domenica 3 giugno 2018

Il genio di Darwin – 5

(Dal libro “Perché non possiamo non dirci darwinisti” di Edoardo Boncinelli” – Quinta parte. Lumen)


<< Così non è stato [cioè, non vi è stata scarsa eco - NdL] per la seconda grande critica mossa alla teoria dell'evoluzione di stampo neo-darwinista. Questa critica, nata in sede paleontologica, è stata prevalentemente portata avanti da due grandi naturalisti come Niles Eldredge e Stephen Jay Gould, ed è stata oggetto di una certa attenzione grazie anche al successo di libri scritti per il grande pubblico da quest'ultimo.

I nostri autori evidenziarono, nei tardi anni Sessanta, che se si osserva la progressione dei vari resti fossili nel tempo, si nota un fatto a prima vista sorprendente: esistono periodi piuttosto brevi in cui si accumulano moltissime variazioni evolutive e intervalli di tempo più lunghi in cui sembra, al contrario, non accadere quasi nulla. Si sono verificati quindi di tanto in tanto veri e propri terremoti evolutivi, a cui sono seguiti periodi di stasi e di assestamento.

Dalla descrizione di questo fenomeno nasce il termine saltazionismo, poiché sembra quasi che l'evoluzione «salti» da un episodio evolutivamente rilevante all'altro. Questo è uno dei due nomi con i quali è nota questa obiezione; l'altro nome, teoria degli equilibri punteggiati, fa riferimento, invece, all'impressione di un'alternanza nel tempo di lunghi periodi di equilibrio e di stasi — in cui non succede niente di clamoroso — intervallati da brevi periodi di grande cambiamento.

L'illustrazione più nota di questo stato di cose si ha con la cosiddetta «esplosione del Cambriano», un episodio evolutivo di eccezionale rilevanza, di cui si avrà ampiamente modo di riparlare. Intorno a seicento milioni di anni fa sono comparsi in una sola volta praticamente tutti i principali tipi di animali esistenti. Ciò è avvenuto quasi all'improvviso in un periodo di soli, si fa per dire, venti milioni di anni. Prima regnava una relativa quiete; poi è seguito un lungo periodo di assestamento. Ma l'evento, che ha meritato appunto l'epiteto di esplosione, è stato di proporzioni più che notevoli.

Sono comparse infatti trenta delle trentadue divisioni tassonomiche principali del regno animale, tra cui gli Artropodi e i Cordati. Come vedremo, quasi tutto quello che è oggetto di una trattazione scientifica da parte della teoria dell'evoluzione riguarda di fatto il periodo che va da quell'esplosione a oggi, anch'esso ricco di eventi. Nonostante gli enormi cambiamenti che si sono verificati in concomitanza con l'esplosione del Cambriano, ancora non erano apparsi a quello stadio gli Insetti o i Vertebrati, ma solo i loro «capostipiti»: gli Artropodi e i Cordati.

L'esplosione del Cambriano è il più imponente di questi eventi «rivoluzionari», ma non è l'unico. La paleontologia più moderna rivela infatti un'infinità di periodi di grande effervescenza evolutiva alternati ad altri di «quiescenza», cioè di relativa calma evolutiva. Se l'esplosione del Cambriano ha riguardato quasi tutto il pianeta e ha agito al livello dei tipi animali, questi altri episodi hanno avuto un'importanza prevalentemente locale restando circoscritti a certe classi o a certi ordini di animali e di piante. Ciò non toglie che molti di essi abbiano avuto notevole rilevanza.

Anche la critica saltazionista possedeva un'indiscutibile validità scientifica e non si è potuto non tenerne conto. Si è dovuto quindi prenderne atto nell'unico modo scientificamente possibile e appropriato: modificando alcuni punti, soprattutto teorici, della teoria evolutiva. Ne è scaturita una teoria più aderente alle osservazioni sperimentali e meno esposta a rilievi di carattere teorico. Possiamo dire che intorno agli anni Ottanta l'edificio dell'evoluzionismo neodarwinista si è rafforzato, anche grazie all'assimilazione dei punti essenziali delle due critiche scientifiche appena riportate. Vedremo tra un attimo di cosa si tratta, ma è a questo edificio teorico che mi sono riferito fin dall'inizio del libro.

Non si può negare però che le affermazioni del saltazionismo e il modo con cui vennero a suo tempo presentate turbarono non poco i sonni degli studiosi dell'evoluzione e furono attaccate con forza dai difensori della visione tradizionale. Dovrebbe essere chiara qual è la posta in gioco: evoluzione a salti (saltazionismo) piuttosto che graduale (gradualismo), e che procede in maniera discontinua (dis-continuismo) piuttosto che continua (continuismo).

Oggi tutto ciò ci fa un po' sorridere, ma fiumi di inchiostro sono stati versati in passato, su entrambi i fronti, da scienziati e non. Anche per motivi commerciali si è molto enfatizzato il contrasto tra i pubblicisti saltazionisti come Gould e quelli di stampo più ortodosso come Richard Dawkins.

