sabato 26 agosto 2023

La mistica del Fascismo

Ho parlato recentemente del Fascismo sotto il profilo più noto, quello socio-economico, ma il movimento fondato da Mussolini è stato anche una sorta di Religione, con la sua mistica, i suoi dogmi ed i suoi riti.
A questo aspetto è dedicato il post di oggi, scritto da Gordano Bruno Gierri e tratto da uno dei suoi libri di maggior successo ('Fascisti').
LUMEN


<< I totalitarismi del XX secolo - fascismo, comunismo, nazismo - rinnegarono lo schema cartesiano fondato sul dubbio che aveva legittimato la libertà individuale e sociale e sul quale si era costruita la coscienza civile moderna. Imposero invece un modello fideistico non molto diverso da quello medioevale, nel quale l'assolutismo religioso diveniva la dimensione suprema che avvolgeva ogni fenomeno dell'esistenza.

Giovanni Gentile scrisse: << Come il cattolico, se è cattolico, investe del suo sentimento religioso tutta la propria vita, e, parli e operi, o taccia e pensi e mediti nella propria coscienza [...] si ricorderà sempre del suo più alto monito della sua mente, per operare e pensare e pregare e meditare e sentire da cattolico; così il fascista, vada in Parlamento, o se ne stia nel Fascio, scriva sui giornali o li legga, provveda alla sua vita privata o conversi con gli altri, guardi all'avvenire o ricordi il suo passato e il passato del suo popolo, deve sempre ricordarsi di essere fascista. >>

Il fascismo dunque non poteva che essere ciò che gli intellettuali e i politici fascisti non si stancarono mai di ripetere, una concezione religiosa della vita che non aveva bisogno né di libertà né di dimostrazioni.

Vale, anche per il regime fascista, l'interpretazione di tipo religioso data da Hans Kohn: << II fanatismo dei totalitari nasce dal carattere assolutista della loro fede. La consapevolezza della verità salvatrice dà loro la fermezza; l'oppositore ha sempre torto; non vi può essere perciò nessun compromesso. In quest'ortodossia secolarizzata, il rigore che nulla teme è un vero servizio per il raggiungimento della meta. La certezza totalitaria della vittoria è fondata su una fiducia escatologica, scevra da connessioni morali. >>

Il fascismo, partito dall' ottocentesco culto della patria, gli sovrappose il nuovo culto del littorio, esasperato poi nel culto di Mussolini, visto non solo come demiurgo ma anche come simbolo e sintesi di tutti gli italiani. Mussolini divenne il dio a cui tutto era possibile e molto era dovuto: rappresentava infatti la miscela micidiale di patriottismo religioso e rivoluzione, ortodossia di valori civili e sradicamento delle norme. Nel duce gli italiani adoravano se stessi, soddisfatti di un uomo-mito che li rappresentasse e li elevasse tutti, purché non chiedesse altro sforzo · che quell'identificazione.

A differenza della classe dirigente liberale - che non conosceva il popolo e ne provava intimamente ribrezzo - quella fascista giunse a idealizzarlo e a sedurlo: non solo infatti lo conosceva bene, ma fu anche capace di catturarne l'energia. Il regime però aveva una reale spinta rivoluzionaria, la più ambiziosa: formare l' «italiano nuovo», educandolo al senso della guerra, necessità ineliminabile che presto o tardi sarebbe divenuta il destino di ognuno; alla socializzazione, momento altissimo dello spirito e base indispensabile per la costituzione di una nazione forte; alla consapevolezza della propria missione nel mondo.

Per arrivare a una trasformazione così drastica il regime aveva bisogno appunto di un consenso religioso che però esisteva soprattutto a due livelli: quello popolarissimo delle campagne e dell'ignoranza, dove l'informazione era minima e Mussolini veniva considerato né più né meno alla stregua di un santo che aveva «fatto del bene» e che sempre avrebbe potuto farne; quello ideologizzato dei giovani, degli studenti, degli intellettuali, degli appassionati di politica che volevano partecipare alla rivoluzione fascista.

