sabato 29 dicembre 2018

Punti di vista - 2

SURPLUS
<< La necessità di immagazzinare la produzione attuale in vista del futuro nasce, stando a quanto ho letto, con l’agricoltura.
Le società di cacciatori e raccoglitori semplicemente si spostano (ciclicamente) seguendo le loro fonti di cibo. Se non ne prelevano eccessivamente, c’è qualcosa da mangiare anche per l’anno dopo.
L’investimento, quindi, non consiste nell’accumulo, ma nello sforzo di contenere collettivamente il proprio prelievo. Si investe in un ambiente sano e in una popolazione stabile, e ci sarà sempre abbastanza per tutti.
Le società agricole, invece, sono per definizione sedentarie. Inoltre sono in grado di generare un surplus, un eccesso di cibo rispetto a quello che serve in una data annata, e di immagazzinarlo nell’eventualità di un periodo di crisi futuro.
Secondo alcuni (Jared Diamond è l’esempio più famoso), le diseguaglianze nascono proprio da qui: una volta che vi è un surplus, servirà qualcuno che lo controlli, lo difenda e lo distribuisca. Da qui nascono gerarchie, burocrazie, stati, diseguaglianze economiche e sociali. >>
GAIA BARACETTI


EMPATIA
<< Nel bambino piccolo l’empatia è pressoché nulla. Né molto più grande è quella del selvaggio, con buona pace di Jean-Jacques Rousseau.
Gli indiani d’America avevano l’abitudine di uccidere i prigionieri con la tortura o usandoli come bersagli per i bambini che dovevano allenarsi con l’arco e le frecce.
L’empatia è una conquista dell’adulto e soprattutto dell’uomo civile. Ma, per l’appunto, il bambino non è né un adulto né un uomo civile. >>
GIANNI PARDO


CASE E GRATTACIELI
<< La propensione a edificare costruzioni su più piani, seppure inconsapevolmente e fortuitamente, è il sistema che l’essere umano ha escogitato per potersi riprodurre più di quanto la disponibilità di suolo del pianeta gli avrebbe consentito.
La nuova tendenza del villaggio globale a crescere in altezza con grattacieli sempre più alti persegue anch’essa il medesimo fine?
È probabile, ma pur con tutti questi espedienti i limiti della sostenibilità prima o poi verranno raggiunti, ed allora il “redde rationem” non potrà che essere triste e doloroso.>>
BRUNO SEBASTIANI


ECONOMIA CINESE
<< In questi trenta anni, la Cina è enormemente cresciuta grazie ad esasperate pratiche di “reverse engineering” ma anche grazie ad accordi commerciali con le aziende occidentali che decidevano di delocalizzare nel loro paese e che prevedevano l’obbligo cella condivisione dei segreti tecnologici.
Oggi la Cina non è più la grande fabbrica per prodotti ‘low cost’ del mondo: non più jeans, giocattoli e mattoni a buon mercato, ma anche prodotto ‘high tech’ ed a livelli decisamente buoni. (…)
In questo c’è tanto l’effetto dello spionaggio industriale quanto lo sviluppo della ricerca locale, senza dimenticare l’accesso privilegiato alle c.d. “terre rare”, indispensabili per questi prodotti e delle quali la Cina detiene circa il 90% dei giacimenti attualmente attivi.>>
ALDO GIANNULI


SOFT POWER
<< Il XXI secolo, tecnologico e permissivo, ha bisogno di un sistema di potere allucinogeno: le masse devono essere convinte di godere di ampie libertà, nonché di avere grandi possibilità individuali.
Un esercito di finti ‘pezzi unici’, sospinti però verso comportamenti, gusti, reazioni assolutamente comuni e previste.
È il principio del ‘soft power’, che agisce per linee interne, a livello subliminale, persuasivo, per coazione a ripetere, mostrando e imponendo modelli, ottenendo senza violenza fisica comportamenti o attitudini di proprio gradimento. (…)
Ciò che chiamiamo politicamente corretto è una accattivante confezione di preconcetti basata su un unico postulato: l’uguaglianza quasi paranoica, ossessiva, superstiziosa, che diventa uniformità, gabbia inviolabile.
Timoroso di se stesso, l’uomo mette a confronto la sua percezione di fatti, il proprio principio di realtà, inevitabilmente diverso dalla visione ufficiale, e censura se stesso, si considera cattivo, malvagio in quanto giudica altrimenti, e, nella maggioranza dei casi, si conforma, sino a introiettare come giusto e vero quello che il suo proprio convincimento rifiuterebbe. >>
ROBERTO PECCHIOLI

