Questo post è dedicato all'attuale situazione geo-politica del Vicino Oriente (Palestina e dintorni), un territorio storicamente martoriato, nel quale si ha sempre un'impressione strana: non che tutti abbiano ragione, ma che tutti abbiano torto.
Le considerazioni che ho riportato, opera di diversi autori, sono tratte dal web.
Le considerazioni che ho riportato, opera di diversi autori, sono tratte dal web.
Non vi auguro 'buona lettura', perché si tratta di un post che avrei di gran lunga preferito non fare.
LUMEN
CONFLITTI SENZA FINE
Perché Israele e’ in conflitto continuo con gli arabi? Perché gli israeliani sono in conflitto perenne al proprio interno.
Sono divisi in gruppi più o meno religiosi che si scannano per le rispettive parrocchie rabbiniche, e non c’è alcun dubbio che il conflitto esterno sia una conseguenza inesorabile. Un popolo stracolmo di conflitti interni non può vivere in pace, con chiunque venga in contatto.
Lo stesso dicasi per il mondo arabo. E’ diviso in nazioni, correnti, tribù, chi più ne ha e più ne metta, in perenne conflitto per il dominio, per cui entrerà inevitabilmente in conflitto con qualsiasi cosa sia diverso.
E’ esattamente la stessa cosa che ho detto per gli israeliani. Nemmeno il mondo arabo e islamico può davvero vivere senza conflitti con l’esterno, perché ne ha troppi al suo interno.
Chiaramente, se metti a contatto due culture stracolme di conflittualità interne, otterrai solo guerra.
Sono divisi in gruppi più o meno religiosi che si scannano per le rispettive parrocchie rabbiniche, e non c’è alcun dubbio che il conflitto esterno sia una conseguenza inesorabile. Un popolo stracolmo di conflitti interni non può vivere in pace, con chiunque venga in contatto.
Lo stesso dicasi per il mondo arabo. E’ diviso in nazioni, correnti, tribù, chi più ne ha e più ne metta, in perenne conflitto per il dominio, per cui entrerà inevitabilmente in conflitto con qualsiasi cosa sia diverso.
E’ esattamente la stessa cosa che ho detto per gli israeliani. Nemmeno il mondo arabo e islamico può davvero vivere senza conflitti con l’esterno, perché ne ha troppi al suo interno.
Chiaramente, se metti a contatto due culture stracolme di conflittualità interne, otterrai solo guerra.
URIEL FANELLI
LA TRAGEDIA DEL LIBANO
LA TRAGEDIA DEL LIBANO
La situazione del Libano, da alcuni decenni a questa parte, è catastrofica. Un tempo era stato la Svizzera (e la Montercarlo) del Vicino Oriente: tollerante, civile, cosmopolita e, insomma, uno dei posti migliori in cui andare. In seguito è divenuto un autentico, miserabile inferno e nel 2020 ha anche dichiarato fallimento (...)
Tutto cominciò con l’invasione dei profughi palestinesi. I libanesi commisero l’imprudenza di accoglierli (diversamente da quanto sta facendo attualmente l’Egitto) e presto quelli si comportarono da padroni (come prima avevano fatto in Giordania, da dove erano stati scacciati a cannonate).
Tormentarono talmente Israele che alla fine Gerusalemme invase il sud del Libano fino al fiume Litani. Solo per tenerli lontani. E in seguito, come conseguenza di una prodezza di Hezbollah, Israele invase e semidistrusse l’intero Paese. Fino a provocare un intervento per istituire un contingente militare internazionale, di cui fa parte anche l’Italia, che mantenesse la pace.
Il piccolo Stato non si è mai liberato di due croci: i palestinesi e Hezbollah il quale, longa manus di Teheran, è ormai militarmente più forte dello stesso esercito libanese.
Tutto cominciò con l’invasione dei profughi palestinesi. I libanesi commisero l’imprudenza di accoglierli (diversamente da quanto sta facendo attualmente l’Egitto) e presto quelli si comportarono da padroni (come prima avevano fatto in Giordania, da dove erano stati scacciati a cannonate).