In mezzo a questi due c'era il livello della maggioranza (i fedeli della domenica), che senza fanatismi apprezzavano l'ordine, l'orgoglio e le realizzazioni del regime. L'antifascismo invece - attivo o umorale - si manifestava quasi soltanto nei primi due livelli: quello popolare, in ricordo di un passato in cui si sognava tutt'altra rivoluzione, e quello intellettuale.

Per cambiare gli italiani il regime fece leva pure – più inconsciamente che consapevolmente, perché anche i fascisti erano italiani - sulle loro debolezze ataviche, sulla loro religiosità intrisa di elementi paganeggianti, sulla scarsissima educazione alla democrazia, sull'inclinazione alla procrastinazione e all'attesa del soprannaturale, sul bisogno - inalterato nel corso dei secoli - di delegare il proprio destino a un principe.

Era un popolo che si atteggiava a duro e forte mantenendo tutte le debolezze di un carattere formato nei secoli: l'esibita fede religiosa scarsamente applicata, la doppia morale, l'ipocrisia di fondo, l'essere debole con i forti e forte con i deboli, l'apparire e il non essere.

Anche per questo gli italiani si fusero entusiasticamente con un regime cui somigliavano. In genere, però, quale popolo opportunista, facevano mostra di ortodossia ma accettavano del regime quanto piaceva loro e rifiutavano intimamente le spinte a una trasformazione reale della società.

Com'è ovvio, pretendere di cambiare un popolo nel giro di pochi anni - con un modello più idealizzato che reale e un rituale di potenza che strideva con la realtà del Paese - conduceva molto spesso al ridicolo: ma nessuna religione ha paura del ridicolo anzi, più i suoi riti sono assurdi, irrazionali, risibili, più esercita suggestione, quindi potere, sui fedeli. (…)

Italiani e fascismo procedettero felicemente solidali finché il regime si limitò a chiedere ai fedeli prima di tutto un'adesione formale ed esteriore, non essendo alla portata di ciascuno una fede intensa e praticata nell'intimo.

Materialmente stroncato dalle sconfitte militari, il fascismo perse la sua vera guerra non riuscendo a rendere «religiose» le masse borghesi che lo appoggiavano ma che non erano disposte a condividerne fino in fondo il misticismo rivoluzionario fatto di fede cieca e assoluta in se stesso e di spirito guerriero: tanto più quando il regime si volse proprio contro lo «spirito · borghese», inteso come spirito «di soddisfazione e di adattamento, tendenza allo scetticismo, al compromesso, alla vita comoda, al carrierismo. >>

GIORDANO BRUNO GUERRI

5 commenti:

  1. Un buon esempio della 'mistica' del fascismo è dato, secondo me, dalla radiocronaca che fa da sfondo allo struggente film di Ettore Scola 'Una giornata particolare', ambientato nel giorno della visita di Hitler a Roma.
    Negli eccessi retorici e nelle iperboli vuote del commentatore di quell'incontro (riprodotti benissimo nel film) c'è tutta l'inconsistenza di una fede vuota e formale, quale fu, sostanzialmente, il Fascismo.
    A conferma che le fedi 'laiche' non possono mai competere con quelle religiose.

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  2. Ricordo anche io quel notevole film, ben interpretato dalla Loren, meno da Mastroianni, a mio avviso. Fede vuota e formale, fede di convenienza. Franza o Spagna basta che se magna. ..Sangenna' famme la grazia, che è più o meno la stessa cosa. Popolo smaliziato il nostro. Più facile manovrare i tedeschi o i giapponesi. Sono più ottusi.

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    1. Forse sono solo più collaborativi e sensibili all'interesse collettivo, mentre noi siamo (per una serie di motivi storici) più cinici ed individualisti.
      Questo alle volte può essere un vantaggio (sotto una dittatura), ma altre volte può essere uno svantaggio (quando sei in democrazia).

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  3. Articolo complessivamente lucido e intellettualmente onesto, che conferma la stimolante 'singolarità' politico-culturale del suo Autore. In relazione alla parte finale, si potrebbe aggiungere: viva lo "spirito borghese" (normalmente malfamato a destra come a sinistra)! Saluti

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    1. Io credo che dello 'spirito borghese' si possa dire quello che Churchill diceva della democrazia: è la mentalita peggiore, ad eccezione di tutte le altre.

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