Diceva
un noto uomo politico (Andreotti, mi pare), che contro i nemici le
leggi si applicano, mentre per gli amici si interpretano.
Questo
vale, a maggior ragione, per le regole ed i precetti religiosi, che essendo (inevitabilmente) tutti finti, consentono il massimo della elasticità
e del ribaltamento.
Ce
lo dimostra in modo esemplare (e contro le stesse intenzioni
dell'autore), la ben nota vicenda del 'voto di castità' della povera
Lucia, narrato dal Manzoni nei Promessi Sposi.
LUMEN
Atto
I - Lucia prigioniera
<<
Ma in quel momento, [Lucia]
si
rammentò che poteva almen pregare, e insieme con quel pensiero, le
spuntò in cuore come un’improvvisa speranza. Prese di nuovo la sua
corona, e ricominciò a dire il rosario; e, di mano in mano che la
preghiera usciva dal suo labbro tremante, il cuore sentiva crescere
una fiducia indeterminata.
Tutt’a
un tratto, le passò per la mente un altro pensiero: che la sua
orazione sarebbe stata più accetta e più certamente esaudita,
quando, nella sua desolazione, facesse anche qualche offerta. Si
ricordò di quello che aveva di più caro, o che di più caro aveva
avuto; giacchè, in quel momento, l’animo suo non poteva sentire
altra affezione che di spavento, nè concepire altro desiderio che
della liberazione; se ne ricordò, e risolvette subito di farne un
sacrifizio.
S’alzò,
e si mise in ginocchio, e tenendo giunte al petto le mani, dalle
quali pendeva la corona, alzò il viso e le pupille al cielo, e
disse: “o Vergine santissima! Voi, a cui mi sono raccomandata tante
volte, e che tante volte m’avete consolata, voi che avete patito
tanti dolori, e siete ora tanto gloriosa, e avete fatti tanti
miracoli per i poveri tribolati; aiutatemi! fatemi uscire da questo
pericolo, fatemi tornar salva con mia madre, o Madre del Signore; e
fo voto a voi di rimaner vergine; rinunzio per sempre a quel mio
poveretto, per non esser mai d’altri che vostra.”
Proferite
queste parole, abbassò la testa, e si mise la corona intorno al
collo, quasi come un segno di consacrazione, e una salvaguardia a un
tempo, come un’armatura della nuova milizia a cui s’era ascritta.
Rimessasi a sedere in terra, sentì entrar nell’animo una certa
tranquillità, una più larga fiducia. Le venne in mente quel
“domattina” ripetuto dallo sconosciuto potente, e le parve di
sentire in quella parola una promessa di salvazione.
I
sensi affaticati da tanta guerra s’assopirono a poco a poco in
quell’acquietamento di pensieri; e finalmente, già vicino a
giorno, col nome della sua protettrice tronco tra le labbra, Lucia
s’addormentò d’un sonno perfetto e continuo. >>
Atto
II - Lucia liberata
<<
Lucia, tornatele alquanto le forze, e acquietandosele sempre più
l’animo, andava intanto assettandosi, per un’abitudine, per un
istinto di pulizia e di verecondia: rimetteva e fermava le trecce
allentate e arruffate, raccomodava il fazzoletto sul seno, e intorno
al collo. In far questo, le sue dita s’intralciarono nella corona
che ci aveva messa, la notte avanti; lo sguardo vi corse; si fece
nella mente un tumulto istantaneo; la memoria del voto, oppressa fino
allora e soffogata da tante sensazioni presenti, vi si suscitò
d’improvviso, e vi comparve chiara e distinta.
Allora
tutte le potenze del suo animo, appena riavute, furon sopraffatte di
nuovo, a un tratto: e se quell’animo non fosse stato così
preparato da una vita d’innocenza, di rassegnazione e di fiducia,
la costernazione che provò in quel momento, sarebbe stata
disperazione. Dopo un ribollimento di que’ pensieri che non vengono
con parole, le prime che si formarono nella sua mente furono: “oh
povera me, cos’ho fatto!”
Ma
non appena l’ebbe pensate, ne risentì come uno spavento. Le
tornarono in mente tutte le circostanze del voto, l’angoscia
intollerabile, il non avere una speranza di soccorso, il fervore
della preghiera, la pienezza del sentimento con cui la promessa era
stata fatta. E dopo avere ottenuta la grazia, pentirsi della
promessa, le parve un’ingratitudine sacrilega, una perfidia verso
Dio e la Madonna; le parve che una tale infedeltà le attirerebbe
nuove e più terribili sventure, in mezzo alle quali non potrebbe più
sperare neppur nella preghiera; e s’affrettò di rinnegare quel
pentimento momentaneo.
