sabato 1 aprile 2023

A cosa servono i Filosofi ? – 2

Si concludono qui le rifessioni (irriverenti) di Sergio Pastore su 'Filosofi' ed 'Intellettuali'. (seconda ed ultima parte).
LUMEN


<< Ma anche la figura dell’intellettuale, di una persona cioè abituata a pensare, riflettere, indicare nuove strade, è decaduta. Gli intellettuali sembrano scomparsi. Eppure i filosofi non demordono, imperversano ancora, anche se in ambiti ristretti: aule universitarie, riviste specializzate, circoli elitari. Quando prendono la parola in pubblico fanno non di rado figure barbine: o fannno discorsi della serva per farsi capire o non si capiscono proprio.

Come non si capiscono i libri che scrivono, composti in genere pensando ai colleghi. Direi che questo è un vezzo davvero italiano: scrivere per i colleghi, per far bella figura con loro. Tanto il pubblico è una manica di 'coglioni' (che però li foraggiano).

Prendete la prestigiosa collana francese di classici (della letteratura, dell’arte, del pensiero, compresi alcuni dei maggiori filosofi). Ogni volume della Pléiade ha naturalmente la sua brava presentazione, chiara, comprensibile, utile, fruibile.

Prendete un classico qualsiasi in edizione italiana con la sua brava prefazione: una noia mortale, non ci si capisce quasi niente. Il prefatore pensava ai colleghi, non agli acquirenti del libro. La cosa è tanto vera che Italo Calvino consigliava di saltare a piè pari le prefazioni!

Una delle più belle prefazioni che abbia letto è stata quella di Natalia Ginzburg a uno dei capolavori della letteratura, “Anna Karenina”. È una prefazione di due paginette, sì, due pagine due: un semplice saluto al lettore, prendi e leggi. Ed effettivamente di più non c’è bisogno. Brevissima anche la prefazione di Thomas Mann a “Guerra e pace”: di nuove due sole paginette, o cari!

Ma la Ginzburg e Mann non erano filosofi, erano solo dei romanzieri, scrittori di favole, non persone serie come i filosofi o gli intellettuali italiani capaci di ammorbarvi per decine e decine di pagine, persino cento, per spiegarvi cosa leggerete (le famose chiavi di lettura tanto di moda in Italia). Ma non spiegano nulla, confondono solo le idee. Ma i colleghi apprezzano (o fanno finta).

¿Qué es filosofía?

Circa cento anni fa, Ortega y Gasset, brillante saggista, scrittore e filosofo, nonché docente di filosofia, ebbe l’idea di avvicinare la gente comune alla filosofia. Tenne una serie di conferenze nella più grande sala cinematografica di Madrid. Un successone, cinema gremitissimo. La gente voleva apparentemente sapere che cosa fosse questa benedetta filosofia.

Ortega raccolse le conferenze in un volume che è oggi disponibile anche in italiano, segno che c’è ancora una richiesta. Io l’ho letto, credo due volte, ma non saprei dire su due piedi cosa contenesse quel libro, né se la gente apprendesse davvero che cosa fosse la filosofia.

Una volta Tolstoi si espresse negativamente sui filosofi, al che Ortega osservò che Tolstoi non aveva la più pallida idea di cosa fosse la filosofia. Invece io trovo Tolstoi molto profondo, se leggo la sua Confessione. Nel secondo epilogo di “Guerra e Pace”, che stranamente manca in tutte le edizioni del romanzo (tranne che nell’edizione Einaudi dei 'Millenni'), Tolstoi si pone il problema della libertà, in modo assolutamente razionale e convincente.

Il giudizio di Ortega su Tolstoi è, secondo me, avventato, stizzito: Ortega difende la sua casta e il suo modo di ragionare (era pur sempre un docente di filosofia, uno statale – al contrario di Schopenhauer, che Ortega non apprezzava, secondo lui un “pensador malo”). Mah: la lettura di Ortega è per me sempre un piacere, però anche lui prese colossali abbagli.

Mi permetto di dire che cosa intendo io per filosofia: pensare in modo rigoroso, logico, razionale. È lecito prendere in prestito pensieri di altri filosofi o semplicemente attingere a quel patrimonio di saggezza che chiamiamo filosofia perenne.

