giovedì 27 gennaio 2022

Vangeli e misteri – 1

Nonostante le rassicurazioni (interessate) delle varie Chiese Cristiane, e l'ingenua fiducia dei fedeli, i Vangeli canonici sono pieni di misteri, di imprecisioni e di imbarazzanti contraddizioni.

Uno degli studiosi neo-testamentari più importanti è sicuramente Bart Erhman, il famoso biblista americano autore di numerosi saggi di grande successo, tra cui il fondamentale “Gesù non l'ha mai detto”.

E proprio dalle sue opere è tratto il testo che segue, che ho diviso in 3 parti per comodità di lettura. (Prima parte).

LUMEN.


<< Il Vangelo di Marco indica che fu nell’ultima settimana della sua vita che Gesù “purificò il Tempio” rovesciando i tavoli dei cambiavalute e dicendo: “Questa dovrebbe essere una casa di preghiera… ma voi ne avete fatto un covo di ladri” (Marco 11), mentre secondo Giovanni questo avvenne proprio all’inizio del ministero di Gesù (Giovanni 2).

Alcuni lettori hanno pensato che Gesù deve aver purificato il Tempio due volte, una all’inizio del suo ministero e una alla fine. Ma questo significherebbe che né Marco né Giovanni raccontano la “vera” storia, poiché in entrambi i resoconti egli pulisce il tempio solo una volta.

Lo stesso si può dire dei rinnegamenti di Gesù da parte di Pietro. Nel Vangelo di Marco, Gesù dice a Pietro che lo rinnegherà tre volte “prima che il gallo canti due volte”. Nel Vangelo di Matteo gli dice che sarà “prima che il gallo canti”. Ebbene, quale delle due: prima che il gallo canti una o due volte?

Quando ero all’università ho acquistato un libro che si proponeva di conciliare differenze di questo tipo. […] L’autore, Johnston Cheney, prendeva i quattro racconti del Vangelo e li intrecciava in un unico grande mega-vangelo, per mostrare come fosse il vero Vangelo.

Per l’incoerenza nel racconto dei rinnegamenti di Pietro, l’autore aveva una soluzione molto intelligente: Pietro rinnegò effettivamente sei volte Gesù, tre volte prima che il gallo cantasse e altre tre volte prima che cantasse due volte. Questo può anche spiegare perché Pietro nega Gesù a più di tre persone (o gruppi di persone) diverse nei vari racconti. Ma anche qui, per risolvere la tensione tra i Vangeli, l’interprete deve scrivere un proprio Vangelo, che è diverso da tutti i Vangeli che si trovano nel Nuovo Testamento. […]

Lo stesso problema si verifica nei racconti della resurrezione di Gesù. Il terzo giorno dopo la morte di Gesù, le donne vanno alla tomba per ungere il suo corpo per la sepoltura. E chi vedono lì? Vedono un uomo, come dice Marco, o due uomini (Luca), o un angelo (Matteo)? Questo viene normalmente riconciliato dicendo che le donne videro effettivamente “due angeli”.

Questo può spiegare tutto il resto – perché Matteo dice che videro un angelo (menziona solo uno dei due angeli, ma non nega che ce ne fosse un secondo), perché Marco dice che era un uomo (gli angeli sembravano uomini, anche se erano angeli, e Marco ne menziona solo uno senza negare che ce ne fosse un secondo), e perché Luca dice che erano due uomini (dato che gli angeli sembravano uomini). Il problema è che questo tipo di riconciliazione richiede ancora una volta di affermare che ciò che è realmente accaduto è diverso da ciò che dicono i Vangeli – poiché nessuno dei tre racconti afferma che le donne videro “due angeli”.

Una delle mie 'discrepanze apparenti' preferite […] si trova nel “Discorso d’addio” di Gesù, l’ultimo discorso che Gesù fa ai suoi discepoli, durante il suo ultimo pasto con loro, che occupa tutti i capitoli dal 13 al 17 del Vangelo secondo Giovanni.

In Giovanni 13:36, Pietro dice a Gesù: “Signore, dove vai?”. Pochi versi dopo Tommaso dice: “Signore, non sappiamo dove vai” (Giovanni 14:5). E poi, pochi minuti dopo, allo stesso pasto, Gesù rimprovera i suoi discepoli dicendo: “Ora vado da colui che mi ha mandato, eppure nessuno di voi mi chiede: “Dove vai?”” (Giovanni 16:5). O Gesù aveva un tempo di attenzione molto breve o c’è qualcosa di strano nelle fonti di questi capitoli, creando uno strano tipo di disconnessione.

