venerdì 17 maggio 2019

Punti di vista – 7

POST DEMOCRAZIA
Credo che la forma d’oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà a quelle che l’hanno preceduta nel mondo.
Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri.
Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria.
Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite.
Rassomiglierebbe all’autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente nell’infanzia, ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi.
ALEXIS DE TOCQUEVILLE


AMBIENTE ED ELITES
Quelli che detengono le leve del potere, non si rendono del tutto conto di cosa succede [a livello ambientale] e preferiscono disinteressarsene, mentre chi subisce le conseguenze del disastro ambientale non ha voce in capitolo.
Le potenti elites manageriali e anche politiche, da parte loro, hanno competenze di tipo economico o politico, molto più che scientifico, per cui sono naturalmente portate a trascurare o sottovalutare le preoccupazioni degli scienziati, provenienti da una cultura estranea alla loro.
GAIA BARACETTI


EQUA RETRIBUZIONE
Quando nella Costituzione Italiana leggiamo che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” abbiamo, in sequenza, una tautologia e un assurdo. 
È una tautologia che si paghi di più un lavoro più lungo e di maggiore qualità, ma è assurdo – per giunta contraddicendo la prima metà della frase – che questa retribuzione debba essere commisurata non al lavoro, ma alle esigenze della famiglia del lavoratore. 
Perché se due famiglie hanno uguali esigenze, ma in una il capofamiglia è un neurochirurgo e nell’altra è un usciere comunale, la Costituzione dovrebbe spiegarci se dobbiamo pagarli nello stesso modo (perché le esigenze delle due famiglie sono uguali) oppure se dobbiamo pagare di più il neurochirurgo (perché il suo lavoro è di qualità superiore).
In un Paese libero (anche da invadenti ideologie) la retribuzione del lavoro dipende dalla domanda e dall’offerta, e non dalle esigenze del lavoratore. 
È soltanto se si parte da un punto di vista morale o ideologico, sul lavoro, che si può ipotizzare di pagare tutti nello stesso modo, o secondo le esigenze delle loro famiglie. 
E infatti l’Unione Sovietica e la Cina di Mao non sono andate molto lontano da questa mentalità. Solo che il risultato non è stato certo la prosperità.
GIANNI PARDO


TRATTATI EUROPEI
Chi pensa che i Trattati europei possano essere riformati si illude. 
La regola dell’unanimità lo rende praticamente impossibile, cosa di cui si sono già avute numerose prove. 
I Trattati, dunque, quelli sono e quelli resteranno, e sognare “un’altra Europa” è del tutto irrealistico. (...)
Consci di questo fatto, i governi e le tecnocrazie europee procedono evitando in tutti i modi possibili di consultare i cittadini, perché sanno che nemmeno con le loro massicce dosi di propaganda riuscirebbero ad ottenere maggioranze che approvino i loro disegni.
CARLO CLERICETTI


DISUGUAGLIANZA
Le masse saranno sempre al di sotto della media.
La maggiore età si abbasserà, la barriera del sesso cadrà, e la democrazia arriverà all'assurdo rimettendo la decisione intorno alle cose più grandi ai più incapaci.
Sarà la punizione del suo principio astratto dell'uguaglianza, che dispensa l'ignorante di istruirsi, l'imbecille di giudicarsi, il bambino di essere uomo e il delinquente di correggersi.
Il diritto pubblico fondato sulla uguaglianza andrà in pezzi a causa delle sue conseguenze.
Perché non riconosce la disuguaglianza di valore, di merito, di esperienza, cioè la fatica individuale: culminerà nel trionfo della feccia e dell'appiattimento.
L'adorazione delle apparenze si paga.
HENRI-FREDERIC AMIEL

(Nota di Lumen - Le ruvide parole di Amiel riflettono quello che le elités pensavano, nell’ottocento, del popolo comune. Sono parole che oggi non siamo più abituati a leggere e che ci sembrano quasi inconcepibili. Ma non credo che le elités siano cambiate di molto, per cui, forse, è solo una questione di forma. Nel senso che, un tempo, certe cose le potevano dire senza problemi, mentre oggi le possono solo pensare.)

