domenica 4 dicembre 2022

Sacro e Religione

Sul significato del termine 'Religione' esistono due scuole di pensiero: alcuni sostengono che deve prevedere necessariamente la presenza di esseri superiori (gli Dei); altri, invece, ritengono che questo non è necessario e fanno l'esempio classico del Buddismo.
Io, si parva licet, sto con la prima interpretazione, ed infatti considero il Buddismo non una religione, ma una semplice (ed ammirevole) filosofia di vita.
E' pacifico, invece, che il concetto di 'Sacro' sia molto più ampio di quello di 'Religione', in quanto si riferisce alle radici ideali più profonde delle società umane.
A questi agomenti – di sicuro interesse per tutti - è dedicato il post di oggi, scritto da Jacopo Simonetta per il sito Apocalottimismo.
LUMEN


<< “Sacro” è un concetto che viene raramente chiamato in causa quando si parla di economia, ambiente, sostenibilità, transizione, eccetera, eppure è uno degli elementi principali in gioco ed ignorarlo è probabilmente uno dei numerosi fattori che hanno portato al fallimento di qualunque tentativo di deviare almeno una parte dell’umanità dal binario morto su cui sta rapidamente procedendo.

George Dumezil ha chiarito che, anche se la maggior parte delle fedi fanno riferimento ad una o più divinità, queste non sono essenziali giacché esistono numerose religioni che non ne hanno. Per lui la religione è dunque “una spiegazione generale e coerente dell’universo, che sostiene ed anima la vita delle società e degli individui.” Dunque altro non è che il modello mentale che usiamo per leggere e capire il mondo, decidere cosa sia bene e cosa male, cosa si debba fare in ogni evenienza della vita, anche se siamo totalmente atei.

Un punto di vista che apre molte finestre nella mente, ma cui manca un tassello: su quale fondamento e con quali materiali viene edificato tale modello? La risposta ce la dette Mircea Eliade, un altro importante studioso di mitologia e religioni.

Eliade mise infatti in evidenza il ruolo fondante del “Sacro” che, prima ancora di essere un concetto, è un sentimento, anzi una sensazione: quel misto di rispetto, sgomento e reverenziale ammirazione, talvolta di timore e finanche di pura, talaltra di incondizionata gioia che ci pervade quando ci troviamo al cospetto di qualcosa che sentiamo ci trascende. Qualcosa di fronte a cui avvertiamo con estrema chiarezza la nostra pochezza.

“Sacri” sono quindi oggetti o avvenimenti che, per qualunque ragione, anche del tutto immaginaria, avvertiamo come correlati a qualcosa di incommensurabilmente superiore alle nostre forze ed al nostro comprendonio. Per estensione, Sacro è ciò che abbiamo di più caro o che ci è più indispensabile, anche se non sempre questa identificazione è esplicita o finanche cosciente.

Per esempio, sacro può essere un luogo od un oggetto di culto, ma può essere considerato tale anche qualcosa di assolutamente laico come, ad esempio, il confine politico del proprio paese, una promessa solenne o qualunque altra cosa dia senso alla nostra esistenza. Anzi, direi che proprio il fatto il dare senso all’esistenza di individui e società è la migliore definizione disponibile di “Sacro”.

In ultima analisi, su questa base si edificano infatti non solo i rituali, sia religiosi che laici, destinati a favorirci, ma anche le scale di valore e di priorità che danno struttura ai modelli mentali da cui derivano le organizzazioni sociali ed economiche, così come le decisioni individuali e collettive. Il Sacro è dunque un prodotto dell’animo e della mente umana, ma non è per questo meno reale dal momento che non solo esiste, ma ha anche un ruolo fondamentale nel determinare le nostre scelte e la nostra condotta, di conseguenza il destino del mondo.

Certo è che, specialmente nelle società fondamentalmente atee come la nostra e molte altre, il passaggio dal sentimento del Sacro alle strutture sociali ed ai modelli politico-economici è particolarmente lungo e contorto, quasi sempre subcosciente, ma la chioma è sempre in rapporto con una radice, in una relazione reciproca in quanto non solo ciò che facciamo è influenzato dal sentimento del sacro, ma anche ciò che facciamo modifica tale sentimento e dunque il significato del corrispondente concetto.

Come fu già messo bene in luce da Feuerbach alla metà del XIX secolo, mentre la prima ondata di rivoluzione industriale sconvolgeva l’Europa e gli europei, già l’evoluzione del Cristianesimo aveva gradualmente modificato la concezione di Dio fino a farne, in ultima analisi, un’astrazione di ciò che avremmo voluto essere.

