giovedì 7 luglio 2022

Nel nome del padre

La scelta del cognome da attribuire ai figli è un tema di grande attualità sociale e giuridica. Oggi infatti, per una serie di motivi, questo cognome non può più essere solo quello paterno, come da tradizione.
Tra le varie soluzioni possibili, però, non è facile trovare quella ottimale.  
Il pezzo che segue, tratto dal sito 'Il Post', cerca di fare il punto sulla situazone giuridica in essere, con alcune riflessioni più generali sull'argomento. Buona lettura.
LUMEN


<< In Commissione giustizia del Senato è iniziata la discussione sulle proposte di legge per attribuire direttamente ai figli e alle figlie il cognome della madre ed eliminare così l’automatismo dell’assegnazione del cognome paterno, da molte e molti ritenuto discriminatorio non soltanto rispetto ai figli e alle figlie, ma più in generale anche nei rapporti e tra i componenti della coppia.

È da oltre quarant’anni che in Italia si parla di questa possibilità: ci sono state sentenze e convenzioni internazionali ratificate dall’Italia, ripetuti richiami e raccomandazioni delle istituzioni europee, disegni di legge presentati e mai discussi e altri mai approvati in via definitiva, ma ancora oggi non è possibile attribuire al figlio o alla figlia il solo cognome della madre.

In Italia la norma per dare il cognome paterno ai figli e alle figlie è sempre stata implicita.

Non c’è, insomma, una legge che stabilisce questa prassi esplicitamente, ma una serie di altre norme che la presuppongono: alcuni articoli del codice civile e alcuni decreti del Presidente della Repubblica, come il 396/2000 che prevedeva il divieto di imporre al figlio lo stesso 'nome' del padre, se in vita, per evitare omonimie.

Dal 2017 è invece possibile affiancare il cognome materno a quello del padre se entrambi i genitori sono d’accordo, attraverso una procedura amministrativa stabilita dal ministero dell’Interno. Non è stato dunque riconosciuto un diritto attraverso una legge, il cognome materno deve venire comunque per secondo, non è possibile invertirli e non è possibile nemmeno scegliere solo il cognome materno. In caso di disaccordo, continua a prevalere l’attribuzione del solo cognome paterno.

Questo vale se i genitori sono sposati. Se invece non lo sono è possibile, attraverso una procedura piuttosto complicata, attribuire al bambino il solo cognome materno facendolo riconoscere inizialmente solo alla madre, e poi in seguito anche al padre. La procedura deve essere confermata dal Tribunale dei minori, che deciderà se lasciare il solo cognome materno, aggiungere quello del padre o sostituire quello materno con quello paterno.

In molti altri paesi europei non funziona così. Esistono infatti delle leggi che, pur nelle differenze, sono tutte ispirate allo stesso principio: quello della possibilità di attribuire al proprio figlio o alla propria figlia al momento della nascita il cognome paterno, materno o quello di entrambi i genitori.

In alcuni paesi, in mancanza di un accordo tra i genitori, vengono apposti entrambi i cognomi in ordine alfabetico, come in Francia, mentre in Lussemburgo è previsto un sorteggio. In Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia, se non viene data un’indicazione viene apposto d’ufficio il cognome della madre, così come in Austria. La Spagna (e in generale i paesi dell’America latina, a parte qualcuno), rappresenta a sua volta un’eccezione: c’è infatti la regola del “doppio cognome”, per cui i figli portano il primo cognome di entrambi i genitori.

La costituzionalista Carla Bassu ha spiegato che «in Italia l’apposizione del cognome paterno riflette una struttura sociale storicamente patriarcale in cui il ruolo pubblico era riservato agli uomini “capifamiglia” e le donne passavano dalla tutela del padre a quella dello sposo del quale assumevano, a dimostrazione della “cessione” avvenuta, anche il cognome».

L’automatismo nell’assegnazione del cognome paterno (cioè del “nome di famiglia”) riflette insomma una tradizione giuridica costruita sulla figura del “pater familias” che aveva un potere educativo e correttivo su moglie e figli (il cosiddetto jus corrigendi). Una tradizione giuridica che puniva unicamente l’adulterio della moglie, che dava rilevanza penale alla causa d’onore, all’istituto del “matrimonio riparatore” e che considerava la violenza sessuale un delitto contro la moralità pubblica e il buon costume.

«Il cognome non è solo una scelta tecnica: è una questione di potere, visibilità sociale e autorevolezza, negata alle donne e dalle donne stesse spesso sottovalutata» ha scritto su MicroMega la giornalista femminista Monica Lanfranco. (...) «Pensare che la lotta per il cognome materno sia una questione secondaria significa non vedere il meccanismo omissivo, segregativo, cancellatorio, invisibilizzante delle madri». (...)

