domenica 26 marzo 2023

A cosa servono i Filosofi ? – 1

I Filosofi e la Filosofia (scritti rigorosamente con la maiuscola) hanno rappresentato una parte importante, anzi fondamentale, nella storia del pensiero umano.
Oggi, però, con il continuo progresso del pensiero scientifico, si ha l'impressione che il meglio di loro sia già dietro le spalle.
A questo intrigante argomento è dedicato il post di oggi, che riporta le riflessioni, ironiche e disincantate, dell'amico Sergio Pastore.
Buona lettura (prima parte di due).
LUMEN


<< À quoi bon les philosophes?

Ovvero: a che cosa servono i filosofi? Anticipo subito la risposta che cercherò poi di dimostrare. I filosofi o cosiddetti tali sono una sotto-elite alimentata dalle elite vere e proprie che se ne servono per i loro scopi. Anche le elite hanno infatti bisogno di teste pensanti per mantenere il potere.
Un sottoprodotto del lavoro dei filosofi è l’intrattenimento dello strato sociale più o meno acculturato a cui si assicurano delle belle prebende (docenze universitarie per strologare sul nulla, fornire illusioni alla sotto-elite della sotto-elite, ovvero a studenti e tapini vari in cerca della verità).

Da questo proemio si sarà capito che chi scrive ha un po’ il dente avvelenato contro i cosiddetti filosofi. Però in gioventù ne ha subito il fascino e continua a nutrire per loro una certa simpatia (come gli ex cattolici che restano volenti o nolenti almeno un po’ cattolici: il marchio di gioventù è pressoché indelebile).

Una premessa: non sono né un filosofo di professione, né uno storico della filosofia e nemmeno uno studente di filosofia deluso. Di filosofia ne so ben poco. E allora come oso burlarmi di una materia che non conosco?

Be’, intanto pur non essendo un filosofo di professione, sono pur sempre un “piccolo filosofo”, come mi assicurava Alois Sustar buonanima, mio primo insegnante di filosofia al liceo, bravissima ma noiosissima persona che una volta presi in giro in un compito in classe. Poverino, non se lo meritava, ma era così noioso, santo cielo.

Comunque per animarci a studiare la sua materia ci assicurò che tutti - chi più chi meno - siamo filosofi: chiunque rifletta sulla sua condizione, si ponga le famose e ultime domande (chi sei? donde vieni? dove vai?) è già sulla strada maestra della filosofia, che condurrà alla verità e alla felicità.

Naturalmente converrà o sarà necessario poi leggere e studiare ciò che altri hanno già pensato in passato: reinventare la ruota non ha senso, esiste già, come già esiste la philosophia perennis, quel tesoro di riflessioni sull’uomo accumulatosi nel tempo e che risulta ancora utile, anzi lo sarà sempre (perciò è perenne).

Bene, i piccoli filosofi se vorranno diventare dei veri filosofi all’altezza dei tempi dovranno quindi leggere e studiare almeno le grandi opere dei filosofi maggiori (non basta leggere, bisogna anche studiare, cioè capire ciò che si legge).

Da chi cominceremo? Magari da Platone e Aristotele. Oppure possiamo cominciare da un contemporaneo e risalire a Platone. Comunque la strada per arrivare alla comprensione di noi stessi e del mondo è lunga e impervia.

Passeremo anni e anni a leggere e cercare di capire ciò che le grandi menti hanno pensato e scritto. Ma non è detto che arriveremo a una conclusione soddisfacente: sapere finalmente chi siamo e qual è il nostro posto nel mondo, nel sistema solare, nell’intera galassia e nell’universo.

Alcuni pensatori o ricercatori approdano a qualche conclusione o verità soddisfacente (per loro). Indubbiamente Monod pensava di aver capito qualcosa, qualcosa di fondamentale che lo appagava almeno in parte. “Inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te.” Così Agostino nei suoi soliloqui con Dio.

