Il post di oggi riporta le considerazioni di Jacopo Simonetta sulla decrescita prossima ventura e le sue caratteristiche; una decrescita che non solo appare inevitabile, ma che, nonostante le speranze consolatorie di molti ambientalisti, ben difficilmente potrà essere 'felice'.
A seguire, sempre di Simonetta, la breve recensione di un libro sull'argomento.
Entrambi i testi sono tratti dal blog Apocalottimismo.
A seguire, sempre di Simonetta, la breve recensione di un libro sull'argomento.
Entrambi i testi sono tratti dal blog Apocalottimismo.
LUMEN
<< La guerra in Ucraina, cominciata in sordina nel 2014, è diventata una bomba destinata, con ogni probabilità, a disintegrare l’ordine geopolitico emerso dalla Guerra Fredda e con esso l’intera economia globale. (…)
Le sorprese saranno ancora molte, ma comunque vada nei prossimi mesi e magari anni, vi è una certezza: l’accelerazione del processo di de-globalizzazione dell’economia mondiale, già messo in moto dall’irreversibile impatto contro “I limiti della Crescita”.
Il punto è che un’economia meno globalizzata ha assai meno capacità di estrarre dalla Terra quel che vi resta di sfruttabile, trasformarlo in beni di consumo e distribuirli ovunque ci sia qualcuno disposto a comprarli.
Vale a dire che i mercati si dovranno giocoforza contrarre, accelerando ed aggravando gli effetti dell’ampiamente previsto e totalmente ignorato “picco di tutto” da cui scaturiranno crisi finanziarie, economiche e politiche sempre più gravi ed imprevedibili man mano che l’umanità tenterà di adattarsi ad un contesto di “sempre meno”, anziché “sempre di più” e, non riuscendoci, sarà travolta dal panico.
Come nel vaso di Pandora, in fondo a tanti mali potrebbe rimanere una Speranza: la forzata riduzione dei consumi porterà ad una contrazione delle emissioni, contenendo il disastro climatico e, magari, contribuendo a genere modelli di vita più sostenibili.
Potrebbe essere un pensiero consolatorio, ma non è realistico perché la risposta delle popolazioni alla contrazione è il disperato rilancio di forme di sfruttamento che si ritenevano appannaggio del passato, come dimostrano fra l’altro la frenetica ripresa del disboscamento in tutta Europa e la dismissione de facto delle aree protette in quasi tutto il mondo. In sintesi, la deglobalizzazione sta cambiando il tipo di pressione antropica sulla biosfera, ma non la sta riducendo.
Peccato, perché solo finché la biosfera sarà vitale, sarà possibile per il pianeta recuperare climi miti, suoli fertili, acque dolci e quant’altro è necessario per erigere nuove civiltà quando quella attuale sarà materia per gli ipotetici archeologi del futuro.
Non sembra però che ciò interessi a governi, amministrazioni, imprese e cittadini, quasi tutti ed ognuno a suo modo impegnati a gettare ogni frammento di vita nella fornace del PIL. Insomma, non paghi di aver scoperchiato il vaso di Pandora, stiamo anche alacremente lavorando per uccidere la Speranza che gli Dei vi avevano nascosto in fondo. >>
Le sorprese saranno ancora molte, ma comunque vada nei prossimi mesi e magari anni, vi è una certezza: l’accelerazione del processo di de-globalizzazione dell’economia mondiale, già messo in moto dall’irreversibile impatto contro “I limiti della Crescita”.
Il punto è che un’economia meno globalizzata ha assai meno capacità di estrarre dalla Terra quel che vi resta di sfruttabile, trasformarlo in beni di consumo e distribuirli ovunque ci sia qualcuno disposto a comprarli.
Vale a dire che i mercati si dovranno giocoforza contrarre, accelerando ed aggravando gli effetti dell’ampiamente previsto e totalmente ignorato “picco di tutto” da cui scaturiranno crisi finanziarie, economiche e politiche sempre più gravi ed imprevedibili man mano che l’umanità tenterà di adattarsi ad un contesto di “sempre meno”, anziché “sempre di più” e, non riuscendoci, sarà travolta dal panico.
Come nel vaso di Pandora, in fondo a tanti mali potrebbe rimanere una Speranza: la forzata riduzione dei consumi porterà ad una contrazione delle emissioni, contenendo il disastro climatico e, magari, contribuendo a genere modelli di vita più sostenibili.
Potrebbe essere un pensiero consolatorio, ma non è realistico perché la risposta delle popolazioni alla contrazione è il disperato rilancio di forme di sfruttamento che si ritenevano appannaggio del passato, come dimostrano fra l’altro la frenetica ripresa del disboscamento in tutta Europa e la dismissione de facto delle aree protette in quasi tutto il mondo. In sintesi, la deglobalizzazione sta cambiando il tipo di pressione antropica sulla biosfera, ma non la sta riducendo.
Peccato, perché solo finché la biosfera sarà vitale, sarà possibile per il pianeta recuperare climi miti, suoli fertili, acque dolci e quant’altro è necessario per erigere nuove civiltà quando quella attuale sarà materia per gli ipotetici archeologi del futuro.
