Torno
ad ospitare il grande biblista americano Bart Ehrman perché, in
materia di religione, ha sempre cose molto interessanti da
raccontare.
Il
post di oggi è dedicato ad uno dei suoi ultimi libri - “E Gesù
diventò Dio” - in cui traccia il lungo percorso teologico subito
dal personaggio di Gesù Cristo, che da semplice profeta, e quindi
uomo, ha finito per diventare una delle tre persone della SS Trinità,
e quindi un dio.
La
recensione, scritta da Michele Martelli, è tratta da Micromega.
LUMEN
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Ancora oggi, la pietra angolare delle tre «religioni del libro»
restano i testi sacri: se essa cede, viene giù tutto l’edificio.
Perciò clero e teologi hanno da sempre difeso a denti stretti la
«verità storica» dei loro testi. Ma è tale verità difendibile
alla luce delle più recenti e agguerrite ricerche storiografiche?
Una risposta chiara e semplice a questa domanda, (…) riguardo al
cristianesimo, è offerta da un recente libro dello storico
neo-testamentario statunitense Bart D. Ehrman, “E Gesù diventò
Dio” (…): una ricerca impostata in modo scientifico e laico,
estraneo all’apriorismo apologetico di tante storie sacrali e
provvidenzialistiche del cristianesimo.
Subito
una premessa. Ehrman non appartiene alla schiera degli studiosi
«mitisti», per i quali Gesù non è mai esistito, e la sua figura
sarebbe un’invenzione, un «mito», una leggenda. La tesi di Ehrman
(…) è che Gesù sia davvero esistito, ma che la sua biografia sia
storicamente riducibile a quella di un predicatore ebreo apocalittico
della Galileia, che annunziava l’imminente fine del mondo e
l’inizio del Regno di Dio sulla terra, di cui egli stesso sarebbe
stato il Re. Perciò, processato per crimine di ribellione contro lo
Stato romano, fu condannato e crocifisso.
Tale
peraltro egli appare nei tre vangeli sinottici (Marco, Matteo, Luca),
scritti circa 40 anni dopo la sua morte, dove non afferma mai di
essere Dio. A conferma che questa era ancora l’opinione diffusa tra
i suoi primi seguaci e le prime comunità cristiane. Ma allora come e
quando Gesù diventò Dio? Si è trattato di un lungo e tortuoso
processo storico, durato circa tre secoli, e conclusosi col Concilio
di Nicea, nel 325 e.v., che Erhrman nella sua ricerca scandisce in
tre tappe o fasi, spesso tra loro intersecate.
A)-«L’esaltazione
di Cristo in cielo», il suo elevamento al rango divino, accanto a
Dio Padre.
Qui
va detto che la credenza in «uomini divini», – ossia di dèi che
diventano uomini, o di uomini che diventano dèi, o di semidèi nati
da un dio e da un mortale,– è diffusissima sia nella mitologia e
cultura greco-romana antica (vedi le continue incarnazioni di Zeus e
altri dèi, le figure semidivine di Achille, Enea, Ercole, ecc., o la
divinizzazione di grandi re e condottieri, come Romolo, Alessandro
Magno, – a suo tempo venerato come «Figlio di Zeus», – o degli
imperatori romani da Cesare e Augusto Ottaviano in poi venerati come
«Figli di Dio» o «Dio» stesso), sia nella stessa Bibbia ebraica e
negli apocrifi (vedi le frequenti apparizioni terrene di Dio e dei
suoi angeli, la vicenda dei «figli di Dio» che s’accoppiano con
donne mortali per generare Giganti semidivini, nonché le figure
divine o semidivine di Enoch, Mosè, Davide, Elia, ecc.).
Ecco
perché, nel clima culturale giudaico e greco-romano, dove non c’era,
come oggi, discontinuità tra mondo umano e mondo divino, «Gesù
risorto» poté essere dai suoi seguaci facilmente esaltato e
venerato come «Figlio di Dio», o «Figlio dell’Uomo» (forse non
tutti sanno che nella Bibbia questa figura designa il Messia,
l’inviato divino che assume sembianze umane per annunziare e
instaurare il Regno di Dio in terra), o infine come «l’Angelo del
Signore» (è la cristologia che, secondo Ehrman, prevale nelle
Lettere paoline). Resta fermo che nei Vangeli sinottici Gesù non
dice mai di essere Dio, ma solo appunto, genericamente, Messia, cioè
inviato di Dio. L’equiparazione Dio/Cristo appare solo nel quarto
Vangelo, attribuito a Giovanni, e scritto presumibilmente alla fine
del primo secolo, quindi molto dopo la morte di Gesù.
B)-«La
fede nella Resurrezione di Gesù».
