Anche se appare ormai superato dalla storia, l'istituto della Monarchia continua ad esistere in varie nazioni e non sembra passarsela troppo male.
Questo perchè, secondo alcuni, un Re dinastico può rappresentare la Nazione meglio di un Presidente eletto.
A questa opinione - che si può anche non condividere, ma ha una sua logica - è dedicato il post di oggi, scritto da Giuseppe Geneletti per il sito Varesenews (LINK),
LUMEN
<< C’erano una volta un Re e una Regina… e nel 21° secolo ce ne sono ancora tanti. (…) Il numero di regnanti attuali nel mondo è sorprendente: in un paese su quattro vige la monarchia, un fenomeno tutt’altro che irrilevante dal punto di vista storico, politico, economico e sociale. (...)
La domanda generale che si pone è se la monarchia sia oggi un anacronistico relitto delle società feudali, oppure una connessione con la tradizione e il passato di una nazione, che apporta esiti complessivamente positivi. Tailandia, Bhutan, Belgio, Marocco e Arabia Saudita, paesi con culture e storie molto diverse, sono parte degli oltre 40 paesi in cui esiste la monarchia, che può assumere 4 forme diverse.
La maggior parte dei regni moderni sono monarchie costituzionali: i monarchi sono considerati i capi di stato con responsabilità pubbliche cerimoniali, mentre l’autorità politica significativa è concessa a un presidente o un primo ministro da una costituzione. L’esempio per antonomasia è il Commonwealth, quindici nazioni sovrane, dove re Carlo III è il monarca regnante e capo di stato in Gran Bretagna.
Poi ci sono le monarchie assolute, in cui il monarca è l’autorità finale: Brunei, Eswatini, Oman, Arabia Saudita e Città del Vaticano (anche se in quest’ultimo caso il passaggio non è ereditario ma elettivo). (...)
Tra le forme di governo ci sono, inoltre, la monarchia mista e la monarchia costituzionale federale. La prima ha un un corpo legislativo, ma il monarca conserva gran parte dei suoi poteri (esempi Liechtenstein, Monaco, Qatar e Kuwait). La seconda è una federazione di stati da cui viene selezionato il capo di stato (esempi Malesia ed Emirati Arabi Uniti).
Il lavoro principale e quotidiano di re e regine nella maggior parte dei casi oggi è quello di mantenere e alimentare il supporto popolare, dribblando, creando e superando le ricorrenti crisi reputazionali esposte al pubblico globale dai social network. E ci riescono piuttosto bene. Infatti, secondo un sondaggio Ipsos, il sentimento antimonarchico arriva al massimo al 37% in Spagna o al 23% in Svezia.
Al di là della beneficenza, della lotta contro le discriminazioni e il cambiamento climatico, tipiche tematiche reputazionali di stampo regale, ci sono alcuni vantaggi sostanziali ad avere una monarchia nel secolo che sta correndo.
In primo luogo, come sostiene Serge Schmemann, esperto di affari internazionali del New York Times, i monarchi possono elevarsi al di sopra della politica come non può fare un capo di stato eletto, perché rappresentano l’intero paese. La scelta di un profilo politico più alto non può essere influenzata, e in un certo senso può essere tenuta al riparo, dalle tentazioni di guadagni privati, dalle relazioni coi media o dall’appartenenza a un partito politico.
In secondo luogo, e strettamente correlato al punto precedente, c’è che in paesi proni al frazionamento come la Thailandia, l’esistenza di un monarca è spesso l’unica cosa che trattiene il paese dall’orlo della guerra civile. I monarchi sono particolarmente importanti nei paesi multietnici come il Belgio, perché l’istituzione monarchica unisce gruppi etnici diversi e spesso ostili sotto la lealtà condivisa al re, invece che a un gruppo etnico o tribale.
Esemplare il disfacimento e la “balcanizzazione” avvenuta dopo la caduta della monarchia austriaca degli Asburgo, con la frantumazione di una nazione molto prospera in almeno 12 stati, con esiti sanguinari non ancora risolti (il Kosovo rimane uno stato conteso).
In terzo luogo, le monarchie impediscono l‘emergere di forme estreme di governo nei loro paesi consolidando la forma di governo. Tutti i leader politici devono servire come primi ministri o ministri del sovrano. Anche se il potere effettivo spetta a questi individui, l’esistenza di un monarca rende difficile modificare radicalmente o totalmente la politica di un paese.
La presenza dei re in Cambogia, Giordania e Marocco frena le tendenze peggiori e più estreme dei leader politici o delle fazioni. La monarchia stabilizza anche la forma di governo incoraggiando cambiamenti lenti e incrementali invece di oscillazioni estreme nella natura dei regimi. L’esempio dei cambiamenti di regime correlati con la stagione delle primavere arabe negli stati arabi non monarchici ne è recente testimonianza.
