martedì 13 aprile 2021

La cultura dell'immagine

Stiamo passando lentamente dalla cultura del libro a quella dell'immagine, ma – a quanto pare – le conseguenze per la nostra inteligenza non sono molto positive.

Ce ne parla Roberto Pecchioli in questo post – combattivo e polemico – tratto dal sito di Accademia Nuova Italia.

LUMEN


<< Da quando esistono strumenti per valutare il quoziente intellettivo si riscontrò, con la diffusione dell’istruzione, della lettura, della libertà di pensiero, un costante aumento dell’intelligenza. Uno studioso neozelandese, James R. Flynn, nel 1987 dimostrò che il Q.I. medio era aumentato di almeno 8 punti in 40 anni.

La tendenza si sta invertendo, l’effetto è capovolto: nei paesi occidentali il Q.I. scende di mezzo punto annuo dal 2000. Stiamo diventando più stupidi. Nulla avviene per caso, dietro le quinte agisce un’intelligenza sopraffina che non potrebbe resettarci se non avesse preventivamente conseguito il nostro imbarbarimento morale e intellettuale.

Il 'Grande Reset' avanza senza essere percepito: il moto è più veloce verso la fine. Adesso, chi l’ha determinato è in grado di dare la spallata decisiva: modificare la nostra natura. E’ l’effetto della civiltà dell’immagine, basata sulla superficialità, l’accumulo indifferenziato di informazioni, lo specialismo che rende esperti solo di un minuscolo ambito della conoscenza.

E’ anche l’esito dell’affidamento agli apparati artificiali per compiere qualsiasi operazione cognitiva, disattivando intere aree del cervello. La terza e la quarta rivoluzione industriale-informatica e robotizzazione, non hanno bisogno di intelligenze speculative.

Diventiamo masse che non si pongono domande, addestrate all’uso dei dispositivi informatici, dalla mente binaria come gli apparati tecnici. Il pensiero critico è abolito, la cultura riservata a minoranze destinate al comando: basta l’immagine, il frammento, il flusso di informazioni disperse, delle quali devono essere trattenute solo quelle utili al mercato.

L’uso compulsivo di computer e smartphone diminuisce la capacità di calcolo, concentrazione, ragionamento, inibisce l’esercizio della memoria.

Di qui l’impoverimento del linguaggio. Non solo la diminuzione della conoscenza lessicale, ma la perdita della capacità di elaborazione linguistica che permette il pensiero complesso. Di qui anche la progressiva scomparsa di tempi e modi verbali, un pensiero declinato al presente, incapace di proiettarsi nel tempo. L’uomo resettato pensa, parla e si comporta al presente.

Senza le parole, il pensiero è impossibile. Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c'è pensiero senza parole. Il potere, padrone delle parole, si fa proibizionista. Il sistema di dominio non ha bisogno di nascondersi; dichiara apertamente il suo programma, tanto la maggioranza non è in grado di comprendere.

E’ un mondo abitato da una massa acritica, immersa in paradisi artificiali audiovisivi e chimici in cui l’uomo è un codice numerico. Nel 2020 è avvenuto il salto di qualità. Il potere è diventato biopotere, gestione dei corpi e delle menti. Le masse tornano al ruolo di materiale plastico, in un mondo prigione di cui siamo i detenuti. La ricreazione è finita.

La futura umanità sarà ignorante e meno intelligente. Vivrà di impulsi eterodiretti, istinti primari senza pensiero né spirito. Il Grande Reset ci considera greggi destinate al mattatoio, a cui andremo contenti, poiché la menzogna sarà costante e suadente. Nessuno avrà gli strumenti culturali, intellettuali e morali per oziose speculazioni sul bene e sul male: non “servono” alla vita animale.

Pensare crea problemi: meglio seguire la corrente. Credevamo di avere voce attraverso le procedure dell’intangibile democrazia. Finito, residui di un passato in cui il potere doveva mostrare una certa dissimulazione. Hanno comprovato, con il Coronavirus, che la massa è immobile. Non reagisce, non si oppone: paura più manipolazione. Crede ciò che le viene fatto credere, il cervello ha disattivato i sensori del dubbio, perfino della vecchia, sana diffidenza popolare. (...)

La chiusura della mente produce danni irreversibili. L’uomo pos-tmoderno crede di sapere tutto, racchiuso negli apparati artificiali che usa come giocattoli. Senza curiosità, svaluta tutto ciò che non comprende con un sapere parcellizzato. Il potere ha diffuso un’ignoranza di massa attraverso cui riesce a far credere quello che le generazioni precedenti non avrebbero accettato per evidenza e senso comune. Meno intelligenti, più conformisti. (…)

L’uomo contemporaneo disprezza quanto ignora, convinto che l’arte, la bellezza ereditata siano “location” per spettacoli, messaggi pubblicitari e foto con al centro “Io”. Gòmez Dàvila gridò invano che le cattedrali non furono costruite dall’ente per il turismo. (...)

