giovedì 30 settembre 2021

Il consumatore globale – 1

Anche se la produzione di massa degli ultimi decenni ha fornito alla popolazione notevoli vantaggi materiali, è innegabile che abbia cambiato (in peggio) la nostra vita civile, trasformandoci da cittadini, titolari di diritti, in semplici consumatori, appena tutelati da qualche garanzia.

Il testo che segue è opera dell'amico Agobit ed è tratto dal suo blog 'Un pianeta non basta' (prima parte).

LUMEN


<< L' economia mondiale si basa su un modello sviluppato per primi dagli Usa negli anni 50 del secolo scorso: l'economia basata sulla produzione e sul suo costante aumento.

Tale economia fu descritta lucidamente in quegli anni da un testo rimasto centrale per comprendere i cambiamenti dell'economia e della societa che avrebbe portato alla globalizzazione dei mercati (…): 'La Società opulenta' di John Kenneth Galbraith (titolo originale The Affluent Society - 1958).

Quando nel finire 1954, fa notare Galbraith, i repubblicani dichiararono al Congresso americano, che quello era stato il secondo miglior anno della storia, essi non si riferivano ad un reale cambiamento della qualita della vita o ad un miglioramento spirituale: si riferivano invece alla produzione materiale dei beni, quello era infatti l'anno della seconda piu alta produzione nella storia americana. (...)

Sull'importanza della produzione industriale non c'erano divergenze tra democratici e repubblicani, di destra e di sinistra, bianchi o di colore, cattolici e protestanti.La produzione diveniva cosi il paradigma, la regola aurea del progresso della societa moderna intorno a cui tutto il resto gira, compresa la cultura e i valori etici.

Un concetto centrale introdotto dall'autore è quello di mentalità convenzionale. La mentalita' convenzionale da' piu' importanza alla produzione di beni di consumo (industria privata) e meno importanza ai servizi: strade, pubblica sicurezza, sanita', istruzione, difesa, ecc.

Attraverso la mentalità convenzionale si crea uno degli elementi che assicurano l'implementazione costante della produzione: la produzione crea bisogni attivamente attraverso la pubblicita', e passivamente attraverso l'emulazione. Non e' possibile affermare che un piu' elevato livello di produzione assicuri il benessere meglio di quanto possa fare un livello di produzione piu' modesto: l'effetto della dipendenza e' il rapporto intercorrente fra i bisogni ed il processo di produzione destinato a soddisfarli.

I bisogni, secondo Keynes, possono essere assoluti o relativi: i primi sono bisogni di sopravvivenza, possono essere soddisfatti e per essi il problema economico puo' essere risolto; i secondi, invece, sono insaziabili: piu' elevato e' il livello generale, piu' essi sono intensi. Ne deriva che i bisogni dell'uomo non cessano di essere urgenti; la capacita' di produzione dipende dalla capacita' di persuasione.

L'istruzione e' un'arma a doppio taglio; la stimolazione della domanda con la pubblicita' e l'emulazione e' decrescente al crescere dell'istruzione, mentre e' crescente la stimolazione di desideri piu' esoterici: musica, arti figurative, interessi scientifici e letterari, in parte anche i viaggi.

La manipolazione delle coscienze ai fini del mercato e la creazione della mentalità convenzionale non deve essere coercitiva secondo i vecchi canoni repressivi, in quanto la coercizione non può coesistere con la libertà di mercato. La manipolazione deve essere formativa, permeante, in questo senso la società opulenta deve controllare la scuola e i mezzi di informazione, il tempo libero, gli spettacoli, e, oggi, la rete.

Di fronte al nuovo totem della produzione, e al nuovo mito della merce come misura della società umana, finiscono tutti gli ismi della storia, le grandi idee sul progresso, la costruzione di nuove realtà spirituali o l'idea che una società di eguali avrebbe assicurato la pace e la prosperità. Banalmente il futuro sarebbe stato l'epoca in cui la produzione avrebbe toccato vette più elevate.

