giovedì 14 aprile 2022

Sindrome Cinese – 2

Il crescente dominio del gigante cinese e le sue tragiche conseguenze per l'ambiente, in un pezzo di Agobit (seconda ed ultima parte)..

LUMEN


(segue)

<< Il governo cinese sta espandendo le sue ambizioni sfruttando le anime belle occidentali ben oltre le rinnovabili, ed oggi si rivolge alla rivoluzione elettrica. Ha cominciato boicottando la Tesla di Musk che produce auto elettriche il cui mercato principale era la Cina. L'offensiva ai danni di Musk nasconde un obiettivo protezionista.

Le autorizzazioni a Tesla per costruire auto in Cina erano subordinate all'intento di acquisire la tecnologia. Xi ha messo l'auto elettrica nell'elenco delle tecnologie strategiche su cui vuole che la Cina conquisti il primato mondiale. Dopo anni di incentivi a imprese locali le vendite di auto elettriche made in China sul mercato cinese sono equivalenti a quelle dell'intera Europa (1,4 milioni).

Per favorire le case cinesi, uno strumento a disposizione di Pechino è il protezionismo sui componenti e i minerali rari per le batterie. Nel futuro dell'auto elettrica la questione della componentistica è decisivo. Si fabbricano in Cina dal 70 all'80 per cento di tutte le parti necessarie ad assemblare le batterie per auto elettriche, nonché dei magneti usati nei motori. In quanto alle terre rare, minerali usati nell'industria elettronica e nelle batterie, la Cina è un fornitore dominante.

La retorica ambientalista dei governi americano e cinese, che è diventata una liturgia, nasconde una realtà: Cina e Stati Uniti si sono convinti che la prossima guerra per il primato delle tecnologie strategiche riguarderà questo ambito, e in particolare l'auto elettrica e i microcip.

Le questioni strategiche interessano anche la finanza: Exxon è stata espulsa dall'indice di borsa Dow Jones. A questo punto rimane una sola compagnia petrolifera nell'indice DJ, la Chevron. L'intero settore energetico che un decennio fa valeva 12 per cento del mercato azionario americano, oggi ha un peso inferiore al 2,5 per cento. Shell ha subito una sconfitta di fronte ad un tribunale olandese che la costringe a tagliare il 45 per cento di emissioni entro il 2030.

Sorprendentemente ai primi posti negli investimenti per la ricerca su motori elettrici energie rinnovabili e nucleare sono le multinazionali degli idrocarburi. Questo, più di ogni altro elemento, dimostra che la strategia è già fissata e le banche lo sanno. Le multinazionali degli idrocarburi, più o meno volentieri, si adeguano investendo nei nuovi settori.

Per guidare la transizione energetica la Cina sta facendo forti investimenti in Africa con l'obiettivo di accaparrarsi tutte le miniere di terre rare, ma anche in Sud America. Il settore più strategico investito dall'invasione cinese sono le miniere di litio dell'Argentina, allo scopo di accaparrarsi un elemento essssenziale delle batterie. E così Biden si ritrova il problema di come fermare Pechino in quello che un tempo l'america considerava il cortile di casa propria.

Il libero mercato non sembra essere in grado di guidare i processi con la necessaria previdenza e rapidità, mentre il capitalismo di stato cinese è stato sollecito.

Seguendo le linee della geopolitica si può capire la virata del partito comunista cinese sul numero di figli. La politica di contenimento demografico seguita dalla Cina a questo punto era in contrasto con gli interessi geopolitici del paese. Il rallentamento della crescita della popolazione stava preoccupando i dirigenti del partito comunista.

In prospettiva la diminuzione della forza lavoro e quella dei consumi minacciava la crescita economica.Inoltre la nuova politica di espansione della presenza militare in punti anche lontani del globo, e dell'emigrazione che assicura rimesse e presenza mondiale di punti vendita, richiedeva tassi di natalità più alti. Un invecchiamento della popolazione determina più spese sociali e sanitarie e a ciò si aggiunge che la popolazione anziana consuma di meno e tutta l'economia ristagna. Un vero esempio di decrescita.

Un altro aspetto ha determinato il cambio di strategia: la lenta ma costante ripresa del tasso di natalità degli Stati Uniti, e quindi una aumento potenziale della concorrenza economica e militare. I cinesi sono preoccupati proprio dai superiori tassi di natalità degli Stati Uniti e guardano alle proiezioni dei demografi: in Cina gli ultrasessantenni, che oggi sono 264 milioni, saranno già a quota 300 milioni nel 2025, poi cresceranno a 400 milioni nel 2033 e varcheranno la soglia del mezzo miliardo nel 2050.

