venerdì 3 maggio 2019

I limiti della demografia

Torno a parlare di demografia con un pezzo di Giulio Meotti (tratto dal sito OPACT), con il quale mi trovo in parziale disaccordo, per i motivi che troverete esposti nel breve poscritto. La lettura comunque è molto interessante. 
LUMEN


<< “Negli Stati Uniti costa 12 mila dollari avere un bambino, in Finlandia 60”, ha twittato qualche giorno fa Bernie Sanders, la vecchia nuova speranza della sinistra americana, nel perorare la causa del socialismo negli Stati Uniti. Quando una donna in Finlandia aspetta un figlio la Kela, l’ente pubblico di previdenza sociale, le invia a casa una grande scatola con vestitini, calze, lenzuola, il set per l’igiene del bambino, un materasso e un libro. Si chiama äitiyspakkaus (“corredo da neonato” in finlandese).

La Finlandia è il paese più felice secondo l’Onu, il paese con la minor corruzione, il paese più stabile, il paese più sicuro, il paese meglio governato, il secondo paese più progressista, il terzo paese più socialmente giusto, il paese col sistema giudiziario più indipendente, il paese con le banche più solide, il paese i cui cittadini godono dei più alti livelli di libertà personale, il terzo paese per parità di genere, il paese i cui figli si sentono più sicuri, il secondo paese dove i ragazzi leggono di più , il paese più alfabetizzato, il paese col più basso tasso di mortalità materna. Ha ragione Sanders: come non ammirare e invidiare un paese dove si nasce gratis e che Us News ha incoronato “il miglior paese al mondo dove allevare dei figli”? (…)

Prototipo della società moderna, illuminata, senza corrosive identità culturali, il modello finlandese è considerato cosi perfetto da essere irraggiungibile per gli altri. Il problema è che in Finlandia non si nasce più. I bambini sono diventati merce rarissima. E la denatalità ha messo in crisi quel paradiso di sviluppo ed equal opportunities. (…) Il segreto, ha detto il romanziere Sirpa Kähkönen, è nella parola talkoo, che significa “lavorare insieme, collettivamente, per un bene specifico, in maniera uguale”. Se c’è un modello di società creata dagli intellettuali quella è la Finlandia. (…) Dall’indipendenza, quasi il 30 per cento dei capi di stato e degli uomini di governo finlandesi, tra cui la metà dei primi ministri, sono stati professori universitari.

Ma la patria del progresso sembra non avere futuro, a causa di una drammatica crisi demografica. (…) La Finlandia ha una delle popolazioni che invecchia più rapidamente al mondo. Tra i paesi ricchi e industrializzati, solo il Giappone e la Corea del Sud hanno avuto negli ultimi anni un aumento maggiore di vecchi rispetto alla Finlandia. (…) Le prime avvisaglie finlandesi si ebbero due anni fa, quando secondo i dati dell’Ufficio statistico federale il piccolo paese nordico vide il suo tasso di mortalità eclissare il tasso di natalità per la prima volta dal 1940. Quell’anno, 52.645 bambini vennero alla luce e 53.629 persone passarono a miglior vita. Fu uno choc, in un paese sostanzialmente al riparo dai grandi flussi migratori che, ad esempio in Italia, da vent’anni mascherano il collasso demografico in corso.

Mentre le persone con più di 85 anni rappresentavano solo l’1,5 per cento della popolazione finlandese nel 2000, oggi sono il 2,7 per cento e nel 2070 si prevede che saranno il 9 per cento. La Finlandia ha discusso su cosa fare riguardo ai suoi problemi demografici da vent’anni, spingendo per le riforme del sistema sanitario, dell’assistenza sociale e delle pensioni. “La Finlandia è un paese razionale, è qualcosa che abbiamo preso molto seriamente, come non avviene nella maggior parte dei paesi”, ha detto al Financial Times Ilkka Kaukoranta, capo economista della confederazione sindacale finlandese.

Ma il tasso di natalità in Finlandia continua a scendere e ha raggiunto il livello più basso in 148 anni. L’economista di Aktia Bank, Heidi Schauman, ha descritto le statistiche come “spaventose”, affermando che la tendenza è una condanna a morte per un paese con un welfare state generoso. La Finlandia ha avvertito all’inizio di quest’anno che il numero delle nascite potrebbe non superare la soglia dei 50 mila per la prima volta da quando il paese ha sperimentato le famose carestie tra il 1866 e il 1868. Fu l’ultima grande carestia per cause naturali che abbia colpito l’Europa. Il quindici per cento dell’intera popolazione finlandese morì e nelle aree più duramente colpite si arrivò a punte del venti per cento.

