venerdì 11 ottobre 2019

La vera storia dei 10 Comandamenti

Mauro Biglino ha acquisito una certa notorietà editoriale per i suoi saggi sulla Bibbia, della quale, grazie alla sua perfetta conoscenza dell’ebraico antico, ha effettuato una completa decostruzione e ricostruzione. 
E se la ‘pars costruens’ appare decisamente discutibile (vedi pagina “wiki”), la ‘pars destruens’ risulta invece molto più convincente. 
Come ci dimostra egregiamente  il lungo post che segue (tratto dal sito Unoeditori.com), dedicato ad uno dei miti più importanti della religione cristiana, quello dei 10 Comandamenti.
LUMEN


<< Al periodo in cui Mosè si recava spesso sulla montagna dove dimorava l’Elohìm, appartiene la vicenda della consegna delle Tavole della Legge, che conosciamo con il nome di “Dieci comandamenti” o “Decalogo”. (...)

L’espressione ebraica con cui queste leggi sono indicate è 'devarìm-ha asèret' (“dieci-di le-parole”) e sono sempre chiaramente indicate come quelle che «Dio ha scritto sulla pietra» (Es 34,28; Dt 4,13 e 10,4). Su queste dieci parole sarebbero dunque fondate l’intera religione ebraica e la religione cristiana, che ne è una diretta filiazione. Ma le dieci parole cui si riferiva in modo esplicito l’Elohìm sono proprio le stesse che conosciamo noi? (…)

Il Decalogo che ci viene ora presentato tradizionalmente è il seguente:
1. Io sono il Signore tuo Dio: non avrai altro Dio all’infuori di me.
2. Non nominare il nome di Dio invano.
3. Ricordati di santificare le feste.
4. Onora il padre e la madre.
5. Non uccidere.
6. Non commettere atti impuri (adulterio).
7. Non rubare.
8. Non dire falsa testimonianza.
9. Non desiderare la donna d’altri.
10. Non desiderare la roba d’altri. (…)

Le nostre domande di fondo sono:
le “dieci parole” cui si riferiva in modo esplicito l’Elohìm sono proprio le stesse che conoscono le dottrine religiose che su quelle dicono di fondarsi?
La visione religiosa, cui corrisponde una certa tipologia di esigenze etiche, trova riscontro nelle esigenze espresse dall’Elohìm che le ha inserite nei precetti da lui stesso incisi sulla pietra e da lui indicati come fondanti per l’Alleanza?
In altre parole: la religione cristiana ha dato la giusto importanza (o l’ha amplificata?) ai concetti espressi dall’Elohìm?

Proseguiamo nell’analisi letterale di ciò che ci dice la Bibbia e verifichiamolo.

Siamo sul monte con Mosè e prendiamo atto di un primo elenco di precetti che l’Elohìm trasferisce a colui che gli fa da portavoce presso il popolo. In Esodo 20,2-17 abbiamo una serie di indicazioni che definiremmo “generiche”, in quanto non sono oggetto di una particolare sottolineatura da parte dell’Elohìm:

«Io sono Yahweh, Elohìm tuo».
«Non avrai altri – plurale nel testo!! – Elohìm all’infuori di me».
«Non ti farai immagini».
«Non servirai altri Elohìm perché io sono geloso»: e si può essere gelosi di “chi non esiste”? (…) Evidentemente esistevano altri Elohìm che attraevano l’attenzione del popolo, come dimostra l’intera storia della conquista della Terra promessa…
«Non userai invano il nome di Yahweh, Elohìm tuo»: dunque vi erano altri Elohìm, con altri nomi…
«Ti ricorderai di santificare il sabato […] il settimo giorno non farai alcun lavoro, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo servo e la tua serva, il tuo bestiame, il forestiero che sta dentro alle tue porte».
«Onora tuo padre e tua madre».
«Non ucciderai».
«Non commetterai adulterio»: non sono presenti gli “atti impuri” indicati nel Decalogo tradizionale…
«Non ruberai».
«Non testimonierai il falso».
«Non desidererai la casa del tuo prossimo, non desidererai la donna del tuo vicino, il suo servo, la sua serva, il suo bue, il suo asino e tutto ciò che appartiene al vicino tuo».

