L'Intelligenza Artificiale, nonostante le dichiarazioni entusiastiche dei suoi creatori, presenta numerosi punti oscuri ed infonde una sensazione di timore e diffidenza nella gente comune.
Il pericolo maggiore, però, paradossalmente, potrebbe risiedere proprio nella sua maggiore efficienza.
Ce ne parla Jacopo Simonetta in questo pezzo tratto dal sito Apocalottimismo.
LUMEN
Il pericolo maggiore, però, paradossalmente, potrebbe risiedere proprio nella sua maggiore efficienza.
Ce ne parla Jacopo Simonetta in questo pezzo tratto dal sito Apocalottimismo.
LUMEN
<< [A proposito dell'Intelligenza Artificiale] c’è un rischio profondo di cui la stampa parla poco e che i pensatori sistemici dovrebbero discutere più approfonditamente: si tratta della probabilità che la IA sia un acceleratore significativo di tutto ciò che noi umani stiamo già facendo.
Le ultime migliaia di anni di storia umana hanno già visto diversi acceleratori critici. La creazione dei primi sistemi monetari, circa 5.000 anni fa, ha permesso una rapida espansione del commercio che alla fine è culminata nel nostro sistema finanziario globalizzato. Le armi metalliche hanno reso più letali le guerre, portando alla conquista di società umane meno armate da parte di regni e imperi dotati di metallurgia.
Gli strumenti di comunicazione (tra cui la scrittura, l’alfabeto, la stampa, la radio, la televisione, Internet e i social media) hanno amplificato il potere di alcune persone di influenzare le menti di altre. E, nell’ultimo secolo o due, l’adozione dei combustibili fossili ha facilitato l’estrazione delle risorse, la produzione manifatturiera, la produzione alimentare e i trasporti, consentendo una rapida espansione economica e la crescita della popolazione.
Di questi quattro acceleratori del passato, l’adozione dei combustibili fossili è stata la più potente e problematica. In soli due secoli il consumo di energia pro capite è aumentato di otto volte, così come le dimensioni della popolazione umana. Il periodo successivo al 1950, che ha visto un drammatico aumento della dipendenza globale dal petrolio, ha visto anche la più rapida crescita economica e demografica di tutta la storia umana. Non per nulla gli storici lo chiamano la “Grande Accelerazione”.
Gli economisti neo-liberali acclamano la Grande Accelerazione come una storia di successo, ma i conti stanno appena iniziando a essere pagati. L’agricoltura industriale sta distruggendo il suolo terrestre a un ritmo di decine di miliardi di tonnellate all’anno. La natura selvaggia è in ritirata: le specie animali hanno perso, in media, il 70% dei loro effettivi nell’ultimo mezzo secolo.
E stiamo alterando il clima planetario in modi che avranno ripercussioni catastrofiche sulle generazioni future. È difficile evitare la conclusione che l’intera impresa umana è cresciuta troppo e che sta trasformando la natura (“risorse”) in rifiuti e inquinamento troppo velocemente per potersi sostenere. L’evidenza suggerisce che dobbiamo rallentare e, almeno in alcuni casi, invertire la rotta riducendo la popolazione, il consumo e i rifiuti.
Ora, mentre affrontiamo una poli-crisi globale di tendenze ambientali e sociali convergenti e spaventose, è nato un nuovo acceleratore sotto forma di IA. Questa tecnologia promette di ottimizzare l’efficienza e aumentare i profitti, facilitando così, direttamente o indirettamente, l’estrazione e il consumo delle risorse.
Se ci stiamo effettivamente dirigendo verso un precipizio, l’IA potrebbe portarci sull’orlo del baratro molto più velocemente, riducendo il tempo a disposizione per cambiare direzione. Ad esempio, se l’intelligenza artificiale rende più efficiente la produzione di energia, significa che l’energia sarà più economica, quindi troveremo ancora più usi per essa e ne useremo di più (un fenomeno noto come “paradosso di Jevons”.