In quarto luogo, le monarchie hanno la gravità e il prestigio per prendere decisioni di ultima istanza, difficili e necessarie, che nessun altro può prendere. Ad esempio, Juan Carlos di Spagna ha assicurato personalmente la transizione del suo paese a una monarchia costituzionale con istituzioni parlamentari e ha respinto un tentativo di colpo di stato militare. Alla fine della seconda guerra mondiale, l’imperatore giapponese Hirohito sfidò il desiderio dei suoi militari di continuare a combattere e sostenne la resa del Giappone, salvando così centinaia di migliaia di vite umane.
Quinto, le monarchie sono depositarie della tradizione e della continuità, un valore riconosciuto soprattutto in tempi di incessanti cambiamenti. Ricordano a un paese ciò che rappresenta e da dove viene, fatti che spesso sono completamente assenti dalla narrazione della politica, soprattutto nell’era dei video su TikTok.
Le tre critiche che rimangono oggi all’istituzione monarchica sono il rischio della deviazione tirannica, il problema della successione incompetente e il suo costo. Nel primo caso, in realtà quasi tutte le monarchie esistenti hanno un insieme di bilanciamenti rappresentati da una cornice democratica o tradizionale, in cui i poteri religiosi, aristocratici, o dei cittadini comuni ne limitano l’autonomia.
Nel secondo caso, siamo testimoni diretti di come gli eredi di oggi sono educati dalla nascita per il loro ruolo futuro. Poiché sono letteralmente nati per governare, hanno una formazione pratica e costante su come interagire con le persone, i politici e i media.
[Nel terzo caso] il costo di mantenimento materiale delle famiglie reali varia molto. È 10 euro pro-capite in Norvegia e 16 centesimi in Spagna, ma è compensato a volte abbondantemente dalle entrate generate. Una stima suggerisce che la famiglia reale britannica ha generato 3,3 miliardi di euro per l’economia nazionale tra il 2014 e il 2018, con un utile netto di circa 2,4 miliardi di euro. In Belgio, l’utile netto dello stesso periodo è stato valutato a 131 milioni di euro, mentre in Spagna è stato di 83 milioni di euro.
Le monarchie pare abbiano, infine, altri risvolti economici interessanti. Secondo Mauro Guillén, professore (...) dell’Università della Pennsylvania, le monarchie proteggono meglio i diritti di proprietà individuali.
«Quello che ho scoperto è essenzialmente che le monarchie tendono a proteggere i diritti di proprietà nel mondo contemporaneo molto meglio delle repubbliche in generale – e, in particolare, delle dittature. E questo si traduce in una migliore performance economica misurata dal tenore di vita. Quindi, in altre parole, le persone che vivono in paesi che hanno una monarchia tendono a godere di standard di vita più elevati rispetto a quelli delle repubbliche, proprio perché le monarchie proteggono in misura maggiore i diritti di proprietà».
Alla luce dei vantaggi che può portare, non è una sorpresa né un caso che la monarchia rimanga un elemento importante del governo anche democratico e che esista un senso di nostalgia anche laddove il re e la regina non ci sono più. >>
Ci sono storici, giornalisti, intellettuali a vario titolo, che hanno una capacità argomentativa rigorosa, sia in ampiezza, analizzando cioè diverse situazioni, sia in profondità, documentando in modo oggettivo e logico le diverse problematiche. Giuseppe Geneletti è sicuramente uno di questi al punto che, dopo aver letto la sua analisi, viene da chiedersi: cosa altro aggiungere?
RispondiEliminaIn effetti l'autore è stato molto onesto, elencando sia gli elementi a favore che quelli contrari.
EliminaVorrei aggiungere questo: che quando una monarchia finisce, in genere per qualche situazione traumatica, non torna più (salvo rarissime eccezioni); ma comprendo benissimo le nazioni che la tengono in carica e la apprezzano, senza cercare alternative di altro genere.
COMMENTO di SERGIO
RispondiEliminaCredo che sia un discorso che sta in piedi. Ciò che mi dà un po’ o molto fastidio è la “sacralizzazione” della democrazia che in effetti non è che un metodo di governare, non il Verbo.
Oggi invece l’attacco o la critica della democrazia vengono demonizzati, democrazia e libero mercato sono il nuovo Vangelo (che non funzionano alla perfezione come non può funzionare il cristianesimo): ne abbiamo già parlato, sappiamo tutti che la democrazia ha dei gravissimi difetti, ma come diceva Churchill è il metodo meno peggio di tutti.
La monarchia parlamentare invece può funzionare benissimo, come appunto in Inghilterra dove re e regina sono solo dei pagliacci, ma per il popolo lo stesso figure carismatiche.
Ci sono re e regine anche in Norvegia, Svezia, Danimarca, paesi ultrademocratici e rispettabilissimi, persino in Spagna e nel … Liechtenstein. Dov’è il problema?