In un passaggio che ai tempi del libro poteva definirsi profetico, Galbraith dice che il nuovo indirizzo economico tende ad aumentare la disponibilita' di lavoro, grazie a natalita' ed immigrazioni. La sovrappopolazione è dunque un elemento essenziale al funzionamento della società moderna basata sulla produzione di beni. Funzionale alla società opulenta è lo sviluppo delle megalopoli come nuova forma di convivenza di grandi masse nel segno del consumo.

Secondo la nuova economia nulla sta al di sopra della produzione, neanche la scienza. Gli scienziati godono di un discreto prestigio, dice l'autore di The Affluent society, ma per essere veramente utili noi pretendiamo che essi siano al servizio del miglioramento della produzione. La scienza non deve essere al servizio del progresso umano, ma al servizio della produzione dei beni.

Sono gli anni in cui tutto diviene produzione in serie. (…) Chi si oppone alla produzione dei beni e al suo corollario: il mercato globale che assicura la crescita costante del prodotto, e' fuori del paradiso terrestre e subisce metaforicamente la condanna al rogo dell'eresia. C'erano le basi del pensiero unico mercatista che si sarebbe definitivamente imposto del XXI secolo, la mentalita' convenzionale come la definisce Galbraith.

Gli anni in cui esce il libro sono anche gli anni in cui si comincia a comprendere che l'importanza della produzione supera il vecchio concetto dello stato nazionale: sentiamo continuamente dire che il livello di vita a cui sono giunti gli americani e' la "meraviglia del mondo", e nella mentalita convenzionale questa e' la giustificazione della nostra civilta' e anche della nostra esistenza. Comincia la globalizzazione dei mercati e della produzione.

Ora, fa notare Galbrahit, i beni sono abbondanti. Negli Stati Uniti sono piu le persone che muoiono per aver troppo cibo di quelle che muoiono per averne troppo poco. Mentre una volta si pensava che la popolazione premesse sulla disponibilita' delle risorse alimentari e di consumo, ora e' l'abbondanza di queste che pesa sulla popolazione.

Tutti gli umani del pianeta debbono essere liberi di accedere al prodotto: la produzione non si puo interrompere per nessun motivo, il paradigma ne prevede la crescita costante insieme al numero dei consumatori. le persone stesse divengono così, da soggetti quale erano, oggetti della moltiplicazione produttiva in quanto funzionali all'aumento del prodotto complessivo. >>

AGOBIT

(continua)

20 commenti:

  1. Un testo stupefacente. Quando l'ha pubblicato Agobit nel suo blog?
    Io il libro di Galbraith non l'ho letto, dunque quest'esposizione è per me nuova.
    Mi si dirà (qualcuno mi dirà, per es. un nostro conoscente): ma in che mondo vivi, Sergio? Sveglia! Mah, sarò anch'io vittima del sistema, ho frequentato le sue scuole e mi hanno perciò fatto il lavaggio del cervello, tanto da non accorgermi in che meccanismo infernale viviamo.

    "La sovrappopolazione è dunque un elemento essenziale al funzionamento della società moderna basata sulla produzione di beni."

    Delle due l'una: può darsi che il sistema duri e si prolunghi quasi all'infinito in un mondo superaffollato, un termitaio o formicaio umano per noi orrendo. Oppure il crollo è dietro l'angolo (qualcuno dice che fra cinquant'anni sarà finita).
    Ma si può ancora fermare questo andazzo? Le elite insisteranno o ci ripenseranno? Non rischiano di segare anche loro il ramo su cui stiamo tutti (anche loro) appollaiati? A meno che, secondo i complottisti, non stiano meditando di far fuori qualche miliardo di esseri umani.

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    1. Il pezzo era stato pubblicato a gennaio di quest'anno.