Tormentarono talmente Israele che alla fine Gerusalemme invase il sud del Libano fino al fiume Litani. Solo per tenerli lontani. E in seguito, come conseguenza di una prodezza di Hezbollah, Israele invase e semidistrusse l’intero Paese. Fino a provocare un intervento per istituire un contingente militare internazionale, di cui fa parte anche l’Italia, che mantenesse la pace.
Il piccolo Stato non si è mai liberato di due croci: i palestinesi e Hezbollah il quale, longa manus di Teheran, è ormai militarmente più forte dello stesso esercito libanese.
GIANNI PARDO
UNO STATO PARTICOLARE
UNO STATO PARTICOLARE
L’ambito fondativo dello Stato ebraico è il sionismo, ed il sionismo è una dottrina politico-religiosa formulata da Theodor Herzl nel pieno dell’età del colonialismo imperialistico europeo, al pari del pangermanesimo e del panslavismo, più o meno coeva alla Conferenza di Berlino del 1878, presieduta da Bismarck che per dirimere la questione balcanica inaugura de facto l’età dell’imperialismo europeo.
Con ciò, si badi bene, non intendiamo dire che il sionismo abbia caratteri omologhi a quelli delle altre ideologie citate, ma che esso pone, in un futuro Stato ebraico (…) come requisito di cittadinanza l’appartenenza religiosa.
Con ciò regredendo, rispetto allo “jus publicum europeum” di alcuni secoli. ‘E noto che l’epoca delle guerre di religione in Francia, che hanno segnato il periodo più sanguinoso della storia europea, si conclude con l’editto di Nantes del 1598 promulgato da Enrico IV di Borbone, che riconosce ai calvinisti francesi, detti ugonotti, il diritto di professare la propria religione senza più discriminazioni e minacce da parte della maggioranza cattolica.
Si stabilisce così (salvo le riserve determinate dalla cultura del tempo, per cui i protestanti potevano disporre all’interno dello stato francese di una propria forza armata a garanzia della propria incolumità, diritto poi revocato in una fase successiva) che il requisito della cittadinanza non è più la confessione religiosa.
In seguito, fatto salvo in Francia e non solo, il principio del monopolio della forza quale condizione della statualità, che fonda l’ordinamento giuridico su territorio, popolazione e potere sanzionatorio, il diritto di cittadinanza viene svincolato dal dato confessionale ed integrato nella successiva dottrina dello Stato giusta i principi razionalisti ed illuministi
Il sionismo fa un obiettivo passo indietro, teorizzando uno Stato in cui la pienezza dei diritti è legata alla religione ebraica.
Con ciò, si badi bene, non intendiamo dire che il sionismo abbia caratteri omologhi a quelli delle altre ideologie citate, ma che esso pone, in un futuro Stato ebraico (…) come requisito di cittadinanza l’appartenenza religiosa.
Con ciò regredendo, rispetto allo “jus publicum europeum” di alcuni secoli. ‘E noto che l’epoca delle guerre di religione in Francia, che hanno segnato il periodo più sanguinoso della storia europea, si conclude con l’editto di Nantes del 1598 promulgato da Enrico IV di Borbone, che riconosce ai calvinisti francesi, detti ugonotti, il diritto di professare la propria religione senza più discriminazioni e minacce da parte della maggioranza cattolica.
Si stabilisce così (salvo le riserve determinate dalla cultura del tempo, per cui i protestanti potevano disporre all’interno dello stato francese di una propria forza armata a garanzia della propria incolumità, diritto poi revocato in una fase successiva) che il requisito della cittadinanza non è più la confessione religiosa.
In seguito, fatto salvo in Francia e non solo, il principio del monopolio della forza quale condizione della statualità, che fonda l’ordinamento giuridico su territorio, popolazione e potere sanzionatorio, il diritto di cittadinanza viene svincolato dal dato confessionale ed integrato nella successiva dottrina dello Stato giusta i principi razionalisti ed illuministi
Il sionismo fa un obiettivo passo indietro, teorizzando uno Stato in cui la pienezza dei diritti è legata alla religione ebraica.