Sì, per sentirci bene e appagati dobbiamo, vogliamo sapere come stanno davvero le cose, perché l’apparenza inganna, ci sono troppi soggetti che vogliono confonderci le idee, farci credere panzane per sfruttarci meglio (in genere questi soggetti li chiamiamo elite).

Ma esistono davvero queste elite di potere che vogliono dominarci? Ecco una questione interessante. Non sarà facile rispondere se non si ha un minimo d’intelligenza e di cultura (la premessa fondamentale per capire è ovviamente l’intelligenza innata, ma anche la cultura aiuta, anzi è importante anch’essa, sempre per lo stesso motivo: reinventare la ruota non ha senso).

Ricorderemo che uno dei trucchi del Diavolo per tentarci meglio è di farci credere che il Diavolo non esiste. Così ci raccontavano le suore da piccoli. E se non esiste siamo liberi di fare ciò che vogliamo, dunque anche peccare (e il Diavolo se la ride).

Oggi sappiamo che il Diavolo in carne e ossa sicuramente non esiste, l’ha detto persino il generale attuale dei gesuiti (contraddetto però nientemeno che dal papa, anche lui un gesuita – un’umile domanda: non potete mettervi d’accordo, Sousa e Bergoglio, invece di confondere le idee del gregge?).

Comunque le elite esistono davvero, almeno così crede il sottoscritto. Vivono nell’ombra, non sono appariscenti. In genere vediamo solo le sotto-elite (capi di stato, docenti universitari, filosofi e filosofastri).

La filosofia nasce duemila anni e mezzo fa, in Grecia, ed è pura scienza all’altezza dei tempi. Aristotele è dunque uno scienziato che si pone alcune domande alle quali trova risposte ancora oggi appaganti (il principio di non contraddizione tiene ancora, almeno così mi pare – sembra però che nella fisica quantistica non funzioni, ma non me ne intendo).

Nei millenni successivi sono state composte opere ritenute importanti e che una persona colta, non solo i filosofi di professione, dovrebbe o farebbe bene a conoscere.

Ma per vivere e sopravvivere l’umanità ha avuto ed ha tuttora bisogno di cose elementari (cibo, acqua, casa, rifugi ecc.) per cui il 99,999% degli attuali circa otto miliardi di esseri umani non solo non ha letto e studiato i classici della filosofia, ma non conosce nemmeno i nomi degli illustri autori.

Eppure in qualche modo se la cava, anzi procura ai sedicenti filosofi i mezzi di sopravvivenza, talora persino in abbondanza, benché in realtà non lo meritino (ma le elite lavorano per abbindolare le masse convicendole a fornire i mezzi di sopravvivenza alle sotto-elite, appunto i filosofi e filosofastri).

L’insegnamento della filosofia nei licei europei

Una volta la filosofia era una materia importante, almeno al liceo classico: aveva lo stesso rango di italiano, latino e greco. Ma a partire dagli Anni Sessanta circa l’importanza e il rango di questa materia decadono, almeno in Italia e in Francia.

È comunque interessante sapere che questa materia in Svizzera non si studiava, nemmeno al liceo: se ne deduce che non la si considerava così importante. In Svizzera si faceva filosofia solo nei cantoni cattolici della Svizzera interna. Dunque i cattolici consideravano la materia importante per puntellare l’educazione religiosa: un cattolico della classe superiore doveva ben saper ragionare, saper fare l’apologia del cristianesimo, e all’uopo un po’ di filosofia poteva servire.

Mentre in Italia si studiava piuttosto la storia della filosofia, in Svizzera si studiava soprattutto S. Tommaso e le sue ridicole prove dell’esistenza di Dio, che sono poi una rimasticatura di Aristotele.

Ma ormai anche nelle antiche roccheforti dell’insegnamento della filosofia – Italia e Francia – la materia non ha più rango e attrattiva, è ormai una materia facoltativa, interessante e forse di qualche utilità, ma non proprio necessaria.

