martedì 16 maggio 2023

Il lavoro in Italia

Il post di oggi riporta le considerazioni di Gaia Baracetti sul cosiddetto 'mercato del lavoro' che esiste attualmente in Italia, con le sue caratteristiche peculiari, i suoi difetti e le sue distorsioni.
Il pezzo è stato scritto nel novembre 2022, quando il Reddito di Cittadinanza era ancora in vigore, ma si parlava già apertamente del suo superamento.
Oggi, come noto, il R.d.C. è stato abolito e sostituito con una diversa provvidenza, che ne ha modificato la struttura (anche se solo in parte), ma le considerazioni di Gaia Baracetti – a mio avviso – restano del tutto valide.
LUMEN


<< Checché ne dicano i suoi sostenitori, è evidente che il 'reddito di cittadinanza' ha spinto le persone a non lavorare o a lavorare in nero.

Questo sarebbe stato evitabile in un mercato del lavoro ideale, di quelli che insegnano nel primo anno di economia, in cui domanda e offerta di lavoro si incontrano al prezzo (salario) esatto a cui alle persone va bene lavorare e ai datori di lavoro va bene assumere. Mi paghi di meno? Piuttosto resto a casa. Mi chiedi uno stipendio troppo alto? Non mi conviene assumerti.

Purtroppo, dato che il nostro non è un mercato del lavoro chiuso, ma continuano ad arrivare immigrati dall’estero, e lo stesso vale per le merci, mi sembra che il risultato sia stato non che sono migliorate le condizioni di lavoro e gli stipendi, ma semplicemente che i datori di lavoro, che spesso – anche se non sempre – davvero non possono pagare la gente di più, hanno assunto stranieri, a nero o in regola.

Questo è un punto molto importante. In un paese isolato economicamente, se la gente non è disposta a lavorare per lo stipendio che offri, magari per un po’ ne fai a meno, ma prima o poi sarai costretto a offrire di più. La merce o i servizi conseguentemente costeranno di più, ma il paese dovrà e potrà pagare questo nuovo prezzo, perché non avrà alternative e perché i salari saranno più alti.

Sembra che dopo la peste del Trecento, che aveva ucciso in alcune aree d’Europa metà o un terzo della popolazione, rimasero così pochi contadini che i proprietari terrieri si trovarono costretti a offrire paghe altissime pur di convincerli a lavorare.

Questo è per la maggior parte della gente uno sviluppo positivo. Ma noi non abbiamo quel tipo di economia: abbiamo un’economia globalizzata, che è tutta un’altra cosa. Se puoi far continuamente entrare gente disposta a lavorare a qualsiasi condizione purché sia leggermente migliore di quella del paese d’origine, i lavoratori li trovi alle stesse condizioni di prima, cioè, spesso, di sfruttamento.

E siccome la merce a un prezzo più alto non te la compra nessuno, dato che la stessa cosa si può importare dall’estero dove costa meno produrla, non riesci mai a guadagnare quel tanto in più sufficiente per pagare effettivamente di più i tuoi lavoratori. Quello che a me sembra essere successo, a grandi linee, è che chi sfruttava gli italiani adesso sfrutta gli stranieri, e chi avrebbe voluto pagare di più non poteva farlo prima e non può farlo neanche adesso.

Le soluzioni solitamente proposte al pasticcio dei 'Cinque Stelle' [il Reddito di Cittadinanza - NdL] potrebbero addirittura peggiorare la situazione. Far fare lavori socialmente utili ai percettori di reddito significa farli entrare in competizione con chi fino ad oggi quei lavori li svolgeva con uno stipendio pieno e dignitoso, e creare una strana situazione di povertà perenne e lavoro sottopagato come norma.

L’idea di togliere il reddito al primo rifiuto di posto di lavoro neanche può funzionare, perché la stragrande maggioranza delle offerte di lavoro sono al di fuori dei centri per l’impiego, e quindi invisibili e non registrate (sarebbe forse in teoria possibile obbligare tutti i datori di lavoro a fare offerte tracciabili, ma in questo caso un percettore del reddito può supplicarli o corromperli affinché non dicano di avergli fatto un’offerta). Inoltre certe offerte di lavoro sono effettivamente inaccettabili, e non si può punire chi le rifiuta.

Anche l’idea dei “percorsi di formazione” mi lascia molto perplessa. Chiunque, da dipendente o da imprenditore, si sia trovato costretto a frequentare questi dannatissimi corsi che ci vengono imposti di continuo, si sarà accorto che costano un sacco e nella maggior parte dei casi non servono a niente se non a far lavorare laureati che non trovando altro si riciclano così.

In fondo, l’umanità è riuscita a fare di tutto nella sua storia anche senza i “corsi di formazione.” Di solito, le persone imparano se hanno voglia o bisogno di imparare. Non ho mai visto nessuno che abbia imparato a fare il contadino in un corso di formazione; persino la facoltà di agraria serve più a formare ricercatori che allevatori e agricoltori.

Con poche eccezioni, da che mondo è mondo i mestieri si imparano da apprendisti e sul campo, non tra i banchi. Le aziende possono formare i propri dipendenti a proprie spese, pagandoli meno durante il periodo di apprendistato, come previsto dalla legge, in modo che il rapporto sia vantaggioso per entrambi.

