sabato 26 ottobre 2019

Il Globalista pentito

L’intervista virtuale di oggi ha come “vittima” il giornalista inglese Peter Hitchens, fratello del più celebre scrittore anticlericale Christopher Hitchens.
Di Christopher Hitchens è noto, tra gli altri, il volumetto “La posizione della missionaria” in cui critica, in modo feroce ma documentato, il mito mediatico di Madre Teresa di Calcutta; saggio al quale ho dedicato anche un post di questo blog (aprile 2018).
Il fretello Peter, invece, è meno noto, almeno in Italia, tanto è vero che dispone di una pagina di Wikipedia in inglese, ma non in Italiano.
LUMEN


LUMEN – Mister Hitchens, good morning.
HITCHENS – Good morning.

LUMEN - Voi siete stato, per un certo periodo, un Marxista rivoluzionario.
HITCHENS – Sì, lo sono stato in gioventù, soprattutto da studente.

LUMEN – E cosa facevate di bello ?
HITCHENS - Quando ero un marxista rivoluzionario, tutti noi eravamo favorevoli a che ci fosse quanta più immigrazione possibile nel nostro paese.

LUMEN – Vi piacevano gli immigrati ?
HITCHENS – No. Non era perché ci piacevano gli immigrati, ma perché non ci piaceva la Gran Bretagna. Vedevamo gli immigrati, da dovunque venissero, come alleati contro la immobile, seduta, conservatrice società del nostro Paese alla fine degli Anni Sessanta.

LUMEN – Una scelta un po’ masochista.
HITCHENS - Ci piaceva anche sentirci superiori alla gente sbalordita, di solito nelle parti più povere del Paese, che vedeva il proprio quartiere improvvisamente trasformato in "comunità vibrante".

LUMEN – E se quei poveretti protestavano ?
HITCHENS - Se osavano sollevare la minima obiezione li chiamavamo bigotti.

LUMEN – Ma voi venivate da quei quartieri ?
HITCHENS – No di certo, gli studenti rivoluzionari non venivano da quelle "aree vibranti". Venivamo, per quello che ricordo, soprattutto dal Surrey e dalle parti più belle di Londra.

LUMEN – Però le conoscevate, quelle zone ?
HITCHENS – Certamente. Potevamo anche vivere nei posti "vibranti" per qualche anno di squallore, in mezzo a prati non falciati e pattumiera che traboccava dai cassonetti. Ma lo facevamo come gente di passaggio, senza responsabilità e senza figli, non come proprietari di casa o genitori di bambini in età scolare oppure come anziani che speravano in un po' di serenità alla fine delle loro vite.

LUMEN – E poi, finiti gli studi ?
HITCHENS - Quando ci siamo laureati e abbiamo cominciato a guadagnare, ci siamo spostati nei quartieri della Londra bene e siamo diventati estremamente esigenti circa le scuole dove mandare i nostri figli, una scelta che avevamo tranquillamente negato ai cittadini meno abbienti, quelli che disprezzavamo come "razzisti".

LUMEN – Ma eravate consapevoli di quello che stava accadendo.
HITCHENS – Sì, sapevamo della grande rivoluzione silenziosa che, ai tempi, stava per trasformare le vite dei poveri britannici.

LUMEN – E cosa ne pensavate ?
HITCHENS – Di questo ci importava ben poco. Per noi patriottismo e tradizione dovevano essere sempre derisi come "razzismo".

LUMEN – L’immigrazione, però, aveva molteplici aspetti.
HITCHENS – Certo. Voleva dire anche nuovi domestici a buon mercato per ricca nuova classe media, per la prima volta dal 1939, cosi come nuovi ristoranti e manodopera, muratori, idraulici, che lavoravano in nero.

LUMEN – E questo vi preoccupava ?
HITCHES – No, perché non erano i nostri salari che erano ridotti, non erano i nostri impieghi ad essere spinti fuori mercato. Gli immigrati non facevano i nostri lavori. Non erano una minaccia per noi.

LUMEN – Molto comodo.
HITCHENS - L'unica minaccia, per noi, poteva venire dalla gente, ma potevamo sempre mettere a tacere le loro proteste suggerendo che fossero i fascisti dei nostri giorni.

LUMEN – Un classico della sinistra.
HITCHENS - Da allora, però, ho capito quanto io fossi maligno, egocentrico, snob e arrogante, cosi come la maggior parte dei miei compagni.

LUMEN – E quindi vi siete, diciamo così, pentito.
HITCHENS – Esatto. L’ho fatto con colpevole ritardo, ma l’ho fatto, e ne sono lieto.

LUMEN – Beh, meglio tardi che mai. Grazie per la chiacchierata.
HITCHENS – Dovere.


P.S. -  Le affermazioni di Peter Hitchens sono tratte, con minime variazioni, da un articolo da lui scritto per un giornale inglese, poi tradotto in italiano da un blog ora chiuso (e quindi non più disponibile). Lumen

2 commenti:

  1. Per costruire qualcosa di nuovo bisogna prima distruggere l'esistente considerato intollerabile. Insomma, prima spacchiamo tutto e poi vedremo cosa si può fare. Insomma, possibile che si finisca dalla padella nella brace.
    La rivoluzione per la rivoluzione (com'è bello far casino, come adesso per via del clima). Dopo la rivoluzione cubana si distribuirono gli incarichi e i ministeri (alla buona, riunione dei fedelissimi tra fumi e alcol). Fidel chiese chi volesse fare il ministro dell'economia, ci voleva ovviamente un economista). Guevara alzò la mano e si dichiarò disposto a sacrificarsi per quell'incarico. Ma aveva equivocato: Fidel voleva un economista, Guevara capì un comunista e in quanto tale, certo, era disponibile. Ah, questi rivoluzionari. Un mio amico di studi era al settimo cielo per la cacciata dello scià di Persia. Che gli subentrasse un troglodita non lo impensieriva. Prima bisognava distruggere l'esistente (vedi sopra), poi si sarebbe visto cosa fare. Così s'instaurò una feroce teocrazia ancora in servizio dopo quarant'anni.

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    1. Caro Sergio,
      chi fa la rivoluzione vede bene i difetti della società in cui vive, ma dimentica ingenuamente di considerarne i pregi, pregi che - salvo casi limite - ci sono sempre.
      Così, come si suol dire, butta via il bambino con l'acqua sporca, e si trova poi - non sempre, ma sovente - in una situazione nuova peggiore della precedente.

      Il culmine dell'infantilismo lo raggiungono gli anarchici che vorrebbero distruggere ogni traccia di gerarchia dalla società, senza rendersi conto del caos che ne deriverebbe, con tristi conseguenze anche per loro stessi.

      La specie umana è fatta per la gerarchia la quale, piaccia o non piaccia, è una struttura indespensabile.
      Migliorabile, certo, ma indispensabile.

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