L’ignorante di ieri sapeva di non sapere, quello di oggi crede a qualsiasi sproposito, purché condiviso dalla maggioranza e rivestito dall’autorità degli “esperti”. E’ un accecato volontario, manipolato da un sistema educativo che crea ignoranti con titoli accademici, sciocchi di nuovo conio, indocili, arroganti, pieni di sé.

Ne scrissero [negli anni '80] Fruttero e Lucentini ne 'La prevalenza del cretino'. (...) Che cosa avrebbero scritto se avessero conosciuto l’ignorante da tastiera con la vita scandita da mi piace, non mi piace, pollice alzato o rovesciato come la plebe nel Colosseo?

L’ignoranza ha salito gli scalini del governo. Non scegliamo i migliori, ma quelli che ci assomigliano nei difetti. (...) Affidiamo decisioni capitali ad autentiche nullità, che lasceranno il campo a personaggi di analogo livello. Più diventiamo ignoranti, più siamo manipolabili, soggetti a credere ogni menzogna, tra superstizione della tecnica e fede cieca nella scienza. >>

ROBERTO PECCHIOLI

13 commenti:

  1. Una visione profondamente pessimistica e che leggo con una certa sorpresa. Sorpreso che tu abbia pubblicato questo articolo, Lumen. Ma tu ci credi a quello che dice Pecchioli? A me pare altamente verosimile, è la mia impressione.
    Ma questa storia del Grand Reset è vera, è il piano delle elite, o fantascienza? Che le elite stiano lavorando a questo piano non è nemmeno un mistero, ho letto proprio oggi quale sarà il nostro futuro nelle parole di Klaus Schwab, il fondatore del WEF di Davos. Più o meno quello che dice Pecchioli.
    E pochi minuti fa ho letto un articolo sul nostro "futuro vaccinale" pazzesco. Con i chip sottocutanei, controllabili a distanza, anche dall'altra parte del mondo, la salute sarà assicurata, ma a che prezzo. Il controllo sarà totale (e pure l'eliminazione di elementi non allineati, refrattari e quindi pericolosi per la società).
    Orwell e Huxley (New Brave World) sono letture per educande al confronto.
    Qui l'articolo sui vaccini del futuro:

    https://www.ilgiornale.it/news/cronache/microchip-1938259.html

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    1. Caro Sergio, io al "grande reset" non ci credo molto, perchè si tratterebbe di un piano troppo gigantesco per poter essere realizzato con successo sin nei minimi particolari.
      Le Elites si prendono anche loro delle cantonate, ci mancherebbe, ma non sono degli sciocchi e non amano rischiare troppo.
      Quindi penso che stiano utilizzando la pandemia solo per fare delle prove di maggior controllo sociale, senza rincorrere una ipotetica (e complicatissima) palingenesi.

      Ciò premesso, devo precisare di aver pubblicato il pezzo non tanto per parlare dell'ipotetico "grande reset", quanto per sottolineare i danni ed i pericoli di una cultura che appare sempre più legata all'immagine (e quindi ai meccanismi istintivi del nostro cervello), piuttosto che alla parola scritta e meditata (che ne stimola la parte più razionale).
      E questo mi sembra un dato di fatto pericoloso e difficile da smentire.

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  2. "Senza le parole, il pensiero è impossibile. Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c'è pensiero senza parole. Il potere, padrone delle parole, si fa proibizionista. Il sistema di dominio non ha bisogno di nascondersi; dichiara apertamente il suo programma, tanto la maggioranza non è in grado di comprendere."

    Fra una o due generazioni, forse anche prima, nessuno leggerà più i classici perché semi incomprensibili, di difficile lettura. Per leggerli, capirli, apprezzarli, gustarli era necessaria una certa preparazione, lo studio appunto - che è ormai per tanti solo una rottura di palle.

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  3. "Senza le parole il pensiero è impossibile."

    Non ne sono convinto (che le parole siano necessarie). Certo per comunicare o pensare usiamo le parole della nostra lingua che indicano i concetti, gli oggetti.
    Voglio dire: gli animali pensano? Credo di sì, anche se a un livello elementare, ma non usano parole (tranne alcuni, qualche primate). Pensare significa associare, confrontare, fare una sintesi e ciò è possibile senza parole, servendosi di simboli o immagini. Vedendo l'immagine dell'uscita all'aeroporto e volendo uscire so cosa fare. O prendiamo il linguaggio matematico cioè simbolico: non abbiamo bisogno di parole.