Si
levò con divozione la corona dal collo, e tenendola nella mano
tremante, confermò, rinnovò il voto, chiedendo nello stesso tempo,
con una supplicazione accorata, che le fosse concessa la forza
d’adempirlo, che le fossero risparmiati i pensieri e l’occasioni
le quali avrebbero potuto, se non ismovere il suo animo, agitarlo
troppo.
La
lontananza di Renzo, senza nessuna probabilità di ritorno, quella
lontananza che fin allora le era stata così amara, le parve ora una
disposizione della Provvidenza, che avesse fatti andare insieme i due
avvenimenti per un fine solo; e si studiava di trovar nell’uno la
ragione d’esser contenta dell’altro. E dietro a quel pensiero,
s’andava figurando ugualmente che quella Provvidenza medesima, per
compir l’opera, saprebbe trovar la maniera di far che Renzo si
rassegnasse anche lui, non pensasse più...
Ma
una tale idea, appena trovata, mise sottosopra la mente ch’era
andata a cercarla. La povera Lucia, sentendo che il cuore era lì lì
per pentirsi, ritornò alla preghiera, alle conferme, al
combattimento, dal quale s’alzò, se ci si passa quest’espressione,
come il vincitore stanco e ferito, di sopra il nemico abbattuto: non
dico ucciso. >>
Atto
III - Lucia redenta
<<
Lucia si voltò, s’alzò precipitosamente e andò incontro al
vecchio, gridando: “oh chi vedo! O padre Cristoforo!”
“Ebbene,
Lucia! da quante angustie v’ha liberata il Signore! Dovete esser
ben contenta d’aver sempre sperato in Lui.”
“Oh
sì! Ma lei, padre? Povera me, come è cambiato! Come sta? dica: come
sta?”
“Come
Dio vuole, e come, per sua grazia, voglio anch’io,” rispose, con
volto sereno, il frate. E, tiratala in un canto, soggiunse: “sentite:
io non posso rimaner qui che pochi momenti. Siete voi disposta a
confidarvi in me, come altre volte?”
“Oh!
non è lei sempre il mio padre?”
“Figliuola,
dunque; cos’è codesto voto che m’ha detto Renzo?”
“È
un voto che ho fatto alla Madonna... oh! in una gran tribolazione!...
di non maritarmi.”
“Poverina!
Ma avete pensato allora, ch’eravate legata da una promessa?”
“Trattandosi
del Signore e della Madonna!... non ci ho pensato.”
“Il
Signore, figliuola, gradisce i sagrifizi, l’offerte, quando le
facciamo del nostro. È il cuore che vuole, è la volontà: ma voi
non potevate offrirgli la volontà d’un altro, al quale v’eravate
già obbligata.”
“Ho
fatto male?”
“No,
poverina, non pensate a questo: io credo anzi che la Vergine santa
avrà gradita l’intenzione del vostro cuore afflitto, e l’avrà
offerta a Dio per voi. Ma ditemi; non vi siete mai consigliata con
nessuno su questa cosa?”
“Io
non pensavo che fosse male, da dovermene confessare: e quel poco bene
che si può fare, si sa che non bisogna raccontarlo.”
“Non
avete nessun altro motivo che vi trattenga dal mantener la promessa
che avete fatta a Renzo?”
“In
quanto a questo... per me... che motivo...? Non potrei proprio
dire...” rispose Lucia, con un’esitazione che indicava tutt’altro
che un’incertezza del pensiero; e il suo viso ancora scolorito
dalla malattia, fiorì tutt’a un tratto del più vivo rossore.
“Credete
voi,” riprese il vecchio, abbassando gli occhi, “che Dio ha data
alla sua Chiesa l’autorità di rimettere e di ritenere, secondo che
torni in maggior bene, i debiti e gli obblighi che gli uomini possono
aver contratti con Lui?”
“Sì,
che lo credo.”
“Ora
sappiate che noi, deputati alla cura dell’anime in questo luogo,
abbiamo, per tutti quelli che ricorrono a noi, le più ampie facoltà
della Chiesa; e che per conseguenza, io posso, quando voi lo
chiediate, sciogliervi dall’obbligo, qualunque sia, che possiate
aver contratto a cagion di codesto voto.”