Ma a quel tempo la Finlandia aveva due milioni di abitanti, contro i cinque milioni e mezzo di oggi. Il governo finlandese – coalizione a tre partiti – è crollato lo scorso mese per la sua incapacità di approvare riforme del settore sanitario e delle amministrazioni locali prima delle elezioni del 14 aprile. Per l’Europa, la Finlandia è un avvertimento sui problemi politici intrattabili che ci attendono tutti. La popolazione finlandese sta invecchiando più velocemente di qualsiasi altro paese europeo, anche se Germania e Italia avranno picchi più alti di persone anziane (…).

Se non in Finlandia, paradiso del welfare, dell’assistenza alla maternità, della parità di genere assoluta, i bambini dove dovrebbero nascere? Il caso finlandese inoltre sconfessa valanghe di saggi e articolesse su come, per risollevare una natalità in caduta libera, serve più welfare. Helsinki si vantava da anni di avere le più generose offerte europee in termini di asili nido e assegni di congedo parentale. La lezione dalla Finlandia potrebbe essere che il tentativo di rendere sostenibili costi sanitari e di assistenza agli anziani comporta scelte politiche che pochi governi sono disposti a fare, sollevando interrogativi sulla crescita economica a lungo termine e sulla salute delle finanze pubbliche per governi sempre più a corto respiro in Europa.

Mentre in Italia il reddito di cittadinanza (…) doveva ancora passare al vaglio del Parlamento, la Finlandia lo archiviava, dopo essere stata la prima ad adottarlo due anni fa. Scarsi i risultati di incentivo economico, troppo forte il peso su un già massiccio welfare state. Neppure rompere l’omertà attorno alla decimazione demografica all’orizzonte – che regna ad esempio in Italia – ha aiutato in Finlandia. “In termini europei ci siamo preparati presto”, afferma Marja Vaarama, professoressa di Servizi sociali presso l’Università della Finlandia orientale.

I finlandesi, con il loro rigorismo e razionalismo protestanti, hanno guardato in faccia la gorgone demografica. Come un funzionario dell’Eurozona ha osservato conversando con il Financial Times, “se voglio deprimermi penso a quello di cui non stiamo parlando affatto: il ticchettio della bomba a orologeria demografica”.

Gli over 65enni in Finlandia hanno superato gli under 14 e nel 2070 si prevede che saranno circa un terzo della popolazione. La Finlandia è la società più omogenea d’Europa. Per questo la denatalità minaccia il futuro. Proprio come in un altro paese omogeneo, il Giappone. (…) Secondo l’Istituto nazionale per la popolazione e la sicurezza sociale del Giappone, entro il 2040, la maggior parte delle città più piccole del paese vedrà un calo drammatico da un terzo alla metà della loro popolazione. (…) La popolazione complessiva del Giappone di 126 milioni è prevista che scenda ad 80 milioni nei prossimi tre decenni. Quando la popolazione cade a 80 milioni, circa 35 milioni di persone avranno più di 65 anni. >>

GIULIO MEOTTI


POSCRITTO
Povera demografia, quante imprecisioni, quanti errori di prospettiva si commettono in tuo nome !
Intendiamoci: l’articolo è interessante, chiaro e documentato, e non si può certo dire che l’autore abbia torto.
Ma le sue argomentazioni, purtroppo, sono fortemente parziali, e raccontano solo un aspetto della questione.
In particolare, l’autore dimentica che il problema della popolazione ha subito negli ultimi decenni un significativo salto di qualità, passando da una logica ‘locale’, cioè interna ad ogni singola nazione, ad una logica ‘globale’, che – tramite i flussi migratori di massa - coinvolge ormai tutto il mondo.
Di questo non c’è traccia nell’articolo ed è un vero peccato.
Certo, se ci si concentra ad esaminare il problema demografico secondo una logica nazionale, non c’è dubbio che lo status migliore è quello di un modesto, ma costante, aumento della popolazione, perché l’economia e la società funzionano meglio con una tendenza simile.
Questo aumento graduale, infatti, rappresenta un ottimo equilibrio contro gli eccessi opposti, ovvero da un lato la tragedia dello ‘youth bulge’, che destabilizza la società con una percentuale eccessiva di giovani irrequieti, e dall’altro la grigia involuzione di un invecchiamento eccessivo, non compensato dalle nuove nascite.
Ma anche così la situazione non sarebbe comunque stabile, perché, dopo un certo periodo di crescita, modesta ma costante, il territorio diventerebbe ugualmente sovraffollato, con tutte le conseguenze del caso.
Senonché adesso, come abbiamo detto, il problema è diventato globale e non può più essere affrontato a livello di singole nazioni, ma solo dal pianeta intero.
Ed allora le prospettive sono ancora più fosche, perché la Terra avrebbe bisogno di una robusta decrescita della popolazione complessiva, mentre noi stiamo seguendo la strada sbagliata, secondo la logica (implicita) dell’articolo di cui sopra.
Una logica che, invece, dovrebbe essere rovesciata e dimostrare che l’attuale tendenza demografica della Finlandia e del Giappone, lungi dal sollevare le solite lamentazioni, andrebbe semmai portata come esempio.
Ma, in tal caso, troppe cose andrebbero ripensate, ed è evidente che non siamo pronti a pagare il prezzo immediato della decrescita in cambio di un futuro più sostenibile.
LUMEN