      Leggendo le considerazioni di Agobit (e di Galbraith) mi convinco sempre di più che quello che cambia davvero il mondo sono le innovazioni della tecnica.
      Innovazioni che cambiano l'economia, la quale, a sua volta, cambia le istituzioni politiche.
      Le rivoluzioni e le battaglie che studiamo a scuola vengono molto, molto dopo.

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    2. "Queste tre cose (arte della stampa, polvere da sparo e bussola) mutarono l'intero assetto del mondo, la prima nelle lettere, la seconda nell'arte militare, la terza nella navigazione; onde infiniti mutamenti sorsero, tanto che nessun impero né setta né stella sembra avere esercitato sull'umanità maggiore influsso ed efficacia di qs tre invenzioni." (F.Bacon)

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    3. Sono tre passaggi importanti, sicuramente, ma ce ne sono tantissimi altri: l'elenco è quasi sterminato.

      Ricordo di aver letto - tanto per fare un esempio apparentemente banale - che l'invenzione degli occhiali consentì una maggiore ruolo sociale delle persone anziane, con notevoli conseguenze nella gestione del potere e nella diffusione della cultura.

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    4. Infatti negli ultimi decenni le ricerche & gli studi di filosofia & storia della tecnica/tecnologia sono (opportunamente) cresciuti in misura rilevante... Saluti

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    5. Commento di Lumen

      Esatto.
      Allora faccio anche a te la domanda che ho fatto ad Agobit.
      Hai qualche testo particolare da consigliarmi ?

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    6. Dovendo necessariamente sintetizzare, menzionerei almeno:
      1) R.J.Forbes, L'uomo fa il mondo, Ed. it.na Einaudi 1970: una chiara e sobria storia della tecnica in generale;
      2) alcuni testi dell'acuto ed equilibrato filosofo H.Jonas, a partire dal celebre 'Il principio responsabilità: un'etica x la civiltà tecnologica' (1979);
      3) il recente (2000) saggio di M.Nacci 'Pensare la Tecnica: un secolo di incomprensioni' che stigmatizza (a mio umile avviso) opportunamente la tecnofobia di buona parte della cultura umanistica novecentesca... Saluti

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    7. PS In anni più recenti, due importanti pensatori come M.Ferraris e L.Floridi hanno prodotto ottimi studi sui complessi rapporti tra Tecnica/Tecnologia e Societa' contemporanee...

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    8. Commento di Lumen

      Ringrazio molto anche te. Cercherò di fare tesoro dei vostri suggerimenti.

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  2. Caro Lumen ti ringrazio per la pubblicazione di quel post, ed anche per la forma in cui lo hai messo che rende molto chiari i concetti. E' un testo perspicace per capire la società sviluppatasi dal secondo dopoguerra fino ad oggi (ovviamente la perspicacia non è mia ma dell'autore di The Affluent Society). Lui scriveva ancora in una società di nazioni, per di più in presenza della guerra fredda, della cortina di ferro e dei due blocchi. Ma aveva già intuito i meccanismi di fondo del tutto nuovi su cui il mondo si stava incamminando e che ci ha portato al tracollo planetario cui assistiamo oggi. Di questo è elemento fondamentale l'eccesso di natalità e la sovrappopolazione di homo. Nel tuo commento poi c'è l'altro elemento essenziale a capire la società contemporanea: "...mi convinco sempre di più che quello che cambia davvero il mondo sono le innovazioni della tecnica."

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  3. Caro Agobit, è sempre un piacere leggerti.
    Quanto all'ultima considerazione che hai richiamato, mi piacerebbe approfondire l'argomento, per cui mi chiedo se esistono degli storici che interpretano scientemente la storia con questa sequenza di causa-effetto: tecnologia / economia / istituzioni.
    Tu conosci qualche autore ? Hai qualche testo da consigliarmi ?