“Ma
non è peccato tornare indietro, pentirsi d’una promessa fatta alla
Madonna? Io allora l’ho fatta proprio di cuore...” disse Lucia,
violentemente agitata dall’assalto d’una tale inaspettata,
bisogna pur dire speranza, e dall’insorgere opposto d’un terrore
fortificato da tutti i pensieri che, da tanto tempo, eran la
principale occupazione dell’animo suo.
“Peccato,
figliuola?” disse il padre: “peccato il ricorrere alla Chiesa, e
chiedere al suo ministro che faccia uso dell’autorità che ha
ricevuto da essa, e che essa ha ricevuta da Dio? Io ho veduto in che
maniera voi due siete stati condotti ad unirvi; e, certo, se mai m’è
parso che due fossero uniti da Dio, voi altri eravate quelli: ora non
vedo perchè Dio v’abbia a voler separati. E lo benedico che
m’abbia dato, indegno come sono, il potere di parlare in suo nome,
e di rendervi la vostra parola. E se voi mi chiedete ch’io vi
dichiari sciolta da codesto voto, io non esiterò a farlo; e desidero
anzi che me lo chiediate.”
“Allora...!
allora...! lo chiedo;” disse Lucia, con un volto non turbato più
che di pudore.
Il
frate chiamò con un cenno il giovine [Renzo],
il quale se ne stava nel cantuccio il più lontano, guardando
(giacchè non poteva far altro) fisso fisso al dialogo in cui era
tanto interessato; e, quando quello fu lì, disse, a voce più alta,
a Lucia: “con l’autorità che ho dalla Chiesa, vi dichiaro
sciolta dal voto di verginità, annullando ciò che ci potè essere
d’inconsiderato, e liberandovi da ogni obbligazione che poteste
averne contratta.” >>
ALESSANDRO MANZONI
Caro Lumen,
RispondiEliminacontrariamente a quanto pensavi ho letto ovvero riletto con attenzione e sorpresa la storia del voto di Lucia Mondella. Sorpresa, perché mi sembrava di leggere per la prima volta questa storia che mi pareva così strana e anche un po' ridicola. E mi chiedevo come fosse possibile proporre ancora oggi questo testo ai nostri giovani completamene disinibiti e armati di smartphone. Mi sembra infatti - non lo so con precisione - che i Promessi Sposi facciano ancora parte del programma in Italia, come la Divina Commedia.
L'ultima rilettura dei Promessi Sposi vent'anni fa mi era immensamente piaciuta, rilessi il romanzo in quattro giorni (le letture veloci sono sempre un buon segno: che il testo ci interessa, ne siamo presi).
Ma la rilettura dei brani qui sopra mi lascia oggi perplesso. Questa storia mi appare oggi arcaica e poco interessante, padre Cristoforo - che mi è sempre stato antipatico - si ammanta anche qui di un'autorità immaginaria che gli permette di sciogliere il voto di Lucia. Ovviamente c'è una certa logica nel suo argomentare, ma non la chiamerei furbizia o scaltrezza: lui è profondamente convinto della sua autorevolezza conferitagli dal ministero (cioè dal potere terreno, ma in ultima analisi da Dio). Insomma, padre Cristoforo non interpreta astutamente e ingannevolmente, argomenta secondo scienza e coscienza. E fa felici due persone, allegria.
Promessi Sposi, addio?
Caro Sergio, jo ho finito di rileggere il romanzo proprio in questi giorni e - a mio modesto avviso - pur facendo la tara della mentalità dell'epoca in cui fu scritto, l'opera mi sembra ancora viva e vitale e meritevole di essere riletta.
RispondiEliminaPerchè, come tutti i veri grandi classici, contiene - inframezzate alla narrazione - moltissime annotazioni ed osservazioni di carattere psicologico che aiutano a capire meglio l'animo umano e mi sembrano validi ancora oggi, in quanto frutto di meccanismi 'eterni'.
Quanto al comportamente di Fra Cristoforo (che a me invece, come personaggio, non dispiace) sono perfettamente d'accordo con te sul fatto che sia sincero e non frutto di una furberia.
Ma la mia 'accusa' era rivolta al meccanismo stesso dei precetti religiosi, che, appoggiandosi alla fonte normativa che più conviene (e ce ne sono quante se ne vuole), sembrano sempre consentire una scappatoia.
Caro Lumen,
Eliminaconsidera proprio Lucia che fa il voto di castità con la coroncina del rosario al collo e tutta tremante: per favore!