Meglio della democrazia sarebbero un monarca e un governo illuminati che forse sono anche esistiti. Ma che i potenti o le elite promuovano il bene comune e non i propri interessi è naturalmente cosa rara e quasi impossibile, un’utopia appunto.
<< Ma che i potenti o le elite promuovano il bene comune e non i propri interessi è naturalmente cosa rara e quasi impossibile, un’utopia appunto. >>
EliminaCerto, si tratta di una un'utopia: è impensabile che le elites (monarchiche o no) mettano gli interessi del popolo davanti alle proprie.
Ma le due cose, in casi particolari (e con particolari tipi di elites) possono comunque convergere e portare a decisioni di governo positive per tutti.
Questo è politicamente possibile ed è forse il massimo traguardo che noi popolo comune posiamo augurarci.
Sempre pensato: il problema della scelta della forma di Stato (in qs caso: monarchico o repubblicano) dipende dai CONTENUTI e dalle MODALITÀ effettive!
RispondiEliminaPeraltro oggi vanno di gran moda le Autocrazie carismatiche e tendenzialmente monopartitiche, le (pseudo) Democrazie illiberali, il Potere della mera Forza anziché lo Stato di Diritto, il Clericalismo anziché la Laicità, il contorto Complottismo anziché il moderno Pensiero scientifico, il Natalismo coatto anziché la Procreazione consapevole e prudente, le Elites tecnocratiche anziché il Mercato (ragionevolmente) libero, ecc. ecc. In qs quadro quanto spazio rimane (anche) per buone Monarchie costituzionali e/o parlamentari? Sostanzialmente zero... Saluti
Hai fatto un quadro piuttosto completo delle derive attuali, però mi chiedo: è davvero solo una 'moda', o ci sono delle ragioni socio-politiche che spingono in questa direzione ?
EliminaIo non ho una risposta, ma penso che le forme istituzionali (ed il loro contenuto effettivo) siano anch'esse soggette ad un rapporto di causa ed effetto.
Come se non bastasse, dopo alcuni decenni abbastanza stabili e prevedibili, viviamo oggi in un mondo pieno di incognite (una per tutte, la rotta di collisione irreparabile tra turbo-capitalismo ed ambiente) e poter dire dove sta andando il mondo è davvero impossibile.
Per il nostro paese, attualmente colonia anglosassone, vedrei come unica chance di riscatto un governo sulla falsariga delle tesi giobertiane, ovvero lo stato pontificio sopra tutto e sopra tutti, con altre 4 macroregioni associate.
RispondiEliminaPiù monarchi del papa non vedo inoltre i sacerdoti sono i rappresentanti in terra della divinità nascosta , oltre a maneggiare con maestria denaro e preziosi. Finalmente si giocherebbe a carte scoperte, recupereremmo una sorta di indipendenza pur nel tanfo di incenso e lussuriose sacrestie.
Dico tutto ciò da agnostico ed anticlericale, ma a parte la provocazione, non vedrei cone il ritorno della monarchia tradizionale potrebbe giovarci. Ancor meno la democrazia, sottospecie di oligarchia. Quando va bene.
Ergo, considerato che probabilmente i sacerdoti tout court sono al vertice della piramide, si riprendano pure il potere temporale, che del resto mai abbandonarono.
Caro Mauro, il Vaticano non è più in grado di gestire il potere temporale per molti motivi, non ultimo il suo attuale buonismo parolaio, che non lo consente.
EliminaAi tempi in cui lo esercitava, aveva il pugno di ferro sui sudditi.
Ce lo vedi oggi Papa Francesco a mandare a morte i dissidenti (eretici e sobillatori) ?
COMMENTO di FRANCO CARONIA
RispondiEliminaSecondo me, che un Re dinastico possa essere meglio di un Presidente eletto, rimane una semplice opinione. Nessuna garanzia divina sulle loro virtù. A proposito di Re ricordo una poesia con la quale era deriso Ferdinando di Borbone del regno di Napoli: "Fosti quarto, fosti terzo, or t'intitoli primiero, se continui nello scherzo finirai per essere zero".
Simpatica, la poesia.
EliminaA cosa si riferivano i numeri decrescenti ?
Su Wiki ho trovato questo, che mi sembra che dia una buona spiegazione:
Elimina<< Ferdinando di Borbone-Due Sicilie (Ferdinando Antonio Pasquale Giovanni Nepomuceno Serafino Gennaro Benedetto; Napoli, 12 gennaio 1751 – Napoli, 4 gennaio 1825) è stato re di Sicilia dal 1759 al 1816 con il nome di Ferdinando III, nonché re di Napoli dal 1759 al gennaio 1799, dal giugno 1799 al 1806 e dal 1815 al dicembre 1816 con il nome di Ferdinando IV. Dopo questa data, con il Congresso di Vienna e con l'unificazione delle due monarchie nel Regno delle Due Sicilie, fu sovrano di tale regno dal 1816 al 1825 con il nome di Ferdinando I. >>