, in particolare gli anfibi (in cui sono stati notati cambio di sesso e altre anomalie dello sviluppo).

Inoltre gli involucri dei preservativi (in plastica o alluminio) ci mettono molto tempo a degradarsi in natura. La sterilizzazione chirurgica pone comprensibili problemi di accettazione, dato che ha conseguenze definitive (o reversibili con un nuovo intervento).

Ma non usare contraccettivi oggi porta a conseguenze peggiori, cioè un aumento della popolazione che prima o poi dovrà avere una limitazione. Se questa limitazione verrà limitata in futuro, quando il numero di esseri umani sarà molto maggiore di adesso, dovranno essere usati molti più contraccettivi di quanto necessario oggi.

È senz’altro necessario non rinunciare ai contraccettivi, ma promuovere la ricerca scientifica per eliminare o attenuare più possibile i problemi della contraccezione, essendo questa di fatto assolutamente necessaria; con questo non concordano cattolici e militanti di altre religioni, la cui speranza è convincere miliardi di persone ad avere rapporti sessuali solo quando si vuol fare figli, il che è con tutta evidenza pura utopia.


21) “È una questione privata: lo Stato non deve interferire!”

Il numero di abitanti di una nazione o di un pianeta sono questioni non solo private, ma con tutta evidenza anche collettive, dato il peso delle conseguenze. Ma anche volendola trattare come una questione solamente privata si dovrebbe eliminare l’attuale coinvolgimento dello stato attraverso politiche fiscali e sociali.

In molti stati i contribuenti sono obbligati ad aiutare le famiglie con più figli con assegni familiari, agevolazioni per le mense e riduzioni della tariffe per vari servizi pubblici. L’istruzione dei figli è gratuita indipendentemente dal loro numero in una famiglia. Quindi più figli una famiglia ha, più i contribuenti sono costretti a pagare per loro l’istruzione.

Ciò dovrebbe far pensare ala necessità di una certa moderazione; di sicuro è necessario non aggiungere all’infinito altre forme di vantaggio per le famiglie numerose. Ridurre, come sarebbe opportuno fare, determinati incentivi, non significa coinvolgere lo stato in maniera maggiore, ma minore.

È assurdo che su una Terra dove l’umanità ha raddoppiato la sua forza lavoro in soli 45 anni, gli stati prelevino tasse per incentivare la nascita di più figli, penalizzando invece chi ne ha pochi. Né logica né giustizia hanno a che fare con gli obiettivi di chi vuole incentivare la fertilità. >>

UMANITAMTAM

(segue)


venerdì 9 luglio 2021

Sovrappopolazione: domande e risposte – 4

Obiezioni e risposte sul tema della sovrappopolazione, in un testo dell'associazione Umanitamtam (quarta parte). LUMEN.


<< 15) “Per ridurre la fertilità è sufficiente migliorare la condizione delle donne tramite l’istruzione!”

No, non è sufficiente. È una delle cose da fare, non l’unica. Non si dovrebbero più sentire frasi come “Lo so che i miei figli sono tanti, ma mio marito li vuole, che ci posso fare?”.

Questo non toglie che l’educazione a una moderazione della fertilità possa essere dedicata anche agli uomini. Tutti devono essere consapevoli dei problemi che la sovrappopolazione porta al mondo, alle nazioni e alle famiglie. La cosa migliore è responsabilizzare tutti, nessuno escluso.


16) “L’agro-ecologia sarà in grado di alimentare anche 20 miliardi di persone!”

I principi dell’agro-ecologia sono già stati applicati in passato. Alcuni sono convenienti e quindi si usano ancora oggi: rotazione delle colture, coltivazione sullo stesso appezzamento di terreno di produzioni di diverso tipo, scelta delle culture a seconda del tipo di terreno, minor utilizzo possibile di acqua.

Altri principi dell’agro-ecologia venivano applicati in passato semplicemente perché consistono nel non usare ciò che al tempo non esisteva: fertilizzanti chimici e sofisticati macchinari. Si tratta di una rinuncia che oggi sarebbe certo non funzionale a nutrire più persone, e anzi diminuirebbe la produzione. Quindi no, l’agro-ecologia non permette né permetterà di alimentare 20 miliardi di persone.

I sostenitori dell’agro-ecologia come soluzione al problema della fame nel mondo basano la loro proposta su un sistema ideale, utopistico, in cui la produttività si ottiene estendendo al mondo intero esperienze svolte in piccola scala, su culture specifiche e in condizioni ottimali, con operatori sempre motivati e competenti, in un contesto economico protetto.

Ma la realtà del mondo agricolo è complessa: c’è da tenere conto di competenze diseguali, terreni inadatti, vincoli economici, guerre, dittature, eventi climatici eccezionali. Infine, di nuovo, non esiste solo la questione di sfamare tutte le persone presenti nel pianeta. Occorre farle vivere in armonia con l’ambiente, senza che per coltivare sempre di più si abbattano altre foreste.

