venerdì 10 maggio 2019

Come si gestisce l’immigrazione

Dopo aver parlato (criticamente) di demografia teorica, come nell’ultimo post, vorrei parlare oggi di demografia pratica, cioè applicata alla vita reale, con le considerazioni, brevi ma assolutamente ineccepibili, di Gianni Pardo sul problema dell’immigrazione e sul modo corretto di affrontarlo.
Questa volta non ci sarà bisogno di nessun poscritto, perché le tesi del professore mi sembrano tutte condivisibili e piene di buon senso (merce rara di questi tempi). 
Buona lettura. LUMEN


<< Sull’immigrazione, i cittadini [italiani] si dividono in favorevoli e contrari, ma pochi sono quelli che si chiedono: “Quale immigrazione?”

Negli Stati Uniti del 1776 gli americani si sono accorti di essere pochi e in possesso di un territorio sconfinato. E in quel momento il numero di abitanti era importante, perché la massima attività del tempo, l’agricoltura, non richiedeva ardue conoscenze tecniche, ma soprattutto uomini disposti a faticare nei campi. Per questo l’America fu pronta ad accettare chiunque, perché chiunque, volontariamente o forzato – ecco l’origine della schiavitù – era in grado di concorrere alla prosperità nazionale. I giovani Stati Uniti furono molto generosi nel concedere la cittadinanza: bastava (e basta ancora oggi) essere nati nel nuovo Paese.

Ora prendiamo un caso opposto: la Svizzera. Questo Paese è talmente piccolo che negli Stati Uniti entrerebbe più di 238 volte. Per giunta, una grande parte della Confederazione è costituita da montagne, inutilizzabili per l’agricoltura. E tuttavia – ecco il punto interessante – questo piccolo Paese, privo di risorse naturali, è molto ricco e i suoi abitanti hanno uno dei più alti livelli di vita del mondo. Ciò perché quasi tutti gli svizzeri, invece di operare nell’agricoltura, svolgono lavori legati alle attività industriali (che richiedono specializzazione e alta tecnologia); alle attività finanziarie (in generale precluse ai semi-analfabeti), e al turismo.

Per conseguenza, l’immigrato che non ha una specializzazione o anche – semplicemente – che non parla tedesco, francese o italiano, ha ben poche probabilità di integrarsi nella vita sociale. Accolti i pochi che servono per i lavori più umili e faticosi, gli svizzeri chiudono le porte a tutti gli altri. E, quanto alla cittadinanza, bisogna sudarsela fino all’inverosimile.

E qui si cominciano ad avere le idee più chiare sull’immigrazione. Non è che gli americani del ‘700 fossero accoglienti e gli svizzeri di oggi razzisti ed egoisti. È soltanto che gli americani avevano bisogno di contadini (anche neri, prelevati con la forza) mentre gli svizzeri non ne hanno nessun bisogno e per loro riceverli sarebbe un peso. Ecco dunque la prima domanda che ogni Paese deve porsi: quegli immigrati ci servono? Se sì, attiriamoli, se no, respingiamoli. La questione non è etica, è fattuale.

Immediatamente dopo la questione economica, si pone la questione nazionale, cioè quella della possibile integrazione “culturale”. Israele è nato come “home” ebraico, piccolissimo rifugio per gli ebrei perseguitati. E dunque, anche se fosse grande come la Grecia, non potrebbe aprire le porte a tutti indiscriminatamente. La sua tolleranza potrebbe arrivare ad accettare atei ed agnostici, ma non potrebbe mai arrivare ad accogliere i musulmani cui è stato insegnato (nei decenni recenti, prima non era così) ad odiare e perfino ad uccidere gli ebrei.

Nello stesso modo, un Paese prevalentemente musulmano farebbe male a favorire un’immigrazione massiccia di cristiani. Basti osservare i problemi che l’Egitto ha di già con i copti (anche se non certo per colpa loro). Per non parlare delle lacrime che ha dovuto versare l’Europa a causa degli integralisti islamici. Se è possibile, bisogna impedire l’immigrazione di etnie che fatalmente finiranno col costituire gruppi allogeni, come per esempio dei neri in un Paese di bianchi o dei bianchi in un Paese di neri, perché il colore della pelle determinerà sempre una distinzione. I “razzisti” saranno pure degli stupidi, ma ce ne sono molti dovunque.

A questo punto si può esaminare la situazione. L’Italia ha un eccesso di offerta di lavoro? Non si direbbe. E allora non abbiamo bisogno di nuovi disoccupati. L’Italia è un Paese bianco? E allora evitiamo di importare dei neri: saranno persone degnissime (e infatti i francesi li preferiscono ai maghrebini) ma hanno una pelle di colore diverso. L’Italia è un Paese cristiano o irreligioso? E allora evitiamo di importare persone le cui convinzioni religiose sono programmaticamente poco rispettose dello Stato laico, come impone l’Islàm. Tutti questi sono dati di fatto.