25 commenti:

  1. Il tasso di sostituzione della natalità è 2,1%. Finlandia, Giappone e Italia sono ben al di sotto di questo tasso (mi sembrava che l'Italia fosse addirittura il fanalino di coda mondiale, 1,3-1,4%). Con tassi così bassi non è che la popolazione cali gradualmente: a un certo punto c'è un crollo per l'alto numero di anziani che prima o poi passano a miglior vita lasciando vuoti ... incolmabili. Questo è davvero un problema perché un calo graduale non porrebbe molti problemi, almeno nel breve periodo. Ci sarebbe il tempo per ripensare lo sviluppo demografico ed apportare alcune correzioni. Comunque la popolazione mondiale continua a crescere a ritmi forsennati, al ritmo di 1 miliardo di persone ogni 10-12 anni, tanto che le stime per metà e fine secolo sono ormai sempre al rialzo (invece dei 9 miliardi previsti per il 2100 saremo verosimilmente già 10 nel 2050). Ed eravamo 3 miliardi appena quarant'anni fa. Per fortuna che i Cinesi adottarono la politica del figlio unico, se no saremmo parecchi di più già ora. La Cina ha ripudiato quella politica, attuata anche con misure draconiane, perché nel frattempo si è sviluppata e punta alla crescita. E la demografia favorisce la crescita economica e anche militare: la Cina si avvia a diventare la prima economia mondiale e forse anche militare. Purtroppo per la Cina i Cinesi hanno preso gusto al consumo e troppi figli non ne vogliono più nemmeno loro, considerato quello che i figli oggi costano.
    Nessuno può dire con esattezza quanti esseri umani può nutrire la terra nel lungo periodo. Come dicono molti, a cominciare dalla Chiesa, c'è o ci sarebbe da mangiare per tutti (e da bere?), si tratta solo di ridistribuire equamente le risorse. Certo, come no! Il governo mondiale prossimo venturo provvederà alla distribuzione equa e solidale del cibo (e l'acqua? Come portare l'acqua nel deserto?). Il fatto è che tutti questi miliardi di esseri umani vogliono consumare a tutto spiano, non si accontentano più di pane e giochi.
    Non so se è vero, non sono un esperto, ma i nostri governanti (non Pinchi Pallini qualsiasi) dicono che se tutti volessero consumare all'americana o anche all'italiana ci vorrebbero parecchi pianeti in più (c'è chi dice "solo" 1,5 pianeti, altri parlano di 2 o 3 pianeti in più). Difficile dire, a chi credere? Comunque bisognerà rifornire tutta questa gente almeno dei beni indispensabili (acqua, cibo, casa, istruzione, sanità e persino ... lavoro - perché senza lavoro o un'occupazione la gente impazzisce, lo dice persino il papa: il lavoro dà dignità, senza non si è nessuno. Già: "Arbeit macht frei".
    Se non si può dire con esattezza quanti esseri umani può nutrire a lungo la terra (se mangiamo tutti cavallette o schifezze varie magari c'è posto anche per 100 miliardi di persone) possiamo però sentire già adesso che qualcosa non va. Giovanni Sartori diceva che la terra non può sopportare a lungo 6 miliardi di persone. Sartori non era un demografo, la sua era dunque solo un'opinione, ma credo che ci azzeccasse. Più siamo meglio è, dicono alcuni.
    Io invece penso che meno siamo più si sta larghi e comodi. Mi raccomando, nessuno venga a dire che voglio sterminare tre quarti della popolazione mondiale attuale. Chi c'è c'è, auguri. Ma perché dobbiamo moltiplicarci all'infinito stando sempre più stretti e alla fine scannandoci per accaparrarci le risorse?