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  4. Caro Lumen, riguardo alla tecnologia e la sua influenza sull'economia e società esiste una letteratura sconfinata. Le grandi svolte dell'umanità si sono sempre basate sull'innovazione tecnologica (basta pensare al grande cambiamento portato dalle tecniche agricole stanziali già nel quinto millennio a.C.). O alle tecnologie militari alla base della formazione dell'Impero romano. Anche oggi ci illudiamo che a guidare i processi economici e sociali ci sia la politica, in realtà è l'innovazione tecnica che guida i cambiamenti. Sui testi, ce ne sono talmente tanti che ogni scelta è troppo personale. Su di me ha influito molto, dal punto di vista filosofico, Heidegger, in particolare per quel che riguarda la tecnica "Lettera sull'umanismo" e "Solo un dio ci può salvare" e poi il breve testo: "l'Abbandono" che ho in parte riprodotto anche sul mio blog. Fondamentale è anche "La condizione postmoderna" del filosofo francese Lyotard (anche su di lui ho pubblicato sul mio blog). Sulla tecnologia e la sua interpretazione sono anche importanti i pragmatisti americani, in particolare Peirce, Dewey e William James. Una buona sintesi sull'opera dei pragmatisti la puoi trovare su "Il Circolo Metafisico" di Louis Menand. Per venire ai nostri giorni Umberto Galimberti ha scritto molto sul tema (ad esempio "Il tramonto dell'Occidente"). Dal punto di vista storico ci sono innumerevoli testi che illustrano il rapporto tra tecnologia e modernità. Uno per tutti ti posso consigliare Paul Johnson: "La nascita del moderno". Una sintesi la puoi trovare in Luisa Dolza "Storia della tecnologia" (Il Mulino). Una esperienza che mi ha insegnato molto è quella delle innovazioni in medicina che hanno rivoluzionato, specie nell'ultimo secolo, la nostra società

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    1. Ti ringrazio moltissimo.
      Evidentemente la mia ignoranza era personale (forse legata alla struttura umanistica dell'insegnamento scolastico) e non dovuta all'assenza di una adeguata saggistica.
      Cercherò di approfondire con gli autori da te citati, magari partendo proprio dal tuo blog.

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  5. MESSAGGIO DI GPVALLA

    Ringrazio Agobit per le utilissime indicazioni bibliografiche; mi permetto di suggerire anche "Civiltà materiale, economia e capitalismo" di Fernand Braudel.
    Proprio la lettura di quest'ultimo testo mi porta a ritenere che il rapporto tra tecnologia, economia e civiltà sia più complesso di un semplice causa/effetto, in cui le innovazioni tecnologiche determinano inevitabilmente le stesse modifiche economico - sociali.
    I miglioramenti tecnologici e le invenzioni sono importanti, ma devono avvenire in ambienti economici e sociali tali da svilupparne tutte le potenzialità; si potrebbe anche ritenere che le conseguenze siano differenti a seconda dell'ambiente in cui si verificano.
    Per esempio: la stampa a caratteri mobili è stata inventata in Cina secoli prima di Gutemberg; la fusione del ferro, realizzata in Cina nel V sec. a. C., fu conosciuta in Europa solo nel XIV sec.; la polvere da sparo (di nuovo!) è di invenzione cinese; e si potrebbe continuare a lungo.
    In un certo senso, paradossalmente, ogni società inventa ciò che le serve; analogamente si è detto che i vichinghi hanno scoperto l'America ma l'hanno dimenticata perché non gli serviva...

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  6. Messaggio di GPVALLA (segue)

    "...Galbraith dice che il nuovo indirizzo economico tende ad aumentare la disponibilità di lavoro, grazie a natalità ed immigrazione. La sovrappopolazione è dunque un elemento essenziale al funzionamento della società moderna...".
    Non ho letto il libro di Galbraith, per cui non mi è chiaro se la seconda parte della frase sia una citazione testuale o una deduzione.
    A me sembra che la sovrappopolazione non determini affatto maggiore sviluppo, ma - semmai - lo freni, a causa di concorrenza salariale al ribasso e disoccupazione strutturale.
    Forse sarebbe più esatto parlare, più che "sovrappopolazione", semplicemente di "incremento demografico", in un situazione ben diversa da quella attuale. Non dimentichiamo che il libro risale al 1958, quando la popolazione mondiale non superava i 3 miliardi; gli anni del baby boom e della piena occupazione, il cuore delle Trente Glorieuses.
    Altri tempi...