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    1. Ovviamente quello di cui parla l'autore è il pensiero razionale, non il pensiero tout court.
      E poi (ma lo dico da profano), credo che tra una immagine semplice ed un simbolo matematico ci sia una notevole differenza a livello mentale.
      L'immagine è utilissima, ed in molti casi è insostituibile, ma va usata solo per le reazioni più semplici, immediate ed istintive.
      Non potà mai sostiuire - quando serve - il pensiero razionale più profondo.

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    2. Sì, d'accordo. Ma era una domanda che mi ero già posto: se si possa pensare senza parole, se il pensiero sia necessariamente legato alle parole.
      In effetti noi non possiamo ragionare, riflettere, senza ricorrere al ... vocabolario (e più ricco è meglio è). Difatti, come dice Pecchioli e pensiamo anche noi, l'impoverimento del linguaggio che si osserva è anche un impoverimento del pensiero, della capacità di riflettere.

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    3. Sono d'accordo. L'impoverimento del linguaggio è senza dubbio un impoverimento anche del pensiero.
      E rende le persone molto più manipolabili.

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  4. Gli ipotetici complotti internazionali legati al Grande Reset mi annoiano. Più interessante è la crisi del pensiero . Penso che la società del business soffra di "presunzione del controllo", su vorrebbe certificare la qualità del formaggio così come quella delle menti con batterie di test da risolvere a velocità supersonica e anche nelle scuole si impongono le olimpiadi (di italiano, di matematica). In un cesso dell'aereoporto lessi "automaticamente igienizzato dopo ogni utenza": mi è parsa una bella metafora della cultura del nostro tempo. In tutto questo il pensiero è un fastidio sgradevole. Il pensiero è sporco, incerto, procede per tentativi, è imprevedibile, sovversivo. In una parola : fastidioso. E l'imprevisto è un tarlo in una società basata su rigide programmazioni. E allora assaporo il pensiero , adoro vedere come il mondo adulto vada in tilt di fronte al pensare dei bambini. Pochi giorni fa una maestra ha visto una bambina tirare una mucca su per un prato. Dove vai Luisa? - chiede la maestra. Buongiorno maestra, sto portando la mucca al toro - risponde la piccola. La maestra, che riteneva questa cosa sconveniente, risponde: ma non poteva farlo tuo padre? No signora maestra - dice la piccola - ci vuole proprio il toro! Che bellezza l'imprevisto! A volte basterebbe il silenzio, un lungo silenzio, prima di fare uso del linguaggio. Alla faccia dei profeti del business.

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    1. Caro Agostino, certamente il pensiero è "fastidioso" come dici tu e scompagina i piani del controllo e dell'uniformità sociale.
      Ma, vedendolo dal punto di vista del singolo, è anche faticoso e, perchè no, pericoloso, perchè se poi la tua scelta non funziona ti senti pure in colpa con te stesso.
      Quindi, tutto sommato, sembra molto più comodo agire in modo eterodiretto.
      Da cui il paradosso che gli interessi del controllore e quelli del controllato finiscono per coincidere.

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  5. Non coincidono Massimo. Chi ambisce al ruolo di "controllato"? Di certo non gli adolescenti, ne ho esperienza quotidiana, che ritrovano se stessi nella possibilità di esprimersi, non i bambini che nel pensiero esprimono sempre concetti non banali che l'adulto tende a definire "errori". Sicuramente la "presunzione del controllo" è comoda ma soprattutto per chi ha in mano le leve di questa società .

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    1. Caro Agostino, ti ringrazio molto per la tua precisazione, tanto più fondata in quanto basata sulla tua osservazione professionale quotidiana.

      Forse però i due interessi possono coincidere tra gli adulti, almeno in certe fasce sociali o di età.
      Perchè la comodità di avere qualcuno che pensa anche per te e ti offre una soluzione già pronta non va sottovalutata.
      E' un controllo indiretto, di cui forse il soggetto non si rende pienamente conto, ma è un controllo sociale anche questo.

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  6. Ne convengo. Esiste in effetti un modo adulto "carrierista" con venature nichiliste, che prova piacere nel sentirsi oppresso e controllato. Non sono certo menti eccelse e forse trovano soddisfazione alle loro frustrazioni nella possibilità di fare carriera attraverso un puntuale e metodico assolvimento degli obblighi lavorativi.

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    1. Sono d'accordo.
      Ed in più, se capita, possono anche lamentarsi di come vanno le cose senza sentirsi direttamente in colpa, perchè le decisioni sono state perse da altri e non da loro.
      Gli psicologi sono concordi nel ritenere che il 'senso di colpa' (ovvero, il desiderio di evitarlo) sia una molla potentissima del nostro comportamento.

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