Internet e le funzioni di ricerca avanzate hanno già cambiato le nostre capacità cognitive. (...) In un certo senso, abbiamo già fuso le nostre menti con le tecnologie basate su Internet e sui computer, in quanto dipendiamo totalmente da esse per svolgere alcune attività di pensiero al posto nostro.
L’intelligenza artificiale, in quanto acceleratore di questa tendenza, presenta il rischio di un’ulteriore riduzione delle capacità mentali dell’umanità, tranne forse per coloro che scelgono di farsi imiantare un computer nel cervello. E c’è anche il rischio che le persone che sviluppano o producono queste tecnologie controllino praticamente tutto ciò che sappiamo e pensiamo, perseguendo il proprio potere ed il proprio profitto.
Daniel Schmachtenberger (...) ha spiegato che l’IA può essere vista come un’esternalizzazione delle funzioni esecutive del cervello umano. Affidando le nostre capacità logiche e intuitive a sistemi informatici, è possibile accelerare tutto ciò che la nostra mente fa per noi. Ma all’intelligenza artificiale manca un aspetto fondamentale della coscienza umana: la saggezza, il riconoscimento dei limiti unito alla sensibilità per le relazioni e per i valori che danno priorità al bene comune (pare però che anche gli alti dirigenti umani che danno prova di saggezza e si preoccupano del bene comune non siano poi tanti - NdT).
Il nostro barattare la saggezza con il potere è probabilmente iniziato quando le nostre abilità linguistiche e di costruzione di strumenti hanno reso possibile a un piccolo sottoinsieme dell’umanità, che viveva in determinate circostanze ecologiche, di iniziare un processo di evoluzione culturale auto-rinforzante guidato dalla selezine a più livelli. Persone con armi migliori, che vivevano in società più grandi, hanno sempre soggiogato persone con strumenti più semplici e società più piccole.
I vincitori hanno visto questo come un successo, quindi sono stati sempre più incoraggiati a rinunciare alla consapevolezza dei limiti ambientali e sociali, conoscenze conquistate a fatica che hanno permesso alle società indigene di continuare a funzionare per lunghi periodi di tempo, a favore di una sempre maggiore innovazione e potere a breve termine.
I combustibili fossili hanno mandato in tilt questo processo di feedback auto-rinforzante, producendo così tanti benefici e così velocemente che molte persone potenti sono arrivate a credere che non ci siano limiti ambientali alla crescita e che la disuguaglianza sia un problema che si risolverà da solo quando tutti si arricchiranno grazie all’espansione economica.
Ora, proprio nel momento in cui abbiamo più bisogno di frenare l’uso dell’energia e il consumo di risorse, ci ritroviamo a esternalizzare non solo l’elaborazione delle informazioni, ma anche il nostro processo decisionale a macchine che mancano completamente della saggezza necessaria per comprendere e rispondere alle sfide esistenziali che l’accelerazione precedente ha posto. Abbiamo davvero creato apprendista stregone. (...)
Schmachtenberger ritiene che l’unica soluzione sia che i progettisti di sistemi umani infondano saggezza all’IA. Ma, naturalmente, gli stessi sviluppatori dovrebbero prima coltivare la propria saggezza per trasferirla poi alle macchine. E se i programmatori avessero tale saggezza, potrebbero magari esprimerla prima di tutto rifiutandosi di sviluppare l’IA. E così, torniamo a noi stessi.
Noi umani tecnologici siamo la fonte delle crisi che minacciano il nostro futuro. Le macchine possono accelerare notevolmente questa minaccia, ma probabilmente non possono ridurla in modo significativo. Questo dipende da noi. O recuperiamo la saggezza collettiva più velocemente di quanto le nostre macchine riescano a sviluppare un’intelligenza esecutiva artificiale, o probabilmente il gioco sarà finito. >>
Le ultime migliaia di anni di storia umana hanno già visto diversi acceleratori critici. La creazione dei primi sistemi monetari, circa 5.000 anni fa, ha permesso una rapida espansione del commercio che alla fine è culminata nel nostro sistema finanziario globalizzato. Le armi metalliche hanno reso più letali le guerre, portando alla conquista di società umane meno armate da parte di regni e imperi dotati di metallurgia.
