giovedì 21 luglio 2022

Predator

A proposito del problema della sovrappopolazione, di cui abbiamo già parlato molte volte in questo blog, sono ben noti i danni ecologici legati alla devastazione dell'ambiente naturale.

Ma, secondo alcuni studiosi , il problema non si ridurrebbe a questo.

Pare accertato, da approfondite analisi compiute su altre specie animali, che l'eccessiva proliferazione (in genere legata all'assenza di predatori) danneggia le qualità adattative dei singoli individui, facendo emergere le loro caratteristiche peggiori.

Ne consegue, mutatis mutandis, che anche la proliferazione incontrollata dell'homo sapiens (virtuamente privo di predatori che lo minacciano) danneggerebbe seriamente il futuro della nostra specie.

A questo particolare (ma anche inquietante) aspetto è dedicato il post di oggi, scritto da Marco Pierfranceschi per il suo blog 'Mammifero Bipede'.

LUMEN


<< “Universo 25” è il nome dato dal prof. John B. Calhoun ad un famoso studio di etologia condotto all’inizio degli anni ‘60. L’esperimento consisteva nell’osservare le dinamiche di una colonia di topi inseriti in un habitat ‘ideale’ (le virgolette sono d’obbligo), privo di predatori e con cibo e spazio a volontà.

L’habitat era teoricamente in grado di ospitare diverse migliaia di individui, ma non raggiunse mai la saturazione teorica: dopo archi di tempo più o meno lunghi la popolazione al suo interno finiva sistematicamente col degenerare ed estinguersi.

Calhoun provò a dare diverse interpretazioni ai risultati della sua ricerca, arrivando a coniare la definizione di ‘Fogna del comportamento’. (…)

Il declino e relativo collasso delle colonie dell’esperimento è stato attribuito a diversi fattori, ed analizzato sotto diversi approcci, principalmente legati alle scienze sociali. Non ho approfondito più di tanto la letteratura in materia, ma nessuna tra le spiegazioni trovate fin qui chiama in causa l’assenza di predatori all’interno dell’habitat artificiale.

La funzione complessiva dei predatori negli ecosistemi sembrerebbe non pienamente compresa.

Ho avuto modo di visionare un documentario sul ‘Fattore Paura’, connesso alla presenza di predatori. Il documentario descrive come sia stato necessaria la reintroduzione di uno specifico carnivoro (il licaone), in una riserva naturale africana devastata da decenni di guerre, per riequilibrare una popolazione di antilopi d’acqua fuori controllo.

Si è osservato come la presenza dei predatori influenzi a più livelli i comportamenti delle specie predate. Nello specifico, le antilopi che si erano spinte a pascolare nelle pianure, decuplicando ila popolazione della situazione pre-bellica, con la ricomparsa dei licaoni sono tornate a nascondersi nelle boscaglie.

Questo ha influito sia sulla dieta che sulle abitudini riproduttive della specie predata, portando ad una riduzione della popolazione molto maggiore di quella dovuta ai semplici abbattimenti.

Da questa prospettiva, l’assenza di predatori nell’esperimento “Universo 25” appare come uno dei principali fattori di squilibrio nei comportamenti dei roditori.

L’assenza di predazione ha portato all’emergere di profili comportamentali diversi da quelli selezionati in natura, operando una selezione patologica degli individui, in ultima istanza premiando caratteristiche indesiderate che hanno finito col portare la colonia all’estinzione.

La conclusione finale è che nessuna specie vivente esiste ‘a sé stante’, indipendentemente dal contesto ecosistemico. Ogni individuo, e ancor più ogni specie, esiste come parte dell’ecosistema, come tassello di un mosaico più ampio, all’interno del quale svolge il proprio ruolo.

L’alterazione del contesto, l’eliminazione di significative forzanti esterne, genera una condizione in cui il ruolo svolto viene a mancare, e assieme al ruolo viene a mancare la necessità per la specie di esistere. L’evoluzione si occupa poi di rimuovere la specie inutile dall’equazione complessiva.

Se osserviamo quanto messo in atto nei secoli dalla nostra stessa specie, non possiamo evadere uno spiacevole presentimento.

Fin dagli albori della storia umana abbiamo fatto il possibile per contrastare la predazione, divenendo di fatto noi stessi il predatore apicale degli ecosistemi planetari. Questo ha influito sulla selezione naturale, dirottandola verso una selezione artificiale ed alimentando un processo di auto-domesticazione.

Inevitabilmente, l’assenza di predazione sta modificando l’evoluzione della nostra specie. Il trasferimento in habitat sempre più artificiali, l’adozione massiva di abitudini lavorative ripetitive, il sistematico stravolgimento delle modalità sociali, sta finendo col produrre un’umanità totalmente disconnessa da qualsivoglia contesto ambientale naturale.