Ora possiamo tornare al racconto di Marco sulla morte di Gesù. Gesù e i suoi discepoli hanno fatto un pellegrinaggio a Gerusalemme per la festa della Pasqua. In Marco 14:12, i discepoli chiedono a Gesù dove devono preparare il pasto pasquale per quella sera. In altre parole, questo è il giorno della preparazione della Pasqua. Gesù dà loro delle istruzioni. Fanno i preparativi, e quando si fa sera – l’inizio del giorno della Pasqua – consumano il pasto.

È davvero un pasto speciale. Gesù prende i cibi simbolici della Pasqua e li riempie di un significato ancora più simbolico. Prende il pane azzimo, lo spezza e dice: “Questo è il mio corpo”. Implicitamente, il suo corpo deve essere spezzato per la salvezza. Poi, dopo la cena, prende il calice di vino e dice: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che viene versato per molti” (Marco 14:22-25), intendendo che il suo stesso sangue deve essere versato.

Dopo che i discepoli mangiano il pasto pasquale, vanno nel giardino del Getsemani a pregare. Giuda Iscariota porta le truppe e compie il suo atto di tradimento. Gesù viene condotto a subire un processo davanti alle autorità ebraiche. Passa la notte in prigione e la mattina seguente viene processato davanti al governatore romano, Ponzio Pilato, che lo giudica colpevole e lo condanna a morte per crocifissione. Ci viene detto che viene crocifisso quello stesso giorno, alle nove del mattino (Marco 15:25). Gesù, quindi, muore il giorno della Pasqua ebraica, la mattina dopo aver consumato il pasto pasquale.

Tutto questo è chiaro e diretto nel Vangelo di Marco, ma nonostante alcune somiglianze di base, è in contrasto con la storia raccontata nel Vangelo di Giovanni, anch’essa chiara e diretta. Anche qui, Gesù va a Gerusalemme nell’ultima settimana della sua vita per celebrare la festa della Pasqua, e anche qui c’è un ultimo pasto, un tradimento, un processo davanti a Pilato e la crocifissione.

Ma è sorprendente che in Giovanni, all’inizio del racconto, a differenza di Marco, i discepoli non chiedono a Gesù dove devono “preparare la Pasqua”. Di conseguenza, egli non dà loro alcuna istruzione per la preparazione del pasto. Mangiano un’ultima cena insieme, ma in Giovanni, Gesù non dice nulla sul fatto che il pane sia il suo corpo o che la coppa rappresenti il suo sangue. Invece lava i piedi ai discepoli, una storia che non si trova in nessuno degli altri Vangeli (Giovanni 13:1-20).

Dopo il pasto escono. Gesù viene tradito da Giuda, compare davanti alle autorità ebraiche, passa la notte in prigione e viene processato davanti a Ponzio Pilato, che lo trova colpevole e lo condanna ad essere crocifisso. E ci viene detto esattamente quando Pilato pronuncia la sentenza: “Era il giorno della preparazione della Pasqua; ed era circa mezzogiorno” (Giovanni 19:14). Mezzogiorno? Nel giorno della preparazione della Pasqua? Il giorno in cui gli agnelli venivano macellati? Come può essere?

Nel Vangelo di Marco, Gesù visse quel giorno, fece preparare ai suoi discepoli il pasto pasquale e lo mangiò con loro prima di essere arrestato, portato in prigione per la notte, processato la mattina dopo e giustiziato alle nove del mattino del giorno della Pasqua. Ma non in Giovanni. In Giovanni, Gesù muore un giorno prima, nel giorno della preparazione della Pasqua, poco dopo mezzogiorno. […]

A volte il più piccolo pezzo di prova può dare importanti indizi su ciò che l’autore pensava stesse realmente accadendo. Non posso fare qui un’analisi completa, ma sottolineerò una caratteristica significativa del Vangelo di Giovanni, l’ultimo dei nostri Vangeli ad essere scritto, probabilmente circa venticinque anni dopo quello di Marco: Giovanni è l’unico Vangelo che indica che Gesù è “l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”. Questo è dichiarato da Giovanni Battista proprio all’inizio della narrazione (Giovanni 1:29) e ancora sei versetti dopo (Giovanni 1:35).

Perché, allora, Giovanni – il nostro ultimo Vangelo – ha cambiato il giorno e l’ora in cui Gesù è morto? Può essere perché nel Vangelo di Giovanni Gesù è l’agnello pasquale, il cui sacrificio porta la salvezza dai peccati. Esattamente come l’agnello pasquale, Gesù deve morire nel giorno (il giorno della preparazione) e nell’ora (un po’ dopo mezzogiorno), quando gli agnelli pasquali venivano macellati nel Tempio.