È chiaro che si commettono, si commetteranno sempre errori nel pensare, per quanto rigorosi desideriamo essere. Ma errare è umano, solo perserverare nell’errore è diabolico. Se filosofare significa pensare, pensare bene, la filosofia ha ancora un bell’avvenire davanti a sé: perché la vita pone sempre nuovi problemi per risolvere i quali ci vuole intelligenza e anche un po’ di cultura (ma l’erudizione da sola non basta).

In questo senso la filosofia ha ancora un futuro, visto che dovremo sempre pensare per adattarci a nuove situazioni, per risolvere problemi. La storia della filosofia invece è sempre meno interessante, è ingombrante, noiosa, ormai inutile.

Kant e Hegel? Oddìo, teneteveli, voi filosofici palloni gonfiati incapaci di un pensiero semplice, chiaro e utile. Non vi capiamo non perché siamo dei deficienti: i deficienti siete piuttosto voi, coi vostri arzigogoli mentali, con cui vi intrattenete fra di voi filosofi di professione, sprezzanti del ridicolo.

Schopenhauer sosteneva che un vero filosofo – ovvero il libero pensatore - non può fare il professore, non può essere uno statale: in quanto tale dovrebbe per forza dire ciò che il potere – in questo caso lo Stato – vuole, al massimo con qualche variante accattivante. Il che è anche logico: lo Stato non può mantenere un professore che attacca lo Stato, la democrazia (ieri l’esistenza di Dio). La rivoluzione non può farsi all’università.

«Povera, e nuda vai, Filosofia …
… dice la turba, al vil guadagno intesa.» (Petrarca)

Oggi, chi volesse sapere o cercar di sapere come funzioni questa gigantesca macchina che è l’universo non lo chiederà ai teologi e ai filosofi, ma piuttosto agli scienziati. Ascoltare e seguire chi dimostra di avere buone conoscenze del funzionamento della macchina è cosa saggia.

Possiamo chiedere la sorte ad una fattucchiera (o ai teologi), ma se vogliamo davvero conoscere qualcosa del mondo e di noi stessi dobbiamo rivolgerci a chi davvero sa qualcosa, e lo dimostra. Solo così possiamo sperare di migliorare la nostra sorte.

Un autore russo (probabilmente anche lui un po’ filosofo) sosteneva che la disgrazia della Russia è la sua letteratura, i suoi grandi classici (Tolstoi, Dostoevskij, Puskin, Turgenev ecc.). Le loro opere sono sature di erotismo e filosofia, ma gli autori non hanno saputo inventare qualcosa che migliorasse le condizioni del popolo russo, qualcosa di veramente pratico e utile.

Grandi discorsi, profonde visioni ed eterna miseria. Un giudizio sorprendente che istintivamente rifiutiamo perché anche noi abbiamo amato quegli autori e le loro opere, ma che contiene un grano di verità. Dostoevskij era un gran reazionario, credeva davvero che la Russia avrebbe riscattato l’umanità depravata …

E tuttavia: viva la filosofia!

Ovviamente, se per filosofia intendiamo “l’onesto e il retto pensiero” (La ginestra).

Il mio insegnante di filosofia al liceo (che ho già citato sopra) sosteneva che la filosofia era la regina delle scienze, in quanto poteva fare la sintesi delle conoscenze delle varie scienze. Be’, ciò era forse possibile ai tempi di Aristotele e magari anche di Kant, che era ben informato su quanto avveniva e si pensava in Europa e nel mondo (Kant lesse anche “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria che stroncò impietosamente).

Ma la rivoluzione scientifica dei tempi moderni è di un’ampiezza tale che l’idea o persino la pretesa di una sintesi è non solo azzardata, ma ridicola.

Massimo Cacciari, di professione filosofo e sembra persino teologo, ha pubblicato un libro dal titolo reboante: “La cosa ultima”. Non l’ho letto, me ne guardo bene, mi basta il titolo. Cacciari, che passa per valente intellettuale, non sa probabilmente niente di fisica, matematica, astronomia, chimica ecc. ecc.