Seguono altre prescrizioni:

sul modo di costruire l’altare per i sacrifici
una serie di indicazioni di carattere legale sulle pene da comminare per vari tipi di reato come l’omicidio, danni contro le persone, contro la proprietà…
una serie di altre prescrizioni relative alla necessità di costruire un sistema di convivenza capace di creare una vera e propria società civile.

Diciamo subito che non vi sono qui accenni alle Tavole di pietra, non vi sono indicazioni che facciano pensare a una particolare importanza di quanto prescritto, e soprattutto non è mai utilizzata quella definizione che conosciamo come “le dieci parole”, che pare identificare le norme fondamentali per l’Alleanza!

Le Tavole di pietra fanno la loro comparsa solo in un passo successivo. Nei capitoli che vanno dal 21 al 31 (undici interi capitoli!), Yahweh fornisce:

indicazioni sulla struttura del santuario nel quale prestare a lui il culto: la tenda, l’arredamento costituito da vari elementi, le suppellettili, gli altari, il recinto, le vesti dei sacerdoti, la consacrazione degli stessi, la designazione degli artigiani che dovranno occuparsi della realizzazione del tutto.
Yahweh ritorna infine a sottolineare l’importanza del riposo sabbatico, della cessazione da ogni lavoro: un precetto da osservare per sempre, pena la morte!

Immediatamente dopo, il versetto 18 del capitolo 31 racconta che, quando ebbe finito di parlare, diede a Mosè le “due tavole di pietra”. La Bibbia però non dice quale ne fosse il contenuto; non sappiamo quindi per il momento quali fossero gli elementi principali dell’intera normativa di cui l’Elohìm aveva parlato con Mosè sul monte. Certo queste Tavole di pietra non potevano contenere tutto quell’insieme di prescrizioni descritte negli undici capitoli che abbiamo qui sintetizzato.

Ciò che sappiamo è che Mosè scende dal monte tenendole in mano e non sa ancora che il popolo non aveva perso tempo: si era immediatamente dedicato al culto di un altro degli Elohìm, costruendo un vitello d’oro (un idolo di chiara derivazione egizia) e dimostrando così che la gelosia di Yahweh – quello che stava diventando il loro Elohìm – era decisamente motivata!

Preso dall’ira per questo tradimento, Mosè scaglia a terra le tavole e le rompe! Evidentemente sapeva di poterne avere delle altre, perché non riusciamo a pensare che un uomo potesse prendersi la libertà di spaccare un oggetto tanto importante se fosse stato un dono divino unico e irripetibile. (…)

Immediatamente dopo (34,1) l’Elohìm dialoga con Mosè circa le tavole di pietra che lui ha rotto: Yahweh (stranamente) non se la prende con Mosè per il suo gesto inconsulto; la rottura delle Tavole non costituisce evidentemente una questione su cui valga la pena di soffermarsi, per cui – visto che ha rotto le precedenti – gli dice molto semplicemente di procurarsi altre due Tavole e che lui provvederà a riscrivere quanto già aveva scritto la prima volta.

Mosè risale sul monte il mattino presto portando le nuove Tavole e Yahweh formula una serie di prescrizioni precedute dalla dichiarazione di rinnovamento dell’Alleanza (cfr. Es 34,10-26). Dice in sostanza: “Ecco, io faccio un’alleanza di fronte a tutto il popolo… compirò prodigi e caccerò i nemici di fronte a te…”.