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    1. << Io invece penso che meno siamo più si sta larghi e comodi. Mi raccomando, nessuno venga a dire che voglio sterminare tre quarti della popolazione mondiale attuale. >>

      Ma infatti, caro Sergio, non si tratta di sterminare nessuno.
      Se partiamo dagli attuali tassi di natalità dei paesi più "sfortunati", di cui tu parlavi all'inizio del commento, ecco che il problema si risolve da solo in tempi abbastanza ragionevoli.

      Non è poi così difficile, basta considerare una certa tendenza come positiva anzichè negativa.
      E' quindi, incredibili dictu, un problema più di scelte culturali che di limiti tecnico-scientifici.
      Ma forse la cultura è meno malleabile della tecnologia.

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  2. Tutti si chiedono perché gli Italiani non abbiano e non vogliano più tanti figli, al massimo uno o due. Ma non solo gli Italiani, anche Giapponesi, Americani, Australiani ecc., cioè gli abitanti del primo mondo hanno pochi figli (i figli non si fanno, si hanno: persino i preti usano questo linguaggio volgare, "gli italiani non fanno più figli"). Più che la pillola il colpo quasi mortale alla natalità l'ha inferto il boom economico del dopoguerra. Cinquecento e consumi hanno fatto scoprire agli Italiani la dolce vita o almeno una vita più decente e magari anche soddisfacente. Pasolini parlava persino di mutazione antropologica dovuta al consumismo. Ormai la gente vuole solo quello: consumare e fottere (donne e uomini, ci sono sempre più donne colte che considerano la gravidanza una corvée, una scocciatura, preferiscono la carriera, i consumi e fottere). Lessi una volta che anche i Romani della decadenza cercavano di evitare la scocciatura dei figli. Il benessere e la rilassatezza dei costumi sembrano favorire il calo della natalità (alla fine i Romani dovevano arruolare i barbari).
    Siamo bombardati tutti i giorni dalla pubblicità che ci invita a consumare. I risparmiatori sono considerati ormai dei sovversivi, dei delinquenti. Se la gente non consuma, acquistando anche cose inutili, è crisi nera. Ma per acquistare bisogna avere soldi, tanti soldi, e i figli costano oggi un accidente.
    Quindi la gente ha logicamente meno figli, visto che i consumi sono irrinunciabili. "I soldi sono sexy" dice Ferrara che poi si lamenta se si eliminano gli embrioni per consumare di più.

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    1. Caro Sergio, le cause del calo della fertilità per coppia sono molteplici e gli esperti le hanno sicuramente già sviscerate in tutti i loro aspetti.
      La principale però, a mio modesto avviso, resta l'abitudine, ormai universalmente diffusa in occidente, del lavoro fuori casa della madre.
      Tra mancanza di tempo, stress da lavoro e costi aggiuntivi, una volta fatto il primo figlio (come da irrinunciabile istinto primario) si perde rapidamente la voglia di farne altri.

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    2. Il limite della demografia - a mio avviso - è che appare totalmente scollegata dai problemi dell'ambiente e dell'ecologia.
      Analizza cioè i flussi storici e dà per scontato che i meccanismi (positivi) che hanno funzionato nel passato continueranno a farlo anche in futuro.
      Invece la Terra è "finita" e vi sono pertanto dei limiti ultimi, globali, che non possono essere superati neppure dalla specie umana.

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  3. "La gente non vive, quindi non ha figli." Interessante, magari anche vero. Però i ricchi (per es. Berlusconi) di figli ne hanno a bizzeffe. Molti figli hanno anche i poveracci (meno in Italia, più in Africa). Mi sembrano contraddizioni. I ricchi, che consumano molto e quindi "non vivono" di figli ne hanno un sacco. E i poveri Africani che i consumi se li sognano (perciò prendono d'assalto l'Italia e l'Europa) di figli ne hanno a carrette. Mah!
    Ma il punto secondo me è un altro: quanti ne può nutrire la terra, e a lungo? E che vita è vivere come sardine? Di lavoro non ce n'è, ce ne sarà sempre meno anche a causa della robotizzazione. Che faranno dieci o venti miliardi di umanoidi? Una persona tutto sommato intelligente come Margherita Hack, almeno nel suo campo, pensava senza scherzi alla colonizzazione di Marte per ovviare all'esplosione demografica. Su Marte ci andremo di sicuro, ma non certo per trasferirvi una parte dell'umanità (irrealizzabile nel breve e medio periodo e penso anche nel lungo).
    Intanto fra dieci - dodici anni ci sarà un altro miliardo di consumatori. Allegria, io speriamo che me la cavo.
    Vedo che il numero non fa impressione al signor Cesi. Più siamo meglio è? Più scambi, più invenzioni, più opportunità, più viaggi, consumi, più sesso ecc.
    Mah! Io non ho lo scemofono e non ho mai posseduto nemmeno un cellulare per il semplice motivo che non ne avevo e non ne ho bisogno, non certo per snobismo. Non prendo nemmeno l'aereo, non viaggio, consumo il necessario o poco più. Sì, ammetto, dispongo di 86 metri quadrati di superficie abitativa mentre la media è di 35-40 a testa qui in Svizzera. E mi sono pure comprato la macchina (la vecchia non ce la faceva più dopo vent'anni, si fermava sempre, mannaggia). Insomma, la mia impronta ecologica è di molto superiore alla media. Ma c'è chi dice che l'impronta ecologica è una scemenza (per es. il cattolico Ettore Gotti Tedeschi, quello licenziato da Bergoglio, che ha cinque figli da una sola donna - l'ha detto lui, è uno che crede nell'indissolubilità del matrimonio, al contrario di Mosè che ammise il divorzio - ma poi il Figlio di Dio alias Gesù ristabilì l'ordine antico - c'è scritto nella mia Bibbia Marietti anni Sessanta).