Come dice il proverbio? “Ne sutor ultra crepidam”. All’incirca: ciabattino, fa’ il tuo mestiere. Signori filosofi: un po’ di modestia e soprattutto di chiarezza. In gergo potete parlare fra di voi per darvi delle arie. Ma, visto che vi paghiamo e vi manteniamo, non vogliamo essere presi in giro. >>

SERGIO PASTORE

20 commenti:

  1. A proposito dell'ultimo libro di Cacciari, sopra citato, ecco la presentazione dell'editore sul risvolto di copertina:

    << Quale cosa attinge, in ultimo, l’anima dopo essersi aperta, attraverso l’angoscia, alla ricerca di sé? È questo l’interrogativo che sottende l’originale articolarsi del nuovo libro di Massimo Cacciari.
    Tre voci in dialogo tra loro e con i ‘Maggiori loro’ – da Platone a Husserl, da Tommaso a Cusano a Karl Barth – cercano di rispondere a tale domanda, ognuna seguendo il proprio «demone custode»: la voce portatrice di un autentico e radicale scetticismo dell’Intelletto, la voce che incarna l’atto di fede in lotta contro se stesso, e infine quella dell’Autore, che agli amici si rivolge anche attraverso due lunghe serie di lettere, riprendendo, sviluppando – e se necessario criticando – le idee della sua più importante opera teoretica: Dell’Inizio.
    Infatti, dopo aver indagato, in Geofilosofia dell’Europa e nell’Arcipelago, l’irriducibile pluralità delle radici culturali presenti nel paesaggio europeo, l’attenzione di Cacciari torna a volgersi a quel «cominciamento» che è il problema filosofico fondamentale.
    La cosa ultima, quindi, non è che l’Inizio: qui però non è più semplicemente inteso come indifferente insieme di tutte le possibilità, bensì come l’infinità stessa della cosa nella sua inalienabile e intramontabile singolarità. Solo attingendo alla cosa ultima, ‘toccandone’ l’essenza divina, l’anima esprime la propria unica, possibile libertà.
    E il fare filosofia si manifesta allora per ciò che sempre, e ancora una volta, dovrebbe essere: movimento di liberazione. >>

    A conferma che la Filosofia contemporanea, anche se non è proprio morta, certo si sente poco bene.

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    1. COMMENTO di SERGIO

      Caro Lumen,
      come volevasi dimostrare. Chi ci capisce è bravo. Cacciari si rivolge ai suoi colleghi (tra cui l’amico F. d’Arcais) e tra di loro si capiscono (forse).
      Noi invece restiamo esclusi da cotanto consesso. Pazienza, lo stesso un po’ riusciamo a godercela senza il loro aiuto. Ci abbevereremo ad altre fonti per capire qualcosa di noi e del mondo.

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  2. Detto terre - terre i filosofi dell'antica grecia hanno lasciato pensieri e scritti sublimi, però con i fanciulli sulle ginocchia. E questo no buono, tanto per incominciare a far pratica con l'italiano meticciato, idioma fluido di prossimo sdoganamento.

    I filosofi mitteleuropei, contorti e cogitabondi, scrivevano per rivaleggiare, compiacere i loro colleghi di pensiero. Concetto che sottoscrivo interamente. Trattasi di un divertissement, in buona sostanza? Cento pensieri non pagano un debito, secondo la saggezza popolare..... A cosa servono i filosofi?
    Mah!

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    1. Volendo parlare seriamente, io penso che i filosofi antichi ci hanno lasciato 'pensieri e scritti sublimi' (come dici giustamente tu), per un motivo molto semplice: perchè erano ad un tempo pensatori e scienziati.
      Poi le cose (forse anche per colpa della teologia cristiana, che è pensiero astratto per eccellenza), si sono divaricate, e la fiosofia ha finito per seguire la strada 'sbagliata'.

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  3. Vero. Il monoteismo è stata una iattura , una disgrazia. Gli dei "falsi & bugiardi" opprimevano meno il cuore, mortificavano meno la ragione, la mente...

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    1. Forse perché erano più 'umani', meno inaccessibili nella loro alterità.
      E poi non c'erano i libri sacri a tarpare le ali alla conoscenza.

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  4. Lunga vita a tutte quelle correnti filosofiche (dall' Atomismo classico al Naturalismo rinascimentale, daIl'Iluminismo anglo-francese al Positivismo euro-occidentale e dall'Empirismo logico mitteleuropeo alla Filosofia analitica anglo-americana) che in vario modo hanno saputo dialogare in maniera equilibrata e proficua con il Pensiero scientifico classico e soprattutto moderno (a base matematico-sperimentale)!