Non sembra però che ciò interessi a governi, amministrazioni, imprese e cittadini, quasi tutti ed ognuno a suo modo impegnati a gettare ogni frammento di vita nella fornace del PIL. Insomma, non paghi di aver scoperchiato il vaso di Pandora, stiamo anche alacremente lavorando per uccidere la Speranza che gli Dei vi avevano nascosto in fondo. >>
<< “La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell’umanità” [di Jacopo Simonetta e Igor Giussani] è un libro che si propone di superare la consueta narrativa circa l’insostenibilità e l’iniquità del capitalismo contemporaneo. Non cova infatti, né intenti vendicativi, né assolutori e si astiene dal proporre soluzioni più o meno utopiche.
Illustra invece come il Fato della civiltà globale abbia preso forma da una combinazione unica nella storia di ineludibili leggi naturali, imprevedibili incidenti storici e l’affermarsi di una potente mitologia, capace di orientare gradualmente l’intera umanità verso un unico scopo supremo: Crescere! (...)
Una struttura [quella capitalista] estremamente efficiente in grado di evolvere con straordinaria rapidità, ma capace di fare un’unica cosa: assorbire sempre più energia e risorse per crescere perché, se la sua espansione si interrompe, muore. Tuttavia, anche la crescita continua lo condanna a un destino infausto, sebbene procrastinato nel tempo.
Una condizione ben illustrata dal celebre aforisma: “Non puoi vincere, non puoi pareggiare, non puoi uscire dal gioco”; e neppure barare. La tecnologia assolve infatti a questa funzione fondamentale: barare al gioco della vita. Ha funzionato in passato e lo sta facendo tuttora, ma solo temporaneamente e con conseguenze penose inscindibili dai vantaggi che offre. (…)
L’opera non consiste in un esercizio di esagerato determinismo, improntato a un morboso “tanto oramai non c’è più nulla da fare”; si propone invece di capire cosa sia possibile che accada e cosa no. Compito imprescindibile perché, con poche forze e ancora meno tempo a disposizione, sprecarli è disperante.
Un esempio molto semplice, ma utile per capire la natura del problema: immaginiamo un pietrone sferico su di un piano inclinato. Quali opzioni abbiamo al riguardo? Possiamo reggerlo, lasciarlo precipitare e scansarci oppure inventare un modo per bloccarlo il più a lungo possibile; possiamo pure spingerlo in salita o danzarci sopra mentre rotola a valle. In nessun caso, invece, il macigno tornerà verso l’alto da solo e smetterà di gravare verso il basso.
Sembra banale, ma forse non lo è, visto che l’intera politica mondiale si basa su presupposti altrettanto fantasiosi di un macigno che rotola da solo verso l’alto. (…)
Il Fato non stabilisce infatti ineluttabilmente il futuro, ma delimita un campo di probabilità decrescenti, fino a zero.
Esiste dunque una gamma di opzioni possibili, ognuna delle quali provocherà ripercussioni immediate ed altre più o meno dilazionate nel tempo; talvolta utili e talaltra disastrose, comunque sempre difficili o impossibili da prevedere perché il sistema a cui apparteniamo è troppo complesso per comprenderlo nei dettagli, alcuni trascurabili altri invece cruciali. >>
JACOPO SIMONETTA
Illustra invece come il Fato della civiltà globale abbia preso forma da una combinazione unica nella storia di ineludibili leggi naturali, imprevedibili incidenti storici e l’affermarsi di una potente mitologia, capace di orientare gradualmente l’intera umanità verso un unico scopo supremo: Crescere! (...)
Una struttura [quella capitalista] estremamente efficiente in grado di evolvere con straordinaria rapidità, ma capace di fare un’unica cosa: assorbire sempre più energia e risorse per crescere perché, se la sua espansione si interrompe, muore. Tuttavia, anche la crescita continua lo condanna a un destino infausto, sebbene procrastinato nel tempo.
Una condizione ben illustrata dal celebre aforisma: “Non puoi vincere, non puoi pareggiare, non puoi uscire dal gioco”; e neppure barare. La tecnologia assolve infatti a questa funzione fondamentale: barare al gioco della vita. Ha funzionato in passato e lo sta facendo tuttora, ma solo temporaneamente e con conseguenze penose inscindibili dai vantaggi che offre. (…)
L’opera non consiste in un esercizio di esagerato determinismo, improntato a un morboso “tanto oramai non c’è più nulla da fare”; si propone invece di capire cosa sia possibile che accada e cosa no. Compito imprescindibile perché, con poche forze e ancora meno tempo a disposizione, sprecarli è disperante.
Un esempio molto semplice, ma utile per capire la natura del problema: immaginiamo un pietrone sferico su di un piano inclinato. Quali opzioni abbiamo al riguardo? Possiamo reggerlo, lasciarlo precipitare e scansarci oppure inventare un modo per bloccarlo il più a lungo possibile; possiamo pure spingerlo in salita o danzarci sopra mentre rotola a valle. In nessun caso, invece, il macigno tornerà verso l’alto da solo e smetterà di gravare verso il basso.