E poi comanda a Mosè di osservare quanto lui gli ordina e cioè di:
«non contrarre alleanza con gli abitanti del paese»;
«distruggere i loro altari, le stele, le immagini, e non adorare i loro dèi»;
«non prendere donne del paese per i figli di Israele»;
«non fare divinità di metallo fuso»;
«osservare la festa degli azzimi nel mese di Abib»;
«riservare a Lui tutti i primogeniti maschi; riscattare i primogeniti degli umani con dei doni»;
«rispettare il sabato dopo aver lavorato per sei giorni»;
«celebrare la festa delle settimane» (mietitura, raccolto a fine anno…);
«far presentare ogni maschio davanti all’Elohìm tre volte all’anno»;
«non offrire il sangue della vittima sul pane lievitato e il sacrificio della Pasqua non dovrà rimanere fino al mattino »
«donare al Signore le primizie della terra»;
«non far bollire il capretto nel latte di sua madre».

Dopo avere elencato questi precetti dettagliati, l’Elohìm dice a Mosè (versetto 27) che queste sono le parole che Yahweh ha fatto scrivere sulle Tavole perché – afferma egli stesso – è sul fondamento di queste che è stata costruita l’Alleanza. È quindi questo il “Decalogo”, per dichiarazione stessa di chi l’ha dettato! Un decalogo molto poco spirituale e decisamente finalizzato alla definizione e mantenimento di un rapporto contrattuale: “Io faccio qualcosa per te se tu fai qualcosa per me”. Un decalogo talmente pratico che mirava anche alla salvaguardia della salute di un popolo che viveva in condizioni igieniche estremamente precarie (…)

Quanta distanza dal Decalogo della tradizione cristiana! (…) Due elenchi totalmente diversi! E allora chiediamoci: “Le prescrizioni [originali] potrebbero servire per creare una religione come quella cristiana? La risposta è semplice: assolutamente no ! (…) Questo patto ha delle basi molto pratiche; si fonda su norme che poco hanno a che fare con l’etica comunemente intesa: non ci sono le norme relative all’uccidere, al rispettare le proprietà o la donna degli altri… (…)

Non ci rimane che considerare come i fondatori del Cristianesimo abbiano stravolto l’ordine di importanza dei precetti. Visto che volevano creare una religione, hanno dovuto presentare come fondamentali (scritti sulla pietra) dei comandamenti che loro hanno scelto come utili alle loro finalità, mentre l’Elohìm riteneva fondamentali altre norme, molto più concrete e sulle quali difficilmente si sarebbe potuto costruire un sistema religioso così come viene comunemente inteso.

Basta leggere con attenzione i due elenchi per capire la differenza sostanziale, una differenza che si spiega sapendo che l’Elohìm non voleva costruire quella religione che invece è stata artificiosamente ricavata dai testi. Le sue finalità erano ben altre: definire un patto con un popolo da cui farsi servire in cambio dell’aiuto per la conquista di un territorio in cui installarsi. I fondatori del Cristianesimo – potremmo concludere – hanno deliberatamente oscurato gli scopi dell’Elohìm, sostituendoli con i loro. >>

MAURO BIGLINO

5 commenti:

  1. Che barba questi dieci comandamenti! Ma chi se ne frega. Nemmeno i preti sanno recitarteli, si bloccano già sul primo. Secondo me sono stati sopravvalutati (dei dieci ne salverei tre: non uccidere, non rubare, non dire il falso - persino il quarto, onora il padre e la madre, è strano o superfluo). Quelli concernenti la divinità poi sono semplicemente ridicoli, per es. non avrai altro Dio fuori di me. Il Dio degli ebrei è geloso, non tollera rivali! Ma che stronzo!
    Comunque vi ricordo che Mosè disceso dal monte con le famose tavole - che spezzò incazzato perché in sua assenza i suoi connazionali si erano fatti il vitello d'oro - fece passare a fil di spada 1500 poveri cristi perché colpevoli di apostasia. Ma come, nelle tavole c'era scritto non uccidere e lui fa massacrare un bel po' di gente? Ma - scusate - vaffanculo, ignobile assassino. E noi stiamo qua a discettare sulle stronzate di migliaia di anni fa.
    Per fortuna che abbiamo Francesco che ha dichiarato inammissibile la pena di morte. A dir la verità la Chiesa ha sempre sostenuto la necessità della pena di morte, ma arrivò uno dalla fine del mondo che ci ha fatto sapere che così non va, la vita è sacra. Vabbè.
    P.S. Scusate il linguaggio in parte trivale, ma non ne posso più. Vaffanculo i dieci comandamenti (che nemmeno i preti sanno più).

