Mauro
Biglino ha acquisito una certa notorietà editoriale per i suoi saggi
sulla Bibbia, della quale, grazie alla sua perfetta conoscenza
dell’ebraico antico, ha effettuato una completa decostruzione e
ricostruzione.
E se
la ‘pars costruens’ appare decisamente discutibile (vedi pagina
“wiki”), la ‘pars destruens’ risulta invece molto più
convincente.
Come ci dimostra egregiamente il lungo post che segue (tratto dal sito Unoeditori.com),
dedicato ad uno dei miti più importanti della religione cristiana,
quello dei 10 Comandamenti.
LUMEN
<<
Al periodo in cui Mosè si recava spesso sulla montagna dove dimorava
l’Elohìm, appartiene la vicenda della consegna delle Tavole della
Legge, che conosciamo con il nome di “Dieci comandamenti” o
“Decalogo”. (...)
L’espressione
ebraica con cui queste leggi sono indicate è 'devarìm-ha asèret'
(“dieci-di le-parole”) e sono sempre chiaramente indicate come
quelle che «Dio ha scritto sulla pietra» (Es 34,28; Dt 4,13 e
10,4). Su queste dieci parole sarebbero dunque fondate l’intera
religione ebraica e la religione cristiana, che ne è una diretta
filiazione. Ma le dieci parole cui si riferiva in modo esplicito
l’Elohìm sono proprio le stesse che conosciamo noi? (…)
Il
Decalogo che ci viene ora presentato tradizionalmente è il seguente:
1.
Io sono il Signore tuo Dio: non avrai altro Dio all’infuori di me.
2.
Non nominare il nome di Dio invano.
3.
Ricordati di santificare le feste.
4.
Onora il padre e la madre.
5.
Non uccidere.
6.
Non commettere atti impuri (adulterio).
7.
Non rubare.
8.
Non dire falsa testimonianza.
9.
Non desiderare la donna d’altri.
10.
Non desiderare la roba d’altri. (…)
Le
nostre domande di fondo sono:
• le
“dieci parole” cui si riferiva in modo esplicito l’Elohìm sono
proprio le stesse che conoscono le dottrine religiose che su quelle
dicono di fondarsi?
• La
visione religiosa, cui corrisponde una certa tipologia di esigenze
etiche, trova riscontro nelle esigenze espresse dall’Elohìm che le
ha inserite nei precetti da lui stesso incisi sulla pietra e da lui
indicati come fondanti per l’Alleanza?
• In
altre parole: la religione cristiana ha dato la giusto importanza (o
l’ha amplificata?) ai concetti espressi dall’Elohìm?
Proseguiamo
nell’analisi letterale di ciò che ci dice la Bibbia e
verifichiamolo.
Siamo
sul monte con Mosè e prendiamo atto di un primo elenco di precetti
che l’Elohìm trasferisce a colui che gli fa da portavoce presso il
popolo. In Esodo 20,2-17 abbiamo una serie di indicazioni che
definiremmo “generiche”, in quanto non sono oggetto di una
particolare sottolineatura da parte dell’Elohìm:
• «Io
sono Yahweh, Elohìm tuo».
• «Non
avrai altri – plurale nel testo!! – Elohìm all’infuori di me».
• «Non
ti farai immagini».
• «Non
servirai altri Elohìm perché io sono geloso»: e si può essere
gelosi di “chi non esiste”? (…) Evidentemente esistevano altri
Elohìm che attraevano l’attenzione del popolo, come dimostra
l’intera storia della conquista della Terra promessa…
• «Non
userai invano il nome di Yahweh, Elohìm tuo»: dunque vi erano altri
Elohìm, con altri nomi…
• «Ti
ricorderai di santificare il sabato […] il settimo giorno non farai
alcun lavoro, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo servo e la tua
serva, il tuo bestiame, il forestiero che sta dentro alle tue porte».
• «Onora
tuo padre e tua madre».
• «Non
ucciderai».
• «Non
commetterai adulterio»: non sono presenti gli “atti impuri”
indicati nel Decalogo tradizionale…
• «Non
ruberai».
• «Non
testimonierai il falso».
• «Non
desidererai la casa del tuo prossimo, non desidererai la donna del
tuo vicino, il suo servo, la sua serva, il suo bue, il suo asino e
tutto ciò che appartiene al vicino tuo».
Seguono
altre prescrizioni:
• sul
modo di costruire l’altare per i sacrifici
• una
serie di indicazioni di carattere legale sulle pene da comminare per
vari tipi di reato come l’omicidio, danni contro le persone, contro
la proprietà…
• una
serie di altre prescrizioni relative alla necessità di costruire un
sistema di convivenza capace di creare una vera e propria società
civile.
Diciamo
subito che non vi sono qui accenni alle Tavole di pietra, non vi sono
indicazioni che facciano pensare a una particolare importanza di
quanto prescritto, e soprattutto non è mai utilizzata quella
definizione che conosciamo come “le dieci parole”, che pare
identificare le norme fondamentali per l’Alleanza!
Le
Tavole di pietra fanno la loro comparsa solo in un passo successivo.
Nei capitoli che vanno dal 21 al 31 (undici interi capitoli!), Yahweh
fornisce:
• indicazioni
sulla struttura del santuario nel quale prestare a lui il culto: la
tenda, l’arredamento costituito da vari elementi, le suppellettili,
gli altari, il recinto, le vesti dei sacerdoti, la consacrazione
degli stessi, la designazione degli artigiani che dovranno occuparsi
della realizzazione del tutto.