sabato 22 dicembre 2018

Questioni di Bioetica

Una delle discipline umanistiche più emergenti, oggi, è sicuramente la ‘bioetica’, definibile come lo studio delle questioni sociali e morali legate alle ricerche più avanzate della biologia e della medicina.
Secondo Wikipedia << La bioetica ha carattere inter-disciplinare e coinvolge la filosofia, la filosofia della scienza, la medicina, la bioetica clinica, la biologia, la giurisprudenza, il bio-diritto, la sociologia e la bio-politica, nelle diverse visioni morali atee, agnostiche, spirituali e religiose. >>
Quelle che seguono sono alcune considerazioni sull’argomento di Alessandro Gilioli, che ci invita a non chiudere gli occhi di fronte alle novità più sorprendenti, e soprattutto a non farci spaventare troppo, solo perché non le comprendiamo pienamente.
LUMEN


<< L'estate scorsa uno studioso di bioetica e storia della medicina, Gilberto Corbellini, propose di ragionare attorno ai possibili effetti positivi dell'ossitocina nel mitigare l'astio, il livore, l'egoismo e l'aggressività degli esseri umani, anche in relazione ai montanti sentimenti di paura verso il diverso, razzismo e xenofobia. Il professore fu sotterrato da titoloni al limite dell'insulto, specie da parte dei giornalisti e dei politici che devono il proprio successo esattamente a quei sentimenti che ogni giorno rinfocolano e senza i quali dovrebbero trovarsi un altro lavoro, più onesto e meno remunerato.

Ovviamente il professore non voleva "drogare" nessuno (…). Chiedeva invece di ragionare - su un giornale di tecnologia - attorno al rapporto tra un problema sociale abbastanza innegabile - vi piace vivere in una società in cui tutti odiano tutti, vuoi per categoria vuoi per età vuoi per etnia o altro? - e quello che può fare la scienza per mitigarlo.

Del resto, è difficile negare che il Prozac sia stato una delle più grandi rivoluzioni del XX secolo, così come altri farmaci e/o supporti che hanno cambiato l'esistenza di milioni e milioni di persone, dalla pillola anticoncezionale al Viagra, per dire solo quelli più diffusi.

Insomma, se mettiamo da parte l'ideologia anti-scientista (che ai suoi eccessi porta dritto al no vax, al rifiuto delle trasfusioni o peggio) abbiamo già accettato da decenni che la scienza possa cambiare in meglio la nostra vita e anche l'essere umano. La domanda è solo quanto. Quanto lo accettiamo, anzi quanto lo desideriamo. Per stare meglio, per allungare ma soprattutto allargare la nostra esistenza, ridurne la sofferenza fisica o psichica (e anche migliorare la nostra socialità, che ha una grande rilevanza nella famosa piramide dei bisogni).

Tutta questa pippa perché qui non si difende solo Corbellini - a cui va tutta la mia stima per aver posto il problema sfidando un tabù - ma anche He Jiankui, il genetista di Shenzhen di cui si è parlato in questi giorni per l'editing del DNA con cui avrebbe reso una neonata più resistente ad alcune infezioni, tra cui Hiv e colera.

Intendiamoci, in questo caso la difesa non è dello scienziato specifico, il cui successo è ancora da verificare. Magari è un cialtrone in cerca di pubblicità, non lo so. Quello che però difendo è il principio, cioè l'apertura alle innovazioni biotech che possano migliorare quel legno storto che è l'essere umano, sia dal punto di vista fisico sia da quello psichico.