12 commenti:

  1. Credo sia di Tocqueville, o risalga a lui, il concetto di dittatura della maggioranza. Ma può la maggioranza abolire il principio democratico dell'alternanza e quindi instaurare una dittatura? In teoria sì, ma non credo che incomba un tal pericolo attualmente. La maggioranza non può nemmeno abolire i diritti umani. Tuttavia può restringere o limitare alcune libertà. Il diritto alla proprietà è incluso nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ma non è e non può essere assoluto: infatti lo Stato può legittimamente espropriare se ciò è necessario (ma deve compensare adeguatamente l'esproprio). Una forma di esproprio, anzi un vero e proprio furto, è una tassazione eccessiva. Ma cosa significa eccessivo? Un prete (!) diceva che una tassazione equa non dovrebbe superare il 10% del reddito. Oggi abbiamo in realtà già un socialismo al 50% (un po' ovunque in Europa la gente lavora fino a giugno per lo Stato). Si potrebbe benissimo aumentare questa quota, ma a un certo punto nessuno più lavorerebbe o s'impegnerebbe (Stachanov è un personaggio patetico anche se piaceva molto al regime).
    La maggioranza può anche restringere o limitare la libertà di espressione (e anche di pensiero) come avviene oggi con l'imposizione del politicamente corretto. Sì, la democrazia non è un sistema perfetto, ha dei chiari limiti (io non ne faccio un feticcio, una maggioranza di incompetenti può essere fatale). Ma come diceva quel tale, credo Churchill, "la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora."

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  2. Caro Sergio, mi rendo conto che il concetto di "dittatura della maggioranza" appaia sgradevole, ma la democrazia non può funzionare in nessun altro modo che con il pieno rispetto delle decisioni della maggioranza.

    Io credo che l'unico vero limite della democrazia è che consente la sua stessa soppressione CON METODO DEMOCRATICO.
    E' sufficiente infatti che la maggioranza del momento, guidata da intenti dittatoriali, modifichi le leggi portandole man mano a soffocare la democrazia stessa.

    Ma la democrazia (per fortuna) resta ugualmente viva quanto meno nella forma, in quanto anche le dittature amano ammantarsi del consenso del popolo.
    E pertanto continuano ad indire elezioni periodiche, le quali, anche se finte, restano pur sempre un simulacro di democrazia.
    Ne consegue che quando la dittatura del momento finisce per crollare, è possibile ritornare facilmente alle usanze pregresse.

    Ecco quindi la vera forza della democrazia: il fatto che lascia delle tracce indelebili.
    Ed anche la possibile deriva dittatoriale finisce per avere, nella sua origine democratica, i suoi stessi anticorpi.

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  3. Alla luce del miglior pensiero politico-giuridico (soprattutto) occidentale, le degenerazioni della Democrazia (democraticismo, democrazia "reale", tirannide della maggioranza, ideologie neo-rousseauviane, plebiscitarismo, ecc.) possono/devono essere evitate tramite massicce e frequenti iniezioni di Liberalismo (per completezza: vale anche il viceversa)... Saluti

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    1. Sicuramente 'democrazia' e 'liberalismo' devono andare a braccetto.
      Ciascuno dei due ha bisogno dell'altro per poter dare il meglio di sè.

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  4. "Ne consegue che quando la dittatura del momento finisce per crollare, è possibile ritornare facilmente alle usanze pregresse."

