giovedì 17 febbraio 2022

La satira di Trilussa

Carlo Alberto Salustri, in arte Trilussa, è vissuto tra la fine dell'800 e la prima metà del '900. Pur avendo scritto in dialetto romanesco, può essere considerato uno dei maggiori poeti satirici italiani, anche perchè i suoi versi sono sempre facilmente compensibili.

Quelle che seguono, sono solo quattro fra le infinite perle uscite dalla sua penna corrosiva. Buon divertimento.

LUMEN


LA LIBBERTA' DE PENSIERO

Un Gatto bianco, ch'era presidente
der circolo der Libbero Pensiero,
sentì che un Gatto nero,
libbero pensatore come lui,
je faceva la critica
riguardo a la politica
ch'era contraria a li principi sui.
― Giacché num badi a li fattacci tui,
― je disse er Gatto bianco inviperito ―
rassegnerai le propie dimissione
e uscirai da le file der partito:
ché qui la pôi pensà libberamente
come te pare a te, ma a condizzione
che t'associ a l'idee der presidente
e a le proposte de la commissione!
― E' vero, ho torto, ho aggito malamente... ―
rispose er Gatto nero.
E pe' restà ner Libbero Pensiero
da quela vorta nun pensò più gnente.


ER COMPAGNO SCOMPAGNO

Un gatto, che faceva er socialista
solo a lo scopo d’arivà in un posto,
se stava lavoranno un pollo arosto
ne la cucina d’un capitalista.

Quanno da un finestrino su per aria
s’affacciò un antro gatto: – Amico mio,
pensa – je disse – che ce so’ pur’io
ch’appartengo a la classe proletaria!

Io che conosco bene l’idee tue
so’ certo che quer pollo che te magni,
se vengo giù, sarà diviso in due:
mezzo a te, mezzo a me… Semo compagni!

No, no: – rispose er gatto senza core
io nun divido gnente co’ nessuno:
fo er socialista quanno sto a diggiuno,
ma quanno magno so’ conservatore!


L'UGUAGLIANZA

Fissato ne l'idea de l'uguajanza
un Gallo scrisse all'Aquila: - Compagna,
siccome te ne stai su la montagna
bisogna che abbolimo 'sta distanza:
perché nun è né giusto né civile
ch'io stia fra la monnezza d'un cortile,
ma sarebbe più commodo e più bello
de vive ner medesimo livello.-
L'Aquila je rispose: - Caro mio,
accetto volentieri la proposta:
volemo fa' amicizzia? So' disposta:
ma nun pretenne che m'abbassi io.
Se te senti la forza necessaria
spalanca l'ale e viettene per aria:
se nun t'abbasta l'anima de fallo
io seguito a fa' l'Aquila e tu er Gallo.


ER SOMARO E EL LEONE

Un Somaro diceva: – Anticamente,
quanno nun c’era la democrazzia,
la classe nostra nun valeva gnente.
Mi’ nonno, infatti, per avé raggione
se coprì co’ la pelle d’un Leone
e fu trattato rispettosamente.

So’ cambiati li tempi, amico caro:
– fece el Leone – ormai la pelle mia
nun serve più nemmeno da riparo.
Oggi, purtroppo, ho perso l’infruenza,
e ogni tanto so’ io che pe’ prudenza
me copro co’ la pelle de somaro!


6 commenti:

  1. Be', sì, so' carine ste poesiole, ma tra Trilussa e Belli non c'è confronto, Belli è insuperabile, grandioso, nei suoi 2200 sonetti (letti e riletti) ha rappresentato davvero la comédie humaine ed è anche più divertente del prolisso Balzac.
    Le poesie di Trilussa sono quasi in italiano, mentre Belli poetava in romanesco stretto e le note a piè di pagina sono indispensabili, ciò che appesantisce la lettura. Leggendo Trilussa sorrido, leggendo Belli mi ... sbellico dalle risate, ma a volte sono colpito profondamente da certi pensieri e certe immagini. Trilussa è simpatico, vagamente reazionario, Belli è un ciclone. Mi sembra un'esagerazione considerare Trilussa uno dei maggiori poeti satirici.
    Recentemente ho appreso che Trilussa era profondamente cattolico e l'ho visto in una foto accanto a Pio XII ...
    Ma anche Belli non scherzava: dopo aver composto i suoi sonetti in cui diceva peste e corna del papa e dei preti ha concluso la sua carriera alle dipendenze del Vaticano e aveva paura dell'inferno ... E voleva che i suoi sonetti finissero al macero, ma per fortuna un sacerdote li salvò, siano rese grazie a Dio!

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    1. Interessante questo parallelismo fra Trilussa ed il Belli.
      Occorre però considerare anche la differenza del periodo storico: il Belli scriveva nella prima metà dell'ottocento (morì nel 1863), Trilussa quasi un secolo dopo (morì nel 1950).
      Per la società italiana (anche nei suoi rapporti con il Papato) molta acqua era passata sotto i ponti del Tevere.

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    2. Belli per i suoi sonetti avrebbe meritato la forca e in tempi in cui il potere temporale contava ancora. Trilussa al confronto è bonario, conciliante, pedestre, antisocialista ma non troppo.

      Ma ecco due esempi del Belli osceno ma filosofo alla Trilussa e del Belli poeta.

      Un indovinarello

      Sori dottori, chi ssa ddimme prima
      come se chiama chi ggoverna er monno?
      Cuello che mmanna tanta ggente in cima,
      cuello che mmanna tanta ggente in fonno?

      Er Papa? er Re? - De cazzi, io ve risponno:
      sete cojjoni, e vve lo dico in rima.
      Er pelo e er priffe è cquer che ppiú se stima
      pe cquanto è llargo e llongo er mappamonno.

      Er priffe e ’r pelo sò ddu’ cose uguale,
      der pelo e 'r priffe sò ttutti l'inchini,
      p'er priffe e 'r pelo se fa er bene e 'r male.

      E una cosa dell'antra è tanta amica
      cuanto la fica tira li cudrini,
      e li cudrini tireno la fica. »

      piffre 'denaro', cudrini 'quattrini'

      Er deserto

      Dio me ne guardi, Cristo e la Madonna,
      D'anné ppiù ppe giuncata a sto pprecojo.
      Prima ... che pposso dì? ... pprimma me vojjo
      Fà castrà dde un norcino a la Ritonna.

      Fà ddiesci mija e nun vedé na fronna!
      Imbatte ammalappena in quarche scojjo!
      Dappertutto un silenzio com' un ojjo,
      che si strilli nun c'è cchi tt'arrisponna!

      Dove te vorti una campagna rasa
      Come sce sii passata la pianozza
      Senza manco l'impronta d'una casa!

      L'unica cosa sola c'ho ttrovato
      In tutt'er viaggio, è stata una bbarrozza
      Cor barrozzaro ggiù mmorto ammazzato.

      precojo 'prequoio, cascinale', Ritonna 'Rotonda, Pantheon', ojjo 'olio',
      pianozza 'pialla', barozza 'baroccio'

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  2. Indubbiamente il Belli è annoverato tra i classici della letteratura italiana e in questo senso ha attirato anche l'interesse della critica accademica. La satira di Trilussa, certamente sagace e divertente, la accosterei a quella di Giovannino Guareschi, direttore del Candido. Mi aveva colpito, nel 1950 il caso Einaudi, scoppiato a causa di una vignetta in cui l'allora Presidente della Repubblica era ritratto mentre passava in rassegna una fila di bottiglie invece che di Corazzieri. Nel mirino del giornale era finito il fatto che tali bottiglie circolassero con la dicitura "Poderi del Senatore Luigi Einaudi" sull'etichetta, e che quindi costui sfruttasse la sua carica a fini commerciali. Guareschi, in qualità di direttore responsabile, fu condannato per "vilipendio al Capo dello Stato".