Come sapete, la questione è tutt'altro che nuova e anzi si pone da una trentina d'anni. C'è chi ci vede il futuro del post genere umano, chi la considera una follia da Frankenstein contemporanei. (…) In linea generale, tuttavia, è curioso che la politica - il cui fine dovrebbe essere quello di migliorare l'esistenza - snobbi la questione, la risolva con un'alzata di spalle. Atteggiamento che peraltro non potrà tenere a lungo, perché a un certo punto le possibilità aperte dal biotech costringeranno le società a prendere posizione e soprattutto a prendere decisioni.

Un editing del DNA per sconfiggere preventivamente la depressione è consentito? E se sì, deve essere pagato addirittura dal Sistema sanitario nazionale come oggi viene passata gratis la Paroxetina? Oppure questo è "drogare" le persone, alterarne la 'ipsissima res’ che secondo alcuni è sacra così come l'ha concepita il Padretereno, anche se porta sofferenza?

Oggi, leggendo del caso cinese, vedevo che diversi scienziati lo deprecano perché avrebbe l'effetto di aumentare «la paura e l'ostilità già diffuse» nei confronti di questi esperimenti. Può darsi, in effetti. Siamo tutti per natura conservatori di fronte a innovazioni così radicali e sensibili, di cui capiamo poco e che potrebbero avere effetti ancora ignoti. Del resto la scienza ha sempre proceduto per errori, quindi errori si verificheranno anche nell'editing del dna, è inevitabile.

Poi però, come per miracolo, l'ostilità diventerà accettazione, ed anzi desiderio, quando la possibilità di cambiamento in meglio riguarderà direttamente noi, il nostro handicap, la nostra sofferenza, le nostre malattie - o quelle dei nostri figli. >>

ALESSANDRO GILIOLI

venerdì 14 dicembre 2018

A qualcuno piace caldo - 2

Torno a parlare del riscaldamento globale causato dall’uomo, perché il problema diventa sempre più grave con il passare del tempo e, nonostante la buona volontà (quanto meno a parole) di molti Stati, appare sempre più difficile da affrontare e fermare.
I numeri dicono infatti che per la mitigazione del cambiamento climatico potrebbe già essere troppo tardi e che – se non ci riusciamo – diventerà sempre più difficile conservare almeno una parte del benessere raggiunto.
Il pezzo che segue, scritto da Dario Zampieri, è stato pubblicato dal sito Risorse Economia Ambiente.
LUMEN


<< L’8 ottobre 2018 è stato diffuso (…) il rapporto speciale IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sul Riscaldamento Globale di 1,5°C. (…) Il rapporto deriva dall’esame di oltre 6000 articoli scientifici peer reviewed (verificati dai pari, cioè da altri scienziati) frutto del lavoro di migliaia di scienziati del clima e di revisione da parte dei governi di tutto il mondo.

Un riscaldamento planetario di [soli] 1,5°C rispetto al periodo pre-industriale – oggi siamo a circa +1°C globalmente, ma in alcune aree come l’Italia settentrionale siamo già a oltre il doppio – era stato l’auspicio con cui nel 2015 ben 195 governi avevano concluso il Trattato di Parigi, successivamente rimesso in discussione da alcuni, come il neopresidente del governo degli USA.

Il nuovo rapporto, passato abbastanza inosservato nei media italiani, è in realtà ciò che i giornali stranieri più autorevoli definiscono Last Call, l’Ultima Chiamata. Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiederebbe “rapide e lungimiranti” transizioni in molti settori quali suolo, energia, industria, edilizia, trasporti, e pianificazione urbana. Entro il 2030 le emissioni di anidride carbonica nette globali prodotte dall’attività umana dovrebbero diminuire di circa il 45% rispetto ai livelli del 2010, raggiungendo lo zero intorno al 2050.