L’uomo moderno non ha, apparentemente, più bisogno di filosofia (e anche la Storia se la passa male). Un ex presidente della repubblica italiana, ex stalinista e oggi atlantista, raccomandava di studiare bene soprattutto le materie scientifiche (per le quali il grande Croce nutriva – incredibile – un certo disprezzo: erano materie ancillari della filosofia dello spirito!).

Il consumismo, che è ormai l’aspirazione universale di tutti gli uomini, può ben fare a meno della filosofia, anzi troppa filosofia può frenare il consumismo, la crescita, il rimbecillimento collettivo che è in funzione di consumismo e crescita. Meno si pensa più si consuma, questo conta. O vogliamo un’umanità di disoccupati e sottoccupati? >>

SERGIO PASTORE

(segue)

11 commenti:

  1. Secondo me, il problema dei Filosofi non è l'intelligenza, che è sicuramente elevata, e nemmeno la cultura, che possiedono in misura notevole, ma solo il metodo che utilizzano, che NON è quello scientifico.
    Ed è per questo, probabilmente, che risultano prolissi ed poco comprensibii.

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  2. COMMENTO di SERGIO

    Caro Lumen,
    sostieni che il metodo filosofico
    non tiene rispetto al metodo scientifico.
    Ma cosa distingue veramente i due metodi?
    Esiste poi davvero un metodo filosofico?
    La filosofia mi sembra sia attualmente
    soprattutto un “discorso” che deve o
    dovrebbe rispettare la logica, essere
    razionale. Ma naturalmente un discorso
    sfugge alla semplificazione, non può
    essere ridotto a formule e cifre.
    Gli scienziati operano con dati e
    materiali oggettivi e approdano
    a risultati “incontrovertibili” universalmente
    accolti (si dice oggi che la verità,
    una verità assoluta e incontrovertibile
    non esiste, esistono solo risultati
    provvisori e momentaneamente soddisfacenti;
    tuttavia questi risultati provvisori sono
    ritenuti accettabili dall’intera comunità
    scientifica e possono essere considerati
    veri, anche se provvisori).

    I filosofi invece fanno solo discorsi su
    un materiale grezzo (la realtà nelle
    sue infinite sfaccettature). E come
    sai e vediamo non riescono a mettersi
    d’accordo nemmeno fra di loro. Anche
    gli scienziati non sono sempre d’accordo,
    ma prima o poi arrivano a una conclusione
    accettabile e accettata.
    I filosofi invece chiacchierano e chiacchierano
    e non fanno felici nessuno.

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  3. Caro Sergio, non so se esista un 'metodo filosofico' a livello teorico, ma probabilmente ogni filosofo seguiva le proprie intuizioni personai.
    Il metodo scientifico, invece, esiste sicuramente, e prevede l'effettuazione di ripetuti esperimenti oggettivi, i cui risultati, in genere, possono essere rappresentati mediante una formula matematica.
    Ecco: non credo di aver mai visto un filosofo (esclusi gli antichi, che però erano anche scienziati) esplicitare il proprio pensiero con una formula.

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  4. Secondo L.Geymonat ("padre nobile" dell'epistemologia italiana) Filosofia e Scienza costituiscono le due (differenti ma complementari) facce di una medesima medaglia: quella della Razionalità, con la quale gli esseri umani cercano faticosamente di gettare luce sul mondo e di farsi strada nella storia... Saluti

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    1. In effetti esiste la 'filosofia della scienza', che rappresenta un po' la sintesi dei due mondi.
      Resta però la domanda se, come esiste sicuramente un metodo scientifico, esista anche un corrisponfente 'metodo' filosofico.
      Tu hai qualche indicazione al riguardo ?

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  5. Sinteticamente: nella storia della filosofia (occidentale) e' rintracciabile una pluralità di metodi (si pensi al cartesiano 'Discorso sul metodo') tra i quali ovviamente esiste una serie di "somiglianze di famiglia" (=apertura alla discussione critica, rigore logico-argomentativo, indipendenza dai dati passivamente accettati dalla tradizione, ecc.) La Scienza moderna ha aggiunto il
    massiccio ricorso al dato empirico-sperimentale, matematicamente incanalato, ma determinate questioni teorico-pratica di matrice filosofica restano cmq sullo sfondo...

