venerdì 26 febbraio 2021

Abbasso la Squola - (3)

Nuovo post dedicato ai problemi della scuola pubblica, ed alla sua difficile missione, dopo i due precedenti dell'ottobre 2012 e dell'ottobre 2017.

Le considerazioni – critiche, ma appassionate – sono di Gianni Pardo, uno che la scuola la conosce bene per averci insegnato a lungo (testo tratto dal suo blog).

LUMEN


<< Come mai ho una così acre antipatia per la scuola, soprattutto dal momento che in essa non ho seriamente sofferto né da alunno né da docente?

La prima constatazione è che ci sono istituzioni che, per la loro stessa natura, non possono evitare di avere aspetti negativi. Un cimitero è un luogo in cui si incontrano persone che soffrono per la perdita di familiari e anici, e certo fra quei marmi e quei vialetti non ci si può aspettare molta allegria.

Analogamente non è certo in ospedale che si troveranno persone in buona salute, che non soffrono di niente. Dunque avere antipatia per una certa organizzazione non corrisponde a giudicarla colpevole dei suoi lati negativi. L’ospedale è triste ma è una necessità, e se non ci fosse il mondo soffrirebbe anche di più.

Anche la scuola soffre di alcuni ineliminabili difetti. Il primo è che, mentre dovrebbe insegnare il senso critico, sostanzialmente vieta di mettere in discussione ciò che insegna. Già i ragazzi, essendo “tabula rasa”, non hanno tendenza a sollevare obiezioni, ma i docenti dovrebbero incoraggiarli a farlo, eventualmente spiegandogli perché le loro obiezioni sono infondate, ma senza irriderli. Invece la maggior parte di loro non vuole essere infastidita, mentre dispensa il verbo. Dunque la scuola insegna il conformismo.

Né si potrebbero facilmente prendere provvedimenti dall’alto. Se temiamo che un certo professore di storia, essendo tendenzialmente un rivoluzionario, nasconda agli alunni gli orrori giuridici e umani della Rivoluzione Francese, non è mettendo al suo posto un altro professore, che parlerà di quella Rivoluzione come del trionfo dell’empietà e della crudeltà, che avremo risolto il problema.

Inoltre c’è un altro dato che non si può trascurare. Dal momento che la scuola opera in perdita, ed è sovvenzionata dallo Stato, essa diviene un organo di diffusione dell’ideologia di chi la finanzia.

Oggi l’Italia è arrabbiatamente democratica, perché tale si sente il Parlamento, ma è stata coralmente fascista, quando fascista era il governo. Né le cose cambiano se le scuole, invece di essere finanziate dallo Stato, sono finanziate da privati. Infatti le scuole cattoliche insegnano anche ad essere religiosi.

Ma il difetto che trovo più insopportabile è che il prodotto della scuola, la cultura, viene visto come un peso, una seccatura, qualcosa che bisogna imparare a memoria per andare a snocciolarlo al professore, se interrogati. In realtà la cultura è un priilegio, un piacere ed anzi una passione, ma non a dodici o sedici anni. A quell’età l’insieme dello scibile è visto come una seccatura, qualcosa da imparare in modo da essere promossi ed evitare problemi con papà e mamma.

Dunque il primo risultato che la scuola ottiene è quello di falsare l’oggetto del suo lavoro. Già non riesce a rendere chiaro che andare a scuola è una fortuna che miliardi di ragazzi non hanno avuto.

Un tempo l’età lavorativa era quella dei sei anni. Inoltre che la vera persona informata la cultura l’acquisisce per il piacere di conoscere, di sapere, di rendersi conto delle leggi della realtà. Di sentirsi orientati nel tempo e nello spazio.

Se i giovani non lo capiscono, peggio per loro. Al massimo li si può perdonare in nome dell’età. Ma rari sono i professori che riescono a far trasparire il loro amore per la cultura, in modo da mostrare almeno un esempio di quel mondo su cui i discenti si affacciano.

La scuola, come i cimiteri, gli ospedali, le carceri, è un’istituzione negativa che non può evitare di essere negativa. È inutile che l’ipocrisia collettiva voglia dipingerla con colori idilliaci.

Certo, capita che ci siano professori eccezionali. Io ne ho avuti un paio che venero nel tabernacolo del mio cuore, e le cui spiegazioni erano seguite nel silenzio religioso dei concerti dei grandi artisti. Ma so di essere stato molto fortunato, in questo. Anche un solo professore carismatico, un vero maestro, è una fortuna che non tutti hanno avuto.

Considerata la media, bisogna onestamente manifestare ai ragazzi una fraterna comprensione, se sentono una grande antipatia per quel carcere con lavagna. Così come spero di essere capito se dico che, da pensionato, non c’è stato un giorno in cui abbia rimpianto l’insegnamento.