Questi cambiamenti senza precedenti però non bastano. Nella seconda metà del secolo l’anidride carbonica già emessa dovrebbe essere rimossa dall’atmosfera, con tecnologie che per ora sono a livello sperimentale. Peccato che secondo alcuni autorevoli scienziati non potranno mai essere applicate alla necessaria scala planetaria.

Il nuovo rapporto dimostra con i numeri che abbiamo appena 12 anni per restare sotto i +1,5°C, altrimenti già dal 2030 entreremo nel target successivo di +2°C o forse più, che avrebbero effetti catastrofici sul pianeta ma soprattutto sulle infrastrutture costruite dall’uomo, cioè su quello che permette la cosiddetta civiltà.

Per chi non ne avesse mai sentito parlare, in sintesi il problema climatico è questo: estraendo dal sottosuolo gli idrocarburi che si sono formati in molte decine di milioni di anni dalla trasformazione della materia organica intrappolata nei sedimenti e bruciandoli in poche decine di anni, l’umanità ha usato l’atmosfera come una vera e propria discarica, modificandone la composizione chimica. Ad oggi il tenore di anidride carbonica è di circa 410 parti per milione (varia leggermente con le stagioni), un valore che per cause naturali esisteva circa 3,5 milioni di anni fa.

Da misure dirette dell’aria contenuta nelle bolle dei ghiacci polari sappiamo che negli ultimi 800.000 anni il tenore non ha mai superato le 300 parti per milione, anche nei periodi interglaciali più caldi (oggi siamo in periodo interglaciale). Prima dell’era industriale era di circa 280 parti per milione. Il problema è che l’anidride carbonica è il principale gas serra, in grado di trattenere l’energia riflessa dalla Terra verso lo spazio.

Se i cambiamenti climatici sono sempre avvenuti anche prima della comparsa di homo sapiens, la novità è che la velocità con cui sta avvenendo il presente riscaldamento è da 1000 a 10.000 volte più elevata rispetto a quella dei cambiamenti geologici. Inoltre non c’erano sul pianeta 7,5 miliardi di umani con le loro esigenze in termini di consumo di energia, di cibo e di risorse.

Ogni settimana compaiono sulle principali riviste scientifiche mondiali articoli ‘peer reviewed’ che attribuiscono all’uomo la principale causa del presente cambiamento climatico e che mettono in guardia sulle terribili conseguenze che ne possono derivare se non interveniamo subito smettendo di usare i combustibili fossili. Non si può continuare a crescere in un pianeta finito. Bruciando i fossili abbiamo stretto un patto faustiano col diavolo. In cambio di tanta energia a buon mercato stiamo rendendo il pianeta incompatibile con la civiltà.

I numeri dicono che per la mitigazione del cambiamento climatico è oramai troppo tardi, non resta che prepararci all’adattamento ad un clima ostile al presente modello economico. Se vogliamo conservare almeno una parte del benessere raggiunto è necessario modificare il nostro stile di vita, ma subito, perché ogni ritardo nel cambiamento comporterà oneri aggiuntivi negli anni successivi.

Tuttavia l’adattamento non è una passeggiata, richiede risorse nonché scelte politiche precise e purtroppo dolorose, perché non esistono alternative all’uso dei fossili che permettano di mantenere il tenore di consumi attuale e che tutti auspicano invece di aumentare. Dalla pubblicazione del rapporto al Club di Roma “I Limiti dello sviluppo”, nel 1972, che si sta rivelando terribilmente esatto nelle previsioni, sappiamo razionalmente cosa bisogna fare. Ma non possiamo farlo ! >>

DARIO ZAMPIERI

sabato 8 dicembre 2018

Il genio di Darwin – 11

(Dal libro “Perché non possiamo non dirci darwinisti” di Edoardo Boncinelli” – Undicesima ed ultima parte. Lumen)


<< Qualcuno potrebbe argomentare che anche la vita nel suo complesso (…) è un “habitus vivendi”, che va avanti sorretto, ma non determinato dalle informazioni genetiche ed è un impromptu che si rinnova ogni giorno: come dire un'improvvisazione programmata. Ci sono però delle differenze.