«La personalità di Dio è la personalità dell’uomo liberata da tutte le determinazioni e limitazioni della natura», per dirla con le parole del filosofo tedesco. Con l’esplodere di un progresso tecnologico senza precedenti per velocità e potenza, gli uomini hanno sentito che quelle “determinazioni e limitazioni” andavano perdendo potere e poteva quindi essere immaginato un tempo lontano nel futuro, ma possibile, anzi garantito, in cui sarebbero scomparse, facendo dei noi stessi degli dei.

Quando tutto ciò che più ci affascina, che più amiamo o temiamo, quando tutto ciò che riteniamo identitario ed irrinunciabile è opera nostra, è ovvio che il Sacro diviene qualcosa che si riferisce a noi stessi, non singolarmente come individui, ma collettivamente come “umanità”. Insomma, non è più Dio a creare l’uomo a propria immagine e somiglianza, bensì l’uomo ad immaginare Dio come una sublimazione di sé stesso. “Homo homini Deus est: ecco il principio pratico supremo; ecco la svolta decisiva nella storia del mondo.” Concludeva Feuerbach, poco meno di due secoli or sono.

Il che non significa che Dio, o gli Dei, non esistano; significa che, anche chi pensa di venerare una divinità, quasi sempre sta invece venerando la sua stessa stirpe. Oramai restano solo le grandi catastrofi naturali, come uragani e terremoti, per farci avvertire quel senso di vulnerabilità ed impotenza che i nostri avi chiamavano “Timor di Dio”.

Il “Sacro” è dunque qualcosa di totalmente spirituale, ma gravido di conseguenze molto patiche e materiali perché, se si cessa di avere fede in forze a noi superiori e si ripone ogni speranza nelle “illimitate potenzialità della mente umana”, non solo qualunque azione diviene legittima se porta un beneficio che sia, o possa essere spacciato come utile all’Umanità. Si perde altresì la speranza che una divinità benevola possa salvarci, magari anche solo dopo la Morte ed appunto il totale, isterico rifiuto della Morte (la più evidente di quelle “determinazioni e limitazioni“ di cui parlava Feuerbach) è infatti uno dei segni distintivi della civiltà globalizzata attuale.

Beninteso, morire non è mai piaciuto a nessuno ed il mistero dell’Aldilà ha sempre suscitato inquietudine e finanche terrore, ma noi, a differenza di altri, non abbiamo più neppure la consolazione di immaginarlo un Aldilà, bello o brutto che sia. Alla fine, il nichilismo rimane l’unica consolazione possibile a sé medesimo. >>

JACOPO SIMONETTA

24 commenti:

  1. sàcro1 agg. [inizio sec. XIV]
    ~ di quanto è connesso al culto della divinità.

    PRESTITO LATINO: dal lat. sacer ‘consacrato’ e ‘maledetto’ ► sp. sacro.

    ◆ I sign. opposti e contraddittori del lat. sacer dipendono dal fatto che indicava ciò che è stato dichiarato intoccabile, la cui violazione contamina ciò che è stato toccato e colui che lo tocca (cfr. SANCIRE e SANTO); si confronta con l’osco sakrim (accus.) ‘vittima sacrificale’ e con l’itt. saklai- ‘rito, cerimonia’.

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    1. Grazie per il contributo etimologico.
      La storia delle parole è sempre affascinante (ed istruttiva).

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    2. Vedi anche il doppio significato di sacramentare:
      consacrare e bestemmiare.

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    3. In effetti, paradosso dei paradossi, a bestemmiare sono molto di più i credenti (che rischiano la dannazione eterna) che noi atei / agnostici.
      Ma ci sono motivazioni psicologiche ben precise (che qui non mi pare il caso di approfondire).

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  2. Un bel testo da leggere attentamente. Mi limito a qualche osservazione sull'ultimo paragrafo:

    "Beninteso, morire non è mai piaciuto a nessuno ed il mistero dell’Aldilà ha sempre suscitato inquietudine e finanche terrore, ma noi, a differenza di altri, non abbiamo più neppure la consolazione di immaginarlo un Aldilà, bello o brutto che sia. Alla fine, il nichilismo rimane l’unica consolazione possibile a sé medesimo. >>