Le proposte di legge attualmente in discussione sono sei (…). Tutte introducono per i genitori il principio della libera scelta sul cognome, e prevedono che i genitori decidano, di comune accordo, di attribuire uno solo o entrambi i cognomi ai propri figli, nell’ordine preferito.

Nel caso non ci fosse accordo sul numero dei cognomi o sul loro ordine verrebbero attribuiti entrambi i cognomi seguendo l’ordine alfabetico. Nessuna delle proposte si occupa però di regolamentare i casi in cui i figli siano stati registrati col solo cognome paterno, lasciando dunque come unica strada valida quella di far ricorso al prefetto. (…)

Per protestare contro l’automatismo italiano nell’attribuzione del cognome, negli ultimi anni sono nati diversi gruppi e sono state avviate numerose campagne di sensibilizzazione, animate da giuriste, costituzionaliste e attiviste.

In generale, la modifica che è stata preferita in questa lunga elaborazione è che a essere trasmessi al figlio o alla figlia siano i cognomi di entrambi i genitori, per evitare che di fatto continui a prevalere l’automatismo dell’assegnazione del cognome paterno, per prassi e per cultura.

Bassu spiega che l’impostazione basata esclusivamente sulla discrezionalità dei genitori rischia di tradursi «in una nuova prevalenza della componente maschile per ragioni ancorate alla tradizione ma anche a delicate dinamiche di tipo sociale ed economico che portano ancora la donna a essere, in molti casi, parte debole nella coppia». >>

IL POST

16 commenti:

  1. Posso dire che trovo questa proposta ridicola o non proprio così importante - senza passare per reazionario, troglodita e magari anche fascista e razzista? Capisco che per i promotori è invece una questione della massima importanza, di civiltà, come il decreto Zan/Cirinnà contro la - madonna santa, come si scrive e pronuncia questa parola - omotranslesbofobia. Entrambe le questioni non interessano al 99% della popolazione italiana (stima mia approssimativa, forse errata).
    Per chi investe energie e anche un po' di intelligenza per portare avanti queste battaglie sono invece questioni della massima importanza, appunto di civiltà (dicono loro, io non mi associo, perché sono un troglodita, fascista e razzista, ovviamente omofobo e magari anche antisemita). Come diceva Totò in quel film a Peppino de' Filippi: aggiungi, abbondiamo, tutto fa brodo).

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  2. Dopo lo sfogo qui sopra provo a ragionare. Va bene, fate pure, aggiungete pure il nome della madre, basta patriarcato, anche la madre ha il sacrosanto diritto di figurare nel nome del figlio. Cosa che gli spagnoli fanno da un'eternità del resto. Però ci sono difficoltà anche pratiche come riconosce persino la Corte costituzionale. Che nome daremo poi ai nipoti e pronipoti, il loro nome non rischia di allungarsi un po' troppo? Ma alla fine prevarrà il buon senso per fortuna.
    Sì, la civiltà avanza, il patriarcato è roba del passato, gli uomini sono sempre più smidollati e le donne vogliono gli stessi diritti - per carità, ci mancherebbe! Io quando vedo le femministe manifestare coi volti stravolti dalla rabbia mi dico: che schifo di donne, tenetevela pure la vostra ... Ieri ho visto stralci della partita di calcio delle donne: incredibile, sono proprio come gli uomini, quando fanno un gol impazziscono, fanno le ammucchiate. No, che schifo, che sceme. Vogliono anche ingaggi come gli uomini ovviamente (però se non riempiono gli stadi dove li trovi i soldi?). Però trovo il calcio femminile più divertente: le donne giocano davvero meglio dei maschiacci e non fanno il catenaccio, per cui si vedono davvero delle belle azioni. Col che dimostro che non sono prevenuto, giochino pure al calcio e si divertano le donne. Però lo stesso trovo le calciatrici un po' coglione, come del resto sono coglioni anche i calciatori (però furbi, fanno soldi a palate).

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  3. Notizia letta poco fa: una napoletana 42enne, laureata in lingue straniere e persino con un master sulle variazioni dello spagnolo sudamericano, ma disoccupata, parteciperà a un concorso per l'assunzione come operatrice ecologica alias spazzina. I posti a disposizione sono 500, le domande sono 20'000 (ventimila), è richiesta la licenza di terza media. È chiaro che quella poveretta sarà quasi sicuramente scartata in quanto superdotata. È anche logico e giusto: se con quegli studi e alla sua età non si è ancora "sistemata" qualcosa non va.

    Cosa c'entra questa notizia con l'argomento del giorno? È che questa notizia di cronaca mi colpisce più della "battaglia di civiltà" per l'assegnazione del nome dalla madre ai figli.
    Il problema vero è il lavoro o meglio il posto fisso - che non c'è. E 8 miliardi di esseri umani hanno bisogno di un posto fisso e di un reddito. Il reddito solo non basta, la gente deve lavorare - per non impazzire. Questi sono i veri problemi per me.