In altre parole, Giovanni ha cambiato un dato storico per sostenere un punto teologico: Gesù è l’agnello sacrificale. E per trasmettere questo punto teologico, Giovanni ha dovuto creare una discrepanza tra il suo racconto e gli altri. […] >>

BART ERHMAN

(segue)

9 commenti:

  1. COMMENTO di SERGIO

    Che barba, mi dispiace. Che i vangeli siano pieni di incongruenze, sciocchezze, per non dire di peggio, è arcinoto. Perché scervellarsi ancora per dimostrare tutto ciò? Che i vangeli siano racconti veritieri e ispirati da Dio non lo crede più nessuno, a parte lo zoccolo duro dei credenti. Se li si legge senza prevenzione e non in ginocchio apprendiamo certi fatti o accadimenti della vita terrena di Jesciuà (sembra che sia questa la giusta pronuncia del suo nome - ma se lo dici a un credente resterà sconcertato: lui di un certo Jesciuà non ha mai sentito parlare, questo Jesciuà non può essere il suo Gesù - potenza della parola e della fonetica!).
    In altre parole: le cose che ho letto qui sopra mi sembrano proprio questioni di lana caprina. Che nei secoli scorsi tali questioni abbiano avuto grande rilevanza posso capirlo: grandi genii hanno creduto alle favole dei vangeli perché i vangeli erano l'aria che respiravano. Anche un genio è prigioniero del suo tempo, è difficile o quasi impossibile opporsi allo Zeitgeist (oltre che pericoloso). Dante e S. Tommaso credevano a tali favole, Galileo non so, ho qualche dubbio. Sembra essere stato un buon cristiano che non negò nessun dogma o verità rivelata, ma in cuor suo sicuramente almeno un po' dubitò. Come Newton. Del resto il dubbio è costitutivo della fede, se no che fede è? Se la verità appare non devo più credere. Non per niente le autorità ecclesiastiche stesse ti dicono che la fede è un salto nel buio: ci sono forse buoni motivi per credere in qualcosa, ma in ultima analisi "devi crederci", sperare che ciò in cui credi sia vero. E ciò è meritorio, ti guadagni il paradiso! È ciò che disse lo stesso Hans Küng: anche se la sua fede risultasse falsa, lo stesso il cristianesimo l'aveva aiutato a vivere e ne era contento. Fede è credere, ma ciò in cui io credo può essere benissimo una falsa credenza, un errore (come noi stessi abbiamo sperimentato innumerevoli volte).
    Leggerò comunque anche le prossime puntate, anche se non mi aspetto molto: sicuramente non avrò nessuna rivelazione, al massimo troverò alcune cose interessanti o curiose.

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  2. << Perché scervellarsi ancora per dimostrare tutto ciò? >>

    caro Sergio, nell'introduzione del suo bellissimi libro 'Gesù non l'ha mai detto' (che ti consiglio vivamente), Bart Erhman racconta la sua parabola personale di fervente cristiano, che in gioventù decise di studiare a fondo i testi sacri per credere meglio, e divenne, da adulto, sostanzialmene ateo.

    Ecco, questa mi sembra la lezione più importante che si può trarre dai testi sacri.
    Se rimani in superficie, va tutto bene.
    Se approfondisci con l'impegno, l'onestà e l'abilità dello studioso, tutto crolla.

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  3. << Anche un genio è prigioniero del suo tempo, è difficile o quasi impossibile opporsi allo Zeitgeist (oltre che pericoloso). >>

    Questo è verissimo.
    Forse ci sono tanti geni autentici, che sono rimasti nell'oblio perchè vissuti nel tempo sbagliato.
    Chi invece è vissuto nel momento giusto, diciamo nei momenti i passaggio da uno zeitgeist all'altro, magari è diventato un gigante del pensiero umano, in quanto precursore delle nuove idee.

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  4. COMMENTO di SERGIO

    Ho letto non so quanti libri critici sul cristianesimo e ho ormai delle convinzioni profonde in merito a questo fenomeno. Potrei indicarti anch'io qualche lettura, qualche autore che ritengo fondamentale. Ma sinceramente ne ho le scatole piene. Gesù o Jesciuà se è veramente esistito (più sì che no, al momento propendo per il sì) non era ovviamente né il figlio di Dio né Dio stesso, ma un poveraccio finito in croce per aver sfidato il potere. Non negherei che questo poveraccio abbia avuto delle idee brillanti, ma capita a tutti nella vita di azzeccarci.
    E guarda che lo stesso Bergoglio non crede che Gesù sia Dio o il figlio di Dio ovvero la senconda persona della Trinità (l'ha detto a Scalfari ma in modo ambiguo, com'è sua abitudine). Insomma, ormai sappiamo che cos'è il cristianesimo, come si sia imposto e come stia ormai scomparendo, almeno in occidente (in Scandinavia è scomparso). Non nego che a volte qualche particolare di questo imponente fenomeno in via di dissoluzione suscitino un certo interesse anche in noi agnostici o atei (qualcuno ha detto: una volta cattolico, per sempre cattolico - nel senso che non potrai mai liberarti del tutto da certe credenze, la forza dell'abitudine è tremenda).