E, come abbiamo visto, al cessare di una specifica funzione ecosistemica finisce con l’esaurirsi la necessità che una specie esista, col risultato di innescare processi evolutivi degenerativi che, in ultima istanza, ne causano l’estinzione. >>

MARCO PIERFRANCESCHI

7 commenti:

  1. In linea di massima il discorso appare plausibile: prede e predatori sono in equilibrio, ma se viene a mancare un predatore la sua preda preferita può approfittarne per riprodursi più velocemente. E quando quella specie avrà sorpassato certi limiti (distruzione dell'habitat, mancanza di cibo) collasserà.
    Il discorso valeva anche per la specie umana e i suoi nemici (tra cui possiamo anche annoverare virus e batteri).
    Ma dicevo appunto "valeva" perché l'espandersi della specie umana, la nascita di religioni e il diffondersi di ideologie ha modificato radicalmente il quadro. Se fino a "poco tempo fa" (diciamo un secolo fa o poco più) in caso di pestilenze perivano gli individui più deboli e sopravvivevano i più forti e resistenti (almeno contro quel dato pericolo), oggi l'imperativo morale è di salvare tutti (almeno in teoria), anche gli individui più deboli e in fondo una zavorra per la società. La spesa sanitaria è ormai incontrollabile visto che si vogliono mantenere in vita a tutti i costi, persino contro la loro volontà, individui sopravvissuti a sé stessi, non di rado in condizioni pietose e non certo per la malvagità della società (che anzi si dissangua per mantenerli in vita). Ciò è al momento ancora possibile, ma non so fino a quando visto che un po' ovunque la spesa sanitaria è fuori controllo.
    Adesso alcuni, specialmente religiosi, mi accuseranno di essere a favore dell'eugenetica (il che è anche in parte vero). Il mantra attuale recita: tutti, anche gli individui parassiti della società, hanno diritto a tutto. Quousque tandem?

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    1. Caro Sergio, come quasi sempre succede nelle faccende della natura è tutto un problema di equilibrio, che noi abbiamo rotto.
      Arrivare al punto più alto e incontrastato della piramide alimentare ci ha dato i suoi vantaggi, ma lo stiamo pagando molto caro.

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  2. Ricordo che Madre Teresa raccoglieva i poveracci dalla strada che potevano così morire dignitosamente accuditi dalle suore.
    Però attenzione: Madre Teresa era assolutamente contraria all'accanimento terapeutico tanto che fu accusata di non fare tutto il possibile per salvare ovvero prolungare la vita di quei poveri, cioè li lasciava (o faceva?) morire. Accusa naturalmente insensata, considerando anche che la limitatezza dei mezzi a sua disposizione.
    L'accanimento terapeutico è deplorato persino nel Nuovo catechismo della Chiesa cattolica, ma solo in teoria visto che abbiamo poi casi allucinanti come quello della Englaro, un vegetale accudito per quasi vent'anni (il padre, che voleva si staccasse la spina, fu accusato di essere un assassino dai benpensanti - tra cui Il Foglio dell'ignobile Ferrara, Alessandra Mussolini ecc.). Vedi anche quel che si fa o si pretende per salvare un bambino in condizioni disperate, bisogna fare non solo il possibile ma anche l'impossibile.
    La selezione naturale nella specie umana non esiste più, complice il cristianesimo. Se uno di Avvenire leggesse queste righe si fionderebbe per scrivere un pippone melenso dandomi del nazista. Finché la barca va ...

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    1. Madre Teresa di Calcutta è stato un personaggio molto anomalo e controverso; ed era considerata da molti una visionaria malata di sadismo.
      Per chi volesse approfondire, ne avevo parlato in un vecchio post dell'aprile 2018, che raccontava i dettagli più imbarazzanti della sua storia.

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    2. Vedasi anche:
      C.Hitchens, La posizione della missionaria

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    3. Grazie per la citazione.
      Si tratta di un saggio eccellente, pur nella sua brevità, che racconta sul personaggio tutto quello che l'agiografia ufficiale non dice.

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    4. *
      "aiutati che il ciel ti aiuta"

      Ah, interessante: ma allora il cielo c'è davvero, non ti facevo così pio ...
      Sì, in genere la preghiera, quasi sempre meccanica, ripetitiva, noiosa (quante litanie e rosari ho dovuto sorbirmi) è un atto di riverenza verso l'autorità costituita più che verso quell'entità sconosciuta chiamata Dio.
      Lo stesso tra i credenti ci sono persone degne di rispetto e intelligenti. Una cattolica rispose una volta alla mia domanda: cosa significa pregare?, "restare in silenzio". Ci rimasi, mi colpì. Ma credo che sia uno di quegli esercizi yoga, fare il vuoto, concentrarsi. Che mi pare un ottimo esercizio per liberarsi del mare di chiacchiere da cui siamo sommersi. Ma non so, non credo che questo tipo di preghiera sia assimilabile al rito cattolico che a me sembra piuttosto un lavaggio del cervello. Forse non saprai che l'intero rosario non è composto da cinquanta avemarie, più gloria patri ecc., ma da ben 150 avemarie. Così non ti dimentichi le formule, nemmeno con l'alzheimer.
      Però riflettere, meditare, liberarsi dalle chiacchere sono atti salutari.

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