Gli strumenti di comunicazione (tra cui la scrittura, l’alfabeto, la stampa, la radio, la televisione, Internet e i social media) hanno amplificato il potere di alcune persone di influenzare le menti di altre. E, nell’ultimo secolo o due, l’adozione dei combustibili fossili ha facilitato l’estrazione delle risorse, la produzione manifatturiera, la produzione alimentare e i trasporti, consentendo una rapida espansione economica e la crescita della popolazione.
Di questi quattro acceleratori del passato, l’adozione dei combustibili fossili è stata la più potente e problematica. In soli due secoli il consumo di energia pro capite è aumentato di otto volte, così come le dimensioni della popolazione umana. Il periodo successivo al 1950, che ha visto un drammatico aumento della dipendenza globale dal petrolio, ha visto anche la più rapida crescita economica e demografica di tutta la storia umana. Non per nulla gli storici lo chiamano la “Grande Accelerazione”.
Gli economisti neo-liberali acclamano la Grande Accelerazione come una storia di successo, ma i conti stanno appena iniziando a essere pagati. L’agricoltura industriale sta distruggendo il suolo terrestre a un ritmo di decine di miliardi di tonnellate all’anno. La natura selvaggia è in ritirata: le specie animali hanno perso, in media, il 70% dei loro effettivi nell’ultimo mezzo secolo.
E stiamo alterando il clima planetario in modi che avranno ripercussioni catastrofiche sulle generazioni future. È difficile evitare la conclusione che l’intera impresa umana è cresciuta troppo e che sta trasformando la natura (“risorse”) in rifiuti e inquinamento troppo velocemente per potersi sostenere. L’evidenza suggerisce che dobbiamo rallentare e, almeno in alcuni casi, invertire la rotta riducendo la popolazione, il consumo e i rifiuti.
Ora, mentre affrontiamo una poli-crisi globale di tendenze ambientali e sociali convergenti e spaventose, è nato un nuovo acceleratore sotto forma di IA. Questa tecnologia promette di ottimizzare l’efficienza e aumentare i profitti, facilitando così, direttamente o indirettamente, l’estrazione e il consumo delle risorse.
Se ci stiamo effettivamente dirigendo verso un precipizio, l’IA potrebbe portarci sull’orlo del baratro molto più velocemente, riducendo il tempo a disposizione per cambiare direzione. Ad esempio, se l’intelligenza artificiale rende più efficiente la produzione di energia, significa che l’energia sarà più economica, quindi troveremo ancora più usi per essa e ne useremo di più (un fenomeno noto come “paradosso di Jevons”.
Internet e le funzioni di ricerca avanzate hanno già cambiato le nostre capacità cognitive. (...) In un certo senso, abbiamo già fuso le nostre menti con le tecnologie basate su Internet e sui computer, in quanto dipendiamo totalmente da esse per svolgere alcune attività di pensiero al posto nostro.
L’intelligenza artificiale, in quanto acceleratore di questa tendenza, presenta il rischio di un’ulteriore riduzione delle capacità mentali dell’umanità, tranne forse per coloro che scelgono di farsi imiantare un computer nel cervello. E c’è anche il rischio che le persone che sviluppano o producono queste tecnologie controllino praticamente tutto ciò che sappiamo e pensiamo, perseguendo il proprio potere ed il proprio profitto.
Daniel Schmachtenberger (...) ha spiegato che l’IA può essere vista come un’esternalizzazione delle funzioni esecutive del cervello umano. Affidando le nostre capacità logiche e intuitive a sistemi informatici, è possibile accelerare tutto ciò che la nostra mente fa per noi. Ma all’intelligenza artificiale manca un aspetto fondamentale della coscienza umana: la saggezza, il riconoscimento dei limiti unito alla sensibilità per le relazioni e per i valori che danno priorità al bene comune (pare però che anche gli alti dirigenti umani che danno prova di saggezza e si preoccupano del bene comune non siano poi tanti - NdT).