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    1. Caro Sergio,
      secondo me quello che colpisce di più di questa ricostruzione non è tanto la validità o la modernità dei 10 comandamenti, ma il fatto che persino sul testo sacro per eccellenza, la Bibbia, ci vengono raccontate delle frottole, sia sotto forma di traduzione errata, che sotto forma di estrapolazioni capziose (di Biglino ho letto altre cose e ti assicuro che c'è una mistificazione notevole).
      Per fortuna i Cristiani la Bibbia non la leggono e si accontentano dei brani scelti, a bella posta, per il pulpito (o per i film).
      Però, i protestanti la Bibbia la leggono davvero: come possano averne fatto la base del loro successo sociale, per me resta un assoluto mistero.

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    2. Dunque. Primo, secondo la più aggiornata ricerca storiografica «ebrea» Mosè non è mai esistito, è un personaggio leggendario.
      Secondo: sulle mistificazioni, le sbagliate traduzioni, inganni vari, non ci piove, sono evidenti - a meno che non si sia «accecati» dalla fede. Tutti questi benedetti - o forse meglio maledetti - «libri sacri» hanno bloccato lo sviluppo del genere umano. Anche geni come Dante e Newton non potevano sottrarsi allo spirito dei tempi (il famoso Zeitgeist) e oltretutto era pure pericoloso andare controcorrente.
      Che i protestanti conoscano davvero la Bibbia è un luogo comune non corroborato dai fatti. Sicuramente la conoscono meglio dei cattolici, anzi questi ultimi non la conoscono affatto. Del resto ne era loro proibita la lettura fino a qualche tempo (o secolo fa) perché effettivamente a leggere la Bibbia, specie il Vecchio Testamento, rischi o di uscire pazzo o di perdere la fede. Il Dio veterotestamentario non è meglio di Kalì o di qualche divinità degli Aztechi che esigeva sacrifici umani.
      Si consiglia comunque di non sopravvalutare i protestanti e le loro conoscenze bibliche.

      Non si può comunque negare che la Bibbia contenga testi suggestivi e poetici (Genesi, Kohélet, Giobbe, Isaia, Cantico dei cantici ecc.) - come tante altre opere dell'antichità (personalmente mi ha colpito la lettura delle opere di Tacito, in italiano però - nella tacitiana traduzione di un imprenditore, Camillo Giussani).
      Un assaggio. Tacito, libro primo: Urbem Romam a principio reges habuere; libertatem et consulatum L. Brutus instituit; dictaturae ad tempus sumebantur ..."
      Giussani: Primi i re tennero in Roma il potere. Libertà e consolato istituì Lucio Bruto. La dittatura assumevasi temporanea ...

      Credo di essere saltato di palo in frasca, scusate tanto.

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    3. Si confronti con questa traduzione (di Azelia Arici ?), ed. Utet.

      Da principio, la città di Roma fu possesso di re; L. Bruto vi introdusse, col consolato, la libertà. Le dittature si assumevano temporaneamente.

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  2. La concisione nella scrittura, detta appunto (e giustamente) 'tacitiana', è un'arte che mi affascina, anche se è veramente difficile da raggiungere.

    Il grande Voltaire diceva:
    << Vi scrivo una lunga lettera perché non ho tempo di scriverne una breve. >>

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