venerdì 28 maggio 2021

Scripta manent

Verba volant, scripta manent” dicevano i latini, per sottolineare la maggior importanza del testo scritto rispetto alla semplice comunicazione verbale.

E proprio all'importanza della scrittura e delle sue tecniche nella storia della civiltà (dal papiro al computer) sono dedicate le riflessioni che seguono.

I due testi, brevi ma interessanti, sono opera di Marco Pierfranceschi e sono tratti dal suo blog 'Mammifero Bipede'.

LUMEN


<< Le antiche civiltà del bacino del Mediterraneo, dagli egizi ai romani, utilizzavano come supporto alla scrittura fogli ricavati dal papiro, un materiale estremamente semplice, economico e relativamente facile da produrre. Grazie a questo tipo di supporto i libri erano molto diffusi in ogni strato sociale, e veicolavano una diffusione capillare della cultura.

Nell’Europa medioevale, tuttavia, il papiro fu sostituito dalla pergamena: pelli di animali trattate e lasciate ad essiccare. Un supporto pressoché indistruttibile ma costosissimo, che ridusse grandemente sia la possibilità di accedere a testi scritti che l’alfabetizzazione di massa.

La cultura della pergamena era entrata in sinergia con il verticismo della cultura religiosa dominante europea, il cristianesimo, che coltivava la finalità di conservare (e controllare) uno specifico sapere.

Ma, come diretta conseguenza del ‘sequestro’ religioso del veicolo culturale rappresentato dalla scrittura, si ebbe in Europa un rallentamento complessivo nell’evoluzione tecnica e scientifica, cosa che non avvenne, invece, nel mondo arabo, che aveva da tempo iniziato un fiorente commercio con la Cina, dove era stata inventata la carta.

La cultura della carta faticò a penetrare in Europa ma, quando ciò avvenne, a cambiare nuovamente le carte in tavola provvide un’ulteriore innovazione: la stampa a caratteri mobili.

Il mondo arabo, grazie alla carta, era stato culla di un’esplosione culturale durata diversi secoli. Tuttavia la scrittura calligrafica araba non si prestava altrettanto bene degli alfabeti derivati dal latino all’impiego della stampa a caratteri mobili.

Ciò ne causò una stagnazione culturale durata anch’essa diversi secoli. Analoga sorte toccò alle civiltà orientali, la cui scrittura, basata su una molteplicità di ideogrammi ed incompatibile con la praticità della stampa in serie, non poté giovarsi altrettanto prontamente dell’invenzione di Gutenberg.

La scrittura, la carta, la stampa a caratteri mobili, e più di recente la meccanizzazione, l’alfabetizzazione di massa, le tecnologie informatiche, possono essere definite come ‘vettori culturali’. Non producono cultura, ma ne facilitano la diffusione, accorciano le distanze, facilitano lo scambio di informazioni ed idee.

Grazie ad esse la cultura contemporanea, grazie agli sviluppi informatici, popola l’equivalente di un super-continente dalle distanze estremamente ridotte, dove le informazioni si accumulano e trasferiscono a velocità mai viste prima, interessando una popolazione enorme.

Questo ha prodotto un’accelerazione delle innovazioni e delle trasformazioni culturali mai raggiunta prima. >>


<< La sete di sapere dell’umanità ha origini molto antiche. (…) Prima la memoria degli anziani, poi il disegno, la scrittura, quindi la stampa, oggi i supporti informatici.

Se guardiamo alla storia dell’umanità (non quella fatta unicamente di guerre, stragi ed imperi che ci insegnano a scuola) vediamo nettamente come ogni civiltà (perlomeno nella fase di massima maturità), abbia prodotto sapere in forme tramandabili, consapevole dell’importanza della conoscenza quale strumento privilegiato per far fronte alle novità ed alle trasformazioni degli scenari sociali ed internazionali.

Oggi abbiamo raggiunto apici inimmaginabili anche solo pochi decenni fa, scenari che nessuno scrittore di fantascienza, almeno prima degli anni ottanta, ha osato teorizzare. Il futuro, ancora una volta, ci è piovuto addosso da una direzione inaspettata e ci ha colto alla sprovvista. Il sapere è tutt’intorno a noi, ma non abbiamo un’idea precisa di come organizzarlo, gestirlo, sfruttarlo. (...)

