lunedì 19 aprile 2021

Un Vangelo troppo segreto

Tutti conoscono il Vangelo di Marco, considerato dagli studiosi il più antico dei 4 canonici.

Pochi sanno però che a Marco è attribuito anche una sorta di 'vangelo segreto', ovviamente apocrifo, la cui storia avventurosa merita di essere raccontata.

Ce ne parla Massimo Introvigne in questo pezzo tratto dal sito CESNUR.

LUMEN.


<< C’è un gruppo di studiosi che ha contestato il “Codice da Vinci” da una prospettiva opposta a quella di molti cattolici e protestanti. Sono i seguaci di Morton Smith (1911-1991), il famoso e controverso storico della Chiesa, docente alla Columbia University di New York, secondo cui Gesù Cristo era il capo di una conventicola esoterica in cui si entrava con un rituale di iniziazione segreto che comprendeva elementi chiaramente omosessuali.

Evidentemente il Gesù eterosessuale, sposato alla Maddalena e con figli di Dan Brown, non poteva piacere agli smithiani.

Morton Smith si era conquistato fama e onori accademici annunciando nel 1958 di avere scoperto nella biblioteca del monastero di Mar Saba, in Palestina, inserita in un libro del 1646, la copia scritta a mano da un monaco circa un secolo dopo di un frammento di una lettera asseritamente scritta da San Clemente di Alessandria (?-215) a un certo Teodoro.

Nella lettera – oltre a parlare male degli gnostici carpocraziani – si fa stato dell’esistenza di una versione segreta del Vangelo di Marco, e se ne cita in particolare un brano parallelo al noto episodio della resurrezione di Lazzaro.

Il giovane che Gesù amava”, un personaggio che assomiglia a Lazzaro, in questo Vangelo Segreto di Marco non è morto (tanto che “un grande grido si ode dalla sua tomba”) ma solo malato. Gesù lo riaccompagna a casa, e “dopo sei giorni”, come il Maestro gli aveva chiesto, Lazzaro gli si presenta “con un panno di lino sul corpo nudo”. Gesù “rimase con lui quella notte” e “gli insegnò i misteri del Regno di Dio”.

Secondo Morton Smith si ha qui la prova di cerimonie iniziatiche in cui i discepoli sperimentano una “esperienza allucinatoria” e ottengono una “libertà dalla Legge (ebraica)” che li porta a una strettissima unione spirituale con Gesù, “completata da un’unione fisica”. Detto in termini meno accademici, Gesù è il capo di una setta esoterica come tante apparse in seguito nella storia e che esistono ancora oggi, che pratica rituali di magia sessuale, nella specie omosessuali.

Per alcuni anni un buon numero di studiosi ha creduto all’esistenza del Vangelo Segreto di Marco sulla base della testimonianza di Morton Smith, delle fotografie da lui scattate della lettera del monaco settecentesco, e delle autentiche di una serie di specialisti greci cui Smith mostrò a suo tempo le fotografie e che certificarono che si trattava in effetti di un testo scritto nel Settecento e su carta dell’epoca.

Naturalmente, che il monaco del Settecento avesse copiato fedelmente un testo perduto di san Clemente non si poteva provare direttamente, ma Morton Smith e i suoi seguaci assicuravano che lo stile era così tipicamente di Clemente da rendere la tesi dell’autenticità praticamente certa. E Clemente era abbastanza vicino ai tempi apostolici per dovere sapere di che cosa stava parlando: se affermava che esisteva un Vangelo Segreto di Marco, questo doveva esistere.

Dal momento che molte ipotesi di Morton Smith su insegnamenti esoterici di Gesù Cristo, diversi da quelli essoterici a tutti noti, erano piuttosto spericolate, molti storici e teologi si rifiutavano di seguirlo fino in fondo.

Ma fino a qualche anno fa i più si limitavano a sostenere che il Vangelo Segreto di Marco citato da Clemente era in realtà un testo gnostico posteriore al Vangelo di Marco che tutti conosciamo, imitato da questo e da collocare nella categoria dei Vangeli apocrifi, dove storie più o meno bizzarre su Gesù sono (...) più o meno comuni.

C’era anche, per la verità, chi sosteneva che la lettera di Clemente era falsa e che il fatto che il manoscritto fotografato da Morton Smith fosse andato perduto nel monastero di Mar Saba e non si trovasse più per sottoporlo a ulteriori esami era un po’ troppo comodo. Ma queste voci erano messe a tacere: si rischiava di passare da bigotti, che volevano soffocare la voce scomoda di un professore progressista gettando dubbi indegni sulla integrità di un illustre docente.

Un libro di Stephen C. Carlson (“The Gospel Hoax: Morton Smith's Invention of Secret Mark”) presenta ora il caso sotto una luce completamente diversa.