    L'Aldilà di Dante è molto concreto, come quello dei pellerossa (le eterne praterie) e degli islamici (le 70 vergini). Anche per gli antichi l'aldilà era un luogo in cui si aggiravano le ombre dei morti.
    Per noi moderni, almeno per i non credenti, l'aldilà non è più un mistero: si è dissolto, non esiste. Wallenstein morente (in una tragedia di Schiller) mormora: "Rendo alla terra i miei atomi."
    Non capisco le ultime frasi: "non abbiamo più neppure la consolazione di immaginarlo un Aldilà, bello o brutto che sia. Il nichilismo ..."
    L'aldilà era una consolazione? Sì e no. La possibilità di finire all'inferno, in cui i cristiani credevano e non pochi ancora credono oggi, era terrificante, tutt'altro che consolante.
    L'uomo si è comunque creato un aldilà perché non accetta la morte, la dissoluzione completa e definitiva. Ma Cristo è risorto, ha vinto la morte, dicono i credenti. E credendo in lui saremo salvi anche noi, non moriremo davvero. San Paolo dice appunto: se Cristo non è risorto la nostra fede è vana.
    Ma su cosa si fonda, si può fondare la nostra esistenza, su quale certezza? Noi non possiamo più credere alle fole del vangelo. Gesù è quasi sicuramente esistito, ma è stato un personaggio minimo della storia ebraica di cui quasi nessuno si è accorto.
    Che cosa è per noi ancora sacro, cioè intoccabile, vero nel senso più pieno? Si dice che "la vita è sacra", ma è una formula vuota.

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    1. << Ma Cristo è risorto, ha vinto la morte, dicono i credenti. E credendo in lui saremo salvi anche noi, non moriremo davvero. >>

      Si tratta di un concetto potente, senza dubbio, ma anche ambiguo, perchè sorvola sulla duplice natura attribuita a Gesù, considerato vero Dio e vero uomo.
      Quand'anche Gesù fosse morto come uomo, non potrebbe essere risorto solo in quanto Dio ?

      Ci sono state fior di eresie su questo punto, tutte ferocemente condannate, ma non certo illogiche.
      Ma se questo fosse vero, allora tutta la speranza escatologica crolla, perchè se non è risorto come uomo, non potremo farlo neppure noi.
      Nessun uomo al mondo (ovviamente) è mai resuscitato. Che sia riuscito proprio a Gesù 'come uomo' è davvero un grande mistero della fede.

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  3. Una società in decomposizione è quella che ha perso il senso della sacralità anche e soprattutto, come dice Simonetta, nel significato laico della parola. "Sacra" può essere ad esempio la libertà di espressione e, più in generale, tutto ciò che restituisce un senso all’esistenza di ogni individuo. "Sacra" ritengo debba ritenersi la vita umana sebbene ogni arma, e chiunque ne faccia uso, tenti di distruggerla.

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    1. Caro Agostino, nel seguito del suo articolo (che io non ho riportato solo per brevità), Simonetta accenna proprio al valore assoluto della vita umana come nuovo oggetto della sacralità laica.
      Ma ne sottolinea anche l'incompatibilità con un'altra istanza che oggi è diventata fondamentale, ovvero la difesa dell'ambiente:
      << Se sacra è la vita umana, significa che la sua tutela e protezione fa aggio su qualunque altra cosa e che derogare da questa regola è sacrilego; impensabile, anche a costo di chiudere occhi ed orecchie sui perversi meccanismi che proprio questo approccio ha creato e sta mantenendo, condannando la nostra civiltà e molti di noi con essa. (...)
      Non è un caso se, malgrado ormai da quasi cento anni abbiamo tutte le conoscenze scientifiche e le competenze tecniche necessarie per evitare il vicolo cieco (la distruzione dell'ambiente - NdL), non solo ci siamo entrati ugualmente, ma tuttora rifiutiamo di uscirne. >>

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  4. Gli atomi e le particelle subatomiche sono sacri? Che domanda, ovviamente no. E sono forse sacre le galassie o l'intero universo. Nemmeno. E può la gazzella rivendicare la sacralità della vita contro il leone che se la vuol giustamente mangiare, se no muore? Nemmeno. Si direbbe che il concetto di sacro sia una prerogativa dell'essere umano. Ma sacra non è solo la vita, sacra è per lui anche la patria, sacri sono i confini, per alcuni anche i rapporti familiari. Il concetto di sacralità può poi essere ampliato, il singolo può considerare sacri ovvero intoccabili anche oggetti che gli appartengono a cominciare dalla casa. Lo stuoino davanti alla porta di casa serve a indicare una soglia che non si può impunemente varcare: al di là della soglia c'è il nostro sacta sanctorum, la cui inviolabilità è persino sancita dalla legge. Con ciò vorrei alludere a una certa arbitrarietà del concetto di sacro. Per la Chiesa la vita è sacra fin dal primo istante del concepimento e fino all'ultimo respiro. Ma per S. Tommaso d'Aquino l'anima immortale veniva insufflata da Dio verso o dopo il terzo mese. Si direbbe che sacro è ciò che decide l'uomo, non che ci sia una sacralità (intoccabilità, inviolabilità) in sé. È però una legge di natura la non aggressività intraspecifica: raramente gli individui di una stessa specie si uccidono (sembra che i ratti non conoscano questa legge, e ahimè nemmeno gli esseri umani). L'estrema aggressività intraspecifica può essere però il risultato di un eccessivo affollamento).