Lo stupore che coglie chi osserva la messa in scena della vita a partire dall'informazione genetica ha un certo numero di gradi, molto diversi fra di loro. Che un virus riesca a far fare alla cellula che lo ospita — sia essa batterica, vegetale o animale — quello a cui mira non desta una grande sorpresa: c'è un rapporto diretto fra le poche ma precise istruzioni genetiche portate dal virus e quello che accade alla cellula ospite dopo l'infezione da parte del virus.

Anche per un batterio il rapporto fra le sue istruzioni genetiche e la sua «vita» non si presenta così difficile da concepire. Via via che si sale la cosiddetta scala evolutiva le cose si complicano un po', ma ciò avviene per gradi, così che non c'è ragione di ipotizzare alcuna discontinuità nelle possibili spiegazioni.

Il segreto degli esseri viventi, che li differenzia da ogni oggetto inanimato ma anche da ogni altro processo o sistema dinamico, come un uragano o un'eruzione vulcanica, risiede nel fatto che in ciascuna delle loro cellule è contenuto un genoma, vale a dire una raccolta di istruzioni biologiche che ispirano e talvolta controllano le loro attività.

Ogni essere vivente possiede una doppia realtà, il suo corpo e il suo genoma. Una roccia è una roccia. Un organismo è un organismo più il suo genoma, in cui risiede l'identità di ogni particolare organismo, ma è chiaro che le istruzioni in esso contenute devono essere lette e applicate. Questo è il compito delle strutture biologiche, costituite prevalentemente di proteine, presenti nell'organismo stesso.

Occorre quindi un genoma in congiunzione con le strutture cellulari, come dire un libretto di istruzioni e qualcosa che lo legga, lo interpreti e lo attualizzi.

Anche le strutture cellulari sono state prodotte sulla scorta delle istruzioni di un genoma, appartenente allo stesso organismo o a quello che lo ha preceduto — anche il lettore è quindi figlio del libretto di istruzioni — ma le scale temporali sulle quali è scandita la loro vita sono diverse, molto diverse.

Le strutture cellulari nascono e scompaiono nel giro di ore o di giorni e «vedono» il genoma da cui derivano e che poi contribuiscono a interpretare come incredibilmente stabile e quasi eterno. Noi sappiamo che anche il genoma cambia nel tempo, cioè evolve, ma per far questo impiega decine e centinaia di migliaia di anni. Rispetto agli organismi delle varie generazioni è sostanzialmente eterno.

Forse tutta la vita sta in questo gioco di relazioni fra entità storiche di almeno due tipi diversi: il genoma che cambia solo molto lentamente e le strutture cellulari che hanno al contrario una vita effimera. Nessuna di queste due entità potrebbe esistere senza l'altra.

Dentro gli organismi sono presenti insomma i prodotti di due storie, parallele ma non indipendenti, che trasmettono continuità diverse e che si dipanano su scale temporali molto differenti. Da ciò deriva l'impressione di stabilità nella variazione, che è un po' la cifra del vivente. >>

EDOARDO BONCINELLI

sabato 1 dicembre 2018

Punti di vista - 1

FICHES E BANCONOTE
<< Un pacchetto di banconote di grosso taglio è visto come un bene concreto da tutti, mentre in realtà è un mucchio di promesse che potrebbero anche non essere mantenute, a causa dell’inflazione o di un cambio di moneta da parte dello Stato.
Ma la suggestione dell’“oggetto denaro” è invincibile.
E infatti i casinò obbligano astutamente i giocatori a cambiare il denaro con “fiche”, perché le “fiche” non sembrano denaro e gli sciocchi le perdono più facilmente che se dovessero mettere sul tavolo verde autentiche banconote.
E questo soltanto perché quei pezzetti di plastica “visivamente” non sembrano denaro.>>
GIANNI PARDO