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    1. Caro Agostino,
      grazie per il gustoso aneddoto su Einaudi e Guareschi (nihil sub sole novi).
      In effetti la differenza letteraria (oggettiva o storica che sia) ta il Belli e Trilussa è evidente.
      Ed il parallelo con Guareschi (anche se uno scriveva in prosa e l'altro in versi) è più che fondato.
      Ma io ho un debole per i versi semplci e disincantati di Trilussa, che me lo fanno preferire a tutti gli altri.

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  3. Insisto. Niente contro Trilussa, anzi, è piacevole come La Fontaine (se non è un elogio questo!). Ma Belli è un'altra cosa, è una forza della natura. Ha eretto alla plebe romana un monumento aere perennius, ritraendola oggettivamente senza moralismi e malizia. Ecco altri suoi sonetti (scusa l'invadenza Lumen).

    Er caffettiere fisolofo

    L'ommini di sto monno sò l'istesso
    Che vvaghi de cafè nner mascinino.
    C'uno prima, uno doppo, e un antro appresso,
    Tutti quanti però vvanno a un distino.

    Spesso muteno sito, e ccaccia spesso
    Er vago grosso er vago piccinino.
    E ss'incarzeno tutti in su l'ingresso
    Der ferro che li sfraggne in porverino.

    E ll'ommini acusì cviveno ar monno
    Misticati pe mmano de la sorte
    Che sse li ggira tutti in tonno in tonno;

    E movvennose oggnuno, o ppiano o forte,
    Senza capillo mai caleno a ffonno
    Pe ccascà nne la gola de la morte.

    Er mortorio de Leone Duodecimosiconno

    Jerzera er Papa morto sc'è passato
    Propi' avanti, ar cantone de Pasquino,
    Tritticanno la testa sur cusscino
    Pareva un angeletto appennicato.

    Venivano le tromme cor zordino,
    Poi li tammurri a tammurro scordato,
    Poi le mule cor letto a bbardecchino
    E le chiave e 'r trerregno der papato.

    Preti, frati, cannoni de strapazzo,
    Palafreggneri co le torce accese,
    Eppoi ste guardie nobbile der cazzo.

    Cominciorno a intoccà tutte le cchiese
    Appena uscito er morto da Palazzo.
    Che gran belle funzione a sto paese


    Le ssequie de Leone Duodecimosiconno a San Pietro

    Prima, a Palazzo, tanti frati neri
    La notte e 'r giorno a bbarbottà orazzione!
    Pe Rroma, quer mortorio bbaggiarone!
    Cquà, tante torce e tanti cannejieri!

    Messe sù, mmesse giù, bbenedizzione,
    Botti, disille [Dies irae], prediche, incenzieri,
    Sonetti ar catafarco, arme, bbraghieri,
    E sempre Cardinali in priscissione!

    Come si er Papa, che cquaggiù è Vvicario
    De Crist'in terra, possi fa ppeccati
    E annà a l'inferno lui quant'un zicario!

    Li Papi sò tre vvorte acconsagrati:
    E si Cristo sciannò, sciannò ppe svario
    A ffà addannà li poveri dannati.


    Santaccia de Piazza Montanara

    A ppropositi duncue de Santaccia
    Che diventava fica da oggni parte,
    E ccoll'arma e cor zanto e con le bbraccia
    T'ingabbiava l'uscelli a cquante a cquante,

    E dda sapé cc'un giorno de gran caccia,
    Mentre lei stava assercitanno l'arte,
    Un burrinello con l'invidia in faccia
    S'era messo a ggodersela in disparte.

    Fra tanti uscelli in ner vedé un alocco
    «Oh» disse lei, «e ttu nun pianti maggio?»
    «Bella mia» disse lui, «nun ciò er bajocco».

    E cqui Santaccia: «Alò, vieccelo a mmette:
    Sscèjjete er bùscio, e te lo do in suffraggio
    De cuell'anime sante e bbenedette».



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