venerdì 4 giugno 2021

La distruzione creativa

Joseph Schumpeter è stato un economista mittel-europeo del primo '900.
Il suo contributo più importante alla scienza economica è il concetto di “distruzione creatrice”, che, secondo l'autore, rappresenta la molla decisiva dello sviluppo capitalistico.
Alla spiegazione ed all'analisi di questo concetto è dedicato il post di oggi, tratto dal sito di Sollevazione.
LUMEN


<< La teoria economica prima di Schumpeter descrive le economie di mercato come dei sistemi essenzialmente statici in cui le imprese producono sempre gli stessi beni ed utilizzano sempre le stesse tecnologie produttive. In questo schema, la concorrenza per la conquista di nuovi clienti si svolge essenzialmente sul fronte dei prezzi. La concorrenza è una battaglia tra imprese combattuta esclusivamente a colpi di ribassi sui prezzi.

Il mondo reale però è molto diverso da questa costruzione teorica. Nel mondo reale, osserva Schumpeter, le imprese non producono sempre gli stessi beni con tecniche immutate ma introducono di tanto in tanto nuovi prodotti, migliorano la qualità dei prodotti preesistenti, adottano nuove tecnologie produttive come pure nuovi modelli di organizzazione del lavoro. Anzi, l’introduzione di prodotti innovativi oppure di processi produttivi più efficienti rappresentano proprio gli strumenti più usati dalle imprese per farsi concorrenza.

I clienti non si conquistano solamente con prezzi più bassi ma, soprattutto, si conquistano sfornando beni più appetibili e sviluppando tecniche di vendita più sofisticate. Insomma, l’interpretazione tradizionale della concorrenza basata solo sul prezzo non rappresenta per Schumpeter una descrizione soddisfacente di quello che accade nel mondo concreto degli affari. In questo mondo, gli imprenditori non combattono solo con i prezzi ma anche con altre armi come l’innovazione ed il marketing.

Il termine solitamente usato per sintetizzare la visione del capitalismo di Schumpeter è quello di Distruzione Creatrice. Al centro di questa visione si staglia la figura dell’imprenditore. L’imprenditore è colui che rischia sia risorse proprie sia risorse prese in prestito per investire in innovazione.

L’innovazione, a sua volta, assume forme diverse. In alcuni casi, si tratta dell’introduzione di un prodotto a cui nessun altro imprenditore ha pensato prima. In altri casi, invece, consiste nell’introduzione di macchine e di tecniche produttive che abbattono i costi di produzione. Altre volte ancora, l’innovazione consiste nell’adottare nuove forme di organizzazione del lavoro che permettono di reagire con maggiore prontezza ai mutamenti del mercato.

Quando lo sforzo di innovazione è coronato da successo allora si può affermare che l’imprenditore ha modificato lo scenario economico, ha fatto sorgere un nuovo mercato oppure ha introdotto un nuovo metodo di produzione. Questo è il lato creativo dell’innovazione.

Ma se questa creazione genera profitto per chi ne è stato l’artefice, è anche vero che essa genera perdite per coloro che ne subiscono le conseguenze negative. Si tratta degli imprenditori le cui merci e tecniche sono soppiantate dai nuovi prodotti e dai nuovi metodi di produzione, le loro imprese sono destinate al declino ed alla chiusura. Questo è il lato distruttivo dell’innovazione.

Un corollario della teoria della distruzione creatrice è la critica di Schumpeter agli schemi tradizionalmente usati per giudicare se un settore sia concorrenziale o meno. In base a questi schemi, la concorrenzialità di un settore dipende esclusivamente dal numero di imprese che vi operano.

Se queste imprese sono numerose il settore è molto concorrenziale, se invece sono poco numerose il settore è poco concorrenziale. Al limite, se esiste una sola impresa, siamo agli antipodi della concorrenza dato che il settore è in monopolio.

Per Schumpeter, tuttavia, il grado di concorrenzialità di un settore non può essere identificato e misurato solo sulla base del numero di operatori. Anche un robusto monopolista, infatti, potrebbe essere destinato ad un improvviso ed imprevisto declino se un innovatore insidia la sua posizione.

In breve, Schumpeter sostiene che oltre alla concorrenza effettiva occorre anche tener conto della concorrenza potenziale da parte di nuovi soggetti che potrebbero irrompere con nuovi prodotti o con nuove tecniche.