I personaggi interessanti, autentici, del romanzo - dunque vivi - sono quelli negativi, i cattivi: don Rodrigo, la monaca di Monza, il padre della monaca di Monza (diabolico!), in parte l'Innominato (fin quando non posa la testa sulla spalla del cardinale e si converte, e buona notte), Don Abbondio - che Aldo Spranzi, economista e autore di una monumentale Anticritica dei P. S. - considera addirittura un criminale (esagera, per me è solo un gran vigliacco, ma si sa che uno il coraggio non se lo può dare).
I Promessi Sposi sono un "caso". Per gli Italiani è una storia di famiglia e in quanto tale gradita a tutti (piaceva a Eco, Sciascia, Moravia ecc. - tutti agnostici o atei), credo che nessuno abbia il coraggio di dire: ma insomma, che barba, tempi passati (uno c'è che ha il coraggio di dirlo: Gianni Pardo).
All'estero i P. S. sono pressoché sconosciuti - nonostante la sponsorizzazione di Goethe a cui Manzoni aveva mandato il romanzo. Goethe fu dapprima entusiasta, ma poi rivide il giudizio (gli era sommamente sgradevole l'episodio della peste).
Il romanzo dell'Ottocento è stato appannaggio di francesi, inglesi e russi. L'Italia ha ben poco, i P. S., e magari la prima parte delle Confessioni di un ottuagenario di Nievo (la Pisana è ben altra cosa di Lucia!).
Comunque essendo io italiano voglio anch'io un po' bene ai Promessi Sposi.
N.B. Per Spranzi il personaggio chiave del romanzo è la monaca di Monza. E Manzoni era un cuore arido, ateo nonostante le apparenze.
Mah, non credo di essere molto d'accordo con i giudizi di Spranzi che tu hai citato.
EliminaAnzitutto, non so se Manzoni fosse un ateo inconsapevole, ma tutte le sue opere (comrprese quelle in poesia) mi sembrano dimostrare il contrario.
Forse quello che lo rende speciale (ma in positivo) è sua la capicità - tipica del grande scrittore - di raccontare storie in chiaro-scuro e non fare solo delle agiografie religiose.
Nei P.S. i personaggi religiosi sono tanti e c'è veramente di tutto, dal santo al farabutto, passando per il semplice opportunista.
Quindi, il mio giudizo finale è: bravo Lisander.
Quanto poi al personaggio chiave, la Monaca di Monza mi sembra fuori posto, non tanto per la sua rilevanza (che è notevole), quanto per la sua sostanziale marginalità.
Se proprio vogliamo trovare un personaggio 'portante' della storia, escudendo ovviamente Renzo, mi sentirei di indicare proprio il tanto vituperato Don Abbondio, un personaggio 'vero', che più umano non si può.
Nella prima versione, Fermo e Lucio, l'episodio della monaca occupa molto più spazio.
EliminaDon Abbondio è una macchietta, divertente certo, ma non proprio un personaggio di rilievo. Umano, troppo umano.
Devo avertelo già scritto: Moravia considerava Manzoni un grande scrittore (per la lingua e lo stile), ma un mediocre romanziere per i contenuti, per noi non più interessanti.
Un testo notevole di Manzoni è comunque La storia della colonna infame, di cui esistono due versioni. Doveva essere un appendice dei P.S. ma poi ne fece un trattatello a parte in cui arriva a dire:
a fronte della palese ingiustizia dei giudici si potrebbe dubitare della Provvidenza.
<< si potrebbe dubitare della Provvidenza. >>
EliminaPer qualsiasi persona razionale, la Provvidenza divina è un concetto del tutto inaccettabile, non avendo (per ovvii motivi) nessuna base di prevedibilità e quindi di attendibilità.
Ma i fedeli continuano beati a farci conto sopra, sulla base del seguente paralogismo:
- se mi è andata bene, è merito di Dio.
- se mi è andata male, è colpa della malasorte o di qualcun altro.
Così - ragionando ex post - sono sicuri di non sbagliare mai.
<< Nella prima versione, Fermo e Lucio, l'episodio della monaca occupa molto più spazio. >>
EliminaDal che si potrebbe dedurre, a contrariis, che il Manzoni ne ha ridotto lo spazio perchè non la considerava un personaggio così fondamentale.
Forse, re melius perpensa, si potrebbe dire che i P.S. sono veramente un romanzo corale, in cui il 'personaggio chiave', semplicemente, non esiste.