Se si richiedono competenze molto specifiche e tecniche, per esempio per medici, avvocati o ingegneri, ci sono già i percorsi di laurea e abilitazione. Ma fare dei corsi di formazione, avviamento al lavoro, inserimento, chiamateli come preferite, è la solita tattica di rendere le cose più complicate del necessario giusto per dire di aver fatto qualcosa, e, a dirla tutta, di creazione di posti di lavoro inutili in funzione clientelare. Tipo i navigator. >>

GAIA BARACETTI

7 commenti:

  1. COMMENTO di SERGIO

    Ho letto e riletto attentamente questo bel
    testo che descrive molto bene la situazione
    in Italia (e forse anche altrove). Ma cosa
    fare per cambiare o almeno migliorare le cose?

    Mi chiedo per esempio:l’afflusso di manodopera
    straniera a basso costo - che fa concorrenza
    alla manodopera indigena - è voluta
    (dalle elite) o è un fenomeno naturale
    e inarrestabile che ci tocca subire,
    anche per via del famoso diritto internazionale?

    Quanto al famoso o famigerato reddito di
    cittadinanza - grazie al quale si sarebbe addirittura sconfitta
    la povertà - ha davvero un influsso
    negativo? Mi sembra che sia di soli 700 euro,
    una miseria (puoi spenderli in una botta sola
    al ristorante). A me sembra un’elemosina che
    si potrebbe continuare ad elargire (Feltri
    invece è contrarissimo, per lui è un incentivo
    a non lavorare).

    Un aspetto interessante da approfondire è
    quello del mercato chiuso o aperto e della
    concorrenza.

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    1. Caro Sergio, l'afflusso degli immigrati come manodopera a basso costo è chiaramente voluto dalle elites, altrimenti gli strumenti giuridici (e culturali) per fermarlo li avrebbero già trovato.
      Il R.d.C. serve proprio ad aggirare questo problema: si aiutano gli italiani poveri con i soldi di delle tasse (a carico di tutti), mentre i guadagni degli industriali che utiizzano gli immigrati sottopagati non vengono toccati.
      A livello macro-economico, si tratta di un trasfermento di ricchezza dal ceto medio alle elites.

      Poi, ovviamente, gli immigrati ci faranno pagare un prezzo molto salato a livello sociale (per le difficoltà di integrazione, che diventerà ben presto impossibile), ma per il momento il conto economico è in attivo.

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    2. COMMENTO di SERGIO

      Ma in questo caso il conto è in attivo, ma solo per alcuni
      (gli imprenditori) o non anche per il paese? Se grazie
      alla manodopera a basso costo il prodotto lordo sale,
      o almeno non cala, ne approfitta infatti tutto il paese, o no?

      Certo c’è poi l’altro lato della medaglia: difficoltà
      d’integrazione di una massa d’individui con scarsa o nulla
      voglia d'integrarsi e tutti i problemi connessi allo
      sviluppo demografico. La popolazione italiana
      è stata per decenni stabile intorno ai 57 milioni
      di abitanti, ora sembra essere intorno, ma al di sotto
      dei 60, strano. Certo incide la denatalità, ma
      l’invasione è ormai in atto da decenni e continua.
      Pensavo che l’Italia avesse superato da tempo
      i 60 milioni.


      Ma è la politica o l’economia che guida i destini del paese?
      Si direbbe che a dettar legge è l’economia, ma
      le elite mirano agli Stati Uniti d’Europa e poi
      al Nuovo Ordine Mondiale. Gli Stati Uniti d’Europa
      (ma chi li ha concepiti, chi li vuole veramente?)
      significano la fine degli odierni stati nazionali
      europei e delle loro costituzioni. Ormai la
      Commissione europea detta legge anche in
      questioni non proprio rilevanti. E invece
      tutti si appellanno alla nostra costituzione,
      la più bella del mondo, ci dicono.

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    3. Non ho le statistiche al riguardo (e nemmeno la competenza economica per interpretarle correttamente), ma la mia impressione è che, mentre i vantaggi economici (a breve termine) per le elites industriali ci sono sicuramente, per il Paese nel complesso i pro e i contro economici finiscono per annullarsi.
      Perchè le provvidenze per i poveri italiani (ex R.d.C.) ed i costi materiali dell'accoglienza, possono facilmente compensare l'aumento della produzione.

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    4. << Ma è la politica o l’economia che guida i destini del paese? >>

      A comandare, ovviamente, sono le elites economiche, (ma non quelle italiane, che non esistono più, quelle globali).
      La classe politica si limita ad eseguire gli ordini, in cambio di ricchezza e potere (personali).

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  2. COMMENTO di SERGIO

    Una conferma di quanto scrive Gaia Baracetti:

    https://www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/le-regioni-aprono-ai-medici-stranieri-il-futuro-fosco-di-un-settore-disperato-261956/

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  3. Un articolo molto interessante. Questo è l'incipit:

    << Il futuro potrebbe essere costellato da medici stranieri, in un Paese, l’Italia, che perde sempre di più i propri cittadini, li fa scappare all’estero, non generando più figli e promuovendo lo sfruttamento del lavoro di chi viene da fuori. Un quadro tragico da qualsiasi punto di vista lo si guardi: identitario come economico e sociale. >>

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