Il nostro barattare la saggezza con il potere è probabilmente iniziato quando le nostre abilità linguistiche e di costruzione di strumenti hanno reso possibile a un piccolo sottoinsieme dell’umanità, che viveva in determinate circostanze ecologiche, di iniziare un processo di evoluzione culturale auto-rinforzante guidato dalla selezine a più livelli. Persone con armi migliori, che vivevano in società più grandi, hanno sempre soggiogato persone con strumenti più semplici e società più piccole.
I vincitori hanno visto questo come un successo, quindi sono stati sempre più incoraggiati a rinunciare alla consapevolezza dei limiti ambientali e sociali, conoscenze conquistate a fatica che hanno permesso alle società indigene di continuare a funzionare per lunghi periodi di tempo, a favore di una sempre maggiore innovazione e potere a breve termine.
I combustibili fossili hanno mandato in tilt questo processo di feedback auto-rinforzante, producendo così tanti benefici e così velocemente che molte persone potenti sono arrivate a credere che non ci siano limiti ambientali alla crescita e che la disuguaglianza sia un problema che si risolverà da solo quando tutti si arricchiranno grazie all’espansione economica.
Ora, proprio nel momento in cui abbiamo più bisogno di frenare l’uso dell’energia e il consumo di risorse, ci ritroviamo a esternalizzare non solo l’elaborazione delle informazioni, ma anche il nostro processo decisionale a macchine che mancano completamente della saggezza necessaria per comprendere e rispondere alle sfide esistenziali che l’accelerazione precedente ha posto. Abbiamo davvero creato apprendista stregone. (...)
Schmachtenberger ritiene che l’unica soluzione sia che i progettisti di sistemi umani infondano saggezza all’IA. Ma, naturalmente, gli stessi sviluppatori dovrebbero prima coltivare la propria saggezza per trasferirla poi alle macchine. E se i programmatori avessero tale saggezza, potrebbero magari esprimerla prima di tutto rifiutandosi di sviluppare l’IA. E così, torniamo a noi stessi.
Noi umani tecnologici siamo la fonte delle crisi che minacciano il nostro futuro. Le macchine possono accelerare notevolmente questa minaccia, ma probabilmente non possono ridurla in modo significativo. Questo dipende da noi. O recuperiamo la saggezza collettiva più velocemente di quanto le nostre macchine riescano a sviluppare un’intelligenza esecutiva artificiale, o probabilmente il gioco sarà finito. >>
JACOPO SIMONETTA
Leggo con piacere i tuoi post. Penso che ogni inventore cerchi di superare l'uomo in quello che fa. Dal mio basso podio vedo in IA molti lati poco convincenti .......io penso che l'essere umano va bene con tutte le sue imperfezioni.
RispondiEliminaGrazie Giovanni per il tuo commento.
EliminaIo credo che le imperfezioni dell'uomo siano un fatto di natura, al quale dobbiamo rassegnarci.
Se però è possibile porvi qualche rimedio (come nel caso della medicina o di certi supporti tecnoogici) questo deve essere il benvenuto.
Il problema nasce dai mezzi che si vogliono utilizzare a tal fine perchè non tutti i mezzi sono egualmente accettabili.
Io non credo che la IA ci presenterà dei problemi etici veramente nuovi, ma forse - con la sua maggiore efficienza - finirà per acuire quelli che già conosciamo. E senza aiutarci a risolverli.
Vi è il rischiò che gli automi si umanizzazino, prendano coscienza di loro stessi, e questo le elites lo sanno benissimo. Diventerebbero pericolosi assai. Inoltre non sono sognatori, romantici come gli umani, ma bensì pragmatici e sanno riconoscere chi gli inganna. Vai a far loro credere che dai seni mozzati di santa Cristina di Bolsena scendesse latte profumato anziché sangue..... Terranno quindi sotto controllo il numero degli umani, e dei robot.