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    1. Lunga vita, condivido. Si può forse dire che la filosofia ha perso la sua efficacia e la sua utilità quando, per vari motivi, si è allontanata dal linguaggio matematico.

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    2. "Si può forse dire che la filosofia ha perso la sua efficacia e la sua utilità quando, per vari motivi, si è allontanata dal linguaggio matematico.”

      Caro Lumen, ma la filosofia, come pure la teologia, sono “discorsi” (come ho detto sopra) che non
      possono essere ridotti a formule e cifre come avviene nelle scienze esatte. Non credo
      che questi discorsi (filosofico e teologico) si siano allontanati dal linguaggio matematico
      - perché appunto sono discorsi più o meno logici e rigorosi, ma non scientifici. La
      loro ambizione era di dare una risposta al desiderio dell’uomo di sapere come è iniziato
      tutto e come finirà il mondo, la risposta che acquieta, calma e persino appaga.
      E queste risposte appaganti filosofia e teologia le hanno date e sono state accettate
      dalle menti migliori. Solo che adesso le risposte che appagavano Dante, e forse anche
      Galilei e Newton, non convincono più, anzi ci appaiono ridicole e assurde. A me sembra che la maggioranza degli scienziati, che sono agnostici o atei, trovino spiegazioni e soddisfazioni nelle
      loro formule. Ma qual è il senso ultimo (la cosa ultima di Cacciari?) della nostra
      esistenza? E qui i cosiddetti filosofi possono gonfiare di nuovo il petto e proporci
      la loro visione del mondo. Che può anche risultare interessante, intrigante, ma
      non sarà mai scienza, scienza esatta, bensì un discorso - e se il loro discorso è
      chiaro e comprensibile magari applaudiamo pure, ringraziamo.
      Io ho letto tanti libri di Severino. Severino ha avuto da giovane un’intuizione -
      l’eternità del tutto - e su questa intuizione ci ha campato pubblicato una cinquantina
      di libri noiosi, indigesti, semi o del tutto incomprensibili (e ci ha guadagnato pure
      tanti bei soldini). E alla fine mi sono scocciato e sto pensando di liberare i miei
      scaffali dai suoi mattoni. Ti ho già parlato della filosofa Roberta de Monticelli,
      cattolica, che ha un certo punto ha abbandonato la Chiesa cattolica e si è
      creduta in dovere di spiegare perché in un articolo mi sembra dell’Espresso.
      Roba da pazzi, non ci ho capito un accidente. Fumo, solo fumo e niente
      sostanza. Io le avrei domandato: scusi, ma non crede più nella Trinità?
      Sicuramente mi avrebbe dato del provocatore. Le centinaia, anzi migliaia
      di docenti di filosofia di questo mondo sanno fare dei discorsi più o meno
      chiari, più o meno brillanti e intriganti. Lo Stato li paga per questo, per
      intrattenere gli studenti e gli acculturati che così se ne stanno quieti.
      La religione ha avuto ed ha tuttora questa funzione: tenere a bada la massa,
      soggiogarla. Perciò Chiesa e Stato andavano tanto d’accordo fino a ieri.
      Ma il papa continua a essere omaggiato dai regnanti, segno che serve ancora.
      Comunque se filosofare significa pensare, sebbene non in formule matematiche,
      si continuerà a pensare, a fare discorsi, magari anche poetici e appaganti.

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    3. Caro Sergio, in effetti il pensiero filosofico e quello matematico sembrano antitetici, ma questo non è un limite della matematica, quanto piuttosto (a mio parere) un 'difetto' della filosofia moderna, perchè la matematica ti costringe al rigore, e ti consente di analizzare una teoria per vedere se funziona o no, e quindi se è valida o no.
      Mentre delle teorie dei filosofi moderni non si può dire nulla, verificare nulla: o si accettano o si respingono, ma così, 'a sentimento', senza una analisi rigorosa.

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    4. La Logica formale classica (aristotelico-stoica, medievale, orientale) e la moderna Logica matematica possono costituire un eccellente trait d'union tra la Filosofia e le Discipline scientifiche.