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  4. Una notiziola che può forse interessare. Ho mandato l'articolo sulla Finlandia a Leena Hästbacka, una vecchia amica finlandese. Mi sarebbe piaciuto sapere cosa ne pensasse. Niente, non ha nemmeno abbozzato, che delusione. È pure psicologa (è pensionata, e per integrare le entrate insegna il finlandese ai negri, sono arrivati pure lassù, un paese orribile, se ti fermi un attimo nel bosco per pisciare sei assalito dalle zanzare, anche di giorno). Ma quando le ho detto che facevo il tifo per i Veri Finlandesi, i Democratici svedesi, Orban e Salvini - le è passato l'appetito. Mi ha anche detto che in Finlandia sono tutti scontenti benché sia - a credere all'articolo - un paese modello sotto tutti gli aspetti (a parte la demografia). Che mondo di pazzi. L'asteroide è l'unico rimedio.

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    1. << mi ha anche detto che in Finlandia sono tutti scontenti >>

      Caro Sergio, gli uomini sono sempre scontenti, tutti, indistintamente, non solo i finlandesi.
      E' la nostra condanna ancestrale ed irreversibile, il prezzo da pagare per il nostro primato come specie.
      Una sorta di 'peccato originale' genetico, che ci opprime e ci tormenta da sempre (e per il quale non verrà nessuna divinità a salvarci).

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    2. Dici? Io non credo, non voglio credere che tutti siano scontenti, condannati ad esserlo. A volte o spesso insoddisfatti, desiderosi di cambiare, migliorare le proprie condizioni di vita, questo sì. Ma proprio eternamente scontenti "per natura" non voglio crederci.
      "Dev'esserci, lo sento, in terra, in cielo o un posto
      Dove non soffriremo e tutto sarà giusto."
      (Guccini, Cirano)

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  5. "La "scontentezza" è l'attitudine di chi non ha un problema al mondo."

    Una piccola grande verità.

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    1. Sono d'accordo, ma pare che sia un problema totalmente nostro, cioè umano.

      Diceva il buon Leopardi:

      << O greggia mia che posi, oh te beata,
      Che la miseria tua, credo, non sai!
      Quanta invidia ti porto!
      Non sol perchè d'affanno
      Quasi libera vai;
      Ch'ogni stento, ogni danno,
      Ogni estremo timor subito scordi;
      Ma più perchè giammai tedio non provi.
      Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
      Tu se' queta e contenta;
      E gran parte dell'anno
      Senza noia consumi in quello stato.
      Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
      E un fastidio m'ingombra
      La mente, ed uno spron quasi mi punge
      Sì che, sedendo, più che mai son lunge
      Da trovar pace o loco. >>

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    2. Il contino Leopardi si annoia a morte proprio perché non è punto dalla necessità di procurarsi il necessario per vivere. Lo dice anche chiaramente in una poesia che loro, i ricchi o benestanti, sono esentati dalla dura fatica di lavorare, il che ha un risvolto negativo, mentre i lavoratori quasi sicuramente non si annoiavano (piuttosto si dannavano per rifornire i padroni).
      Leopardi era però uno spirito democratico e cercò poi di guadagnarsi la vita coi suoi scritti, ma con scarsa fortuna. Per fortuna sua quella spilorcia di sua madre acconsentì a concedergli un regolare assegno (che Ranieri incamerava). In casa Leopardi comandava Adelaide, non Monaldo. A un certo punto, scocciata dalle eterne gravidanze, non ebbe più rapporti intimi col marito, penso con la benedizione del confessore (Adelaide era religiosissima). Eppure allora sottrarsi al "dovere coniugale" era colpa grave secondo la morale cattolica (induceva il coniuge al peccato!).