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    1. << Gesù (...) non era ovviamente né il figlio di Dio né Dio stesso, ma un poveraccio finito in croce per aver sfidato il potere. Non negherei che questo poveraccio abbia avuto delle idee brillanti, ma capita a tutti nella vita di azzeccarci. >>

      Ti confesso che le idee predicate da Gesù (o comunque che vengono a lui attribuite) non mi sembrano poi così brillanti.
      Nessuna società può sopravvivere (non diciamo prosperare) seguendo i suoi precetti astrattamente buonisti.
      E nemmeno le singole persone possono trarne aiuto per una vita migliore.
      Anche volendo restare nel solco del pacifismo, mi sembra che gli insagnamenti di Buddah siano di ben altro livello.

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    2. COMMENTO di SERGIO

      "Ti confesso che le idee predicate da Gesù (o comunque che vengono a lui attribuite) non mi sembrano poi così brillanti."

      Io qualcosa di buono ce lo trovo nei detti e fatti di Gesù, qualcosa di utile o per lo meno degno di qualche riflessione (come "siate candidi come colombe e astuti come i serpenti" - ne abbiamo già parlato).
      Ma prendiamo il discorso della montagna ovvero le Beatitudini. Atei o agnostici come Goethe e Dürrenmatt trovano le sue parole "sublimi".
      Dürrenmatt, morto nel 1999, era un tipaccio, scriveva racconti e romanzi veramente raccapriccianti (ma non pornografici, niente sesso nei suoi scritti - non calava i pantaloni come il collega Max Frisch). Insomma, un tipo tosto (che ammiro moltissimo, uno degli ultimi veri intellettuali come Ortega y Gasset). Ateo irriverente (però un figlio si è fatto prete o più precisamente pastore protestante). Eppure anche lui trova il discorso della montagna il culmine dello spirito umano. Strano perché io da questo discorso non sono toccato, non mi commuovo: belle parole soltanto. Eppure su queste belle parole sono stati scritti commenti da riempire biblioteche! Nell'arte però, nella pittura, questo evento non ha ispirato quasi nessuno (nella cappella Sistina c'è un affresco). Pensa invece alle migliaia di Madonne dipinte, ai tanti S. Sebastiani traffitti di frecce (ovviamente un soggetto attraente).
      Di Budda non so niente o ben poco, forse varrebbe la pena conoscerlo un po'. Un mio compagno di scuola focolarino leggeva Budda! Mi ha molto colpito il Mahbharata che contiene la Bagavaghita, il vangelo dell'India. Il poema però non l'ho letto, ho visto lo straordinario film con Vittorio Mezzogiorno nelle vesti di Arjuna.
      In conclusione: sì, Gesù mi sembra sopravvalutato. Altri hanno detto cose simili e anche più profonde. Ti raccomando poi l'ama il prossimo tuo come te stesso. Quando mai, pensa agli inquisitori, veri vampiri o Dracula.

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    3. << Di Budda non so niente o ben poco, forse varrebbe la pena conoscerlo un po'. >>

      Senza dubbio, Buddah merita di essere conosciuto.
      La sua NON è una religione, ma una filosofia di vita, nella quale è fondamentale conoscere bene se stessi ed intervenire sulle proprie reazioni.
      I suoi consigli non solo sono applicabili nella vita quotidiana, ma aiutano veramente ad affrontare meglio le difficoltà.
      Le esortazioni di Gesù, invece, mi sembrano tanto ammirevoli quanto inapplicabili.

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  5. Non so, Lumen, se hai sentito parlare anche del contesto politico anti-romano in cui si inserisce la predicazione di Cristo. Pare che si trattasse di una setta di cui figura eminente era Giacomo il Giusto (se ben ricordo) fratello di Gesù. Eh si Gesù aveva fratelli...La questione Gesù era tutta interna agli ebrei. Fu poi Saulo di Tarso, dopo la sua famosa caduta di cavallo, a prendere le redini del movimento dei cristiani e a cambiarne profondamente le caratteristiche con lo scopo di espanderne il credo tra i gentili. Costui aveva la fortuna di essere cittadino di Tarso, dove aveva risieduto Antonio, e di essere quindi cittadino romano

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  6. Caro Agobit, sono d'accordo con te.
    Il Gesù storico era quasi sicuramente un leader ebreo, condannato a morte dai romani per le sue attività politicamente sovversive.
    Quello predicato da Paolo (Saulo) è invece un profeta ecumenico super partes, fondatore di una religione buonista e pacifista.
    Non possono essere la stessa persona.

    Questa interpretazione, che mi sembra l'unica storicamente accettabile, è sostenuta da diversi studiosi ed appassionati, a cominciare da Luigi Cascioli, a cui, in passato, ho dedicato parecchi post.

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