E dire che insegnare mi piace moltissimo. Ma è bello insegnare a chi vuole imparare, a chi chiede il privilegio di condividere con i più anziani il piacere delle conoscenze. Lo sforzo dell’apprendimento trova la sua mercede in ciò che si è appreso, e questo sforzo non ha ore e giorni comandati, perché dura per tutta la vita.

La scuola che insegna a leggere e scrivere, e fornisce i mezzi per imparare un mestiere, sta alla cultura come la prostituzione sta al vero amore. >>

GIANNI PARDO

7 commenti:

  1. Avevo già avuto modo di leggere riflessioni di Gianni Pardo ma devo ammettere che qui l'autore si supera per capacità di vedere lucidamente l'essenza delle cose. Come professore di liceo condivido tutto e farei solo un paio di integrazioni: a) in assenza di una vera formazione e considerando che abilitazioni e punti di credito si possono facilmente acquistare, i giovani insegnanti sono molto più apatici conformisti dei vecchi e b) i libri di testo sono degradati al conformismo del socialmente corretto al punto che anche l'eccentricità di alcuni artisti (ma che artisti sono se non fossero eccentrici?) sono sviliti e ridotti a oggetto di pubblico ludibrio.

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  2. Tutto questo ovviamente alla faccia di una educazione fondata sullo "spirito critico".

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  3. Caro Agostino, ti ringrazio per il tuo intervento, che condivido in pieno.
    Personalmente, da semplice "non addetto ai lavori", non sono molto stupito del conformismo attuale, perchè in fondo, una certa dose di conformismo fa parte del DNA della scuola pubblica.
    Quello che forse si può dare agli studenti, più che un ammirevole, ma difficilissimo, spirito critico, è un più prosaico amore per lo studio e per l'approfondimento.
    Se la scuola riesce ad offrire questo ad un ragazzo, sarà poi lui stesso, da adulto, con la lettura di altri e più specifici testi, a riempire le lacune che il conforrmismo ha lasciato.

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  4. Be', Pardo spara sulla Croce Rossa. Ha ragione da vendere, ma quale sarebbe l'alternativa? Tutti siamo andati a scuola, la scuola è un obbligo. Perché il datore di lavoro, lo Stato, ha interesse a formare dei buoni cittadini, in pratica dei conformisti. In teoria vuole promuovere lo spirito critico, in pratica si deve piacere agli insegnanti che ti daranno il voto.
    Tuttavia ci sono anche dei buoni professori e averne anche solo uno è già una fortuna. Pardo ne ha avuti, anch'io.
    Ma dicevo sopra: quale sarebbe l'alternativa? La scuola privata o l'insegnamento a casa, affidato ai genitori - che è permesso a speciali condizioni, ma che ovviamente è anche un privilegio, non tutti possono permetterselo. Leopardi non ha frequentato la scuola pubblica ma aveva la biblioteca paterna con 20'000 volumi.
    Lo stesso la scuola pubblica trasmette conoscenze oggettive e utili (nelle materie scientifiche non si può fare molta propaganda). È un male necessario.
    Nessuno più parla di Ivan Illich che considerava la scuola deleteria e offriva alternative. Adesso si parla addirittura di catastrofe per la pandemia: milioni e milioni di giovani non possono più istruirsi e saranno svantaggiati per aver perso alcuni mesi di scuola! Ma ciò che conta davvero può essere recuperato in quattro e quattr'otto, quanto tempo si perde a scuola tra chi si annoia perché la scuola non lo interessa e chi è costretto ad adattarsi ai meno intelligenti.

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    1. Caro Sergio, io penso che la "catastrofe da pandemia", come la chiami tu, stia non tanto nella carenza degli insegnamenti veri e propri, ma nella mancata frequentazione quotidiana dei compagni di classe e della scuola come luogo fisico, cioè come palestra di vita sociale.
      Quando sei confinato in casa puoi anche imparare tante nozioni, ma il rapporto umano (formativo per tante cose) finisce per mancarti e, se la cosa si prolunga per troppo tempo, non è più recuperabile in nessun altro modo.
      Spero di sbagliarmi, ma ai ragazzi di oggi potrebbe mancare più l'esperienza della scuola che la cultura in quanto tale.

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    2. "e, se la cosa si prolunga per troppo tempo, non è più recuperabile in nessun altro modo."

      Mah, non credo proprio. È vero che la scuola è una palestra di vita sociale, ma non poterla frequentare per alcuni mesi - adesso addirittura un anno - non dovrebbe avere conseguenze ... fatali. Certo se la cose continuasse per un altro anno o più probabilmente lascerebbe il segno. Ma non sono così sicuro.

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    3. Certo, pochi mesi, anche un anno, sono recuperabili.
      Ma sappiamo davvero quando finirà questa benedetta emergenza ?
      Tra eccessi di precauzione, nuove varianti, ed altri possibili virus (facilitati dal globalismo mondiale), chi può dire se non ci stiamo avviando verso una nuova realtà sociale ?

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