GIORNALISTI
<< In un post precedente si parlava della vita di Salgari, uno che si è suicidato perché non riusciva a campare col suo mestiere di scrittore.
Ecco, nella sua epoca non erano molti gli Italiani in grado di scrivere, eppure la professione non consentiva lauti guadagni.
Figurarsi oggi che una buona parte degli Italiani ha una formazione scolastica sufficiente e che tutti gli Italiani hanno gli strumenti per scrivere e pubblicare i propri scritti, come dimostra questo modesto ‘blogghettino’.
La realtà è che chiunque può fare il giornalista. (…) Quale può essere la conseguenza? Che per campare uno scrive per chi lo paga.
Per chiunque lo paghi. Per scrivere qualsiasi cosa il committente richieda. >>
LORENZO CELSI


PRESCRIZIONE
<< La prescrizione del reato è la rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva, in considerazione del tempo trascorso dalla commissione del reato.
L'istituto è disciplinato dal codice penale (art. 157 e ss.) e trova fondamento nel fatto che, a distanza di molto tempo, si ritiene che venga meno l'interesse dello Stato sia a punire un comportamento penalmente rilevante, sia a tentare il reinserimento sociale del reo. (…)
La lunghezza del nostro processo penale, articolato fino a tre gradi di giudizio, fa sì che siano molti i reati per i quali scatta la prescrizione, talvolta nonostante il riconoscimento della colpevolezza del reo in più gradi di giudizio. (…)
Negli Stati Uniti, a differenza che in Italia, il periodo di tempo necessario perché il reato si estingua deve essere decorso interamente prima dell'inizio del processo al momento del deposito dell'accusa.
Se il processo viene iniziato la prescrizione non può verificarsi più, quale che sia la durata del processo stesso. >>
ORIZZONTE 48


NATURA SELVAGGIA
<< Le telecamere [dei documentari] ci rassicurano sul fatto che ci sono vaste aree selvagge in cui la fauna selvatica continua a prosperare. (…)
[Ma] i ‘documentaristi’ che conosco, e che riprendono la fauna selvatica, mi dicono che lo sforzo di ritrarre ciò che sembra un ecosistema incontaminato diventa più difficile ogni anno.
Devono scegliere sempre più attentamente i loro angoli di ripresa per escludere le prove della distruzione in atto e viaggiare sempre più lontano per trovare i paradisi che ritraggono.
Come conseguenza, i documentari ci inducono automaticamente ad una fallacia induttiva (classificabile come ‘generalizzazione indebita’), che ci induce a credere che le splendide scene che vediamo siano la norma sul pianeta, e non in realtà l’eccezione. >>
DARIO FACCINI


DIRITTO DI ASILO
<< Io penso che l’Italia sia più che piena, straripante, che per non morire tutti di fame o qualche altra catastrofe in un tempo non tanto lontano dobbiamo decrescere più rapidamente possibile, sia di numero che come consumi, e uno dei modi meno crudeli di farlo sia dire: basta, adesso non entra più nessuno.
Nemmeno i richiedenti asilo. Il diritto di asilo è una creazione umana, e come tutte le creazioni umane può finire quando le circostanze lo richiedono.
Se può essere un’idea generosa accogliere qualcuno che è perseguitato nel suo paese, adesso i perseguitati sono troppi e i numeri non lo consentono più: tra guerre, crisi economiche, disoccupazione di massa e catastrofi ambientali i potenziali richiedenti asilo sono miliardi, e ognuno con, dal suo punto di vista, ottime ragioni per scappare e venire accolto.
Mi sembra evidente che tutti i richiedenti asilo attuali, per non parlare dei potenziali, non ci possono fisicamente stare né in Italia né in Europa.
L’Italia e l’Europa, contrariamente alla percezione degli aspiranti migranti, sono terre stremate dalla distruzione dell’ambiente (…) e dallo sfruttamento eccessivo delle risorse.>>
GAIA BARACETTI