• Yahweh
ritorna infine a sottolineare l’importanza del riposo sabbatico,
della cessazione da ogni lavoro: un precetto da osservare per sempre,
pena la morte!
Immediatamente
dopo, il versetto 18 del capitolo 31 racconta che, quando ebbe finito
di parlare, diede a Mosè le “due tavole di pietra”. La Bibbia
però non dice quale ne fosse il contenuto; non sappiamo quindi per
il momento quali fossero gli elementi principali dell’intera
normativa di cui l’Elohìm aveva parlato con Mosè sul monte. Certo
queste Tavole di pietra non potevano contenere tutto quell’insieme
di prescrizioni descritte negli undici capitoli che abbiamo qui
sintetizzato.
Ciò
che sappiamo è che Mosè scende dal monte tenendole in mano e non sa
ancora che il popolo non aveva perso tempo: si era immediatamente
dedicato al culto di un altro degli Elohìm, costruendo un vitello
d’oro (un idolo di chiara derivazione egizia) e dimostrando così
che la gelosia di Yahweh – quello che stava diventando il loro
Elohìm – era decisamente motivata!
Preso
dall’ira per questo tradimento, Mosè scaglia a terra le tavole e
le rompe! Evidentemente sapeva di poterne avere delle altre, perché
non riusciamo a pensare che un uomo potesse prendersi la libertà di
spaccare un oggetto tanto importante se fosse stato un dono divino
unico e irripetibile. (…)
Immediatamente
dopo (34,1) l’Elohìm dialoga con Mosè circa le tavole di pietra
che lui ha rotto: Yahweh (stranamente) non se la prende con Mosè per
il suo gesto inconsulto; la rottura delle Tavole non costituisce
evidentemente una questione su cui valga la pena di soffermarsi, per
cui – visto che ha rotto le precedenti – gli dice molto
semplicemente di procurarsi altre due Tavole e che lui provvederà a
riscrivere quanto già aveva scritto la prima volta.
Mosè
risale sul monte il mattino presto portando le nuove Tavole e Yahweh
formula una serie di prescrizioni precedute dalla dichiarazione di
rinnovamento dell’Alleanza (cfr. Es 34,10-26). Dice in sostanza:
“Ecco, io faccio un’alleanza di fronte a tutto il popolo…
compirò prodigi e caccerò i nemici di fronte a te…”.
E
poi comanda a Mosè di osservare quanto lui gli ordina e cioè di:
• «non
contrarre alleanza con gli abitanti del paese»;
• «distruggere
i loro altari, le stele, le immagini, e non adorare i loro dèi»;
• «non
prendere donne del paese per i figli di Israele»;
• «non
fare divinità di metallo fuso»;
• «osservare
la festa degli azzimi nel mese di Abib»;
• «riservare
a Lui tutti i primogeniti maschi; riscattare i primogeniti degli
umani con dei doni»;
• «rispettare
il sabato dopo aver lavorato per sei giorni»;
• «celebrare
la festa delle settimane» (mietitura, raccolto a fine anno…);
• «far
presentare ogni maschio davanti all’Elohìm tre volte all’anno»;
• «non
offrire il sangue della vittima sul pane lievitato e il sacrificio
della Pasqua non dovrà rimanere fino al mattino »
• «donare
al Signore le primizie della terra»;
• «non
far bollire il capretto nel latte di sua madre».
Dopo
avere elencato questi precetti dettagliati, l’Elohìm dice a Mosè
(versetto 27) che queste sono le parole che Yahweh ha fatto scrivere
sulle Tavole perché – afferma egli stesso – è sul fondamento di
queste che è stata costruita l’Alleanza. È quindi questo il
“Decalogo”, per dichiarazione stessa di chi l’ha dettato! Un
decalogo molto poco spirituale e decisamente finalizzato alla
definizione e mantenimento di un rapporto contrattuale: “Io faccio
qualcosa per te se tu fai qualcosa per me”. Un decalogo talmente
pratico che mirava anche alla salvaguardia della salute di un popolo
che viveva in condizioni igieniche estremamente precarie (…)
Quanta
distanza dal Decalogo della tradizione cristiana! (…) Due elenchi
totalmente diversi! E allora chiediamoci: “Le prescrizioni
[originali] potrebbero servire per creare una religione come quella
cristiana? La risposta è semplice: assolutamente no ! (…) Questo
patto ha delle basi molto pratiche; si fonda su norme che poco hanno
a che fare con l’etica comunemente intesa: non ci sono le norme
relative all’uccidere, al rispettare le proprietà o la donna degli
altri… (…)
Non
ci rimane che considerare come i fondatori del Cristianesimo abbiano
stravolto l’ordine di importanza dei precetti. Visto che volevano
creare una religione, hanno dovuto presentare come fondamentali
(scritti sulla pietra) dei comandamenti che loro hanno scelto come
utili alle loro finalità, mentre l’Elohìm riteneva fondamentali
altre norme, molto più concrete e sulle quali difficilmente si
sarebbe potuto costruire un sistema religioso così come viene
comunemente inteso.
Basta
leggere con attenzione i due elenchi per capire la differenza
sostanziale, una differenza che si spiega sapendo che l’Elohìm non
voleva costruire quella religione che invece è stata
artificiosamente ricavata dai testi. Le sue finalità erano ben
altre: definire un patto con un popolo da cui farsi servire in cambio
dell’aiuto per la conquista di un territorio in cui installarsi. I
fondatori del Cristianesimo – potremmo concludere – hanno
deliberatamente oscurato gli scopi dell’Elohìm, sostituendoli con
i loro. >>
MAURO
BIGLINO