NELLO DE BELLIS
VIVERE IN UN IMPERO
VIVERE IN UN IMPERO
La sfortuna dei palestinesi (...) si coglie innanzi tutto ripercorrendo la loro storia. Come si sa, l'Impero Ottomano è stato estremamente esteso ed è nato ben prima che nascessero le coscienze nazionali.
In quel tempo era molto più importante che si fosse cristiani o musulmani, cattolici o ortodossi, che si parlasse l’una o l’altra lingua e per il resto era secondario che politicamente si facesse capo all’una o all’altra potenza. Non esisteva ancora il concetto di nazione.
E questo stato di cose era anche in parte l’eredità dell’Impero Romano che riuniva sotto di sé tante regioni, anche molto diverse ma con pari dignità, purché sottoposte a Roma. Prova ne sia che durante l’Impero gli imperatori spesso sono stati di nazionalità (diremmo oggi) diversa da quella romana. Non solo ce ne furono più d’uno spagnoli, ma ce ne fu persino uno arabo.
Nello stesso modo, nell’immenso Impero Ottomano contava più la comune religione musulmana che l’essere nati in Albania, in Iraq o in Palestina. E questo cosmopolitismo estendeva la sua tolleranza anche alle altre religioni: prova ne sia che quando los Reyes Católicos scacciarono gli ebrei dalla Spagna, più o meno al tempo della scoperta dell’America, è nell’Impero Ottomano che essi trovarono rifugio. (…)
Per tutte queste ragioni, salvo che nei decenni recenti, sarebbe stato ozioso chiedersi a chi appartiene – o deve appartenere – la Palestina. Per un tempo lunghissimo la risposta è stata: a Istanbul. E per il resto c’era posto per chiunque volesse abitarci.
E così è stato anche dopo che l’Impero Ottomano si è dissolto, alla fine della Prima Guerra Mondiale. La grande novità che ha creato il nodo gordiano che oggi abbiamo sotto gli occhi si è avuta dopo la Seconda Guerra Mondiale. (…)
Questo dramma che sembra eterno, questo fanatismo religioso, e questo odio che sembra così radicato, sono fenomeni così recenti, immotivati e feroci, che non si riesce affatto a capirli. Ma bisogna prenderne atto.
In quel tempo era molto più importante che si fosse cristiani o musulmani, cattolici o ortodossi, che si parlasse l’una o l’altra lingua e per il resto era secondario che politicamente si facesse capo all’una o all’altra potenza. Non esisteva ancora il concetto di nazione.
E questo stato di cose era anche in parte l’eredità dell’Impero Romano che riuniva sotto di sé tante regioni, anche molto diverse ma con pari dignità, purché sottoposte a Roma. Prova ne sia che durante l’Impero gli imperatori spesso sono stati di nazionalità (diremmo oggi) diversa da quella romana. Non solo ce ne furono più d’uno spagnoli, ma ce ne fu persino uno arabo.
Nello stesso modo, nell’immenso Impero Ottomano contava più la comune religione musulmana che l’essere nati in Albania, in Iraq o in Palestina. E questo cosmopolitismo estendeva la sua tolleranza anche alle altre religioni: prova ne sia che quando los Reyes Católicos scacciarono gli ebrei dalla Spagna, più o meno al tempo della scoperta dell’America, è nell’Impero Ottomano che essi trovarono rifugio. (…)
Per tutte queste ragioni, salvo che nei decenni recenti, sarebbe stato ozioso chiedersi a chi appartiene – o deve appartenere – la Palestina. Per un tempo lunghissimo la risposta è stata: a Istanbul. E per il resto c’era posto per chiunque volesse abitarci.
E così è stato anche dopo che l’Impero Ottomano si è dissolto, alla fine della Prima Guerra Mondiale. La grande novità che ha creato il nodo gordiano che oggi abbiamo sotto gli occhi si è avuta dopo la Seconda Guerra Mondiale. (…)
Questo dramma che sembra eterno, questo fanatismo religioso, e questo odio che sembra così radicato, sono fenomeni così recenti, immotivati e feroci, che non si riesce affatto a capirli. Ma bisogna prenderne atto.
GIANNI PARDO