Non
è possibile stabilire una data precisa per la nascita
dell’automobile, nel senso che alla sua invenzione contribuirono
diverse persone in un arco di tempo molto lungo.
La
prima automobile in grado di muoversi autonomamente, senza essere
trainata da animali, nasce nel 1769 e si chiama il “Carro di
Cugnot”. Questa strana automobile, in grado di portare un carico di
oltre 4 tonnellate, procedeva lentamente solo per una dozzina di
minuti, raggiungendo una punta di velocità stimata inferiore ai 10
km/h.
Da
allora, come ben sappiamo, sono successe moltissime cose, sia a
livello tecnologico che sociale, compreso (per certi versi) il
passaggio dell’automobile da strumento al nostro servizio, a
“quasi-padrone” delle nostre vite.
Ce
ne parla Marco Pierfranceschi in questo dissacrante articolo tratto
dal suo blog (Mammifero Bipede).
LUMEN
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L’automobile dà dipendenza? La domanda può apparire provocatoria,
ma se mi seguirete nel ragionamento finirete col convenire che la
risposta non può che essere sì. Dipendenza individuale e
collettiva: sul piano del singolo e su quello dell’intera società.
Cominciamo
col definire il concetto di “dipendenza”. Dal punto di vista
farmacologico si instaura una dipendenza quando, attraverso un
processo di assunzione prolungata di una sostanza estranea, un
organismo si modifica al punto da andare in sofferenza quando questa
sostanza gli viene improvvisamente a mancare.
La
sofferenza può essere di natura fisica, come quella prodotta dagli
alcaloidi (molecole che si legano alle cellule nervose
dell’organismo: caffeina, nicotina, morfina, acido lisergico), o di
natura psichica quando l’oggetto della dipendenza venga a colmare
un bisogno psicologico dell’individuo.
L’innesco
classico delle forme di dipendenza è il piacere, motivo per cui
l’individuo procede ad assunzioni ripetute, mentre comportamenti
tipici sono l’uso compulsivo e l’assuefazione, ovvero la
progressiva necessità di aumentare il dosaggio della sostanza.
La
dipendenza individuale dall’automobile si instaura in giovane età,
ed è legata sia al piacere edonistico dell’autoaffermazione
individuale, sia alla possibilità di svolgere in uno spazio
relativamente privato quelle attività sessuali che la cultura
diffusa non consente di svolgere in spazi pubblici.
L’automobile
diventa quindi uno strumento di affermazione dello status sociale
nelle sue diverse forme: al pari dell’abbigliamento le persone
utilizzano l’automobile come veicolo di una narrazione pubblica del
sé. Non stupisce quindi come ciò finisca con l’instaurare un
meccanismo di identificazione psicologica con la propria vettura.
Questo
è rilevabile dal fatto che la maggioranza degli autoveicoli in
commercio non risponde a criteri di mera efficienza, ma al contrario
i fabbricanti concentrino spesso l’appeal del prodotto
sull’estetica e/o su prestazioni spesso non necessarie
all’acquirente finale, quando non del tutto superflue.
Da
un lato abbiamo l’auto sportiva che, almeno nel nostro paese, è da
sempre vissuta con desiderio e bramosia nonostante i costi elevati di
acquisto e manutenzione, le dimensioni sacrificate degli abitacoli, i
consumi spropositati e le velocità di punta inutilmente superiori a
quelle massime consentite sull’intera rete viaria.
Più
recentemente la moda dei SUV ha imposto come status-symbol veicoli
insensatamente pesanti ed ingombranti, oltreché costosi, energivori
e del tutto sovradimensionati per gli utilizzi ai quali si è soliti
destinarli. Il che dimostra come, in una società ideologicamente
basata sul consumo compulsivo, la principale forma di affermazione
individuale debba consistere nel consumare, inutilmente, più degli
altri.
La
dipendenza psicologica dall’automobile e dai suoi “benefici”
(la cui percezione, veicolata da campagne pubblicitarie onnipresenti,
pervasive e martellanti, è di molto ingigantita rispetto a quella
relativa ai danni prodotti) assume diverse gradazioni, laddove il
livello base si esprime con l’affermazione classica (ed
apodittica): “dell’automobile non si può fare a meno”.
Le
forme via via più gravi si caratterizzano con un’attenzione
feticistica all’oggetto del desiderio, con la partecipazione
emotiva a discipline pseudo-sportive basate sulla guida di
autoveicoli, coi pomeriggi passati a lavare a mano l’automobile e
tirarla a lucido, con l’acquisto di accessoristica ‘customizzata’
di nessuna reale utilità, con la progressiva cancellazione
dall’immaginario personale di ogni possibile forma di trasporto
alternativo, con un’attenzione maniacale al mercato
dell’automobile, alle marche, ai modelli, alle prestazioni.