Afferma che le fotografie sono più che sufficienti. Applicando tecniche di investigazione forense non note negli anni 1950 Carlson dimostra persuasivamente – tanto da avere convinto tutti i recensori specializzati in criminologia – che è possibile provare non solo che il testo è stato prodotto nel XX secolo, non nel XVIII, ma anche che l’autore dello scritto è lo stesso Morton Smith.

Le prove calligrafiche, estremamente tecniche, sono di per sé sufficienti. Ma – come molti falsari – Smith non ha resistito alla tentazione di lasciare una firma e ha inserito un’allusione a un metodo di roduzione del sale assolutamente ignoto nel XVIII secolo – per non parlare dell’epoca di san Clemente – noto come “metodo Morton”, e altri riferimenti alla parola “Smith”.

Inoltre la famosa prova costituita dall’“inconfondibile” stile di Clemente tradisce ancora il falsario, perché esagera. Ci sono stilemi e modi di esprimersi unici utilizzati da Clemente, ma nelle sue opere ricorrono una volta ogni due o tre frasi. Qui in un solo breve testo ce ne sono decine.

Dopo lo scandalo letterario del “Codice da Vinci”, interamente costruito su documenti noti da vent’anni come falsi (...), siamo di fronte a uno scandalo accademico che interesserà meno il grande pubblico, ma assai più esplosivo. (…)

Da questo punto di vista, un rispettato professore della Columbia University – un tempio del progressismo politico e religioso – come Morton Smith appare, a posteriori, come la semplice versione accademica di un Dan Brown qualunque. >>

MASSIMO INTROVIGNE

10 commenti:

  1. COMMENTO DI GPVALLA56:

    Innanzi tutto qualche parola su Morton Smith.
    Che ad Introvigne (sociologo cattolico conservatore) non sia simpatico, pare evidente: dall'articolo sembra emergere l'immagine di un imbroglione la cui carriera accademica fu dovuta ad una truffa acclarata, presa per buona solo perché funzionale a presunti pregiudizi anticattolici diffusi negli ambienti universitari.

    In realtà Bart Ehrmann così lo descrive:
    "Questi fu uno dei più valenti studiosi del Cristianesimo antico alla fine del XX secolo, un uomo dall' enorme erudizione, dalle sterminate letture e, per dirla in breve, intellettualmente un gradino al di sopra di molti degli accademici con cui si confronto', e sapeva di esserlo. Noto per il suo sarcasmo tagliente, la sua tendenza a non accettare di buon grado le prese in giro e per la sua occasionale vena di cattiveria, Morton Smith non era una persona con cui incrociare la spada a cuor leggero.
    ... I suoi dotti contributi filologici coprivano molti ambiti: letteratura latina e greca, Nuovo Testamento, patristica, Ebraismo del Secondo Tempio, rabbinica. Pochi potevano eguagliare la sua ampiezza e la sua profondità."

    Non stupisce che le accuse di falsificazione siano circolate solo dopo la sua morte.

    Va osservato inoltre che il manoscritto non è stato visto e fotografato solo da Smith: nel 1976 due illustri studiosi (ebrei), Flusser e Stroumsa, ritrovarono il volume proprio nella biblioteca di Mar Saba, e lo fotografarono nuovamente. Purtroppo non fu possibile procedere alle analisi chimiche dell' inchiostro; attualmente le pagine (nel frattempo separate dal libro in calce al quale erano state scritte) non sono più disponibili e non si sa di preciso che cosa ne sia stato.
    (segue)

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    1. << Non stupisce che le accuse di falsificazione siano circolate solo dopo la sua morte. >>

      Questo è interessante e dimostra la serietà professionale che veniva riconosciuta a Smith e che depone quindi a suo favore.
      Purtroppo la sorte non lo ha aiutato, perchè tutte le disavventure che hanno portato alla sostanziale perdita dell'originale, sembrano costruite ad arte per impedire ogni ulteriore verifica.
      E noi, da semplici curiosi della materia, possiamo solo dire: peccato !

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  2. COMMENTO DI GPVALLA56 (seguito)

    Ed ecco la citazione del (presunto) vangelo, da inserirsi dopo Mc 10,34:

    "Ed essi entrarono in Betania, e c'era una donna cui era morto il fratello. E venendogli incontro essa si prostro' davanti a Gesù, dicendogli: "Figlio di Dio, abbi pietà di me". Ma i discepoli la rimproverarono. E Gesù, adiratosi, andò con lei nel giardino dove era la tomba, e subito un alto grido fu udito uscire dalla tomba. E Gesù, avvicinatosi, fece rotolar via la pietra che chiudeva la porta della tomba. E dubito, entrando dove era il giovane, stese la mano e lo alzò prendendolo per la mano. E il giovane, guardando verso di lui, lo amò e cominciò ad implorarlo di poter stare con lui. E usciti dalla tomba, essi andarono alla casa del giovane, che era ricco. E dopo sei giorni Gesù gli disse che cosa fare, e alla sera il giovane ando' da lui indossandoun panno di lino sul suo corpo nudo. Ed egli rimase co lui quella notte perché Gesù gli insegnasse il mistero del regno di Dio. E di là levatosi, ritornò dall' altra parte del Giordano."