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    1. Caro Sergio, se entriamo nella logica della natura e delle sue leggi dobbiamo abbandonare tutti questi concetti così tipicamente umani.
      Non può essitere pertanto il 'giusto' (perchè sia la gazzella che il leone hanno le loro buone ragioni), e neppure quello di sacro.
      Sono tutte sovrastrutture umane, che ci servono per gestire alla meno peggio l'enorme complessità della vita sociale.
      Ed in questa ottica, anche il concetto di Dio (e di religione) diventa utile.

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    2. << Gli atomi e le particelle subatomiche sono sacri? Che domanda, ovviamente no. >>

      Forse sono qualcosa di più che sacri: sono eterni.
      Solo che non lo sanno. ;-)

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  5. Sacro significa anche negativo, separato, maledetto. Anche con queste diavolerie ci tengono in iscacco dalla notte dei tempi, reset dopo reset. Spacciano il diavolo per l'acqua santa, trucco vecchio ma funziona. Cristo, Buddha, Maometto eccetera ci hanno fatto il pacco. Dopo averci rifilato il Folletto* non si sono più fatti vedere....

    * Intendo l'aspirapolvere....

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    1. Caro Mauro, non credo che Buddha si meriti di essere inserito tra i 'venditori di fumo', visto che la sua, come dicevo nell'introduzione, non è una vera religione soprannaturae, ma solo una fiosofia di vita; quindi una serie di consigli e non di obblighi.
      Quanto agli altri due, si potrebbe ancora fare un distinguo storico, in quanto il povero Gesù Cristo NON voleva fondare una nuova religione, ma venne semplicemente utilizzato da altri ex post (San Paolo) come figura carismatica di riferimento.
      Per Maometto, invece, non si sono dubbi: lui voleva proprio fondarla, una nuova religione. Però bisogna riconoscere che il suo 'Folletto' ha funzionato, ed è stato davvero un grande successo.

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  6. Ergo la religione è un atteggiamento, convinzione credenza, che lega, avvi nce il credente tapino alle cose separate, negative,maledette. Riterrei tale "teoria" accettabile, fra le tante puttanate ma date ai posteri, dai tempi dei papiri, pergamene, incunabili, tomi e volumi...

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  7. Post importante e che meriterebbe un ampio e dettagliato commento, qui & ora sottolineo volentieri la notevole profondità speculativa di Feuerbach, autore spesso ingiustamente sottovalutato ovvero considerato solamente un "apripista" di Marx. Saluti

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    1. Hai ragione, le opere ed il pensiero di Feuerbach, nonostante la loro profondità, non sono sempre conosciuti ed apprezzati come meritano.

      Da 'Essenza della Religione':
      «Siamo situati all'interno della natura; e dovrebbe essere posto fuori di essa il nostro inizio, la nostra origine? Viviamo nella natura, con la natura, della natura e dovremmo tuttavia non essere derivati da essa? Quanta contraddizione!»

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  8. Sacro e sacro

    Forse dobbiamo distinguere tra due tipi di sacro. Il sacro che l'uomo definisce o decreta (vita, patria, confini, casa ecc.) e il vero sacro a cui allude Mircea Eliade e che non dipende dalla volontà dell'uomo: è l'evento, l'apparizione, il fenomeno che ci porta in un'altra dimensione e ci tocca nel profondo. Eliade narra un fatto occorso in Grecia: nell'autobus c'era una donna che improvvisamente scomparve (non perché fosse scesa!). Insomma, quegli eventi che lasciano il segno, mettono i brividi, ci fanno sentire che c'è dell'altro, indefinibile, misterioso.
    "Terribilis est locus iste" (canto gregoriano): è la casa di Dio in cui entriamo col massimo rispetto.