A questo la coltivazione non intensiva non contribuisce più di quella industriale. Sarà un’ottima cosa aumentare la pratica dell’agro-ecologia, ma potremo permetterci di farlo solo dopo che la popolazione mondiale sarà diminuita di molto.


17) “Con gli alimenti che il primo mondo spreca potrebbero essere sfamati i paesi poveri!”

No, per niente. Se anche riuscissimo nell’impossibile impresa di eliminare gli sprechi nel primo mondo, questo non sarebbe di alcun aiuto al terzo mondo. Viene istintivo, a un primo sguardo superficiale, pensare che il cibo sprecato nel primo mondo potrebbe essere spedito nel terzo mondo. Ma se consideriamo la deperibilità dei prodotti e i costi dei trasporti, ci accorgiamo che è impraticabile.

Ha invece senso inviare ai paesi poveri denaro per finanziare iniziative locali (molto meglio se per mettere questi paesi in condizione di autosostentarsi da un certo momento in poi piuttosto che fornire un aiuto a breve termine, che dev’essere costantemente ripetuto).

Lo spreco è una cosa antipatica, ma è inevitabile dove c’è benessere. I livelli di spreco sono il risultato dell’industrializzazione dell’agricoltura, che ha fortunatamente ridotto i costi di produzione, consentendo a un numero maggiore di persone di alimentarsi senza cadere in povertà.

Anche volendo vedere isolatamente lo spreco come qualcosa di fastidioso, non si può fare a meno di notare che se la popolazione aumenterà, si produrrà più cibo, quindi anche lo spreco aumenterà, secondo logiche che riguardano l’economia sia aziendale che familiare: la causa principale degli sprechi è il prezzo basso dei cibi, in particolare quelli confezionati, gran parte dei quali viene buttato via perché il costo della sua prolungata conservazione sarebbe maggiore del guadagno ricavabile dalla vendita.

Dal punto di vista economico, e talvolta anche ecologico, è meglio accettare che ogni tanto, per un errore di valutazione, capiti di buttare via del cibo rispetto a imporre una rigorosa precisione nella quantità di cibo da comprare, il che comporterebbe dover prendere più spesso l’automobile per andare a fare la spesa.

Analogamente per un supermercato rischiare di esaurire le scorte significherebbe rischiare di scontentare i propri clienti, e siccome è impossibile bilanciare con estrema precisione domanda e offerta, e fare tanti piccoli ordini sarebbe impossibile e sconveniente da un punto di vista logistico, economico e ecologico, l’azienda preferisce per sicurezza eccedere nelle quantità di alimenti ordinati al grossista, sapendo che parte di essi supereranno la data di scadenza senza essere acquistati e verranno quindi buttati via.

Il tutto non costituisce alcuno svantaggio né mancato vantaggio per i paesi poveri. Altro discorso sono le iniziative locali: ad esempio a volte i clienti di un supermercato possono mettere alcuni dei prodotti alimentari appena acquistati in un apposito contenitore situato vicino all’uscita, che serve alla raccolta di cibo destinata agli indigenti della stessa città.

Inoltre le associazioni che localmente si occupano di indigenti possono ricevere in dono dai supermercati prodotti che hanno oltrepassato la data del termine minimo di conservazione (cncetto diverso da “data di scadenza”). Tutto questo non c’entra con l’eliminazione degli sprechi a favore dei paesi del terzo mondo e tanto meno è un argomento che autorizza a sottovalutare il problema della sovrappopolazione. >>

UMANITAMTAM

(segue)

venerdì 2 luglio 2021

Dall'oro alle reliquie

Sono stati molti, e diversi tra loro, i materiali che l'umanità, nella sua storia, ha utilizzato come moneta, per favorire una migliore circolazione delle merci e delle ricchezze che venivano prodotte.

In genere, i cambiamenti si verificavano per motivi pratici, legati alla disponibilità dei materiali utilizzati, ma una delle sostituzioni più curiose avvenne con il passaggio dall'Impero Romano al Medioevo.

Ce ne parla Ugo Bardi nel testo che segue, tratto dal sito Medioevo Elettrico.

LUMEN.


<< I romani [dell'Impero] avevano soldi: li coniavano. Avevano il controllo delle più ricche miniere di metalli preziosi del mondo antico, nella regione settentrionale della Hispania. Lì, decine di migliaia di schiavi, forse centinaia di migliaia, erano impegnati (…) nel processo di frantumazione della roccia in sabbia per estrarre i minuscoli granelli d'oro e argento che conteneva.

