MENTALITA’
SCIENTIFICA
Tra
due possibili modi di pensare, di ragionare e di guardare al mondo,
l'uno istintivo, rapido, emotivo, superficiale, facile, e l'altro
riflessivo, razionale, critico, esigente, spesso difficile e
contro-intuitivo, tipico della scienza, si continua a preferire
prevalentemente il primo e a ignorare il secondo.
Ecco
qual è il problema. La cultura che si respira e che si insegna nel
nostro Paese infatti non aiuta molto.
Famiglia,
scuola e società, continuano a galleggiare, senza nemmeno rendersene
conto, al di sopra di un pericoloso substrato di anti-scientificità
che genera incoscienza, e l'incoscienza si sa, conduce spesso verso i
disastri.
Viviamo
nel mito del passato con una tale ossessione e spreco di energie
intellettuali, da non preoccuparci nemmeno troppo per il presente e
soprattutto per il futuro, come ci ricorda saggiamente anche
l'architetto Renzo Piano quando afferma che «Il passato è un ottimo
rifugio, ma il futuro è l'unico posto dove possiamo andare».
FABIO
VOMIERO
SOCIALISMO
REALE
Si
può dire che paradossalmente il socialismo reale non ha funzionato
dove c’era, ma ha funzionato benissimo dove non c’era.
Il
capitalismo liberale per affrontare la minaccia comunista ha dovuto,
per emulazione o per paura, riformarsi, dando vita a quel modello
keynesiano e social-democratico che ha assicurato progresso e
benessere diffuso nei “trent’anni gloriosi”. (…)
Venuta
meno la concorrenza del socialismo reale, il capitalismo ha dismesso
i panni civili, mostrando nuovamente il suo vero volto, feroce.
ALCESTE
DE AMBRIS
VENDETTA
La
vendetta è simile alla legittima difesa e ne rappresenta una sorta
di esecuzione differita.
Malgrado
duemila anni di predicazione del perdono, essa è talmente
incontestabile che lo Stato, non che vietarla, se ne assume
l’esclusiva.
E
l’esercita anche in assenza di richiesta da parte della vittima
(reati “ad azione pubblica”) per ragioni di ordine pubblico; per
evitare la violenza fra privati cittadini; per essere sicuro che la
sanzione sia applicata al vero colpevole e sia proporzionata
all’offesa.
Cosa,
quest’ultima, di cui si preoccupava già la Bibbia, quando imponeva
“dente per dente, occhio per occhio”, e non “vita per dente,
vita per occhio”.
Ecco
perché sono ridicoli i parenti dell’ucciso quando chiedono
giustizia e non vendetta. Perché sono la stessa cosa.
La
giustizia è “vendetta di Stato”. E non si vede perché
dovrebbero vergognarsene.
GIANNI
PARDO
TOLLERANZA
RELIGIOSA
La
storia ci mostra che le religioni vengono interpretate in vari modi a
seconda delle condizioni culturali e materiali del popolo o del
regime che le professa.
Ci
sono stati momenti, secoli fa, in cui l’Islam è stato più
tollerante del cristianesimo; altri in cui l’ateismo di stato,
nella forma del comunismo, è stato molto più repressivo della
religione.
Lo
stesso Illuminismo che ho nominato nacque in un’Europa fortemente,
violentemente e coercitivamente cristiana, in cui si poteva venire
torturati e condannati a morte per blasfemia – e dallo Stato, non
dalla Chiesa.
GAIA
BARACETTI
SCUOLA-LAVORO
Mi
sembra evidente (...) l'assurdità del sistema di cosiddetta
"alternanza scuola-lavoro".
La
scuola non deve preparare al "mondo del lavoro". La scuola
deve preparare alla vita. Chi è pronto alla vita, sarà poi pronto
anche a lavorare.
Questo,
attenzione, vale tanto più quando, come oggi, il lavoro non c'è:
perché se il lavoro non c'è devi inventarlo, e se sei stato
programmato per fare l'utile idiota esecutore passivo di compiti
meramente tecnici, è difficile che tu sia in grado di mettere a
frutto la tua creatività, la tua scintilla di umanità.
Quindi
la retorica del "prepariamo al lavoro perché non c'è lavoro"
è intrinsecamente fallace, come dimostra il fatto che la si realizza
distruggendo il lavoro degli insegnanti.