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    1. << A me sembra che la sovrappopolazione non determini affatto maggiore sviluppo, ma - semmai - lo freni, a causa di concorrenza salariale al ribasso e disoccupazione strutturale.>>

      Caro Beppe, credo che l'incremento demografico, abbia un effetto "a doppio taglio".
      Per alcuni, soprattutto per le elites, rappresenta un aumento di guadagno e di potere, per altri, soprattutto per le fascie più povere della popolazione, rappresenta in effetti un peggioramento, per l'aumento della concorrenza salariale e la riduzione delle protezioni sociali.

      Io penso che, in una società suddivisa in classi come quella umana (di oggi e di sempre) non è mai possibile indicare qualcosa che sia buono 'per tutti', in quanto ci saranno sempre vantaggi per gli uni e svantaggi per gli altri.
      Questo fa sì, tra le altre cose, che anche il mitico 'interesse nazionale', inteso in senso unitario, probabilmente non esiste.

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    2. Brano finale di qs risposta ampiamente condivisibile: per quel poco che puo' valere, anche il sottoscritto e' fermamente convinto che (per rifarsi alla terminologia filosofica) in generale gli "universali" debbano essere guardati con grande diffidenza e con parecchio sano scetticismo... Saluti

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  7. "Proprio la lettura di quest'ultimo testo mi porta a ritenere che il rapporto tra tecnologia, economia e civiltà sia più complesso di un semplice causa/effetto, in cui le innovazioni tecnologiche determinano inevitabilmente le stesse modifiche economico - sociali."
    Questo tema, la tecnica, fu molto analizzato da Heidegger che lo vede come "destino dell'uomo". La tecnica, secondo il filosofo, non è un semplice prodotto della scienza né tantomeno un "mezzo" a disposizione dell'uomo: la tecnica è il modo di manifestarsi dell'uomo nel mondo, ne rappresenta l'essenza, tanto che oggi è la tecnica che guida la trasformazione del mondo e non l'uomo. La macchina è sfuggita al controllo del suo costruttore, e non risponde più alle esigenze dell'uomo ma segue semplicemente l'accrescimento continuo della sua potenza. Nietzsche aveva già perfettamente inquadrato il tema. I cambiamenti sono oggi determinati dalle innovazioni tecnologiche e la storia segue. Per questo tutti quei movimenti che parlano di decrescita( come quello di Latouche) mi lasciano perplesso: mi sembrano il segno di una mancata comprensione dell'essenza dell'epoca moderna. Un voler applicare gli schemi del passato ad una società che viaggia su tutti altri binari. "Là dove è il maggior pericolo, là è anche la salvezza..." è (vado a memoria) una frase di Nietzsche; io la interpreto così, e cioè che proprio la tecnologia che sta portando rapidamente il mondo al collasso è la strada che potrebbe permetterci di uscirne. Ma non vi sono certezze, siamo tutti in mezzo al guado...

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    1. << la tecnica è il modo di manifestarsi dell'uomo nel mondo, ne rappresenta l'essenza, tanto che oggi è la tecnica che guida la trasformazione del mondo e non l'uomo. >>

      Io credo che la tecnica abbia sempre "guidato" la trasformazione del mondo, non si tratta di una novità moderna.
      Solo che nei secoli passati (per una serie di motivi che tutti conosciamo) le innovazioni erano molto più lente.
      Quello che è cambiato con la modernità, a mio avviso, è solo il ritmo dell'innovazione e, quindi, la velocità del cambiamento.

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  8. Ringrazio Claude di aver citato opportunamente Jonas con il suo libro per un'etica nella civiltà tecnologica, che avevo dimenticato di citare...

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