Questo non potrà non ripercuotersi sulla produttività, oltre che sui consumi interni e la politica di potenza del paese che vede la Cina in piena espansione commerciale e imprenditoriale (oltre che militare) in Africa e in Asia. I falchi americani cercano di mantenere anche essi gli alti tassi di natalità, contrastando le politiche anticoncezionali e l'aborto, a cui si aggiunge la politica dei democratici favorevoli all'immigrazione che assicura nuovi consumatori e mano d'opera a bassi prezzi.

A Washington c'è perfino chi si spinge a vedere (e a sperare) il sorpasso demografico: estrapolando i trend attuali, si può anticipare che nel 2100 sarà l'America ad avere più abitanti della Cina. Gordon Chang editorialista e avvocato americano di origine cinese, nel suo libro "The coming Collapse of China" prevede l'inverno demografico cinese e pregusta una ripresa dell'Occidente con gli Usa in prima linea di fronte ad una Cina in crisi.

Sebbene alcuni economisti e sociologi cinesi vedano positivamente un calo demografico, ritenendo che la tecnologia e la intelligenza artificiale possano sopperire all'invecchiamento della manodopera, il governo comunista spinge sull'acceleratore della politica pro-natalista in maniera da mantenere alta l'espansione dell'economia e del potere geopolitico cinese.

Così la moderna guerra (per ora fredda) tra le superpotenze non si fa più solo con la competizione sulle armi nucleari e la tecnologia come avveniva ai tempi dello scontro Usa-Urss, ma anche sui tassi di natalità e la demografia, con ripercussioni sull'ambiente che possiamo a mala pena immaginare. Le vittime in tutto questo sono la biosfera e il pianeta.

Le politiche cosidette verdi dei burocrati europei contano, nel nuovo scenario con cui si apre il terzo millennio, meno di zero. Se non si cambia realisticamente l'approccio al problema ambientale, senza farsi inutili illusioni, lo scenario non verrà influenzato dalle deboli democrazie in particolare dell'Europa. Piuttosto che divisioni e conflitti interni, è necessario ad esempio una nuova idea di Stato che porti l'Europa a contare qualcosa e a dettare le sue condizioni. Ma di tutto questo non c'è traccia nella politica odierna.

Così conclude Rampini il suo libro:"La tragica vicenda di Hong Kong potrebbe insegnarci qualcosa. E' un segnale d'allarme in molte direzioni. Xi ha distrutto quella piccola oasi di uno Stato di diritto, e non sta pagando alcun prezzo. A garantirgli impunità non ci sono solo i nostri Trenta Tiranni, cioè le nostre multinazionali e grandi banche per le quali pecunia non olet. Anche nella società civile, nei mezzi di informazione,tra gli intellettuali e tra i giovani, tanti pensano che "i valori dell'Occidente" siano una espressione ipocrita, un mito da sfatare, un'impostura da smascherare. Ragione di più perché Xi sia certo che nessuno ci riuscirà, a fermare Pechino". >>

AGOBIT

2 commenti:

  1. Breve considerazione 'off topic', ma di stretta attualità.

    Non passa giorno che Papa Francesco non lanci accorati appelli contro la guerra in Ucraina, con fervide invocazioni alla pace.
    Invocazioni, però, che cadono nell'indifferenza generale, risultando del tutto inutili.
    Ora: che il vicario in Terra di un essere onnipotente trasmetta una simile sensazione di impotenza, mi pare una cosa abbastanza curiosa.

    RispondiElimina
  2. Tornando invece all'argomento del post, ecco cosa pensa Gianni Pardo della Cina:

    << La Cina è un Paese immenso. Ha un territorio enorme e una popolazione che è più di quattro volte quella degli Stati Uniti. Ed è una popolazione che non sta con le mani in mano: prova ne sia che il mondo è invaso da prodotti cinesi, ottimi e a buon prezzo.
    Solo la follia autolesionista del maoismo ha potuto rendere affamata e stracciona una nazione con simili potenzialità.
    Lo stesso accostamento agli Stati Uniti è fuorviante. Gli Stati Uniti, essendo una democrazia, ne hanno tutte le debolezze. La Cina invece, essendo una dittatura (o, ad andar bene, un’oligarchia, cioè una dittatura collegiale), non ha problemi politici. >>

    RispondiElimina