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  4. Caro Sergio, è vero che ci sono problemi più seri, ma quello del cognome dei figli mi sembra comunque una cosa importante e, se ben risolto, anche un piccolo progresso sociale a costo zero.
    Io, personalmente, sono decisamente contrario al doppio cognome, che aggiunge solo confusione alla prima generazione e complicazioni insolubili dalla seconda in poi.
    Ritengo inotre poco felice la possibilità che dei fratelli, figli di una stessa coppia sposata, possano avere cognomi diversi (alcuni del padre, altri della madre).
    La mia modestissima proposta è questa: nel matrimonio la scelta del cognome viene fatta una volta per tutte all'inizio, come per lo stato patrimoniale (comunione o separazione dei beni). Fuori dal matrimonio, decide di volta per volta chi va a registrare all'anagrafe.
    Poi, una volta che il figlio sarà maggiorenne, potrà cambiare il cognome come vuole, ma almeno sarà una scelta sua.

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  5. "Poi, una volta che il figlio sarà maggiorenne, potrà cambiare il cognome come vuole, ma almeno sarà una scelta sua."

    Sì, mi sembra una proposta ragionevole, ma lo stesso non mi piace troppo, si crea anche così confusione non proprio necessaria. Come detto, d'accordo, fatela pure questa piccola rivoluzione, ma a me non sembra veramente fondamentale, un salto di qualità, più civiltà ecc.
    Qui ormai si vuole cambiare tutto, i giovani possono cambiare nome come gli pare (pretesa accolta in una scuola), cambiare sesso ecc. L'UE pretende che si faciliti il cambio di sesso anche dei bambini: qui siamo proprio alla follia, sono anzi dei criminali. Ma come si dice: c'è del metodo in questa follia, creare il caos per poi governare meglio (divide et impera). Ormai come ti muovi e parli rischi una denuncia e una condanna. Ma poi non è detto che il caos favorisca le elite, alla fine saltano anche loro se non stanno attente.
    Credi che il caos a Lampedusa di questi giorni, l'invasione e l'africanizzazione dell'Italia in pochi anni sia un evento casuale, naturale per così dire? Bergoglio come primo atto del suo mandato è volato a Lampedusa per predicare l'accoglienza (alcuni giorni dopo sono affogate in una botta sola più di 300 persone, ovviamente per colpa nostra).

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    1. << Ma poi non è detto che il caos favorisca le elite, alla fine saltano anche loro se non stanno attente. >>

      Esattamente: un po' di caos è utile per favorire le elites (il divide et impera di cui parlavi tu), mentre troppo caos rende la società ingovernabile e quindi ingestibile anche da loro.
      Trovare la giusta misura non è facile, e, soprattutto, non è sempre possibile.
      Così, a volte, la sorte prende il sopravvento e le elites al potere vengono travolte a favore di nuove elites nascenti.
      E sono gli eventi che 'fanno' la storia.

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  6. Come in Spagna e in altri Paesi, il doppio cognome ci puo' stare ma alla successiva generazione stop, altrimenti si rischia una tiritera tipo canzonetta 'Alla fiera dell'Est'...
    Più in generale, non si comprende né tantomeno si approva quel (neo)femminismo militante & aggressivo che sta alla base di rivendicazioni come quella descritta nel post e che costituisce nient'altro che la versione eguale & contraria del tradizionale e oggi largamente malfamato maschilismo d'antan... Saluti

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  7. COMMENTO di GP VALLA

    Interessante il post.
    Non saprei aggiungere altro a quanto ha già scritto Sergio, che condivido appieno. La "battaglia per il cognome" è la tipica lotta della sedicente sinistra attuale, perfettamente descritta nel post del 3 giugno: si parla ddl cognome per non parlare della crisi economica, dell'inflazione al 9% a fronte di stipendi e pensioni bloccati, del fatto che quasi un italiano su dieci è in povertà assoluta (incapace di soddisfare i bisogni primari), delle aziende che chiudono, delle minacce di guerra...

    Per chiudere in modo un po' più leggero, ricordo che in non pochi paesi il padre trasmette ai figli non solo il cognome, ma anche il proprio nome, sotto forma di patronimico. Roba da far venire un infarto alla "sinistra" nostrana ( e non solo).

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  8. Cari amici, le femministre, negli anni, hanno combattuto tante battaglie: alcune fondamentali, altre importanti ed altre ancora ridicole.
    Quella del cognome dei figli mi sembra una battaglia comunque importante.
    La struttura della famiglia è cambiata profondamente ed oggi, a mio avviso, non ci sono più le motivazioni economiche e sociali (per non parlare di quelle biologiche, che non ci sono mai state) che giustificavano un dominio così assoluto del cognome paterno.
    Pertanto, ben venga un aggiornamento della legge in materia, purchè intelligente.