La
scuola deve aprire orizzonti culturali, che significa, poi, dare
chiavi interpretative della realtà, aiutare a leggere (cominciando
dai libri e dalle carte geografiche), aiutare a pensare (cominciando
dall'analisi logica, e arrivando, magari, alla logica), aiutare
quindi a conoscere per deliberare, aiutare a organizzare il mondo.
ALBERTO
BAGNAI
Vendetta
RispondiElimina"Ecco perché sono ridicoli i parenti dell’ucciso quando chiedono giustizia e non vendetta. Perché sono la stessa cosa."
Sì, sono la stessa cosa, ma la giustizia ha un'aura di nobiltà che manca alla vendetta, ritenuta malevola probabilmente anche perché siamo (o saremmo) imbevuti di civiltà cristiana che esorta al perdono. Però anche la Chiesa ha esercitato eccome la vendetta.
Io trovo invece ridicoli i parenti delle vittime che si dichiarono pronti a perdonare gli assassini per sentirsi buoni, per esibire la loro bontà. Non può esserci perdono senza adeguato risarcimento. Chi ha rubato deve restituire il maltolto per essere perdonato. E chi ha ucciso? Diciamo almeno l'ergastolo, ma è un adeguato risarcimento? Chi è morto è morto e non può essere risarcito, ma almeno la giusta punizione ristabilisce l'ordine e può prevenire altri delitti (anche se si dice che la pena di morte non ha valore dissuasivo).
Quello che mi ha sempre stupito delle vendette private (le c.d. faide) era la sua progressione a spirale.
EliminaDopo la seconda vittima, quella fatta per vendetta, i conti avrebbero dovuto essere pari tra i 2 clan e la cosa finire lì.
Invece no: il primo clan rispondeva al secondo delitto con un terzo delitto, e non ci si fermava più.
La giustizia di Stato, per quanto imperfetta, ci evita quanto meno queste complicazioni.
La vendetta, dice bene Gianni Pardo a definire "ridicoli", ma io aggiungerei "patetici", quei famigliari che chiedono una "giustizia" che corrisponderebbe all'individuazione di un colpevole su cui scatenare la loro rabbia (che poi il presunto colpevole altro non sia che un capro espiatorio, diventa secondario). Ma si provi a ribaltare il punto di vista e si immagini che due pescatori italiani vengano uccisi nelle acque del mediterraneo, si pensi a quanta rabbia da parte dei parenti e all'invocazione di un processo che condanni gli assassini. Ma se le vittime sono indiane, gli italiani presunti assassini diventano "eroi". Quanto è bello e multiforme, il mondo.
EliminaTolleranza religiosa
RispondiElimina"...in cui si poteva venire torturati e condannati a morte per blasfemia – e dallo Stato, non dalla Chiesa."
Be', era la Chiesa che condannava e consegnava poi i malfattori al braccio secolare per l'esecuzione. Il lavoro sporco lo lasciava allo Stato. Ma ci fu anche un boia papalino, Mastro Titta, che dopo decenni di onesto lavoro si ebbe anche una meritata pensione. Chiesa e Stato furono a lungo un binomio, la famosa alleanza di trono e altare con cui si legittimavano e sostenevano a vicenda.
<< Il lavoro sporco lo lasciava allo Stato >>
EliminaPoche cose sottolineano l'ipocrisia profonda del potere religioso come questa.
Scuola - lavoro
RispondiEliminaNon sono tanto d'accordo. La scuola deve anche preparare alla vita (non scholae sed vitae discimus). Dovrebbe apprendere agli allievi anche cose pratiche, far loro apprezzare il lavoro manuale, non solo aprire orizzonti.
Mentalità scientifica.
RispondiEliminaIl nostro paese ha la più bassa percentuale di laureati in Europa e questo potrebbe apparire un vantaggio: se sono pochi – si dirà – saranno anche molto ricercati. E invece no, questa scarsità non si traduce in un vantaggio nel mercato del lavoro per i nostri “dottori”. Infatti i tassi di disoccupazione dei laureati in Italia, comparabili a quelli dei diplomati, sono molto più alti di quelli di paesi dalla struttura economica simile al nostro: negli ultimi 15 anni, per esempio, la disoccupazione dei laureati tedeschi nella fascia d’età 25-39 ha oscillato tra il 2 e il 4%, quella degli italiani tra l’8 e il 13%. Una differenza vistosa. Come mai dunque questi pochi laureati non soddisfano le richieste delle imprese? Dal confronto con la Germania emerge, chiaro, il motivo: anche la Germania ha una percentuale di laureati nettamente più bassa della media europea ma laurea molti più giovani in informatica, ingegneria, economia e management, mentre l’Italia doppia la Germania per laureati in scienze sociali e in discipline artistiche e umanistiche. In sintesi, lo studente italiano insegue la cosiddetta laurea “facile”, quello tedesco no perché affronta un percorso di studi in settori strategici dell’economia e del mondo del lavoro. Mi sono chiesto per quale motivo investire tempo e denaro per un titolo di studio il cui unico risultato è quello di incentivare la disoccupazione, perché una cultura-spazzatura che trasformi i laureati in "inutili ignoranti". Qualche risposta, credo che vi sia.
