domenica 25 aprile 2021

La cicala e la formica – 1

Sin dai tempi della favola del titolo, il risparmio è sempre stato visto come un atto virtuoso, un esempio da seguire senza riserve.

Ma, come spesso succede, ogni medaglia ha il suo rovescio e Gaia Baracetti - in questo lungo pezzo tratto dal suo blog – cerca di esaminare anche i difetti del risparmio, soprattutto sotto il profilo dell'eccessiva 'finanziarizzazione' dell'economia.

Il post è stato suddiviso in 3 parti per comodità di lettura.

LUMEN


<< Partiamo con il concetto di base: l’idea di mettere da parte dei soldi. La necessità di immagazzinare la produzione attuale in vista del futuro nasce, stando a quanto ho letto, con l’agricoltura.

Le società di cacciatori e raccoglitori semplicemente si spostano (ciclicamente) seguendo le loro fonti di cibo. Se non ne prelevano eccessivamente, c’è qualcosa da mangiare anche per l’anno dopo. L’investimento, quindi, non consiste nell’accumulo, ma nello sforzo di contenere collettivamente il proprio prelievo. Si investe in un ambiente sano e in una popolazione stabile, e ci sarà sempre abbastanza per tutti.

Le società agricole, invece, sono per definizione sedentarie. Inoltre sono in grado di generare un surplus, un eccesso di cibo rispetto a quello che serve in una data annata, e di immagazzinarlo nell’eventualità di un periodo di crisi futuro. Secondo alcuni (Jared Diamond è l’esempio più famoso), le diseguaglianze nascono proprio da qui: una volta che vi è un surplus, servirà qualcuno che lo controlli, lo difenda e lo distribuisca. Da qui nascono gerarchie, burocrazie, stati, diseguaglianze economiche e sociali.

Infatti, la gestione del surplus non necessariamente è sempre stata una questione individuale. Nel famoso episodio biblico delle vacche grasse e vacche magre, Giuseppe consiglia al faraone di trovare un uomo saggio che amministri la sovrapproduzione imminente in vista della carestia futura predetta dal suo sogno.

La nostra società preferisce invece il sistema del risparmio diffuso e personale; l’articolo 47 della Costituzione recita: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.”

Si tratta di una logica basata su un principio decentralizzante e individual-familiaristico (la proprietà della casa e della terra, il risparmio), e uno centralizzante (la grande industria, il controllo e coordinamento del credito). Adesso che ci troviamo davanti al risultato dell’investimento senza freni nel cosiddetto “mattone”, cioè la cementificazione del paese, oltre che ai danni ambientali e alle complicazioni sociali causate dai “grandi complessi produttivi del Paese”, mi chiedo se questo articolo non sia, come tanti altri, da superare.

Ammetto comunque che nella nostra società è considerato necessario poter accantonare del denaro che ci può servire nei momenti di emergenza. Dico che è considerato necessario, e non che è necessario, perché ci sarebbero altre possibilità: queste emergenze potrebbero essere affrontate con l’aiuto della collettività, che ad esempio potrebbe finanziare spese mediche improvvise, aiutare a ricostruire una casa bruciata, prestare del denaro senza interessi per costruire un’abitazione, e così via. Forse questo sistema si presterebbe ad abusi, ma anche, evidentemente ed enormemente, quello attuale.

C’è un’altra cosa da sottolineare. Un conto è accantonare grano, un altro accantonare soldi. Il grano, o qualsiasi altro bene materiale, è concreto, non si moltiplica se non con grande fatica e lavoro, e può esistere in ogni dato momento solo in quantità limitate – c’è infatti un limite a quanto grano si può produrre, immagazzinare e conservare.

I soldi, invece, sono una pura convenzione e non conoscono limiti (ancor di più oggi che non sono legati all’oro). Sono i meccanismi di una società e le decisioni di chi comanda a stabilire che moneta si deve usare, che valore ha, come il suo valore cambia nel tempo e come deve essere distribuita.

I soldi hanno un legame molto tenue, che si va sempre più affievolendo, con il mondo materiale e delle cose reali. La distribuzione del denaro ha conseguenze enormi su questo mondo materiale, ma questa distribuzione segue leggi umane arbitrarie e contingenti, a differenza di quelle della fisica.

Infatti, mentre un uomo che lavori tantissimo e sia bravissimo non può ottenere dal suo lavoro un prodotto che superi quello del vicino, più pigro, di cento o mille volte, è normale e accettato nella nostra società e a livello globale che due persone che lavorano lo stesso numero di ore percepiscano l’uno uno stipendio anche cento o mille volte superiore a quello dell’altro.

Essendo i soldi un costrutto, permetterne l’accumulazione e l’accantonamento senza affrontare il problema del legame tra questi soldi e il mondo reale crea (...) un popolo viziato e irresponsabile.

I soldi non valgono niente se non c’è un’economia reale funzionante – se, cioè, la collettività che dovrebbe garantire quel denaro non è in grado di garantire anche dei beni e dei servizi da comprare con esso; ma l’iper-finanziarizzazione, la complicatezza e l’astrazione estrema della nostra economia rendono questo fatto invisibile, così come rendono invisibile la dipendenza dell’economia dallo stato delle risorse materiali.

Per cui siamo abituati a pretendere una pensione, uno stipendio, una rendita, non acqua pulita, cibo, spazio, ecc.; siamo convinti che da qualche parte “i soldi ci sono”, anche se attorno a noi tutto è degrado.

Abbiamo staccato l’economia e il lavoro dalla materia, e il risultato è che così saremo sempre di più risparmiatori frustrati, perché non capiremo che fine hanno fatto i nostri soldi né che i soldi, di per sé, non significano nulla. Inoltre, crediamo di aver diritto a dei soldi senza porci il problema di contribuire allo sforzo collettivo che mantiene un’economia in cui quei soldi abbiano un senso.

Dal mio punto di vista, quindi, è discutibile l’accumulo, è discutibile l’accumulo individuale, è discutibile il concetto di denaro, e non abbiamo ancora finito. (…) >>

GAIA BARACETTI

(continua)

1 commento:

  1. Le prossime due parti del post verranno pubblicate rispettivamente (salvo imprevisti) venerdì 30 aprile e mercoledì 5 maggio.

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