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    1. Caro Sergio, i fenomeni straordinari a cui fa riferimento Eliade, in effetti, ci colpiscono nel profondo.
      I credenti li chiamano miracoli, cioè interventi divini che violano le leggi della natura, mantre noi atei ci limitiamo a considerarli dei fenomeni fisici inesplicabili.

      Personalmente, ho grandi difficoltà a credere che le leggi della fisica possano davvero essere violate.
      Ma mi rendo conto che, nell'immaginario popolare, l'evento inesplicabile lascia un segno molto profondo.

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    2. Eppure nella fisica quantistica avvengono cose incredibili che cozzano contro il principio di non contraddizione. Scriveva uno nel blog di Pardo: la particella che attraversa contemporaneamente due fori paralleli, due masse che occupano lo stesso spazio e - roba da non credere - l'effetto che crea o determina la causa ecc. Ma ci sono altri fenomeni paradossali (il teletrasporto per esempio). Fenomeni incredibili che i credenti una volta attribuivano alla divinità, miracoli appunti, e che noi possiamo oggi verificare. Quel tale nel blog di Pardo concludeva: ormai non mi sento di affermare alcunché, nemmeno che Dio non esiste pur essendo ateo (non crede nel Dio cristiano ma chissà ...). "Ci sono più cose in cielo di quel che possiamo immaginare" (mi sembra Shakespeare).

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    3. Verissimo.
      Anche le cose più incredibili, però, possono essere ricondotte alle leggi della natura.
      Quindi, forse, siamo solo noi che non riusciamo a comprenderle, prchè ci appaiono contro-intuitive.

      Ricordo di aver letto tempo fa (in un saggio sull'argomento), che esisterebbe una distinzione tra le leggi che funzionano nel mondo 'macro' (quello che conosciamo noi) e quelle che funzionano solo nel mondo 'micro' (quello delle particelle subatomiche).
      Ma, nella mia abissale ignoranza, mi fermo qui.

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  9. La reiterazione della vita, in ogni sua forma, nel nostro habitat, dimostra la prosaicita ' del disegno, divino o superumano che sia. Orrenda macelleria a cielo aperto, sopravvivenza a danno di altre entità più o meno senzienti. La posizione degli organi riproduttivi nell' uomo e nella donna, tanto per fare un esempio, ci colloca di diritto fra le specie animali, pur se fornite, si direbbe, di libero arbitrio, coscienza e via discorrendo. E comunque, dopo 72 ore di digiuno, l'essere umano smarrisce la trebisonda e le virtù teologali , stante la necessità di metter qualcosa sotto i denti, financo lo zio Peppino, se non abbastanza veloce a sfuggire le mascelle del congiunto famelico. Sta per ri-succedere in Ucraina, temo.

    Dio forse è stato creato, inventato dopo, sorta di valium, di gratta e vinci, roba per il popolo minuto, cause e teorie propalate e diffuse dagli eruditi, dai sacerdoti, per mantenere lo status quo, ovvero Dio sarà, ma non qui, in questa piccola porzione del vasto piano orizzontale. Non in questo attimo dimensionale . O Forse è già passato, forse non ancora. Boh! Non prendo posizione. Sono agnostico.

    "Raccontiamo un sacco di menzogne al popolo, li terrorizziamo con l'inferno, nel mentre noi uccidiamo, rubiamo, mangiamo, diamo soddisfazione alla verga..." Ciò Sembra dicesse papa Alessandro sesto ai suoi accoliti-cardinali, durante un festino. O giù di lì.

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    1. Per quel che mi risulta, l'idea di Dio e la sua utilità sono un costrutto del popolo nel suo complesso. Poi, certo, le elites lo hanno ripreso ed utilizzato come instrumentum regni.
      Ma solo dopo.

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  10. Beh, con me che reputo l'uomo un tragico esperimento sbagliato, sfondate una porta aperta. Volevo soltanto rilevare che, più o meno consciamente, quando la tavola è troppo affollata, anche i commensali si rendono conto che..... Il problema è che nessuno si vorrebbe alzare per primo, né spera che l'iroso oste lo scaraventi fuori a calci nel sedere. Proprio a me tocca?

    Ritrovamenti di vestigia del passato, resti stratificati, a diversi livelli e profondità, dimostrerebbeto che, più o meno regolarmente, più o meno a scadenza, in qualche maniera vengono operati dei reset, delle scremature, con relativo sostanziale depopolamento. Il problema gli è che in seguito, piano piano, doce doce, si ricomincia da capo, per poi ritrovarsi eccetera eccetera...

    Difficile ravvisare in tutto questo un disegno divino. A mio parere.

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