RispondiEliminaPersonalmente non credo che gli automi si umanizzaranno davvero, perche non me hanno i presupposti biologici.
EliminaDaranno solo l'impressione di esserlo, perché a ciò saranno stati programmati (il robot umanoide piace un sacco...).
...si umanizzino.....errata corrige
RispondiElimina...rischio e non rischiò...
Il mio correttore/sbagliatore è implacabile! Sorry.
"Sbagliatore" è un neologismo meraviglioso e sicuramente giustificato, visto che ci siamo già passati tutti.
EliminaComplimenti.
Grazie, ma a noi toscani le bischerate vengono quasi spontanee.....
RispondiEliminaConsiglio la visione del film L' uomo Bicentenario, con Robin Williams, circa i robot che si umanizzano. Chissà!
E comunquue Hollywood ed i Simpson ci svelano il futuro. Meglio sarebbe una visitina agli archivi vaticani. Potendo....
Ho visto anch'io 'L'uomo bicentenario' (tratto oltretutto da un bel racconto di Asimov), ma si tratta, per l'appunto, di intrattenimento e, come dicevo, il robot umanoide (nell'aspetto e nel carattere) funziona a meraviglia.
EliminaQuello che non ho capito bene, però, è se la gente lo desidera, che i robot si umanizzino anche nel pensiero, oppure lo teme.
Perchè un robot che pensa come un umano è molto meno efficiente di un robot vero (che esegue e basta), ma diventa più simile a noi, e quindi più facile da empatizzare.
Temo che decenni di film e romanzi con le macchine ribelli e cattive (cosa del tutto inverosimile) ci abbiano confuso parecchio le idee.
All'IA (per ora) manca non solo la saggezza ma anche l'auto-consapevolezza (ammesso che un giorno essa possa essere propria di un artefatto privo di base biologica).
RispondiEliminaL'argomento cmq risulta di grande attualità e sembra destinato ad crescere ulteriormente di importanza nel prox futuro a livello non solo tecnico ma anche/soprattutto etico, giuridico e (genericamente) sociale. La prospettiva più probabile sembra quella di una crescente "fusione" tra essere umano e nuove tecnologie IA e robotiche, ma la questione risulta così complessa da rendere particolarmente sdrucciolevole la formulazione di qualsivoglia previsione sufficientemente dettagliata in merito.
Caro Claude, sono d'accordo con la tua analisi: la questione è complessa e tale resterà, anche perché la ricerca non è unica, ma vi sono tanti centri scollegati tra loro.
EliminaComunque, più che il robot che si umanizza (?), mi fa paura l'uomo che si robotizza, con l'innesto di supporti tecnologici mentali (fantascienza pura? Temo di no).
"Intelligenza artificiale" è un ossimoro perché l'ntelligenza (dal latino intelligĕre «intendere») è quel complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni. Le macchine al contrario sono totalmente ignoranti perché senza le istruzioni dell'uomo non possono fare nulla. La questione etica riguarda dunque chi le programma. Sarebbe troppo facile dare colpa alle macchine al verificarsi di un qualche disastro. Parlare di "accelerazione" significa parlare di una questione complessa dai risvolti sia positivi che negativi. Se si tratta di sveltire le procedure, ben venga l'accelerazione ma, come molti di voi hanno sostenuto, il rischio di una errata programmazione può essere quello di amplificare gli effetti di un errore di calcolo con conseguenze devastanti.
RispondiEliminaCaro Agostino, hai colto nel segno.
EliminaI problemi (ed i rischi) stanno tutti dalla parte dei programmatori, che sono umani.
Qualcuno ha detto che la IA serve semplicemente a sostituire i lavoratori intellettuali, dopo averlo già fatto con quelli manuali.