Se
la sua tomba è vuota, – si ipotizza, – Gesù è fisicamente
risorto, e se è risorto, non essendo più tra noi (a differenza di
Lazzaro, che, pur resuscitato dalla morte, rimase mortale), allora è
asceso al cielo, riassumendo la sua originaria natura divina. A parte
le contraddizioni e l’inverificabilità delle narrazioni
evangeliche, presumibilmente ingigantite e distorte, – osserva
l’autore, – col passaparola, per via della tradizione orale,
l’ipotesi più verosimile, a suo parere, è che il corpo di Gesù,
come era consuetudine dei dominatori romani, sia stato gettato in una
fossa comune. Peraltro, decomposto e divenuto irriconoscibile, non
avrebbe potuto nemmeno essere trafugato dai suoi discepoli, già
scappati nella lontana Galilea per sfuggire all’arresto. Ne
consegue che tutti i racconti devoti sull’ascensione di Cristo (=
Unto, inviato del Signore, sinonimo greco dell’ebraico «Messia»)
e le sue riapparizioni ai discepoli appartengono all’ambito del
fideismo, del magico e miracoloso che esula dalla ricerca storica e
scientifica. Qui l’agnosticismo dell’autore domina sovrano.
C)-«La
fede nell’Incarnazione», a completamento della Resurrezione.
Se
Gesù è risorto dalla morte, e ora siede accanto a Dio, era dunque
Dio fatto uomo, Dio incarnato. Ma Gesù aveva una natura solo umana,
o solo divina, o umana e divina insieme? Dio è uno o trino? Come può
Dio essere Padre e Figlio di se stesso? Cristo è Dio subordinato e
posteriore al Dio Padre o è a lui coeterno e consustanziale, e in
che senso? Domande insolubili dalla ragione umana se non irrazionali,
e perciò spesso coperte col velo pietoso del «mistero», ma su cui
si invischia il dibattito teologico nel secondo e terzo secolo, tra
ortodossi ed eretici, in un processo a zig zag, in cui l’ortodosso
di oggi diventa l’eretico di domani e viceversa. E che si conclude,
seppur provvisoriamente, col Concilio di Nicea, convocato e
presieduto, dopo la sua improvvisa conversione, dall’imperatore
Costantino. Il quale, individuando nel cristianesimo oramai la sola
efficace forza unificante dell’impero già in disgregazione, aveva
in precedenza emanato a Milano il famoso Editto pro-cristiani del
313.
Con
Costantino, il suo Editto e il Concilio di Nicea, il conflitto durato
tre secoli tra cristianesimo e paganesimo si risolve a favore del
primo, ma non era solo di natura religiosa, (in fondo, ambedue le
religioni prevedevano un mondo divino a forma di piramide, con una
miriade di essere divini, semidivini e angelici al servizio di un
solo Dio, variamente interpretato, ma comunque posto al vertice della
piramide) bensì soprattutto un conflitto politico, essendo il
cristianesimo l’unica religione a rifiutare il rango divino e
l’obbedienza assoluta all’imperatore romano. Da ciò le
persecuzioni. Senza la conversione di Costantino, il suo Editto
pro-cristiani, e il Concilio niceno, vicende che segnano l’iniziale
elevazione del cristianesimo a unica religione di Stato, i cristiani
sarebbero probabilmente rimasti una piccola e ininfluente setta
religiosa minoritaria dell’impero.
Con
Costantino, lo scontro secolare, come scrive Ehrman, tra «le due
uniche figure» del mondo imperiale romano chiamate col nome di
«Figlio di Dio», o, in diverso modo, Dio stesso, cioè «Gesù e
l’imperatore», si volse a favore del primo: «da divinità rivale
di Gesù l’imperatore si trasformò in suo servitore», e la
minoranza cristiana, «perseguitata perché si rifiutava di onorare
l’imperatore divino» divenne «maggioranza persecutrice, con
l’imperatore nel ruolo di servo del vero Dio».
Insomma,
a me sembra che, dal punto di vista di una storia scientifica, laica
e desacralizzata, più che il «come» (le questioni di fede e le
controversie teologiche) a noi interessi il «quando» Gesù, un
umile e oscuro predicatore apocalittico giudeo, diventò veramente
Dio, o «Figlio di Dio» e «Dio incarnato». E la storia dimostra
che, paradossalmente, lo diventò davvero (nella coscienza e
nell’opinione pubblica collettiva, si intende) quando lo decise
l’imperatore. Per volontà di Costantino. Che per ragioni
politiche, per rinsaldare l’unità dell’impero e il suo stesso
potere assoluto, si convertì, emanò l’Editto di Milano e volle il
Concilio di Nicea e l’unità dei cristiani intorno al Credo niceno,
iniziando di fatto a imporre il cristianesimo come religione di
Stato. Fu la sua statalizzazione imperiale la vera svolta del
cristianesimo, che ne segnò in modo indelebile tutta la storia
successiva. >>
MICHELE
MARTELLI