    Il testo è interessantissimo, perché sembra un parallelo sinottico del racconto sulla resurrezione di Lazzaro, presente solo nel vangelo di Giovanni. Inoltre spiegherebbe il misterioso passo del vangelo di Marco in cui, quando Gesù viene arrestato nell'orto del Getsemani, un giovane "vestito di una veste di lino sul corpo nudo", fermato dai soldati, fugge nudo lasciando la veste di lino tra le loro mani: si tratterebbe di una sorta di liturgia battesimale o iniziatica.

    Ma è autentico (marciano o apocrifo che sia) oppure è una beffa di Smith?

    Per quel che ne so, la questione è ancora sub judice, anche se non pochi ora propendono per la seconda ipotesi.
    Va peraltro detto che lo studio di Carlson cui fa riferimento Introvigne è stato a sua volta contestato, sia per le risultanze grafologiche, sia per la supposta "firma" .

    Rimane il fatto che il testo è stato ritenuto stilisticamente davvero "troppo" clementino, mentre il contenuto in alcuni punti sembra allontanarsi dal pensiero dello scrittore quale risultante da altre opere. Inoltre nel manoscritto non compaiono quegli errori di copiatura inevitabili in un testo tramandato attraverso un lunga tradizione manoscritta: come se chi lo scrisse non avesse copiato un documento preesistente, ma lo avesse composto lui stesso.
    Ehrmann fa notare infine che l'ultima pagina stampata del volume seicentesco, in calce al quale era stato copiato il testo controverso, riporta un' invettiva contro coloro che in passato avevano interpolato e falsificato scritti dei Padri della Chiesa...

    In ogni caso, se è un falso, è un capolavoro.
    L'autore ha (avrebbe) saputo imitare sia lo stile di Clemente, sia quello di Marco; imitare la grafia greca del XVIII secolo; infine inventare una storia plausibile e di estremo interesse, tanto da ingannare specialisti di tutte le discipline coinvolte.

    Se davvero è stato Morton Smith, chissà come si sarà divertito a commentare dottamente sulle riviste di settore il parto del proprio imbroglio.
    Chapeau bas.

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    1. << In ogni caso, se è un falso, è un capolavoro >>

      Su qusto sono d'accordo.
      E siccome io sono un grande ammiratore dei falsi pittorici, che spesso raggiungono la bellezza dei maestri imitati, non posso che apprezzare l'eventuale lavoro di Smith, il quale, in tal caso, si sarebbe davvero divertito un mondo ad auto-commentarsi.

      (A proposito dei falsi nell'arte, nel caso che ti interessi, ti rimando ad un mio precedente post del febbraio 2020, dedicato a Giorgio De Chirico).

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  3. COMMENTO DI SERGIO (inserito da me per motivi tecnici):

    Ho letto il pezzo sul vangelo di Marco, ma sono questioni di lana caprina secondo me.
    Vorrei invece chiederti se per caso sai che il vangelo canonico di Marco non contiene il finale con la risurrezione. Vi è stato aggiunto, ma manca in certi manoscritti. Si tratta di otto versetti in cui telegraficamente veniamo informati della resurrezione e ascensione in cielo di Gesù.
    Fra parentesi, oltre a Marco esiste o esisterebbe il cosiddetto Ur-Markus che immagino sia una versione che precede il Marco vero e proprio (il prefisso ur in tedesco indica qualcosa che precede o è antico, per es. Urfassung, la prima versione o quella più antica, o per es. Ureinwohner, gli abitanti originari di una regione ovvero gli indigeni). Ho cercato su Wikipedia l’Ur-Markus, ma stranamente non ho trovato niente.

    Fra parentesi, cercavo oggi una spiegazione al fatto che Gesù risorto si sia mostrato solo ai suoi amici. In effetti avrebbe dovuto presentarsi al sinedrio ridacchiando e sfidandolo: rieccomi qua, mo’ facciamo i conti.
    Secondo alcune teorie Gesù non sarebbe morto in croce (come dimostrerebbe addirittura il fatto che dal costato uscì sangue e acqua, ciò che l’avrebbe salvato dalla morte per asfissia). Sarebbe poi stato curato dai discepoli e … sparì, o ascese in cielo secondo la leggenda.
    Più verosimile che abbandonò Israele (se ne andò, fuggì) e terminò i suoi giorni in … India. Sembra che in India ci sia davvero la tomba di Gesù (ma non so se contenga resti umani).