In questo contesto, anche un’impresa che appare in una solida posizione di forza deve comportarsi come se avesse dei concorrenti e tentare di prevenire le mosse dei potenziali concorrenti futuri. Un valido metodo di prevenzione consiste proprio nell’anticipare le innovazioni altrui cosicché la spinta innovativa dei monopolisti potrebbe essere uguale se non maggiore rispetto a quella delle imprese più esposte alle pressioni competitive.

La distruzione creatrice è il meccanismo primario che governa l’evoluzione dei sistemi capitalistici. Per Schumpeter, le guerre, le rivoluzioni e, più in generale, i fattori esogeni di ordine sociale, politico, demografico etc. possono essere causa di mutamento economico. Ma si tratta comunque di fattori che hanno una rilevanza secondaria rispetto alla distruzione creatrice stimolata dalla ricerca di profitto.

E’ come se il capitalismo, per sua stessa costituzione, disponesse di un meccanismo endogeno di rinnovamento. Questo meccanismo di rinnovamento, però, non agisce con la stessa efficienza e la stessa velocità in tutti sistemi economici concreti. In alcune economie, infatti, le innovazioni vengono introdotte più velocemente mentre in altre più lentamente.

E’ pertanto compito degli economisti scoprire quali sono i fattori responsabili di queste differenti dinamiche ed, in definitiva, spiegare che cosa decreta il successo o l’insuccesso di un paese sul piano dello sviluppo economico. (...)

Per Schumpeter, sono la finanza e le banche private che svolgono un compito essenziale nel convogliare le risorse dell’economia nella direzione di investimenti destinati a produrre innovazione. Esse, infatti, da un lato consentono di mobilitare il capitale necessario per innovazioni particolarmente costose e, dall’altro, sono in grado di giudicare meglio di un qualsiasi funzionario pubblico se una certa idea imprenditoriale meriti di essere finanziata o meno.

Il tasso di sviluppo economico di un paese è dunque direttamente legato al buon funzionamento del settore finanziario e creditizio. >>

SOLLEVAZIONE

3 commenti:

  1. A proposito della 'distruzione creatrice', Moreno Pasquinelli fa questa interessante considerazione:

    << [E' vero che] ogni grande crisi del capitalismo ha la sua radice ultima nella sovraccumulazione di capitale e nella sovrapproduzione di merci, ma da questo presupposto si ricava poco o nulla sui suoi eventuali effetti. (…)
    Tanto per fare un esempio: la Grande Crisi del ’29 colpi tutto il mondo, ma negli U.S.A. avemmo il New Deal, in Germania il nazismo, in Spagna la guerra civile. >>

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  2. Sì, il discorso della distruzione creatrice fila, come pure l'utilità della concorrenza.
    Ma mi chiedo se arrivati a questo punto - 8 miliardi di esseri umani, presto 10 - abbia ancora senso usare questi argomenti. Per assicurare a tutti il minimo indispensabile, e magari qualcosa di più, bisognerà cooperare e non farsi la. Basta con la solfa della crescita a tutti i costi quando tanti esseri umani non hanno accesso all'acqua potabile, non hanno servizi igienici, depuratori, non hanno abbastanza da mangiare e vivono in luoghi orrendi, fra l'immondizia. Fra l'altro non hanno nemmeno lavoro, anzi ce ne sarà sempre meno grazie alla robotica e all'IA.
    Letto alcuni minuti fa in un quotidiano reputato serio: la "promettente" crescita demografica di paesi come il Pakistan, l'Indonesia e l'Etiopia (sic, anche l'Etiopia! senza dimenticare il più promettente in assoluto, la Nigeria, che fra trent'anni avrà più abitanti dell'UE !) favorirà una crescita economica mondiale favolosa.
    Ma siamo scemi? Ma quale crescita economica favolosa, quale distruzione creatrice, se non avremo nemmeno da bere e da mangiare. E i prezzi di beni di prima necessità stanno già salendo e saliranno sempre più, ce ne accorgeremo anche noi ricchi occidentali. Il resto del mondo non starà a guardare. Intanto ci consigliano le nuove diete ecocompatibili: niente carne, ma insetti e farina di larve.


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    1. Caro Sergio, Schumpeter scriveva circa un secolo fa, quando il problema della sovrappopolazione non si poneva neppure.
      Oggi, invece, rischiamo che la distruzione della ricchezza non solo non sia creativa, ma sia soltanto irreversibile, quanto meno nei confronti dell'ambiente.
      Ma questo S. non poteva neppure immaginarlo e, se guardiamo solo all'economia classica, la sua intuizione era decisamente geniale.

      Quanto al problema della sovrappopolazione tornerò a parlarne come merita, a partire dal prossimo post.

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