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    1. Vabbè, fate pure, non sono decisamente contrario, mi disturba l'enfasi posta sulla questione che non reputo così importante. E poi mi raccomando, proprio come dici tu, Lumen: "ben venga l'aggiornamento della legge, PURCHÉ INTELLIGENTE".

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    2. Poscritto

      "La struttura della famiglia è cambiata profondamente."

      Davvero, sei proprio sicuro? Sì, ci sono vari tipi di famiglie, alcune decisamente bizzarre a essere benevoli (omosessuali maschi con bimbo acquistato al mercato, la chiamano GPA, severamente proibito parlare di utero in affitto, è reato da codice penale).
      Però tutto sommato prevale la famiglia all'antica seppur numericamente ridotta. Comunque io ricordo che i salesiani denunciavano già sessanta anni fa la "piaga" del figlio unico. Stranamente questa denuncia, comunicata a noi ragazzetti di dodici-tredici anni, mi è rimasta ben impressa. Com'erano preoccupati i salesiani! Allora non immaginavano che avrebbero presto assistito alla telecronaca diretta della fine del cristianesimo (arbitro venduto un argentino ...).

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    3. Caro Sergio, a parte le 'nuove' famiglie particolari, io penso che sia cambiata notevolmente proprio la famiglia classica, tradizionale, nel rapporto tra i coniugi.
      Prima era chiaro, ed anche ovvio, che l'uomo fosse il capo della famiglia, perchè ne forniva il reddito e ne aveva le responsabilità (con tutti gli onori e gli oneri connessi), mentre che la moglie, essendo priva di reddito, si trovava in una situazione oggettivamente subordinata.
      Oggi, invece, i due coniugi lavorano entrambi fuori casa, sono parificati dalla legge dal punto di vista giuridico ed hanno anche una vita sociale autonoma.
      Il primato del marito non esiste più, e quindi è giusto prenderne atto.

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    4. "Il primato del marito non esiste più, e quindi è giusto prenderne atto."

      Be', sì qualcosa è indubbiamente cambiato in occidente, il rapporto tra uomo e donna è - almeno idealmente - paritetico, niente da eccepire. Oppure sì?! Fatto sta che le donne ormai pensano soprattutto alla carriera e ai soldi e alle amenità della vita e di figli ne vogliono il meno possibile, anzi molte proprio nessuno (vedi Gaia). Essendo noi dei neomalthusiani potremmo considerare la cosa positiva, ma ... Di questo passo gli italiani si estingueranno o saranno surclassati dai cosiddetti nuovi italiani. Che la parità dei sessi non abbia anche qualche risvolto negativo? Tutto sommato il paterfamilias non era poi un mostro (o solo in pochi casi, taluni famosi come Tolstoi). Se mi sentissero le o certe femministe credo che mi impalerebbero ...
      Conosci il romanzo di Aldous Huxley "Brave new world" degli Anni Trenta del secolo scorso? Lì i figli li producono in batteria e con varie specializzazioni (operai, soldati, scienziati ecc.). Una distopia o magari il nostro futuro?

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    5. I figli comuni allevati in batteria non esisteranno mai, perchè sono troppo in antitesi con i meccanismi evoutivi, che, essendo legati al genoma, seguono le esigenze del singolo e non quelle della società.

      A parte questo, penso anche io che la vecchia famiglia patriarcale, con l'uomo capofamiglia, fosse la più adatta per avere un alto numero di figli, mentre la famiglia moderna, su base paritaria, di figli ne produce (fortunatamente) molto meno.
      Peccato che, come dicevi tu, gran parte del mondo non ci sia ancora arrivata.

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  9. Viva la "piaga" del figlio unico!
    Il problema con certo (neo)femminismo odierno misandrico e rancoroso e' che esso con "furore teologico" non si accontenta più della 'parità dei sessi' bensì mira più o meno surrettiziamente all'instaurazione di una sorta di matriarcato sostanzialmente eguale & contrario al vecchio e ormai screditato patriarcato: si pensi al costante martellamento "politically correct" sulle cd questioni di genere, dove la parola d'ordine non è più 'eguaglianza' bensì 'differenza' ovvero (in ultima analisi) indiscutibile superiorità del genere femminile, inteso al solito come un blocco biologico & socio-culturale uniforme... Saluti

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    1. Caro Claude, in effetti le femministre 'dure e pure' non vogliono l'uguaglianza tra i sessi, ma il rovesciamento della supremazia maschile.
      Per fortuna (nostra, ma anche loro) si tratta di un obbiettivo che non potrà mai essere raggiunto, essendo troppo in contrasto con le (onnipresenti) leggi biologiche.

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