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    1. caro Sergio, non ricordavo l'ipotesi degli studiosi circa la resurrezione 'posticcia' nel Vangelo di Marco, ma non mi stupisce.
      Il mito della resurrezione, se ricordo bene, nasce storicamente (e concettualmnte) con San Paolo, il vero fondatore del cristianesimo.
      Non per nulla una delle sue affermazioni più importanti è quella famosa della 1° lettera ai Corinzi che dice: "Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede".
      Appunto...

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    2. Consulto Wikipedia e trovo:

      "Jesus lived in India del teologo Holger Kersten
      Cio’ che la Chiesa non ci ha mai rivelato."

      Perché il Cristianesimo ha scelto di ignorare i legami con le religioni dell’Oriente e di respingere ripetutamente i numerosi indizi che indicano che Gesù passò gran parte della Sua vita in India?
      Questo libro coinvolgente presenta prove inoppugnabili che Gesù ha vissuto veramente in India,dove è morto in tarda età. Jesus lived in India è il risultato di molti anni di indagini e ricerche e
      porta il lettore in tutti i luoghi storicamente collegati con Gesù in Israele, nel Medio Oriente, in Afghanistan e in India. Dopo avere rivelato antichi legami fra gli Israeliti e l’Oriente, le evidenze trovate dal teologo Holger Kersten portano alle seguenti sorprendenti conclusioni:
      In giovane età Gesù ha seguito l’antica Via della Seta fino all’India, dove ha studiato il Buddhismo, ne ha adottato le dottrine ed è divenuto un Maestro spirituale.
      Gesù è sopravvissuto alla crocifissione.Dopo la “resurrezione” Gesù è ritornato in India, dove è morto in età avanzata.
      Gesù è stato sepolto a Srinagar, la capitale del Kashmir, dove ha continuato ad essere riverito come un uomo santo.
      La tomba di Gesù esiste tuttora in Kashmir."

      Prove inoppugnabili? Mah, chissà, se ne sentono tante. Comunque è inevitabile che cercando si trovi sempre qualcosa che modifica, anche se in minima parte, le nostre conoscenze. Basta dare anche solo un taglio diverso alle vicende storiche per vederle e giudicare diversamente, anche in mancanza di fatti o elementi veramente nuovi. Ogni vero storico è un revisionista, altrimenti è un pappagallo.

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    3. Mah, io sono convinto che il personaggio storico di Gesù sia molto meno importante di quello "mitologico" su cui è stata fondata la sua religione.
      Perchè se partiamo da una prospettiva storica, dobbiamo escludere talmente tante cose (la nascita verginale, i miracoli, la sua divinità, la resurrezione, l'ascesa al cielo, ecc.) che resterebbe ben poco.
      A quel punto, che venisse dall'oriente e che ci sia poi ritornato dopo essere sopravvissuto alla croce, è concepibile, ma non ha valore religioso.

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    4. Ma Gesù non è stato mai considerato un personaggio favoloso o mitico dai credenti. Dante, non uno degli ultimi, prende per oro colato le parole del vangelo e ci ha fatto su quel po' po' di Commedia. San Tommaso arriva a dire che "è indubitabile che la bibbia sia la parola di Dio" (se no gli crolla in testa tutto il suo sistema).Demitologizzare significa alla fine distruggere il mito di cui si salverà forse qualcosa, il suo significato allegorico. Prendiamo la resurrezione: ormai non ci crede quasi più nessuno, nemmeno il papa. Ma relativizzare questo evento significa, come dice San Paolo, distruggere la fede in Gesù figlio di Dio e Dio lui stesso. Le cose cambiano eccome. È ipotizzabile però che la Chiesa si arrenda e ammetta che la resurrezione di Gesù debba intendersi non già fisicamente, ma in modo allegorico: la natura muore e risorge continuamente, sarebbe questo il vero significato di quell'evento mitologico. Ma si cancellano duemila anni di riflessione fisosofico-teologica in parte apprezzabile, persino ammirevole. I teologi sono a volte raffinatissimi, capaci di spaccare il capello in quattro.

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    5. Caro Sergio, io sulla resurrezione sto con San Paolo: non la si può considerare solo un fatto allegorico.
      Perchè se Gesù non è risorto fisicamente, vuol dire che non è una divinità, ma solo un profeta umano (come per i musulmani).
      Ma allora crolla tutto il cristianesimo e torniamo al monoteismo originale di Javè, che, in effetti, si presta persino meglio ad un sincretismo reigioso con Allah.
      Che sia questo lo scopo ultimo delle riflessioni simboliche sulla resurrezione ?
      In effetti i teologi, come dici tu, sono abilissimi e capaci di tutto.

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