    Ma una dittatura può durare quasi infinitamente! Pensa ai settant'anni di comunismo sovietico. Sei decisamente ottimista ("è possibile ritornare «facilmente» alle usanze pregresse"). Ma la costituzione italiana del dopoguerra vieta esplicitamente l'apologia e il ritorno della dittatura fascista (persino l'apologia - negando così la libertà di pensiero ed espressione). Diceva Lenin che una volta fatta la rivoluzione anche una cuoca poteva dirigere il governo. Una cuoca, cioè tutti: implicava che dirigere il governo sarebbe stato una cosa semplicissima una volta instaurato il regime dell'uguaglianza. E invece le cose sono sempre complesse e non lo sono mai state come oggi.
    Una maggioranza di incompetenti e semianalfabeti ha impedito la costruzione di centrali nucleari in Italia e adesso bisogna importare elettricità da una Francia supernuclearizzata (cinquanta centrali nucleari in Francia, zero in Italia). Tuttavia, ovvio, teniamoci stretta questa democrazia per quanto imperfetta ed esposta all'implosione.

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    1. Caro Sergio,
      può essere che io sia un po' troppo ottimista sulla resilienza della democrazia, ma devi ammettere che quello della Russia è una caso decisamente anomalo, perchè i russi, poveretti, la vera democrazia non l'avevano conosciuta neppure prima, sotto il regime dello zar.

      Se invece la democrazia ha già avuto una sua tradizione pregressa (come per esempio in Italia), ecco che i periodi di dittatura possono essere considerate delle semplici, ancorchè tragiche, parentesi temporanee.

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  5. Giustizia - uguaglianza - discriminazione

    Il motto dei sessantottini era "socialismo o barbarie". Il Saint-Just italiano (sai a chi alludo, al filosofo dei miei stivali di sinistra) ha aggiornato lo slogan: "uguaglianza o barbarie". Ma siamo sempre lì: la fissa della sinistra, l'uguaglianza.
    C'è secondo me un dissidio insanabile tra la "sete di giustizia" (una delle Beatitudini di Gesù) e il desiderio di libertà: tutti cerchiamo, o di riffa o di raffa, di ampliare l'ambito delle nostre libertà, anche a costo di essere ingiusti (il codice penale impedisce (per fortuna?) di eccedere nell'ampliamento delle libertà personali.
    A me i pensieri di Amiel non sembrano fascisti o razzisti, anzi sono almeno in parte condivisibili, nient'affatto scandalosi (lo sono magari per quel tale filosofo a cui alludevo sopra).
    "Non è giusto" è la reazione sia di un bambino che di un vero filosofo davanti a certi fatti. La Giustizia è bendata perché non dev'essere parziale, non deve favorire qualcuno. Il desiderio di giustizia è dunque innato nell'uomo. Ma ecco di nuovo la questione cruciale: cosa è giusto, che significa giusto? Per la sinistra e il filosofo suddetto giustizia è sinonimo di uguaglianza. Siamo o saremmo tutti uguali (il che è smentito dalla realtà) e abbiamo perciò tutti diritto alla giusta ripartizione dei beni, cioè a una parte uguale. Ci risiamo con l'utopia del comunismo (a cui indulge anche il signor Bergoglio). La più bella definizione della giustizia che conosca è la frase che era nella testata dell'Osservatore romano (ma l'hanno tolta!): Unicuique suum. Non siamo tutti perfettamente uguali ovvero dei cloni e abbiamo perciò desideri e aspirazioni personali che cerchiamo di realizzare, anche talvolta a scapito dell'uguaglianza. Il diritto alla diversità è anche un diritto umano (non siamo cloni identici) - diceva la Magli, considerata una reazionaria dal nostro illustre studioso Wiston Diaz.
    Oggi si sentono un po' tutti discriminati per qualche motivo. L'UE ha fatto della lotta alla discriminazione uno dei suoi cardini (ma una nullità come la Mogherini guadagna trentamila euro al mese!). Questa lotta alla discriminazione è veramente ossessiva. Ormai anche gli e le omosessuali vogliono l'accesso alla fecondazione assistita (non solo l'utero in affitto) in nome della lotta alla discriminazione. Non vedo perché io, come imprenditore, non possa discriminare, offrire cioè un salario diverso o differenziato ai miei assunti (non solo in base alle qualifiche, ma semplicemente perché così mi gira). E qui mi viene in soccorso nientemeno che Gesù nella parabola dei lavoratori della vigna. Alcuni sono assunti la mattina, altri il pomeriggio o anche più tardi e a tutti il datore dà la stessa mercede: quelli assunti la mattina non lo trovano giusto, hanno lavorato più a lungo, hanno in certo senso ragione. Ma Gesù risponde: vi ho dato il pattuito, che vi importa se do la stessa mercede anche a quelli assunti più tardi? Il datore ovvero Gesù è ingiusto? Sì, ma anche generoso perché dà la stessa paga anche a chi ha lavorato di meno. E perché non dovrebbe farlo? È la sua libertà. Io qui sto dalla parte di Gesù (e al diavolo l'ossessione per l'antidiscriminazione).