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    5. Sono d'accordo.
      In fondo la filosofia è già cambiata molto, nei secoli, e nulla impedisce che possa cambiare ancora.

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  5. COMMENTO di SERGIO

    Filosofia spicciola che tutti comprendono:

    "“Ben presto la morte sarà qui, presso di te. Considera, del resto, la tua condizione: l’uomo oggi c’è e domani è scomparso; e quando è sottratto alla vista, rapidamente esce anche dalla memoria. Quanto grandi sono la stoltezza e la durezza di cuore dell’uomo: egli pensa soltanto alle cose di oggi e non piuttosto alle cose future. In ogni azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi morire oggi stesso; ché, se avrai retta la coscienza, non avrai molta paura di morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che sfuggire alla morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani? Il domani è una cosa non sicura: che ne sai tu se avrai un domani? A che giova vivere a lungo, se correggiamo così poco noi stessi?”.

    Da: L’imitazione di Cristo

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    1. Certo, questa è una filosofia spicciola che tutti comprendono.
      Ma presuppone l'esistenza dell'aldilà e del giudizio di Dio.
      Per chi invece non 'crede', i pensieri di fronte alla morte sono del tutto diversi.
      E le riflessioni di cui sopra sarebbero del tutto inutili.

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  6. COMMENTO di SERGIO

    Una geniale risposta.
    Chiesero una volta al giovane Domenico Savio
    che stava giocando cosa avrebbe risposto a un
    angelo che gli avesse annunciato la sua morte
    entro dieci minuti. Rispose Savio: “Continuerei
    a giocare.” Che filosofo quel giovanetto!
    È salito poi all’onore degli altari, è
    San Domenico Savio (ero dai salesiani
    al tempo della sua “cannonizzazione” -
    nel linguaggio del Belli).
    Comunque quell’episodio se non è vero
    è ben trovato, non vi pare?

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    1. Mah, mi pare una risposta ben poco religiosa, più da filosofo cinico (o da Socrate) che da futuro santo.

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  7. Oppure da stoici. E poi con tutto il rispetto per Domenico Savio, siamo sicuri il fanciullo le abbia veramente pronunciate tali parole? Mica serviva un santo per dar lustro all'opera di Don Bosco? Anche io ho fatto le medie inferiori dai salesiani. Una sessantina di anni fa.

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    1. Anche se non le ha pronunciate, resta il fatto che gliele abbiano attribuite; e non ci fa una gran bella figura, a livello religioso.

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  8. COMMENTO di SERGIO

    La filosofia che scende dal piedistallo
    e si fa amica.
    Sul canale culturale franco-tedesco
    Arte già da anni filosofi di professione,
    gente cioè che ha letto i classici della
    filosofia, tratta argomenti di generale
    interesse col pubblico, con la gente
    comune (che non ha letto i classici).
    Si parla dei sentimenti umani,
    dei problemi concreti della gente
    e di come affrontarli e magari
    risolverli. Trasmissioni interessanti,
    accattivanti, e non a livello di
    chiacchiera. Questa è la filosofia
    che preferisco.

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  9. COMMENTO di SERGIO

    La vera scienza.
    Ho appena guardato su Arte (il
    programma culturale franco-tedesco)
    un breve filmato (25 minuti) sulla
    “fine del mondo” ovvero: come
    finirà tutto? Interessante, qualcosa
    ho afferrato. Parlavano ovviamente
    persone serie, non astrologi, teologi,
    cristologi, mariologi, angelogi,
    filosofastri, politicanti, studiosi
    di materie umanistiche (come il
    sottoscritto). Come finirà nessuno
    lo sa esattamente, ci sono delle
    teorie (big crunch, big freezing
    (la morte dell’universo nel gelo).
    Non sappiamo ancora se esista davvero
    un universo parallello o più universi,
    il multiverso, persino un numero
    infinito di universi.
    Certo siamo piccoli, piccoli, piccoli,
    davvero insignificanti, un quasi-nulla.
    Eppure riusciamo a scopire tante
    “verità” (o forse solo stati) di questo
    immenso, terrificante, universo.
    Gli incomprensibili palloni gonfiati
    - i filosofastri - farebbero bene
    ad andare a scuola da “color
    che sanno” sul serio. Così magari
    imparano a parlare come mangiano.

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