Ovviamente, se si fa dell’immigrazione soltanto una questione morale, ciò che è stato appena detto è un insieme di eresie inumane, razziste e fasciste, come è sempre di moda dire. >>

GIANNI PARDO

19 commenti:

  1. << Coso, dai retta, cambia fonti. ><

    Lorenzo, dai retta, cambia blog.

    RispondiElimina
  2. "Il problema è che la immigrazione contraddice, nega, l'esistenza degli Stati nazionali."

    L'immigrazione controllata e desiderata dal paese ospitante non nega l'esistenza degli Stati. Fino a ieri o l'altro ieri si entrava in un paese con un permesso che si otteneva con un contratto di lavoro, in mancanza del quale il permesso era negato e poteva essere revocato in caso di perdita del lavoro e mancanza di mezzi di sussistenza. Questa era la prassi e la logica. L'immigrato era chiamato qui "Gastarbeiter" (lavoratore ospite) e si sperava che se ne tornasse un giorno al suo paese una volta raggranellato il gruzzolo per la casetta o il negozio. Il termine è praticamente scomparso, non se ne va più nessuno perché le condizioni di vita sono migliori che nel paese di origine e in più, dopo un certo numero di anni, si acquisisce il diritto di residenza (non la cittadinanza), il diritto a stabilirsi definitivamente nel paese ospite (dopo dieci anni di residenza - si badi - ininterrotta).
    Noi non abbiamo oggi una immigrazione controllata e desiderata, ma un'autentica invasione (la maggior parte dei richiedenti asilo o protezione non ha i requisiti per ottenere l'uno o l'altra). Ci sono delle convenzioni internazionali da rispettare (su asilo e protezione), ma non esiste ancora un diritto a invadere un paese e pretendere cose (lavoro, reddito, casa, sanità ecc.) che non sono garantite nemmeno a tutti gli autoctoni.
    Il Global Compact sull'immigrazione, che l'Italia non ha ancora sottoscritto, intende effettivamente introdurre un nuovo diritto umano a emigrare in un paese di libera scelta (libera circolazione universale). Non è ancora diritto internazionale vincolante, ma lo diverrebbe inevitabilmente col tempo in quanto diritto internazionale consuetudinario.
    La libera circolazione universale significherebbe o implicherebbe effettivamente la fine degli Stati nazionali. Per me una visione da incubo.

    RispondiElimina
  3. Secondo me occorerebbe tener ben distinti questi tre ambiti:

    1. Diritto di asilo e di protezione.
    2. Immigrazione in base alle necessità del paese ospitante (che può concedere e revocare il permesso di soggiorno).
    3. Evoluzione dello sviluppo demografico mondiale.

    Se ne può discutere con calma. La discussione è inquinata attualmente dalla morale o meglio dal moralismo di certuni (in Italia soprattutto Chiesa e sinistra).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Sergio, secondo me il punto principale è il secondo, che dovrebbe guidare tutta a politica di una nazione.
      Il primo punto, pertanto, deve essere subordinato al secondo.
      Il terzo punto, invece, deve servire da guida per prevedere gli scenari futuri e prepararsi ad affrontarli nel modo migliore.

      Questo, ovviamente, nell'ipotesi che una nazione (per tramite delle sue elites) persegua realmente i propri interessi.
      La sensazione, però, è che attualmente non sia così, e che quindi le decisioni in materia di immigrazione siano guidate da obbiettivi diversi.
      Nel qual caso, c'è ben poco da fare.

      Elimina
  4. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questa è pubblicità non gradita. Poi non ne abbiamo bisogno, non siamo così scemi da volerci indebitare e pagarle gli interessi, vada altrove, è un maleducato.
      Lumen, non puoi eliminare questo scocciatore?

      Elimina
  5. Ammetto, e di buon grado, che hai ragione, il tuo discorso non fa una grinza. Il "ce lo chiede l'Europa" è assurdo, è ammettere che siamo dei deficienti che hanno bisogno di consigli e se del caso anche di un "aiutino" (minacce, ritorsioni). E che le costituzioni nazionali europee - e in parte persino internazionali - siano svuotate di senso mi pare pure scontato (il diritto internazionale è sempre più invasivo e cogente, il global compact è un entrare a gamba tesa in casa degli altri con non poche pretese, ridicolo).
    Ma di nuovo: che fare, cosa si può ancora fare per non farsi mettere i piedi in testa da mezzo mondo? La "gente" non reagisce (ancora). Perché le hanno fatto il lavaggio del cervello, ripeti sempre. Dunque non è in grado di capire e reagire adeguatamente. Io stesso, che pure qualche lettura e qualche riflessione me le sono fatte, non capisco (ripeti sempre). E allora, cosa vogliamo o possiamo fare? Niente apparentemente. Almeno è quello che ho capito dai tuoi discorsi (ma lo so, non capisco e continuo a non capire - perché anche a me hanno fatto il lavaggio del cervello e sono poi anche un analfabeta - non faccio affatto l'offeso, constato).