caro Agostino, hai toccato un tasto molto delicato ed importante della nostra situazione educativa, che avrà riflessi significativi sul futuro del nostro paese.
EliminaQuali potrebbero essere le risposte a questa domanda ?
caro Massimo, le risposte possono essere molte ma, tra le tante, penso a un problema culturale endemico: nella nostra storia ha sempre avuto importanza l’acquisizione di prestigio e di un elevato status sociale; in questo senso un “nobile” era contento di sentirsi tale e poco gli importava il suo essere improduttivo. Nello stesso modo, un laureato è soddisfatto di essere chiamato “dottore” e l’essere disoccupato diventa evidentemente un fatto secondario. A un padre, è sufficiente poter dire “mio figlio è dottore”. Ad oggi, basta e avanza.
EliminaCredo che tu abbia colto nel segno.
EliminaMa se davvero si tratta di un problema culturale endemico, e quindi fortemente radicato, ci vorrà parecchio tempo per poterlo superare (se mai ci riusciremo).
Scuola - lavoro
RispondiElimina"La scuola deve anche preparare alla vita (non scholae sed vitae discimus). Dovrebbe apprendere agli allievi anche cose pratiche, far loro apprezzare il lavoro manuale, non solo aprire orizzonti." Sono d'accordo con queste affermazioni ma a una condizione: che quelle che si definiscono esperienze di alternanza scuola-lavoro abbiano una progettualità destinata a innescare progetti virtuosi a lungo termine nel rapporto scuola-azienda. Se invece si tratta di mandare gli studenti per quindici giorni in una azienda a lavare i piatti, in sostituzione del personale e alla faccia delle competenze maturate nel corso di studi, direi che la cosa è quantomeno deprecabile. Ma è, purtroppo, la realtà. Alle aziende ovviamente fa comodo e lo stato presenta tali esperienze come virtuose. Diffidare, credo sia il minimo.
Purtroppo si nota troppo spesso, in Italia, uno scostamento insuperabile tra le ottime intenzioni di partenza e le pessime applicazioni pratiche di un progetto.
EliminaE' evidente che il principo dell'alternanza scuola-lavoro è fallito perchè applicato malissimo.
Ma mi chiedo se si poteva davvero, date le strutture e la mentalità esistenti, fare di meglio.
E mi verrebbe da rispondere di no.
Le nostre società sono gia' diventate un incubo, una distopia, per vari motivi. Uno dei principali è che, da tempo, vige la sicurezza dell'impunita' per un numero sempre esteso di reati sempre piu' gravi.
RispondiEliminaIn altre parole da tempo manca l'ecologia della repressione.
Il primo obiettivo della giustizia e' la riduzione della ingiustizia, dei crimini e questo si fa con la certezza della pena. Un criminale, nel mpomento che sa che dovra'pagare con alta probabilita', per le proprie violazioni della legge, avra' un detterrente molto efficace.
Infine, parti pericolose della popolazione che sono nocive, pericolose per il resto della popoplazione, devono essere isolate e rese innocue.
Anche nella societa' esistono i giochi a somma zero anche se questo causa le furia di tutti i vaneggiamenti che abbiamo, ahime', ereditato dal sessantotto.
Insomma pensare alla giustizia come vendetta sarebbe come pensare all'educazione come imposizione degli adulti/maetri/formatori sui figli/alunni/educandi, e' una visione patologica.
Invece la prospettiva sana, fisiologica e' quella di uno strumento per mantenere civile la societa' ovvero contenerne, ridurne a livello minimo, il crimine.
Caro UNIC, sulla funzione sociale della pena, e quindi del diritto penale, sono stati versati fiumi d'inchiostro.
EliminaLa mia personale opinione è che la prevenzione dei reati futuri (soprattutto di quelli violenti) sia molto più importante della punzione dei delitti già avvenuti.
Ma ho la sensazione che, nel sistema penale occidentale (ammirevole per tanti versi), questa impostazione non sia molto seguita.