      I problemi "veri" scacciano la noia e lo scontento. O anche un compito, una "missione". Peppino de Filippo, barbiere, ammonisce Totò che vuole essere assunto da lui ma combina solo guai: no, così non va, devi capire che la nostra è una missione (quella del barbiere).
      Se hai una missione sei importante, devi darti da fare e non ti annoi.
      Nemmeno i nostri missionari in Africa si annoiavano (vedi anche la posizione del missionario).

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    3. << Nemmeno i nostri missionari in Africa si annoiavano (vedi anche la posizione del missionario). >>

      Ecco, su questo punto ti confesso di non avere le idee molto chiare.
      I nostri missionari si limitavano ad insegnare la corretta posizione o la praticavano anche, tanto per dare il buon esempio (eh, eh, eh..) ?

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  6. Dallo Zibaldone di Leopardi:

    "«La patria moderna dev' essere abbastanza grande, ma non tanto che la comunione d' interessi non vi si possa trovare, come chi ci volesse dare per patria l' Europa. La propria nazione, coi suoi confini segnati dalla natura, è la società che ci conviene. E conchiudo che senza amor nazionale non si dà virtù grande».

    L'Internazionale comunista invece canta: la mia patria è il mondo intero. Uno di Canicattì che non sa nemmeno l'italiano deve sentirsi cosmopolita.
    Universali devono essere soltanto i diritti umani. A proposito: quali sono i diritti umani? (precisare, prego: ormai ogni desiderio è considerato un diritto umano). Diritto alla vita, al cibo, all'acqua, alla salute, al lavoro, all'istruzione permanente ecc. ecc. Anche al sesso giusto, non quello che la natura matrigna mi ha rifilato? Il signor Guadagno, in arte Luxuria, si sente donna ed esige il cambio di sesso (diritto umano). Pagare il conto, prego.
    Provata a chiedere a un prete i dieci comandamenti. Lo mettete in difficoltà, non se li ricorda tutti, poverino. I diritti umani devono essere più di dieci.

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    1. I diritti umani sono poco più di una favola per anime belle.
      L'unico vero diritto umano che mi viene in mente, e che è probabilmente alla base di tutta la convivenza, è quella della reciprocità.
      Se io mi impegno a non fare a te certe cose (ucciderti, ridurti in schiavitù, ecc.), posso ragionevolmente pretendere che tu non faccia le stesse cose a me.
      Ma ci vuole comunque un sistema sanzionatorio super partes (statuale o simile).
      In natura, come dici giustamente tu, non esistono diritti.

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  7. Spigolature

    Karl Marx, Il Manifesto (1848):

    «All' antico isolamento nazionale subentrerà una interdipendenza universale».
    La globalizzazione.

    Leopardi (Zibaldone, 1837):

    «Quando tutto il mondo fu cittadino Romano, Roma non ebbe più cittadini; e quando cittadino Romano fu lo stesso che Cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo (...) e quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu patria di nessuno e i cittadini Romani, avendo per patria il mondo, non ebbero nessuna patria».
    Parole di quasi due secoli fa ancora attualissime (classici for ever). Strano che Leopardi stia sui santissimi a Lorenzo.

    Tremonti (Le tre profezie, 2019 - manifesto sovranista):

    Per fare politica, Tremonti cita Platone, «devi conoscere la struttura della nave, l' equipaggio, i fondali, le correnti, i venti, le stelle. E poi devi avere anche un' idea della rotta da seguire»: la stella polare è la nostra civiltà, che è fondata sul pensiero illuminista e ha le sue radici del pensiero romantico.

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  8. Lumen batte Meotti 3-0: quello demografico è uno dei classici problemi che (oggi più che mai) NON possono (NON devono) essere affrontati secondo una miope "logica" nazionale, clericale e antiscientifica ottocentesca, pena i disastri ambientali e sociali cui si sta effettivamente andando incontro e che (sic stantibus rebus) sono destinati ad aumentare in maniera proporzionale... Saluti

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    1. Grazie Claude, i complimenti fanno sempre piacere.