Va bene, si dirà, ma abbiamo 'Internet', il mondo della conoscenza libera e sconfinata si dispiega invitante davanti ai nostri occhi. Vero. Ma disporre di una conoscenza sconfinata non significa poterne fruire efficacemente.

Come nell’entrare in una enorme biblioteca, o libreria, si viene colti da soggezione, e la curiosità ci spinge prima di tutto a leggere i titoli dei libri, cominciare ad aprirli, sfogliarli, vagare da un settore all’altro ed alla fine arrenderci esausti all’impossibilità materiale di poter saziare tutte le nostre curiosità, così la navigazione in internet ci porta di notizia in notizia, su strade inesplorate, ad inseguire una fonte, un senso, una logica umanamente inafferrabile. >>

MARCO PIERFRANCESCHI

4 commenti:

  1. Fino al neoclassicismo o, per dirla tutta, fino al Manzoni, la cultura scritta era fondamentalmente una cultura elitaria. Oggi invece la biblioteca del Conte Monaldo è, come dice Calvino, “esplosa” e la scrittura diventa un fenomeno di massa per merito (o demerito, dipende dai punti di vista) di internet e dei relativi social Network. Due fenomeni esattamente agli antipodi. La scrittura massificata può apparire “democratica”, dato che è accessibile a tutti, ma ha quantomeno due perniciose conseguenze; a) nella marea di testi che navigano in rete trovare un’opera qualitativamente importante equivale alla ricerca del classico ago nel pagliaio; b) sono proprio le opere di scarso profilo che finiscono per trovare maggiore evidenza (basta investire qualche soldino e i motori di ricerca le sbattono subito in prima pagina.
    A questa situazione si affiancano due fenomeni legati alla stretta contemporaneità legate al successo delle “tipografie online” e all’aumento statistico del numero degli scrittori (con paradossale diminuzione di quello dei lettori). In pratica: a fronte della diffusione dei testi multimediali, vedasi il successo degli audiolibri, la massa continua a pensare che un libro è un libro se è cartaceo; quindi folle di presunti scrittori pubblicano i loro libri appoggiandosi alle tipografie online che non richiedono poi un investimento eccessivo.
    Prolifera di conseguenza una scrittura-spazzatura che trova due vetrine importanti: la prima è rappresentata dalle librerie che espongono ormai esclusivamente titoli che si possono leggere sotto l’ombrellone (eh sì, c’è bisogno di svago e leggerezza), la seconda vetrina è rappresentata dalle proliferanti “Free Library” che altro non sono che bidoni dell’immondizia mascherati. Altro dir non so…

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    1. Caro Agostino, ti ringrazio per l'intervento, particolarmente gradito perchè viene da una persona che di libri ed editoria se ne intende (so che hai pubblicato con successo parecchi saggi sulla scuola e la cultura in genere).

      Quanto al paradosso che tu citi, per cui all'aumento degli "scrittori" fa riscontro una diminuzione dei "lettori", credo che sia una conseguenza inevitabile della tecnologia informatica (che rende tutto più facile e gratuito), e non si possa fare nulla.
      E' anche vero, però, che nella grande quantità di spazzatura presente sul web, ogni tanto, ci può scappare anche la pepita.
      Ma occorre tempo, pazienza e una buona dose di fortuna.

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  2. "Il Medium e' il Messaggio" (M. Mc Luhan)

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    1. Verissimo. Riporto da wiki:

      << La fama di Marshall McLuhan è legata alla sua interpretazione innovativa degli effetti prodotti dalla comunicazione sia sulla società nel suo complesso sia sui comportamenti dei singoli.
      La sua riflessione ruota intorno all'ipotesi secondo cui il mezzo tecnologico che determina i caratteri strutturali della comunicazione produce effetti pervasivi sull'immaginario collettivo, indipendentemente dai contenuti dell'informazione di volta in volta veicolata.
      Di qui la sua celebre tesi secondo cui "il medium è il messaggio". >>

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