    Un paio di mesi fa gli Svizzeri hanno votato contro se stessi, una cosa incredibile e sorprendente. Il quesito dell'iniziativa era: qual è la fonte ultima del diritto, la nostra costituzione (autonomia) o il diritto internazionale? Ebbene, i famosi Svizzeri della democrazia diretta hanno optato per il diritto internazionale con una proporzione bulgara (oltre il 70%, nessun cantone a favore dei 23 - il referendum propositivo necessita della doppia maggioranza dei votanti e dei cantoni). Com'è possibile, uno si chiede, mi sono chiesto. Il fatto è che il referedum era stato lanciato dal portito conservatore e di destra, che figura come partito di estrema destra (le destre di Le Pen, Orban, Salvini, Veri Finlandesi, Democratici Svedesi, Liberali austriaci, AFD in Germania). Nessuno conosce davvero il diritto internazionale, a parte gli specialisti e professori universitari. La o le costituzioni nazionali sono contenuti in opuscoletti comprensibili. La Costituzione europea bocciata e la riedizione sotto altro nome, Trattato di Lisbona, sono è illeggibile e incomprensibile, nessun parlamentare che l'ha votato l'ha letto (ha seguito semplicemente la "raccomandazione" di quelli che dicono: ce lo chiede l'Europa).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. << Il quesito dell'iniziativa era: qual è la fonte ultima del diritto, la nostra costituzione (autonomia) o il diritto internazionale? Ebbene, i famosi Svizzeri della democrazia diretta hanno optato per il diritto internazionale con una proporzione bulgara (oltre il 70%) >>

      Ma questo è masochismo puro (degli Svizzeri, poi...).
      La supremazia del diritto internazionale è proprio la morte defintiva dello stato-nazione, il primo passo verso il famigerato governo mondiale.
      Va bene voler vincere, ma le elite internazionali (apolidi) vogliono davvero stravincere.

      Elimina
  6. "La "libera circolazione" è già la prassi. Quello che manca è solo la formalizzazione perché allo stato attuale contraddice le leggi nazionali e internazionali.

    Comunque, non significa "gestire" come nel titolo del post. Non c'è niente da gestire. Una volta che affermi che l'Italia è una denominazione geografica ma non una nazione con dei confini, un parlamento, un governo, significa che l'Italia non gestisce nulla. Le decisioni vengono prese altrove, senza chiedere la mia opinione.

    Quello che mi viene concesso è che se non mi piace l'Italia posso anche io "migrare". Infatti, sai bene che c'è una costante emorragia di Italiani che vanno a cercare miglior fortuna all'estero. Questo non viene visto come un male ma come un "dato di fatto", normale andamento delle cose."

    Ho copiato tutto questo passaggio perché descrivi perfettamente lo stato
    dell'arte attuale. Agli Svizzeri sarà dato prossimamente l'opportunità di votare a favore o contro la libera circolazione. L'ultima volta, quattro anni fa, avevano votato contro - con grande scandalo dell'UE e della sinistra, svizzera e internazionale. Il voto è stato sterilizzato - il parlamento ha annacquato il risultato con qualche espediente. Il partito di estrema destra svizzera (secondo gli internazionalisti beoti che sono contro il sovranismo ovvero l'autonomia degli Stati che ancora esistono) ci riprova: se di nuovo gli Svizzeri votassero contro la libera circolazione l'UE si scatenerebbe. Ma credo, temo, che gli Svizzeri abbiano capito la lezione e stavolta voteranno secondo i desiderata dell'EU e degli antisovranisti o internazionalisti).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si tratta di un quesito diverso, più specifico di quallo sulle fonti ultime del diritto, ma la logica è la stessa, ovvero la distruzione del legame stato-nazione-territorio-popolo.
      Ed anche se gli svizzeri hanno resistito una prima volta, data la deriva in corso, ho paura (come dici tu) che non resistano una seconda.
      Per me è la fine di un mito (quello degli svizzeri con le 'palle').

      Elimina
  7. Belgio, Italia, carbone, schiavi italiani: Marcinelle, 8 agosto 1956, morti 173 minatori italiani. Me lo ricordo come fosse ieri. Le lacrime di coccodrillo di quelli che li avevano mandati in Belgio e che non sono minatori o bassa manovalanza.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quelli che mandano non coincidono mai con queli che vengono mandati.
      Curioso, vero ?