Questa
dipendenza individuale dall’oggetto automobile in quanto proiezione
di sé e della propria identità, non essendo pubblicamente
disapprovata ma, al contrario, socialmente accettata e financo
incoraggiata (grazie alla quantità ingente di denaro e domanda di
manodopera messi in movimento dal mercato dell’auto), ha finito col
produrre una deformazione irrecuperabile nell’intera struttura
sociale e ancor più nell’organizzazione delle attività
individuali e nella sistemazione degli spazi urbani. (…)
Appare
evidente come la scelta di adottare l’automobile privata come
principale mezzo di spostamento, ed il conseguente progressivo
declino delle forme di trasporto collettive ben più efficaci sotto
il profilo dei consumi energetici, dell’occupazione di suolo
pubblico, della qualità dell’aria e della vivibilità degli spazi
urbani, abbia prodotto un adattamento dell’organismo sociale alla
“sostanza estranea” tale che una riduzione del dosaggio, o una
totale e drastica eliminazione, darà inevitabilmente luogo ad una
“crisi d’astinenza” dagli effetti imprevedibili e
potenzialmente devastanti. >>
MARCO
PIERFRANCESCHI
E fai bene.
RispondiEliminaIo l'auto ce l'ho, per una serie di motivi, ma è una piccola utilitaria e non faccio più di 1.000 km all'anno.
Poi uso moltissimo i mezzi pubblici.
Fino ad un certo punto.
RispondiEliminaSe sei inserito in un nucleo famigliare è ovvio che non puoi comportarti come un eremita che decide solo per sè. Devi trovare dei compromessi.
Tutta la nostra vita sociale è una rete di compromessi.
Nel caso mio, il compromesso automobilistico è molto semplice: io odio guidare per cui, se fosse per me, l'auto resterebbe sempre in garage.
RispondiEliminaPerò, se un mio famigliare ne ha bisogno (caso comunque raro), lo accompagno.
Odi guidare? A me è sempre piaciuto. Ciò che odio è il traffico, le code. Ma guidare è piacevole e ti permette di arrivare in posti difficilmente raggiungibili, come per es. la Sacra di S. Michele ad Avigliana (dalle tue parti!). Comunque l'automobile è un problema, è vero (produzione, inquinamento, ampliamento della rete stradale con conseguente aumento del traffico, consumo di petrolio, uso inconsulto del mezzo, specie in Italia, uno dei paesi più motorizzati del mondo). Ma finché ne ho una anch'io non posso fare il moralista. Trovo Gaia ammirevole per la sua coerenza (rifiuta persino dei passaggi). Lorenzo non so perché non ha l'automobile. Io comunque la uso ormai soltanto per andare a fare la spesa (centro commerciale a 5 km) e dal medico. Insomma, non intralcio il traffico, eppure lo stesso macino 7-8000 km all'anno. Per tre anni non ho avuto la macchina e tornavo dal centro commerciale con 20-25 kg di roba sul groppone, con in più una salita micidiale fino a casa mia. Non so come ho fatto e sono contento di avere di nuovo un'automobile (poi ho anche una certa età).
RispondiEliminaCaro Sergio, l'importante è che l'automobile resti un semplice strumento al nostro servizio, da usare con parsimonia, e non diventi mai il nostro padrone.
EliminaCome (quasi) sempre, è la misura che fa la differenza.
L'automobile è un artefatto tecnologico, quindi in quanto tale è né buona nè cattiva: dipende dall'uso che se ne fa. E' stato soprattutto il peso politico della grande industria automobilistica e di quella petrolifera a indurre i decisori pubblici a privilegiare il trasporto su gomma rispetto (ad es.) a quello su rotaia, con le ben note conseguenze (non solo) ambientali delineate anche nell'Art.lo qui riportato. L'auto elettrica (peraltro comparsa x la prima volta ben un secolo fa ca. negli Stati Uniti e da allora mai definitivamente "sdoganata") e la 'self driving car' potrebbero a breve-medio termine modificare radicalmente l'attuale scenario... Saluti
RispondiEliminaIn effetti la trazione elettrica e l'auto senza guidatore potrebbero sicuramente migliorare la situazione attuale, magari anche riunite tra loro in un nuovo paradigma di mobilità.
EliminaI cui limiti tecnologici ci aiuterebbero a superare il vecchio mito futurista della velocità e della potenza fini a se stesse.