In questa disputa mediatica Gould ha interpretato a lungo il ruolo del paladino dei grandi cambiamenti improvvisi, mentre i darwinisti più ortodossi rimanevano fedeli all'idea dei piccoli mutamenti che si susseguono con continuità. Come abbiamo visto, e ancora vedremo in seguito, tra i concetti che più hanno fatto le spese di questo conflitto teorico c'è quello di adattamento, un concetto a cui gli evoluzionisti più ortodossi, come per esempio George Williams, tendono ancor oggi ad attribuire un valore maggiore rispetto agli altri.

Ricapitolando, fra i vari geni di un organismo, soprattutto fra quelli attivi durante lo sviluppo embrionale, esiste una precisa organizzazione gerarchica. Alcuni, pochi, controllano l'attività di molti altri. Anche fra i geni regolatori ci sono delle gerarchie e una precisa disposizione spazio-temporale: prima se ne attivano alcuni in determinate regioni del corpo o dell'embrione, poi altri in zone diverse. Alla fine di questa cascata di attivazioni geniche, entrano in ballo i geni esecutori che realizzano materialmente l'opera. In fondo è tutto molto logico, ma... bisognava arrivarci.

È inutile aggiungere che quando uno di questi geni di alto livello gerarchico, e in particolare dei geni architetti, muta, sono guai grossi per l'individuo in questione. Nella grande maggioranza dei casi l'evento risulterà fatale, ma nelle rare occasioni in cui ciò non avviene può darsi che si profili all'orizzonte evolutivo una nuova forma di vita.

Queste scoperte abbastanza recenti, delle quali sono stato testimone diretto e alle quali ho personalmente contribuito, implicano almeno tre cose diverse, tutte di estrema importanza per il nostro discorso.

La prima ha a che fare con la sostanziale e sorprendente unitarietà degli esseri viventi. Già si sapeva che tutti gli organismi viventi usano un identico codice genetico: i tre nucleotidi TTT sul DNA specificano in ogni organismo l'aminoacido fenilalanina, i tre nucleotidi ATG l'aminoacido metionina e via discorrendo. Tutti i viventi sono inoltre costituiti di cellule e queste sono avvolte in una membrana cellulare di costituzione molto simile. Il macchinario che porta alla sintesi delle proteine, infine, è ovunque lo stesso. >>

EDOARDO BONCINELLI

(continua)

6 commenti:

  1. Semplificando molto, possiamo affermare che la lunga e vivace "querelle" biologico-evoluzionistica tra Dawkins (ed altri) e l'affiatato duo statunitense Gould-Eldredge è finito in parità, ma si è trattato di un pareggio che, come generalmente succede in ambito scientifico, ha comunque fatto progredire la conoscenza umana...

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  2. Senza dubbio.
    Si è trattato di una disputa che potremmo definire di tipo win-win, dalla quale la scienza evoluzionistica ha tratto nuovi spunti e nuovi stimoli.
    Peccato solo che, a livello personale (per quanto mi risulta), i rapporti tra le due fazioni non fossero proprio idilliaci.
    Dawkins e Gould, tanto per fare un esempio, si punzecchiavano di continuo e non se le mandavano a dire l'uno con l'altro.
    Ma anche gli scienziati, in fondo, sono esseri umani, e hanno diritto alle loro (piccole) debolezze.

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  3. "D. e G. si punzecchiavano di continuo e non se le mandavano a dire l'uno con l'altro"

    E'vero, ma tale acceso confronto, peraltro concluso da D. in morte di Gould (2001) con un esplicito riconoscimento della valenza scientifica ed umana del collega-rivale, ha stimolato tra l'altro la produzione di alcuni "gioielli" scientifico-letterari tra i quali quel 'The selfish gene' spesso (opportunamente) menzionato su questo blog :)

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    1. Beh, certo, erano "rivali" a livello scientifico, ma erano pur sempre persone di altissimo livello.
      Era inevitabile che la querelle finisse con un atto di riconciliazione.

      Quanto al GENE EGOISTA, è un libro che cito spesso proprio perchè, per me, è stata una vera folgorazione.
      Questo testo, letto quasi per caso, ha cambiato per sempre la mia vita, dandomi finalmente (alla venerabile soglia dei 50 anni) gli strumenti di base per capire DAVVERO come funziona il mondo degli esseri viventi (e quindi anche degli uomini).
      Grazie Dawkins !

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  4. (Per quel che può valere), anche il sottoscritto ritiene Dawkins (e anche Gould) non solo un grande biologo ma anche un profondo pensatore 'tout court', con buona pace di quei paleo-umanisti, generalmente di matrice idealistico-spiritualistica e spesso ideologicamente orientati, che a siffatta produzione saggistica occidentale di buona divulgazione scientifico-culturale preferiscono di gran lunga sconosciuti romanzi (magari lesbo-femministi o noir sanguinolenti) provenienti dal Burkina Faso o dal Turkmenistan (detto con tutto il rispetto possibile per questi due Paesi, infatti ne potevo citare altri similari)...

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    1. In effetti la saggistica scientifica e la narrativa sono poprio due campi diversi.
      Ciascuna di esse, però, se fatta bene, ha una sua funzione e una sua utilità.
      L'ideale, probabilmente, è saper apprezzare sia l'una che l'altra, secondo i momenti e gli stati d'animo.

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