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  9. Caro Lumen,

    sono andato a rileggermi il tuo poscritto all'articolo di Meotti. Certo condivisibile, del resto la pensiamo più o meno allo stesso modo in materia.
    Ma questo passaggio mi lascia perplesso:
    "In particolare, l’autore dimentica che il problema della popolazione ha subito negli ultimi decenni un significativo salto di qualità, passando da una logica ‘locale’, cioè interna ad ogni singola nazione, ad una logica ‘globale’, che – tramite i flussi migratori di massa - coinvolge ormai tutto il mondo."

    E dunque, concretamente? Cosa si deve o si dovrebbe fare? E chi deve dettare il da farsi? L'ONU, un governo mondiale (al momento impensabile), magari il papa (che ha malgrado tutto ancora un certo seguito)? In questi giorni abbiamo appreso che sono a rischio di estinzione non so quante specie vegetali e animali (tra cui gli insetti che secondo alcuni dovrebbero rappresentare l'alternativa dietetica per tutti). Nessuno, veramente nessuno ha osato anche solo accennare a quello che per noi è evidente come possibile causa: l'esplosione demografica. Sembra essere un tabù mentre in effetti il primo mondo ha applicato da decenni la politica del figlio unico cinese, anzi di nessun figlio, SENZA ALCUNA COSTRIZIONE. Il benessere e i consumi hanno fatto passare la voglia della famiglia numerosa, tanto che adesso si parla d'inverno demografico (in Italia, Finlandia, Giappone e anche altrove nel primo mondo). Sappiamo che il benessere è il migliore contraccettivo, ma il tempo stringe. Qualcuno dovrebbe avere il coraggio di dire agli Africani, ma anche agli Asiatici e Indiani, di darsi una regolata in fatto di demografia. Ma puoi immaginare le reazioni di queste regioni del mondo alla raccomandazione di disincentivare le nascite. Come minimo ti darebbero del razzista, del colonialista e ovviamente anche del fascista. Direbbero che sono cazzi loro e hanno tutto il diritto di aspirare a un benessere simile al nostro e anche d'invaderci se necessario, anche per il cambiamento del clima o catastrofi naturali. Il papa dice che hanno ragione d'invaderci, ovvero che noi abbiamo il dovere morale di accoglierli. Basterebbe una sua parola per porre rimedio all'andazzo. Il Dalai Lama è per la limitazione delle nascite, siamo troppi, ma non ha l'autorità o il seguito del papa. Bergoglio, che è un chiacchierone, disse una volta a una donna in attesa dell'ottavo figlio che non bisogna per forza moltiplicarsi come i conigli. Un'uscita sorprendente che suscitò parecchio imbarazzo fra i credenti e persino i rimbrotti di Giuliano Ferrara ("questo è un discorso da sociologo da strapazzo").
    Mah, possiamo anche chiudere il discorso sulla demografia, non occuparcene o non prendercela più, tanto sarà quel che sarà, non possiamo farci niente.


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    1. << possiamo anche chiudere il discorso sulla demografia, non occuparcene o non prendercela più, tanto sarà quel che sarà, non possiamo farci niente. >>

      Caro Sergio,
      penso anche io che non possiamo fare molto (direi nulla, a livello di singoli cittadini) per risolvere il problema della sovrappopolazione, ma credo che sia giusto (o anche solo interessante) continuare a parlarne.

      L'ultimo post, assolutamente spettacolare, di Gaia Baracetti parla proprio di questo argomento ed anche io, si parva licet, ho intenzione di dedicare alla demografia (vista in un'altra prospettiva) anche il prossimo pezzo.

      Non servirà a nulla, tutto questo, e magari finirà anche per deprimerci un poco, ma, in fondo, la vita è piena di queste cose.

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  10. "Che cosa si deve o dovrebbe fare? E chi deve dettare il da farsi?"

    Indubbiamente il ruolo dell'O.N.U. potrebbe/dovrebbe essere potenziato e quindi assumere una centralità su temi strutturalmente inter/trans-nazionali come quello demografico (ad es. tramite il rilancio delle periodiche Conferenze mondiali su Demografia & Sviluppo tenutesi a scadenza decennale dal 1974 al '94), ma potrebbe risultare decisiva anche una maggiore/migliore integrazione a livello continentale (in primis: europeo) di tipo federale o almeno confederale, non-confessionale e ampiamente aperto al moderno pensiero filosofico-scientifico: in tale quadro, peraltro sicuramente di non facile nè rapida implementazione, ad es. quei Paesi "sovranisti" che a tutt'oggi non intendono in alcun modo partecipare ad un'equa redistribuzione del carico migratorio giunto nell'area euro-mediterranea dall'Africa settentrionale & subsahariana e dal Medio-Vicino Oriente dovrebbero modificare il proprio atteggiamento, pena la condanna a pesanti sanzioni...