      Elimina
  8. L'Art.lo di Pardo appare più che ragionevole, aggiungo solamente un paio di rapide annotazioni:
    1) il problema principale è costituito dal dato NUMERICO-QUANTITATIVO, ovvero dal(la rottura del)l'equilibrio tra popolazione (umana) residente entro un dato territorio e la dotazione di risorse ragionevolmente disponibili nel medesimo territorio: rapporto non facilmente definibile ma cmq. sostanzialmente indipendente dalla matrice culturale dei migranti in arrivo;
    2) come sostenuto nel Commento al prec.te Art.lo e avvalorato da Lumen, quello della gestione dei flussi migratori è uno di quei problemi economico-politico-sociali NON affrontabili al semplice livello nazionale e che quindi (se si desiderano accettabili chances di risoluzione) possono/devono essere affrontati/gestiti soltanto a livello transnazionale e (auspicab.te) continentale... Saluti

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' vero che la gestione dei flussi migratori complessivi va necessariamente gestita a livello internazionale, però è anche vero che, sino a che esisterà il concetto di sovranità nazionale, ogni singolo Stato può porre adeguati paletti alla immigrazione che arriva nel proprio paese.
      Sarà anche poco, ma è sempre meglio che niente.

      Elimina
    2. Peccato però che chi ha la maggior parte dei propri confini in mare (Mediterraneo) molto facilmente può vedere materialmente travolti i propri "paletti" all'immigrazione ed è quindi costretto a chiedere aiuto agli altri Paesi dell'Unione Europea: un'istituzione tuttora fondata non su un'autentico federalismo bensì su blandi accordi inter-governativi tra ben 27 Stati nazionali e tuttora costantemente "picconata" dai vari sovranisti che la accusano per ciò che essa NON è salvo invocarne l'intervento di fronte a questioni come quella della gestione dei flussi migratori che essa sic stantibus rebus NON ha il potere di risolvere: siamo nel pieno del 'teatro dell'assurdo'... Saluti

      Elimina
  9. Del resto, il Magistero Pontificio, che ha riconosciuto nella dottrina di San Tommaso il suo riferimento privilegiato, ha confermato a più riprese questi concetti. Benedetto XV, col Motu Proprio Bonum Sane del 1920, ammoniva da come fosse maturato

    «nei voti e nell’aspettazione dei più sediziosi l’avvento di una certa repubblica universale, la quale sia fondata sulla uguaglianza assoluta degli uomini e sulla comunione dei beni, e nella quale non vi sia più distinzione alcuna di nazionalità, non si riconosca l’autorità del padre sui figli, né del potere pubblico sui cittadini, né di Dio sugli uomini riuniti in civile consorzio. Cose tutte che, se fossero attuate, darebbero luogo a tremende convulsioni sociali, come quella che ora sta desolando una non piccola parte d’Europa»

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non conoscevo questa esternazione papale dei primi del '900, ma mi pare che i fatti si siano incaricati di contraddirla.
      Perchè le 'convulsini sociali' paventate dal papa si sono effettivamente verificate con le due tragiche guerre mondiali.
      Ma non erano certo una conseguenza di movimenti repubblicani fondati sull'uguaglianza degli uomini.

      Forse il papa si riferiva al comunismo rampante che stava irrompendo sulla scena mondiale, ma sappiamo bene che la chiesa cattolica ha sempre aborrito anche i semplici concetti di uguaglianza e democrazia.
      Siamo tutti figli di Dio, ma senza esagerare.

      Elimina
    2. Mi sembra però che il papa comunista stia realizzando ciò che Benedetto XV paventava. La prima comunità cristiana a Gerusalemme praticava il comunismo (mettevano tutto in comune e quando Anania e sua moglie trattennero qualcosa furono fatti secchi da Pietro - morirono d'infarto quando furono scoperti!). Una comunità religiosa, come pure una popolazione cristiana, dovrebbe avere a cuore il "bene comune" (in convento tutti i frati non hanno problemi di sopravvivenza, hanno tutto il necessario, anche se ovviamente non è tanto).
      Da dove viene dunque l'avversione della Chiesa per il comunismo? Perché era ateo ed era concorrenza sgradita (lo stato sociale ha messo fuori gioco la carità cristiana). Ma era pure diffuso nella Chiesa il parere che il comunismo fosse intrinsecamente innaturale e perverso, come disse Casaroli, il ministro degli esteri vaticano, quando l'URSS implose. Certo il bene comune è una bella cosa, ma l'individuo aspira anche a una certa autonomia, a godere il frutto del suo lavoro, del suo impegno. Quando un movimento nasce c'è fervore , massimo altruismo, comunanza e condivisione. Ma quando si torna alla normalità prevale di nuovo l'interesse personale: a nessuno piace farsi il mazzo ed essere sfruttato da parassiti, scansafatiche e imbroglioni.

      Elimina