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    1. Ti ringrazio per la precisazione.
      Di tutte, penso che la caratteristica più importante ed apprezzabile sia il rigore logico delle argomentazioni.
      Il punto debole, però (a mio avviso) resta la selezione dei dati di partenza, che non sono, in genere, di tipo sperimentale.

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    2. Indubbiamente in ambito filosofico lo spazio affidato ai dati empirico-sperimentali e' largamente minore rispetto a quello riservato al ragionamento logico-deduttivo e/o puramente speculativo, tuttavia (mi) piace ricordare che secondo il grande Einstein "la Filosofia senza Scienza è vuota, la S. senza F. e' cieca".
      Inoltre la rigida dicotomia F./S. e' (in gran parte) frutto degli ultimi due/tre secoli e della parallela progressiva frammentazione/iperspecializzazione delle conoscenze umane. Naturalmente molto dipende dal tipo di approccio filosofico adottato ovvero (in estrema sintesi) in quale misura aperto al sapere scientifico e dialogante con esso... Saluti

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    3. Sono d'accordo.
      Le due discipline hanno finito, storicamente, per divergere, e la filosofia è quella che ne ha pagato il prezzo più pesante.
      Adeso però sembra davvero che possano tornare ad operare insieme (come nella moderna 'filosofia della scienza') e questo può essere di gran vantaggio per entrambe.
      E' necessario però che i Filosofi moderni accettino un ruolo nuovo, non più primario ma di supporto, e rinuncino quindi alla loro storica superiorità.

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  6. COMMENTO di SERGIO

    Filosofi veri e filosofastri.

    Chi era Ortega y Gasset? Un filosofo, un docente
    di filosofia, un saggista, uno scrittore?
    Albert Camus lo definì addirittura “il più
    grande scrittore del secolo dopo Nietzsche”.
    Se non il più grande scrittore, certamente
    uno dei più brillanti. Leggere Ortega è sempre
    un piacere: qualsiasi libro di lui che apro
    “è subito festa”. È tutto chiaro, comprensibile,
    interessante, avvincente. Mai che uno si chieda:
    Ma che c… dice, che significa?
    Quasi quasi ti fa amare la filosofia, intendendo
    per filosofia semplicemente “l’onesto e il retto pensar”
    come detto sopra.
    Lui si voleva filosofo, non scrittore o saggista, ma fu piuttosto
    un brillante saggista. E prese anche delle cantonate,
    ma con lui saremo indulgenti: nobody is perfect.

    L’illustre Asor Rosa, marxista e italianista,
    considerava Ortega un reazionario.
    Ho appena finito di leggere due saggi di
    Asor Rosa, su Paolo Sarpi e Italo Calvino.
    Sono sopravvisuto, ma a malapena.
    “La ribellione delle masse” di Ortega ha
    cent’anni, ma non li dimostra. Una lettura
    piacevole, in parte illuminante e tutt’altro
    che datata. L’uomo massa ha stravinto.
    Per Ortega può essere uomo massa anche
    un premio Nobel (quando esce dal seminato).

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  7. A proposito di Ortega y Gasset (da wiki):
    << Quando Ortega parla di massa non intende la classe operaia, poiché “massa è l'uomo medio”. La massa non è solo un fatto quantitativo, ma anche qualitativo che palesa una media tendente verso il basso.
    Il componente della massa non si sente tale e, quindi, si sente tutto sommato a suo agio: non si rende conto della condizione di conformismo in cui è sprofondato. In questo scenario deve comunque venir fuori una minoranza eletta: ne fa parte l'uomo che continuamente si sforza di uscire dal coro e diventare attore protagonista, qualunque siano il suo ceto e il suo censo.La sua concezione politica è organica all'anarco-individualismo. >>

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