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    1. Le cose da fare, volendo sintetizzare al massimo, sono sostanzialmnte due.

      Per i paesi che hanno una tendenza naturale alla riduzione del tasso di fertilità, si tratta semplicmente di contnuare così (e non è difficile).

      Per gli altri paesi, si tratta di copiare i meccanismi dei primi, magari anche sotto la pressione delle istituzioni internazionali, che dovrebbero condizionare i loro aiuti al perseguimento di questi obbiettivi.
      Anche questa è una cosa fattibile, ma, purtroppo, assai più difficile.

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  11. Il diritto di migrare sarà pure un diritto umano, ma chi migra deve trovare anche un paese che lo accoglie, disposto ad accoglierlo. E se non lo trova se ne torna a casa sua, nel paese di cui ha la cittadinanza che non può essere revocata. Una caso a parte sono i rifugiati e i perseguitati politici. Questa è stata finora la prassi che adesso si vuole stravolgere finendo nel caos e nell'anarchia. Io vivo da oltre sessant'anni in un paese straniero che mi ha accolto, ma non mi concede la cittadinanza o i diritti politici, non posso votare, sono solo spettatore. Ho accettato questo stato di cose, si vede che mi andava bene così, in fondo vivo nel paese più ricco del mondo, ordinato, tranquillo (magari noioso, ma pazienza). Se considerassi questo stato di cittadino di serie B sommamente ingiusto potrei andarmene: potrei tornare in Italia, che deve accogliermi perché ho la cittadinanza, o cercarmi un altro paese disposto ad accogliermi (credo che gli Australiani, sovrani e non considerati razzisti e fascisti, avrebbero qualche remora).
    Quello che sta avvenendo nel Meditarraneo già da molti anni è un'invasione, pochi hanno il diritto alla protezione e all'asilo in base alle convenzioni internazionali (i rifugiati non hanno diritto all'asilo, ma solo alla protezione temporanea). Ed è solo un'avvisaglia di quello che potrebbe succedere se l'andazzo continuasse: sono milioni, mi-lio-ni, gli Africani e altri "dannati della Terra" (Franz Fanon) che aspirano a una vita migliore. Quanti ne possiamo accogliere e assicurare loro una vita decente se già milioni di Italiani sono disoccupati e campano a stento? L'invasione o l'assalto alla diligenza non sono tollerabili. Il papa e la sinistra terzomondista possono essere di diverso avviso, ma devono essere chiari: dicano apertamente che l'esercito deve essere abolito, oggi stesso, e che le frontiere devono essere aperte, oggi stesso. Non so quanti Italiani applaudirebbero questo programma suicida. Ne quanti Stati sarebbero lieti di accogliere chiunque desideri venire ad allietarci, ad "arricchirci" (uno slogan da deficienti che ha oggi molto corso e che "il diverso ci arricchisce" con la sua esperienza e umanità e magari anche la sua iintelligenza (così il papa e la Boldrini che considero antitaliani e combattono una battaglia pro domo loro). Ci sono ancora 192 o 193 Stati sovrani con frontiere precise ed eserciti per difenderle, anche se gli eserciti europei sono stati smantellati o in corso di smantellamento senza che i cittadini europei se ne siano accorti o siano stati avvisati (i Tedeschi e gli Italiani vanno a combattere - come ha scritto Lorenzo - "in culo al mondo" - in Afghanistan, Iraq, Siria, Africa ecc.).
    Una sola Terra, una sola umanità? Forse, chissà, magari. Ma arriviamoci con ordine. Perché molti di quelli che arrivano sono male intenzionati e persino pieni di pretese.
    Le nostre colpe, i nostri crimini, le nostre ruberie? Certo, parliamone.
    Ma a bocce ferme, senza barare e tentare di fregare gli altri. L'Europa ha dominato e sfruttato il mondo (come l'Impero romano), ma qualcosa di buono ha dato al mondo (come del resto anche i Romani, imperialisti ma ingegnosi e civilizzatori).
    Ma devo aggiungere ancora qualcosa sulla demografia, su chi deve o dovrebbe mettere ordine.
    (continua)

    P.S. Quanti commenti ha suscitato l'articolo sulla Finlandia, mi sembra una cosa positiva.

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    1. << Quanti commenti ha suscitato l'articolo sulla Finlandia, mi sembra una cosa positiva. >>

      Sì, e di questo, in fondo, devo ringraziare te, che non solo me lo hai segnalato, ma mi hai anche suggerito di farne un post.
      A Cesare quel che è di Cesare (o di Sergio).

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