Da
Wikipedia: << Il “mito di Gesù” è l'insieme di ipotesi
che sostengono l'inesistenza storica del Gesù di Nazareth di
tradizione cristiana e in parte musulmana.
I
sostenitori di questa posizione affermano che Gesù sarebbe un
personaggio fittizio, mitico o mitologico, creato dalla comunità
cristiana primitiva e che quindi non sia mai esistito.
La
tesi secondo cui Gesù sarebbe un mito nasce nel secolo XVIII ed è
in larga parte figlia delle controversie sulla data da assegnare alla
redazione dei vangeli.
Questa
tesi non è oggi accolta nel mondo accademico. (…)
Essa
è stata tuttavia riproposta anche in tempi recenti da saggisti e
opinionisti, come, per esempio, Michel Onfray nel suo ‘Trattato di
ateologia’. >>
Sulla
stessa posizione si pone il meno noto, ma altrettanto convincente,
Luigi Cascioli (di cui ho già parlato in questo blog), che alla
questione ha dedicato un interessante libro dal titolo “La favola
di Cristo”.
Ecco
le sue considerazioni sull’argomento.
LUMEN
<< Quello che si impone di rimarcare, a questo punto, è che nell’anno 70 n.e. – da quanto risulta inconfutabilmente dai fatti e dalla stessa ‘Apocalisse’ – gli esseni, come tutti gli ebrei, erano ancora in attesa del messia.
Facendo
un riepilogo dei fatti accaduti durante l’era messianica, [era] che
va dall’anno 6 n.e. al 70 n.e., cioè dalla sostituzione di
Archelao con Coponio sul trono di Gerusalemme (che realizzò la
profezia di Giacobbe) [sino] alla fine della guerra giudaica, rimarchiamo
che nessun passo storico riporta l’esistenza del messia dei
cristiani, che le sacre scritture affermano essere stato crocefisso
nell’anno 33 n.e., e sotto Ponzio Pilato.
[La profezia di Giacobbe, contenuta nel Genesi, prevedeva che il
Messia degli ebrei, da intendersi come il condottiero che li avrebbe
guidati alla riscossa, sarebbe giunto dopo la perdita del trono di
Gerusalemme, ovvero l’arrivo di un sovrano non ebreo, qual era
appunto il romano Coponio - NdL]
Non
troviamo nessuna menzione di Gesú in Giuseppe Flavio, che, in
qualità di storico, fu incaricato da Roma di raccontare i fatti
accaduti in Palestina durante l’era messianica di cui era stato
testimone.
Parimenti
non ne fa parola Plutarco, che visse in Palestina negli anni 65-66
n.e., né tutti gli altri, quali Seneca, istitutore di Nerone, e
Tacito, Marziale, Cassio Dione e Svetonio, i quali, anche se
successivi di qualche anno, trattarono comunque nelle loro opere
questo periodo messianico, che ebbe tanta importanza sulla storia
romana nel Vicino oriente.
Particolarmente
significativo è poi il silenzio di Filone alessandrino, storico e
filosofo ebreo, che, quale appartenente alla corrente religiosa
essena, prese, sia pure indirettamente, parte all’attività del
movimento rivoluzionario, tanto da recarsi nell’anno 40 n.e. presso
l’imperatore Caligola per inter-cedere a favore delle comunità
essene che, secondo lui, egli perseguitava in maniera esageratamente
feroce.
Filone
era cosí addentro alle vicende del tempo che, prima di rientrare
presso la comunità essena di Alessandria di cui faceva parte, si
fermò a far visita alla comunità essena di Roma, presso la quale
rimase ospite per diversi giorni.
Ebbene,
Filone non fa nessuna menzione né di Gesú, né dei cristiani, al
contrario, dai suoi libri, scritti negli anni 40-50 n.e., si può
escludere nella maniera piú categorica l’assenza (rectius la presenza - NdL) di loro e di Gesú
in questo periodo, poiché egli, parlando di un lògos che deve
ancora realizzare il suo avvento, un lògos per giunta essenzialmente
spirituale, esclude nella maniera piú assoluta ogni forma di
realizzazione messianica soprattutto in forma materiale.
Un’ulteriore
smentita dell’esistenza dei cristiani nel I sec. n. e. ci viene da
un certo Giusto di Tiberiade che scrisse, quale contemporaneo all’era
messianica, una storia degli ebrei.
Che
in questo libro, andato distrutto (e possiamo immaginare per opera di
chi) non vi sia nessun riferimento a Gesú lo sappiamo da Pfotius,
patriarca di Costantinopoli, che, disponendo nella sua biblioteca
dell’opera di Giusto di Tiberiade, dopo averla attentamente
studiata per cercare prove confermanti l’esistenza di Cristo,
conclude: «in nessuna parte del libro di Giusto di Tiberiade ho
trovato il più piccolo riscontro che parli della nascita di Cristo,
della sua vita, degli avvenimenti e dei miracoli che lo concernono».
Che
dire poi della biografia di Ponzio Pilato, scritta su incarico dello
stesso Pilato, la quale, pur riportando ogni dettaglio dei fatti
riguardanti il periodo in cui era stato procuratore della Giudea
(26-36 n.e.), ignora nella maniera piú categorica il processo e la
crocifissione di Gesú?
In
quale altro modo si potrebbe spiegare questo silenzio su Gesú e sui
cristiani se non riconoscendo la loro non esistenza, dal momento che
tutti gli storici li ignorano?
Quegli
storici che, invece, sono concordi circa le rivoluzioni, i martiri
esseni, le numerose conversioni dei “pagani” all’ideologia
essena, i nomi dei tanti messia che si succedettero, quali Meandro,
Dosidee e tanti altri, e soprattutto nel ricordare quella stirpe di
Ezechia che, quale pretendente al trono di Gerusalemme, guidò il
movimento rivoluzionario con i suoi discendenti.
Perché
in tutti i libri dell’epoca si parla di Giuda il galileo e dei suoi
figli Giovanni, Simone, Giacomo, Giuda (Taddeo), Giacobbe, Menahem e
Eleazaro, e non si fa la minima menzione di Gesú, nonostante i suoi
miracoli, la sua crocifissione, la sua resurrezione e tutti quei
fenomeni che l’accompagnarono? La risposta è semplice: non
potevano parlare di un qualcosa che non era esistito ! >>
LUIGI
CASCIOLI
Riguardo a testi più o meno coevi mi risulta (le fonti sono riportate anche da wikipedia) che di cristo e i suoi seguaci parlano sia autori ebraici come Giuseppe Flavio che romani, in particolare Tacito, Svetonio e Plinio il giovane. Uno dei passi di Giuseppe Flavio in cui parla del messia è questo : " « Così (il sommo sacerdote Anania) convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati. »
RispondiElimina(Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, XX, 200)
Tacito ne parla nel XV libro degli Annales. Svetonio accenna ai seguaci di "un certo Cresto....". Plinio durante il suo governatorato riferisce in una lettera all'imperatore di un movimento di cosiddetti cristiani con finalità antiromane....
Caro Agobit, grazie per l'intervento e la precisazione.
EliminaMi pare però di aver letto che questi passi potrebbero essere delle semplici interpolazioni successive, inserite ex post per giustificare la narrazione evangelica.
A parte le ovvie motivazioni di ordine religioso, va detto che, a quei tempi, le manipolazioni dei testi erano molto facili ed anche frequenti.