Con l'oro e l'argento che estraevano, i romani pagavano le loro legioni. Poi, le legioni invadevano le regioni al di fuori dell'Impero e catturavano schiavi che avrebbero estratto più oro per pagare più legioni. E, finché le miniere producevano, i romani avevano oro in abbondanza, anche se molto veniva inviato in Cina e in altre regioni dell'Asia per pagare i beni di lusso che importavano e che facevano funzionare la macchina economica dell'impero. Perché esista un impero, il denaro è tutto. (…)

Poi, le cose hanno iniziato ad andare storte, come sempre succede. Per l'Impero Romano, il controllo di un territorio che si estendeva dalla Britannia alla Cappadocia richiedeva un apparato militare enormemente costoso e stava diventando sempre più difficile trovare abbastanza soldi per il compito.

Non abbiamo notizie quantitative sulla produzione delle miniere di metalli preziosi in epoca romana, ma, dai dati archeologici, sembra che l'esaurimento fosse già un problema durante i primi secoli dell'Impero. È tipico delle risorse minerari: non si esaurisce nulla all'improvviso, ma il costo dell'estrazione continua ad aumentare. (…) La discesa iniziò circa all'inizio del 2° secolo d.c.. Un secolo dopo, le miniere imperiali avevano cessato di produrre qualsiasi cosa.

Non si sarebbero mai riprese. Niente oro, niente impero. Il crollo minerario portò quasi alla fine dell'impero durante il terzo secolo. Era una serie di effetti che si rinforzavano a vicenda.

L'oro inviato in Cina non poteva essere sostituito dall'estrazione mineraria. Quindi, meno oro significava meno truppe, il che significava meno schiavi, e questo, a sua volta, significava ancora meno oro. Il risultato fu una serie di guerre civili, invasioni straniere, disordini e declino economico generale. (…)

Quando l'Impero Romano svanì, fu sostituito in Europa dall'era che chiamiamo Medioevo. Quindi, le persone si sono trovate con un grosso problema: come tenere unita la società senza i metalli preziosi necessari per coniare denaro? E, peggio ancora, senza un mercato dove quei soldi che avrebbero potuto essere spesi? Il Medioevo era un periodo di piccoli regni frammentati e villaggi sparsi, ma c'era ancora bisogno di un sistema commerciale che spostasse le merci. Ma come crearlo senza soldi in metallo?

I nostri antenati medievali hanno risolto il problema in modo creativo con un tipo di denaro completamente nuovo. Era basato sulle 'reliquie'. Sì, le ossa di santi uomini, raccolte meticolosamente, autenticate e rilasciate dall'autorità del tempo, la Chiesa cristiana. Non solo le reliquie erano rare e ricercate, ma potevano anche fornire un servizio che nemmeno l'oro romano poteva fornire quando era abbondante: la salute sotto forma di interventi divini.

Queste reliquie erano una forma di denaro virtuale ma, in fondo, tutto il denaro è virtuale. Anche una moneta d'oro promette qualcosa (ricchezza) che di per sé non può garantire a meno che non esista un mercato dove poterla spendere. E il fatto che il denaro possa essere speso dipende dal fatto che le persone credano che sia denaro "vero", un atto di fede.

Allo stesso modo, una reliquia è un oggetto virtuale che non ha valore in sé. Promette qualcosa (salute) che può arrivare se ci credi. Era, ancora una volta, un atto di fede basato sulla convinzione che i piccoli pezzi di osso che le reliquie contenevano provenissero effettivamente dal corpo di un sant'uomo del passato.

La bellezza del sistema monetario basato sulle reliquie era che le reliquie non venivano "spese" nei mercati. Potevi possedere reliquie, ma potevi concedere i loro benefici per la salute ad altri e conservarle comunque. In altre parole, potevi spendere i tuoi soldi (mangiare la tua torta) e averla ancora! Il mercato delle reliquie era gestito principalmente da istituzioni pubbliche come monasteri e chiese. Possedevano le reliquie più preziose ed erano i luoghi in cui i pellegrini accorrevano per essere guariti dalla potente aura sacra che queste reliquie emanavano.

Il sistema commerciale del Medioevo si è evoluto in gran parte attorno alle reliquie. Il viaggio è stato incoraggiato sotto forma di pellegrinaggi ai luoghi santi, e questo creava un'economia di scambio basata sulla carità. Un consumo cospicuo semplicemente non era possibile nell'economia relativamente povera del Medioevo.

Di conseguenza, la filosofia cristiana ha de-enfatizzato il consumo e ha condannato la disuguaglianza sociale. La virtù più alta per una persona medievale era quella di sbarazzarsi di tutti i suoi beni materiali e vivere un'austera vita di privazione. Certo, era più teorico che pratico, ma alcune persone lo mettevano in pratica per davvero: basti pensare a San Francesco.

Il sistema funzionò perfettamente fino a quando nuove miniere di metalli preziosi nell'Europa orientale iniziarono a funzionare nel tardo Medioevo e ciò riportò la valuta metallica in Europa. >>

UGO BARDI