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  6. << Oggi si sentono un po' tutti discriminati per qualche motivo. >>

    Ed hanno anche ragione.
    Solo che non si rendono conto che la discriminazione è alla base stessa del pensiero umano e della nostra tanto amata e preziosa libertà personale, e quindi è ineliminabile.
    Ogni volta che facciamo una scelta, infatti, di qualsiasi genere sia (dal gusto del gelato, alla donna che vogliamo sposare), automaticamente discriminiamo l'alternativa che abbiamo scartato.

    E allora, cosa vogliamo fare ?
    Vogliamo davvero rinunciare alla nostra libertà di scelta ?

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  7. Uno degli slogan del liberismo era (forse è ancora) "liberi di scegliere". La martellante, pervasiva pubblicità invita costantemente a scegliere il meglio. Ma sceglieremmo il meglio anche senza la pubblicità perché nelle nostre scelte preferiamo sempre (se non siamo folli) il prodotto a nostro giudizio migliore. Ci scegliamo anche gli amici o i compagni. Preferiamo un ristorante dove si mangia da dio a uno da schifo ecc. ecc. Scegliamo, cioè discriminiamo continuamente. È inevitabile ed è giusto così. Forse si potrebbe affermare che inammissibili sono solo certe discriminazioni odiose (razziali, religiose, sessuali, retributive ecc.). Da noi è stata ampliata la legge antirazzismo includendovi anche i discorsi d'odio (che palle questo hate speech) o i dileggi verso gli omosessuali. Contro questa estensione della legge è stato lanciato un referendum abrogativo, vedremo come va a finire. Ma se si vogliono difendere gli omosessuali perché escludere dalla legge antirazzismo quelli con la sindrome di down, i ciccioni, i patiti del ciclocross e tante altre categorie di persone che non si sentono volute bene o apprezzate e sono dunque secondo loro discriminate.
    Il progresso, l’evoluzione sono possibili proprio per le differenze individuali che innescano una serie di cambiamenti, positivi (progresso) ma anche negativi (una specie può anche sparire - chissà che gli eccessi di homo non portino alla sua scomparsa (guerra atomica, distruzione dell’ambiente, carestie, malattie).

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    1. Caro Sergio, la specie umana, per i tempi della biologia, è una specie giovane e quindi che in un futuro imprecisato possa scomparire è abbastanza prevedibile.
      Resta da vedere se saremo sostituiti da qualcosa di più complesso, o se ci sarà una sorta di regresso come conseguenza della crisi ambientala.
      Ma noi ovviamente non lo sapremo mai.

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  8. Non a caso il grande Spinoza ricordava che "omnis determinatio est negatio". Indubbiamente più complesso/complicato è il problema filosofico-teologico del 'libero arbitrio' (umano), di cui S. stesso (piuttosto eloquentemente) negava l'esistenza... Saluti

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    1. Sul 'libero arbitrio' io sto con Spinoza, ma - a livello puramente biologico - la capacità di scelta dovrebbe essere compatibile anche con l'assenza del suddetto.
      Forse, quella che ci manca non è tanto la capacità di effettuare una scelta - che appartiene anche a tutti gli animali superiori - ma la possibilità di controllarla e modificarla (come invece ci ostiniamo a pensare).

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