Sembra banale, ma forse non lo è, visto che l’intera politica mondiale si basa su presupposti altrettanto fantasiosi di un macigno che rotola da solo verso l’alto. (…)
Il Fato non stabilisce infatti ineluttabilmente il futuro, ma delimita un campo di probabilità decrescenti, fino a zero.
Esiste dunque una gamma di opzioni possibili, ognuna delle quali provocherà ripercussioni immediate ed altre più o meno dilazionate nel tempo; talvolta utili e talaltra disastrose, comunque sempre difficili o impossibili da prevedere perché il sistema a cui apparteniamo è troppo complesso per comprenderlo nei dettagli, alcuni trascurabili altri invece cruciali. >>
JACOPO SIMONETTA
Commento di Franco Caronia (da FB)
RispondiEliminaParlare di decrescita è solo una ipotesi, possibile, ma pur sempre una previsione pessimistica.
Volgendo lo sguardo al passato notiamo un alternarsi di eventi che nel lungo termine hanno determinato una crescita per l'umanità, forse a scapito dell'ecosistema, ma l'uomo sarà in grado in futuro di apportare i necessari correttivi per salvaguardare l'ambiente.
Caro Franco,
Eliminaammiro il tuo ottimismo ma non riesco a condividerlo. Ormai stiamo distruggendo tutti gli eco-sistemi, anche a causa di una sovrappopolazione fuori controllo.
E non abbiamo un'altra Terra dove rifugiarci.
Forse abbiamo ancora un po' di tempo, ma non siamo più capaci di tornare indietro.
Commento di Franco Caronia
EliminaE' vero che in Cina sono state adottate misure per contenere la crescita della popolazione?
Si, le hanno prese qualche decennio fa e sotto molti aspetti sono state meritorie.
EliminaPurtroppo si tratta di campi delicati in cui si dovrebbero fare le cose per convinzione e non per obbligo.
COMMENTO di SERGIO
RispondiEliminaLa politica del figlio unico è stata adottata in Cina decenni fa e ha effettivamente contribuito al contenimento della crescita demografica, ma non ha impedito al paese di diventare il paese più popoloso del mondo con ca. 1,4 miliardi di esseri umani. Sembra che l’India sorpasserà la Cina fra qualche settimana.
Comunque la Cina ha abbandonato da alcuni anni detta politica del figlio unico. Dapprima ha permesso un secondo figlio e ora ha addirittura cancellato ogni norma restrittiva di politica demografica perché teme un calo demografico consistente che comprometterebbe i piani di sviluppo e le mire geo-strategiche del governo.
La popolazione cinese subirebbe, sembra, un vero e proprio tracollo passando da 1,4 miliardi a ca. 700 milioni nel 2100. Da un punto di vista globale sarebbe una benedizione, dal punto di vista cinese un dramma.
Dramma che colpisce però anche l’Italia, il Giappone, gli stessi USA, il primo mondo in genere. Il benessere, la dolce vita, mal si conciliano con famiglie numerose. I figli costano e sono considerati oggi da tanti una scocciatura.
Ma persino ai tempi degli antichi romani il lusso frenava l’incremento demografico e modificava i costumi in peggio, almeno secondo Catone. Vedi anche l’episodio di Cornelia, figlia dell’Africano e madre dei Gracchi, orgogliosa dei suoi figli (all’amica che esibiva le sue ricchezze Cornelia presentò i suoi figli dicendo: ecco i miei gioielli!).
Comunque la buona notizia per il mondo intero è che i cinesi non hanno la minima intenzione di accogliere l’invito del governo ad avere un secondo e persino un terzo figlio. Perché i figli costano e anche ai cinesi piacciono il comfort, il benessere, i viaggi.
Non si può predicare di consumare, consumare, consumare, puntare alla crescita esponenziale di tutto, e poi meravigliarsi che la gente preferisca consumare che avere una famiglia numerosa, con figli oltretutto maleducati e pretenziosi come i loro genitori.
Qualcuno sostiene che il principale meccanismo di riduzione del tasso di fertilità sia, molto banalmente, il lavoro delle donne fuori casa.
EliminaIl cui aumento dipende da vari fattori, ma soprattutto:
= dalla pressione culturale (la ricerca della parità dei sessi),
= dalla riduzione del potere d'acquisto degli stipendi (ne servono 2 perchè 1 non basta),
= dalla spinta ossessiva al consumismo (i soldi da spendere non bastano mai).
Ed io, per quel che vale, mi trovo d'accordo.
E nel frattempo in Italia si torna a invocare a pieni polmoni il biblico 'Crescete e moltiplicatevi'...
RispondiEliminaCerti meccanismi sono insopprimibili.
EliminaMa per fortuna, per quanto possano fare i governi, non credo proprio che ci sarà un aumento delle nascite in Italia (se non forse nelle famiglie immigrate, che però non hanno bisogno di particolari incentivi).